Riccardo III

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WILLIAM SHAKESPEARE

riccardo iii

Dramma storico in 5 atti

Traduzione e note di Goffredo Raponi

titolo originale: THE TRAGEDY OF KING RICHARD THE THIRD


NOTE PRELIMINARI

1)Il testo inglese adottato per la traduzione quello delledizione curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare, The Complete Works, Collins, London & Glasgow, 1951-1960, pagg. XXXII-1370, con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare quello della pi recente edizione dellOxford Shakespeare curata da G. Welles & G. Tayor per la Clarendon Press, New York, U.S.A., 1988-1994, pagg. XLIX-1274; questultima contiene anche I due nobili cugini (The Two Noble Kinsmen) che manca nellAlexander.

2)Il traduttore ha aggiunto di sua iniziativa alcune didascalie e indicazioni sceniche (stage instructions) laddove le ha ritenute opportune per la migliore comprensione dellazione scenica alla lettura, cui questa traduzione essenzialmente concepita ed ordinata, il traduttore essendo convinto della irrappresentabilit del teatro di Shakespeare sulle moderne ribalte.

Si lasciata comunque invariata, allinizio e alla fine di ogni scena, come allentrata ed uscita dei personaggi nel corso duna stessa scena, la rituale indicazione Entra/ Entrano (Enter) ed Esce/ Escono (Exit/ Exeunt), avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata/uscita dei personaggi, potendosi dare che questi si trovino gi in scena allapertura della stessa, o vi restino alla chiusura. Il teatro elisabettiano - com noto - non aveva sipario.

3)Il metro lendecasillabo sciolto, alternato da settenari; altro metro si usato per citazioni, canzoni, proverbi, cabalette e altro, quando, in accordo col testo, sia stato richiesto uno stacco di stile.

4)I nomi del personaggi che vi si prestano sono resi nella forma italiana; sono lasciati comunque nella forma inglese quando preceduti da sir o lady. Per esigenze di metrica, i nomi inglesi di pi sillabe che alla pronuncia inglese suonano sdruccioli, bisdruccioli e perfino trisdruccioli - come tutte le parole di questa lingua mono-bisillabica (es. Wstmoreland, Lncaster) - posso ritrovarsi diversamente accentati nel corpo del verso, secondo la cadenza sillabica di questo.

5)Il traduttore riconosce di essersi avvalso di traduzioni precedenti, in particolare della prima versione poetica di Giulio Carcano e di quelle del Baldini, del Lodovici, del Melchiori, del Lombardo, del DAgostino e di diversi altri, dalle quali ha tratto in prestito oltre alla interpretazione di passi oscuri o controversi, intere frasi e costrutti; di tutto ha dato opportuno credito in nota.


PERSONAGGI

RE EDOARDO IV

EDOARDO, principe di Galles, poi Re Edoardo V

figli del re

RICCARDO, duca di York

GIORGIO, duca di Clarenza

fratelli del re

RICCARDO, duca di Gloucester, poi Re Rccardo III

EDOARDO, conte di Warwick, figlio minore del Duca di Clarenza

ENRICO, conte di Richmond, poi Re Enrico VII

IL CARDINALE BOURCHIER, arcivescovo di Canterbury

THOMAS ROTHERHAM, arcivescovo di York

IL DUCA DI BUCKINGHAM

IL DUCA DI NORFOLK

IL CONTE DI SURREY, suo figlio

IL CONTE DI RIVERS

(Antonio Woodville) fratello della regina Elisabetta, moglie di Re Edoardo

IL MARCHESE DI DORSET

LORD GREY

figli della regina Elisbetta (dal primo marito)

IL CONTE DI OXFORD

LORD HASTINGS, Lord Ciambellano

LORD STANLEY, conte di Derby, suo amico

SIR JAMES BLOUNT

seguaci del Conte di Richmond

SIR WALTER HERBERT

lord lovel

SIR WILLIAM BRANDON

SIR THOMAS VAUGHAN

SIR WILLIAM CATESBY

SIR JAMES TYRREL

SIR ROBERT BRAKENBURY, luogotenente della Torre

un prete (Christopher Urwick)

IL LORD MAYOR DI LONDRA

LO SCERIFFO DEL WILTSHIRE

hastings, messo di giustizia

TRESSEL

gentiluomini al seguito di Lady Anna

BERKELEY

UN PAGGIO

ELISABETTA, regina moglie di Re Edoardo

MARGHERITA, vedova di Re Enrico VI

LA DUCHESSA DI YORK,

madre di Re Edoardo IV, del Duca di Clarenza e del Duca di Gloucester

LADY ANNA NEVILL,

vedova di Edoardo, principe di Galles, figlio di Enrico VI, poi sposata al Duca di Gloucester

MARGHERITA, contessa di Salisbury, giovane figlia di Clarenza

GLI SPETTRI delle vittime di Riccardo III

Lords - Gentiluomini - Cortigiani - Vescovi - Borghesi - Cittadini - Soldati - Alabardieri - Sicari - Messaggeri

SCENA: in Inghilterra.


ATTO PRIMO

SCENA I - Una via di Londra([1])

Entra RICCARDO, duca di Gloucester

RICCARDO -

Ormai linverno del nostro travaglio

s fatto estate sfolgorante ai raggi

di questo sole di York;([2]) e le nuvole

che incombevano sulla nostra casa

son sepolte nel fondo delloceano.

Ora le nostre fronti

si cingono di serti di vittoria;

peste e ammaccate sono appese al muro

le nostre armi, gloriose panoplie,

e in giulivi convegni tramutate

le massacranti marce militari.

Deposto ha Marte larcigno cipiglio

e spianata la corrugata fronte,

e, non pi in sella a bardati destrieri

ad atterrir sgomente anime ostili,

ora sen va, agilmente saltellando

per lalcova di questa o quella dama

alle lascive note dun liuto.

Ma io che son negato da natura

a questi giochi, che non son tagliato

per corteggiare un amoroso specchio,

plasmato come son da rozzi stampi,

e privo della minima attrattiva

per far lo sdilinquito bellimbusto

davanti allancheggiar duna ninfetta;

io, che in s bella forma son tagliato,

defraudato dogni armonia di tratti,

monco, deforme, calato anzitempo([3])

in mezzo a questo mondo che respira;

io, che sono sbozzato per met

e una met s sgraziata e sbilenca

che mabbaiano i cani quando passo;

io, dico, in questa nostra neghittosa

e zufolante stagione di pace,

altro svago non ho, altro trastullo

da consentirmi di passare il tempo,

fuor che sbirciare la mia ombra al sole

e intonar col pensiero, in vari toni,

variazioni sul mio stato deforme.

Sicch, poich natura mha negato

di poter fare anchio il bellimbusto

di su e di gi, com frivola moda

di questi tempi dal parlar fiorito,

ho deciso di fare il delinquente,

e di odiare gli oziosi passatempi

di questa nostra et.

Ho tramato complotti dogni genere,

ho iniettato negli animi il veleno

con profezie, calunnie, fantasie,

per seminar mortale inimicizia

tra mio fratello Clarenza ed il re;

e se re Edoardo uomo giusto e retto

comio son furbo, falso e traditore,

proprio oggi Clarenza

dovrebbessere preso e imprigionato

in virt duna certa profezia

secondo cui gli eredi di Edoardo

saranno assassinati da una G.([4])

Entrano il DUCA DI CLARENZA e BRAKENBURY

Ma adesso, miei pensieri,

sprofondate nel fondo del mio cuore,

perch Clarenza qui Buond, fratello.

Che significa questa scorta armata

che ti cammina a fianco?

CLARENZA -

Per protezione della mia persona,

sua maest mha assegnato questo corso

che mi meni alla Torre.

RICCARDO -

E perch mai?

CLARENZA -

Perch mi chiamo Giorgio.

RICCARDO -

Ohib, fratello!

Di questo tu non hai nessuna colpa;

per questo il re dovrebbe incarcerare

i tuoi padrini. Forse sua maest

avr in mente di farti battezzare

una seconda volta nella Torre

Ma, sul serio, Clarenza,

di che si tratta, lo posso sapere?

CLARENZA -

S, s, quandio lavr saputo anchio,

Riccardo, perch ancora non lo so.

Per quanto nabbia potuto sapere,

egli d ascolto a sogni e profezie,

e ha strappato la G dallalfabeto

perch un veggente, dice, gli ha predetto

che per mano e ad opera di un G

sar diseredata la sua prole.

E poich G la lettera iniziale

del nome mio, ne segue, a suo giudizio,

che quel G sarei io

Per questa ed altri simili sciocchezze

senza alcun fondamento, come apprendo,

sua altezza mi fa ora arrestare.

RICCARDO -

Questo quel che succede quando gli uomini

si fanno governare dalle donne.

Chi manda te alla Torre non il re,

ma Lady Grey sua moglie; lei, Clarenza,

che lo trascina a tal sorta di eccessi.

E non stata lei, con suo fratello,

lesimio ed onorato Antonio Woodville,

a indurre il re a rinchiudere Lord Hastings

alla Torre, da dove proprio oggi

uscito in libert?

Noi non siamo al sicuro qui, Clarenza,

noi non siamo al sicuro.

CLARENZA -

Penso, perdio, che non lo sia nessuno

al sicuro, allinfuori dei parenti

della regina e dei porta-messaggi

che nottetempo fan su e gi la spola

fra lui e mistress Shore.([5])

Non hai sentito che anche Lord Hastings

s dovuto ridurre umile supplice

presso di lei per esser liberato?

RICCARDO -

Ed alla sua deit umilmente prono

ha potuto ottenere la libert

anche il Lord Ciambellano. Credi a me,

fratello, se vogliamo mantenerci

i favori del re, non c altra via

che metterci al servizio di costei

e rivestirci della sua livrea.

Lei e quellinvidiosa anziana vedova,

dacch nostro fratello le ha innalzate

a gentildonne, son le due comari

pi potenti di questa monarchia.

BRAKENBURY -

Supplico di scusarmi, signorie,

ma sua maest ha severamente ingiunto

che nessuno, qualunque sia il suo rango,

parli in privato con vostro fratello.

RICCARDO -

Oh, Brkenbury, se vi fa piacere,

potete udire quello che diciamo!

Non parliamo di tradimenti, amico.

Dicevamo che il re uomo saggio

e pieno di virt, e la sua regina,

nobile dama, pur se un po attempata,

sempre bella, e per nulla gelosa;([6])

e dicevamo che madama Shore

ha un bel piedino, un labbro di ciliegia,

un occhio seducente, una parlata

oltremodo piacevole allorecchio;

e che fratelli e zii della regina

son diventati tutti gente nobile.

Che ne dite signore?

Potete voi negare tutto questo?

BRAKENBURY -

Io con questo, signore,

non ho proprio a che fare.

RICCARDO -

Come, come!

Male a che fare con madama Shore?([7])

Sai che ti dico, amico?

Che chiunque abbia a che fare con lei,

eccetto solo uno,

meglio che lo faccia di nascosto.

BRAKENBURY-

E chi sarebbe quelluno, signore?

RICCARDO -

Eh, suo marito, diamine, birbante!

Non vorrai mica prendermi in castagna?

BRAKENBURY -

Vostra grazia, vi prego di scusarmi

e di voler troncare il suo colloquio

con il nobile duca.

CLARENZA -

Conosciamo la tua consegna, Brakenbury,

e ad essa obbediremo.

RICCARDO -

Noi non siamo che gli umili vassalli

della regina, e dobbiamo obbedire.

Addio, fratello. Andr per te dal re,

e far tutto quel che posso fare

- dovessi pur chiamar sorella mia

la vedova di Edoardo -,

per ottener la tua liberazione.

Frattanto questa profonda lesione

alla nostra comune fratellanza

mi tocca al cuore pi che non immagini.

CLARENZA -

Lo so, molto piacere

essa non fa a nessuno di noi due.

RICCARDO -

Bene, vedrai che la tua prigionia

non sar lunga: ti liberer,

o altrimenti prender il tuo posto.([8])

Nel frattempo, tu devi aver pazienza.

CLARENZA -

Dovr averla per forza. Arrivederci.

(Escono Clarenza e Brakenbury)

RICCARDO -

Va, segui la tua strada

dalla quale pi non farai ritorno,

ingenuo, candido fratello mio;

ti voglio tanto bene, che ben presto

far volare al cielo la tua anima.

se pure il ciel vorr accettare il dono

dalle mie mani Ma chi viene qui?

Hastings appena uscito di prigione?

Entra HASTINGS

HASTINGS -

Il buon giorno al grazioso mio signore!

RICCARDO -

Altrettanto al mio buon Lord Ciambellano!

Bentornato tra noi allaria libera.

E come ha sopportato la prigione

vossignoria?

HASTINGS -

Con pazienza, signore,

come deve qualunque prigioniero.

Ma spero, signor mio, di viver tanto

da poter fare i miei ringraziamenti

a quelli che mhan fatto carcerare.

RICCARDO -

Senza dubbio, signore, senza dubbio;

e lo stesso far anche Clarenza,

ch sono suoi nemici

quelli stessi che sono stati i vostri,

e han prevalso su lui come su voi.

HASTINGS -

Pi triste che in gabbia siano laquile,

mentre avvoltoi e falchi

predano in libert.

RICCARDO -

Che nuove in giro?

HASTINGS -

Nessuna s cattiva quanto questa

che abbiamo in casa: ed che il re malato

indebolito e triste, e i suoi dottori

temono assai per lui.

RICCARDO -

Per San Giovanni,

questa davvero una notizia brutta!

Ahim, da troppo tempo

ha seguito una vita sregolata

che doveva finire fatalmente

per logorar la sua regal persona.([9])

penoso pensarlo. Dov adesso?

A letto?

HASTINGS -

S, signore.

RICCARDO -

Andate avanti voi. Vi seguir.

(Esce Hastings)

Non pu vivere, spero, nel suo stato,

ma non deve morire

prima che Giorgio sia a spron battuto

spedito in cielo. Adesso vado dentro

a rattizzargli in cuore, con menzogne

corazzate di solidi argomenti,

il suo cieco livore per Clarenza;

e se il segreto mio scopo non falla,

Clarenza non ha pi giorni da vivere

Dopo di che, si prenda pure Iddio

il Re Edoardo nella Sua merc,

e lasci il mondo a me,

perchio possa giostrarmici a mio agio.

Perch allora mi prender per moglie

una figlia di Warwick, la pi giovane

S, le ho scannato suocero e marito,

ma che importa? Per fare di ci ammenda

a lei, la via migliore e pi spedita

farmi io suo padre e suo marito.

E lo far: non tanto per amore

quanto per altra mia segreta mira,

che sposandomi a lei devo raggiungere.

Ma non mettiamo il carro innanzi ai buoi.([10])

Clarenza ancor respira;

Edoardo vivo e regna.

Questi due una volta liquidati,

potr tirare il conto dei profitti.

(Esce)

SCENA II - Londra, unaltra strada.

Scortata da alabardieri, entra la salma di Enrico VI con Lady ANNA in gramaglie;

con lei sono TRESSEL, BERKELEY e altri gentiluomini

ANNA -

Sostate un po; posate pure a terra

lonorato fardello - se lonore

pu essere ravvolto in un sudario -,

chio possa qui, per qualche istante ancora,

piangere e lamentar, secondo il rito,

lacerba fine del virtuoso Lncaster.

Povera spoglia dun re consacrato,

fredda come una chiave,

pallide ceneri di casa Lncaster,

resti esangui di quel sangue reale,

chio possa, Enrico, chiamare il tuo spirito

ad ascoltare le lamentazioni

della misera Anna,

la consorte del tuo figliolo Edoardo,([11])

trucidato da quella stessa mano

chha inferto a te tutte queste ferite.

Ecco, nel vano di queste finestre

che han lasciato fuggire la tua vita

io verso il balsamo inefficace

dei miei poveri occhi. Oh, maledetta

la mano che ti aperse questi squarci!

Maledetto quel cuore

cui bast il cuore di far tanto scempio!

Maledetto quel sangue

che ti fece versare tanto sangue!

Sopra quellesecrato malfattore

che ci fa miseri con la tua morte

scenda sorte pi cruda che augurare

io possa solo a ragni e rospi e vipere

e quantaltre creature velenose

vivono sulla terra. Se avr un figlio,

che gli nasca come un mostruoso aborto,

prima del giusto tempo di natura

e tale che col suo deforme aspetto

atterrisca la speranzosa madre

ed erediti la paterna infamia.

E se avr una moglie, questa sia ridotta

per la sua morte ancora pi infelice

che non lo sia io per quella tua

e quella del mio giovane marito.

(Ai portatori del feretro)

Avanti, ora, col vostro sacro peso,

fino a Chertsey,([12]) perch sabbia col

la sua definitiva sepoltura.

E se per via vi coglier stanchezza

nel portarlo, sostate pure ancora,

chio possa alzar sul corpo di Re Enrico

altre lamentazioni.

Entra RICCARDO

RICCARDO -

Fermi l,

voi che portate il cadavere, gi,

riposatelo a terra!

ANNA -

Qual mai nero stregone

avr evocato qui questo demonio

ad interrompere devoti riti

di cristiana piet?

RICCARDO -

Gi quel cadavere,

furfanti, o, per San Paolo, un cadavere

far di chi rifiuta dobbedirmi!

UN ALABARDIERE -

(Sbarrandogli il passo con lalabarda)

Fate passar la bara, monsignore,

state indietro.

RICCARDO -

Sta fermo tu, piuttosto,

cane screanzato, quando io te lordino!

E leva via da me questalabarda,

o, per San Paolo, ti stendo morto

ai miei piedi, pezzente, e ti calpesto

per tanta tua insolenza!

ANNA -

(Agli alabardieri)

E che! Tremate tutti di paura?.

Ahim, non posso certo biasimarvi;

siete mortali, e locchio dun mortale

non sopporta la vista del demonio.

(A Riccardo)

Orribile ministro dellinferno,

vattene! Il tuo potere

non va oltre il suo corpo:

la sua anima tu non puoi averla.

E dunque va, allontnati da qui!

RICCARDO -

Dolce santa, per carit di Dio,

non esser s cattiva.

ANNA -

Immondo diavolo,

per lamore di Dio, vattene via!

Non venire a turbar la nostra pace.

Tu di questa felice nostra terra

hai fatto il tuo inferno, lhai riempita

durla imprecanti e di basse bestemmie.

Se ti piace ammirare i tuoi misfatti,

guarda questo campione

dei tuoi massacri. Guardate, signori,

oh, guardate, guardate le ferite

di Enrico morto: le lor fredde bocche

spalancate riversano ancor sangue

(A Riccardo)

Vergogna a te! Vergogna,

ammasso di deforme luridume,

perch la tua presenza

quella che fa versare questo sangue

da vene vuote e fredde e inaridite;

il tuo misfatto, innaturale ed empio

provoca questa innaturale uscita

di sangue. O Dio, Tu che questo sangue

hai creato, vendica la sua morte!

E tu, o terra, che di questo sangue

tabbeveri, fa anche tu vendetta

della sua morte. Incenerisca il cielo

col suo fulmine questo maledetto

assassino, o la terra

si faccia sotto i suoi piedi voragine

e se lo inghiotta vivo, come inghiotte

ora il sangue di questo buon sovrano

trucidato dal suo braccio infernale.

RICCARDO -

Madama, voi mostrate dignorare

le regole di quella carit

che rende bene per male,

benedizioni per imprecazioni.

ANNA -

Sei tu che ignori, infame,

tutte le leggi di Dio e degli uomini.

Non c bestia che sia tanto feroce

da non conoscere almeno un briciolo

di piet.

RICCARDO -

Ma io non la conosco,

perci non sono bestia.

ANNA -

Oh, meraviglia,

quando i diavoli sono veritieri!

RICCARDO -

Ancor pi meraviglia

quando gli angeli sono cos in collera.

Oh, dgnati, divina perfezione

di donna, di concedermi licenza

che di questi supposti miei delitti,

io con te, giustappunto, mi scagioni.

ANNA -

Degnati tu di dar licenza a me,

tu, cancerosa pestilenza duomo,

di urlarti sulla faccia, maledetto,

questi ben conosciuti tuoi delitti.

RICCARDO -

O bella pi che lingua possa dire,

accordami quel tanto di pazienza

che mi dia agio di giustificarmi.

ANNA -

O tristo, pi che cuor possa pensare,

altra discolpa non potrai trovare

se non che nellappenderti a un capestro.

RICCARDO -

Maccuserei da me,

con un tal gesto di disperazione.

ANNA -

No, con quel gesto tu ti assolveresti,

ch con esso faresti su di te

degna vendetta degli atroci eccidii

consumati da te uccidendo gli altri.

RICCARDO -

Se dicessi che non li ho uccisi io?

ANNA -

Sarebbe dire chessi da nessuno

furono uccisi; eppure sono morti,

e per tua mano, diabolico schiavo!

RICCARDO -

Non ho ucciso io vostro marito.([13])

ANNA -

Allora non morto?

RICCARDO -

morto, s,

ma per mano di Edoardo.

ANNA -

Immondo ipocrita!

Tu menti per la gola. La regina

ha visto il tuo micidiale pugnale

ancor tutto fumante del suo sangue;

e tu stavi in procinto di piantarlo

gi nel petto di lei, se i tuoi fratelli

non te ne avessero sviato il colpo.

RICCARDO -

Fui provocato, in quella circostanza,

da quella sua calunniosa linguaccia

che voleva addossar la loro colpa

sulle mie spalle, del tutto incolpevoli.

ANNA -

No, a provocarti fu la tua natura

sanguinaria, che non sogn mai altro

che sangue e stragi. Ed ora questo re

non lhai ucciso tu?

RICCARDO -

Concedo, s.

ANNA -

Ah, lo concedi, brutto porcospino!

Cos voglia concedere a me Dio

che ti sia data dannazione eterna

per questa turpe azione.

Oh, quanto mite e nobile e virtuoso

egli era!

riccardo -

Tanto meglio per il cielo

che lha ora con s.

ANNA -

S, egli in cielo,

dove tu non sperar dandare mai.

RICCARDO -

Sia dunque grato a me

che lho aiutato ad andare lass

se pi a quel luogo egli era congeniale

che alla terra.

ANNA -

S, come congeniale

ad altro luogo tu sei che linferno.

RICCARDO -

Oh, un luogo diverso ci sarebbe,

se posso dirlo

ANNA -

S, una prigione,

o che altro?

RICCARDO -

La tua stanza da letto.

ANNA -

Non conosca riposo quella camera

ove giaci.

RICCARDO -

Cos sar, madama,

finch io non mi giaccia insieme a te.

ANNA -

Lo spero bene.([14])

RICCARDO -

Io ne sono certo.

Ma, lasciamo da parte, mia gentile,

questa arguto duello di cervelli,

e scendiamo a un parlare pi concreto:

chi stato causa delle acerbe morti

di questi due Plantageneti, Enrico

ed Edoardo, non altrettanto reo

di chi ne stato il pratico strumento?

ANNA -

Tu sei stato la causa,

e tu il loro maledetto effetto.

RICCARDO -

No, questa tua bellezza, ed essa sola,

stata causa di quelleffetto;

questa bellezza tua che mossessiona

fin nel sonno, da spingermi a pensare

di dar morte magari a tutto il mondo

pur di vivere unora sul tuo seno.

ANNA -

Se mi venisse mai un tal pensiero,

io ti dico, assassino, che questunghie

farebbero a brandelli la mia faccia

per cancellarne via questa bellezza.

RICCARDO -

Sio vi stessi vicino,

questi occhi certo non sopporterebbero

quella devastazione di belt;

non potresti offuscarla, me presente.

Ch come il mondo sallieta del sole,

cos di quella io; la mia luce,

la mia stessa vita.

ANNA -

La nera notte offuschi la tua luce,

la morte la tua vita.

RICCARDO -

Non imprecare contro te medesima,

bella creatura: tu sei luna e laltra.

ANNA -

Ah, vorrei esserlo, per vendicarmi!

RICCARDO -

Vendicarsi di chi tama, querela

assai contro natura.

ANNA -

giusta e ragionevole querela

per me cercar vendetta

contro colui che ha ucciso mio marito.

RICCARDO -

Chi ti priv del marito, signora,

lo fece perch tu potessi averne

uno migliore.

ANNA -

Migliore di lui

non ce n che respiri sulla terra.

RICCARDO -

Vive e respira invece sulla terra

chi tama meglio chegli non sapesse.

ANNA -

Dimmi il nome.

RICCARDO -

Plantageneto.

ANNA -

Ebbene,

era lui quello.

RICCARDO -

Ha lo stesso nome,

ma uno di natura superiore.

ANNA -

Dov costui?

RICCARDO -

qui davanti a te.

(Anna gli sputa in faccia)

Perch mi sputi addosso?

ANNA -

Vorrei che fosse veleno mortale,

per te.

RICCARDO -

Mai scatur mortal veleno

da cos dolce fonte.

ANNA -

Mai veleno

rest rappreso a pi schifoso rospo.

Minfetti gli occhi! Via dalla mia vista!

RICCARDO -

Son gli occhi tuoi ad avere infettato

questi miei, soavissima signora.

ANNA -

Basilischi vorrei che essi fossero,

per darti morte.([15])

RICCARDO -

Oh, s, e poter morire

subito qui! Se no, a morte lenta

muccidono i tuoi occhi, che dai miei

han saputo spillare amare lacrime,

ombrandone le luci

con un diluvio di puerili gocce;

questi occhi miei da cui non scese mai

lacrima di rimorso,

neppure quando mio padre ed Edoardo

piansero a udire il pietoso lamento

di Rutland, quando lefferato Clifford

gli vibr la fatale pugnalata;([16])

n quando quel guerriero di tuo padre

ci raccont piangendo e singhiozzando

come un bambino la morte del mio,

s che le guance di tutti gli astanti

eran come alberi stillanti pioggia.

Perfino in quel momento di tristezza

stragrande questi miei occhi virili

sdegnaron di versar lumile lacrima.

Ma quello che non seppero strizzare

dagli occhi miei quelle tristi vicende,

lo doveva ora far la tua bellezza,

che me li rende accecati di pianto.

Pregato non ho mai nemico o amico,

mai la mia lingua seppe pronunciare

carezzevoli frasi di lusinga,

ma ora che marride come premio

la tua bellezza, laltero mio cuore

incita la mia lingua

e suggerisse ad essa le parole.

(Anna lo guarda con disprezzo)

Non insegnar, signora, alle tue labbra

tanto disprezzo; non per disprezzare

esse son nate, bens per baciare.

Se il tuo cuore ha tal sete di vendetta

da non conoscere alcun perdono,

ecco, ti do la mia spada affilata:

affondala, se vuoi, in questo petto

a te fedele, e fanne uscire lanima

che tadora; io qui me lo denudo

per il colpo mortale,

ed umilmente inginocchiato a te

a te chiedo la morte.

(Singinocchia e si scopre il petto; ella afferra la spada che egli le offre, fa per colpirlo, ma si trattiene)

Non esitare: ho ucciso io Re Enrico,

ma fu la tua bellezza a provocarmi.

Colpisci, presto: sono stato io

a pugnalare il tuo giovane Edoardo,

ma fu il tuo volto dangelo a istigarmi.

(Anna lascia cadere dalle mani la spada)

Raccogli quella spada, o rialza me.

ANNA -

Rilzati, via, simulatore!

Per quanto possa voler la tua morte,

non voglio essere il tuo giustiziere.

RICCARDO -

(Rialzandosi)

Dimmi allora duccidermi da me

e lo far.

ANNA -

Questo te lho gi detto.

RICCARDO -

S, ma stato nellimpeto dellira.

Ripetilo ora a freddo,

e questa mano che per amor tuo

ha ucciso lamor tuo,

uccider con quella stessa spada

un amore di quello assai pi vero;

sarai cos tu stessa la cagione

delluna e laltra morte.

ANNA -

Vorrei poter discernere

quello che hai nel cuore

RICCARDO -

Il cuore mio

tutto quanto nelle mie parole.

ANNA -

Temo siano bugiardi luno e laltre.

RICCARDO -

Mai allora ci fu uomo sincero.

ANNA -

Ebbene, su, rinfodera la spada.

RICCARDO -

Pace fatta?

ANNA -

Questo lo saprai poi.

RICCARDO -

Potr almeno vivere sperando?

ANNA -

Come vivono, spero, tutti al mondo.

RICCARDO -

Degnati di portare questanello.

ANNA -

(Lasciandosi infilare lanello al dito)

Prendere non dare, sia ben chiaro.

RICCARDO -

Guarda come il mio anello cinge bene

il tuo dito; cos stringe il tuo seno

il mio povero cuore;

portali entrambi con te, sono tuoi.

E se il tuo povero e devoto servo

pu impetrar dalla tua graziosa mano

ora una grazia, lo confermerai

per sempre nella sua felicit.

ANNA -

Quale grazia?

RICCARDO -

Che tu voglia lasciare

questa luttuosa funebre incombenza

nelle mani di chi ha pi dogni altro

cagione di occuparsi delle esequie([17])

e dirigerti invece a Crosby Place;([18])

quando avr dato degna sepoltura

nellabbazia di Chertsey([19])

a questo nobile re e versato

contrite lacrime sulla sua tomba,

l verr a renderti in tutta fretta

il mio devoto omaggio.

Ti supplico di farmi questa grazia

per un insieme dintime ragioni.

ANNA -

Con tutto il cuore, e molto rallegrata

di vederti s vlto a contrizione.

Tressel e Berkley, venite con me.

RICCARDO -

Il tuo saluto

ANNA -

pi di quanto meriti;

ma poich sei maestro di lusinga,

immagina daverlo ricevuto.

(Esce con Tressel e Berkley)

RICCARDO -

Signori, su la bara ed in cammino.

UN GENTILUOMO -

A Chestley, monsignore?

RICCARDO -

Ai Frati Bianchi;([20])

e l aspetterete il mio arrivo.

(Escono, con il feretro, portatori e alabardieri)

Ci fu mai donna in quello stato danimo

circuita damore?

Ci fu mai donna in quello stato danimo

conquistata? Lavr, ma non a lungo.

Non ho questintenzione.

Ma come! Io, lassassino confesso

del marito e del suocero, dun tratto

carpirle il cuore ancora colmo dodio,

con le sue labbra ancor maledicenti

ed agli occhi le lacrime e presente

l il testimone ancora sanguinante

del suo sdegno; e presenti ancora Dio,

la sua coscienza e tutti i vari ostacoli

che si frappongono fra lei e me!

Ed io, senzaltro amico accanto a me

a sostener la mia preghiera a lei

se non il diavolo a viso scoperto

e il mio ceffo beffardo, la convinco:

il mondo intero contro un nulla! Puah!

Ha dunque ella gi dimenticato

quel valoroso principe dEdoardo,

suo signore, che in un accesso dira

ho ucciso a Tewksbury, non son tre mesi?

Un gentiluomo pi che dolce e amabile,

cui natura era stata molto prodiga,

giovane, valoroso, saggio, intriso

dun tale tratto di regalit,

che non ne vedr un altro il vasto mondo.

Ed ella abbassa su di me lo sguardo,

su di me che di quel soave principe

ho falciato laurata primavera,

e lho ridotta vedova di lui

in un letto di pianto?

Su di me, il cui tutto non eguaglia

la met di Edoardo? Su di me,

deforme e claudicante come sono?

Il mio ducato contro pochi spiccioli([21])

che io mi sono ingannato fino ad oggi

sopra la mia figura,

sella mi trova - al contrario di me -

un uomo di straordinario fascino.

Maccoller, costi quello che costi,

la spesa duno specchio,

e ingagger due dozzine di sarti

che studino le fogge di vestiti

pi adatti ad abbellirmi la persona.

Poich sono strisciato fino al punto

di venire gradito anche a me stesso,

voglio tenermi su a qualunque prezzo.

Prima per sistemer a dovere

nella sua tomba quel bravuomo l;

poi torno dal mio amore

a versare sospiri sul suo seno.

E tu splendi, bel sole,

finch mi sia comperato uno specchio,

chio possa rimirare, camminando,

la mia ombra riflessa sul terreno.

(Esce)

SCENA III - Londra, sala nel palazzo reale.

Entrano la REGINA ELISABETTA, LORD RIVERS e LORD GREY

RIVERS -

Dovete aver pazienza, mia regina:

il re riacquister rapidamente

la sua salute, non ci sono dubbi.

GREY -

Con questo vostro umore contristato

non farete che peggioragli il male.

Perci, in nome di Dio,

fate cuore e cercate di mostrarvi

viva e gioviale, a confortar sua grazia.

ELISABETTA -

Che sarebbe di me segli morisse?

GREY -

Nessun altro malanno che la perdita

dun signore par suo.

ELISABETTA -

La perdita per me dun tal signore

porta con s ogni sorta di malanno.

GREY -

Il cielo vha mandato, a confortarvi,

con un bel figlio, segli vi mancasse.

ELISABETTA -

Ah, egli giovane, e finch minore

dovr restare sotto la tutela

di Riccardo di Gloucester, che non mama

come non ama nessuno di voi.

RIVERS -

stabilito che sia lui il Reggente?

ELISABETTA -

Stabilito, se pure non sancito

formalmente; ma certo lo sar

se il re verr a mancare.

Entrano il DUCA DI BUCKINGHAM

e LORD STANLEY, conte di Derby.

GREY -

Ecco Lord Buckingham e il Conte Derby.

BUCKINGHAM -

Buon giorno a vostra grazia.

stanley -

Dio renda gioia a vostra maest.

ELISABETTA -

La contessa di Richmond, vostra moglie,([22])

difficilmente vorr dire Amen

a questa vostra amabile preghiera,

mio buon Lord Derby; tuttavia, signore,

malgrado chella sia vostra consorte

e non mi veda troppo di buon occhio,

non pensate chio porti a voi rancore

per lodiosa ed altera sua arroganza.

STANLEY -

Non date credito, ve ne scongiuro,

alle calunnie false ed invidiose

dei suoi accusatori;

e se doveste udirla anche accusata

sulla base di voci veritiere,

perdonatele la sua debolezza

che le deriva, comio son convinto,

da una congenita sua leggerezza,

non gi da radicata malvolenza.

ELISABETTA -

Vedeste oggi il re, caro Lord Derby?

STANLEY -

Veniamo appunto, Buckingham ed io,

dallaver visitato sua maest.

ELISABETTA -

Che speranze dun suo miglioramento?

BUCKINGHAM -

Buone, direi, madama:

sua grazia in buona vena di parlare.

ELISABETTA -

Che Dio gli dia salute.

Poteste allora conferir con lui?

buckingham -

s, signora; desidera, ci disse,

provocare una riconciliazione

tra il Duca Gloucester([23]) ed i vostri fratelli

e tra costoro ed il Lord Ciambellano.

ELISABETTA -

Volesse Dio ma ci non sar mai.

Ho paura che la felicit

sia giunta al termine per tutti noi.

Entrano RICCARDO, HASTING e DORSEY

RICCARDO -

Mi fanno torto, e io non lo sopporto!

Chi che si lamenta con il re

di me, dicendo che son scontroso

e, guarda un po, non li amo? Per San Paolo,

devono amare ben poco sua grazia

quelli che vanno a inzuffargli le orecchie

con simili rissose baggianate!

Poich non son capace di adulare,

di ostentare un amabile contegno,

di sorridere in faccia, di lisciare,

dingannare, imbrogliare, civettare

ed inchinare il capo alla francese

con la smorfiosit duno scimmiotto,

debbo esser perci considerato

un astioso nemico?

Un galantuomo non pu vivere

senza pensare di far male agi altri,

e senza che codesta sua lealt

debba essere presa pel malverso

da vellutati, striscianti furbastri?

GREY -

A chi allude di noi qui Vostra grazia?

RICCARDO -

A te, che manchi donest e di grazia.

Quand che io tavrei maltrattato?

Quando tho fatto torto?

(A Rivers)

O a te?

(A Stanley)

O a te?

O a chiunque altro della vostra cricca?

Peste vi colga! Sua grazia reale

- il cielo ce lo voglia preservare

meglio che non vaugurereste voi -

non pu tirare in pace un po di fiato

senza che voi landiate a infastidire

coi vostri strampalati piagnistei.

ELISABETTA -

Gloucester, cognato, avete male inteso:

il re, di sua augusta iniziativa

e non richiesto da alcun postulante,

pensoso forse dellinterno odio

che ben traspare dalle vostre azioni

contro i miei figli, contro i miei fratelli,

contro me stessa, ci convoca a lui

per conoscere meglio le ragioni

di tanta ostilit da parte vostra

e cercar di rimuoverle. Ecco tutto.

RICCARDO -

Io non so pi che dire:

il mondo diventato cos becero,

che gli uccelletti vanno a far man basa

dove non osano posarsi laquile.

Da quando ogni villano

stato battezzato gentiluomo,

molti che sono veri gentiluomini

sono svillaneggiati.

Elisabetta -

Andiamo, andiamo,

sappiamo bene a chi volete alludere,

cognato Gloucester; non v andata gi

lelevazione mia e di mia gente.

Dio non ci faccia mai aver bisogno

di voi.

RICCARDO -

Dio vuole, intanto, che siam noi

ad avere bisogno ora, di voi.

grazie alle vostre mene,

nostro fratello condotto in prigione,

io stesso sono in disgrazia del re,

tutta la nobilt tenuta a vile

mentre ogni giorno si fan promozioni

per dare titoli di nobilt

a gente che soltanto laltro ieri

non valeva nemmeno mezzo nobile.([24])

ELISABETTA -

Io giuro su Colui che mha innalzata

dalla serena mia pace di prima

a questa altezza gravida daffanni

di mai aver pronunziato parola

per cercar distigare sua maest

contro Clarenza; ho anzi perorato

da zelante avvocato la sua causa.

Mi recate unoffesa vergognosa,

signore, coinvolgendomi cos

con questi vostri ignobili sospetti.

RICCARDO -

Voi potete negare certamente

dessere stata voi a provocare

la cattura e limprigionamento

di Lord Hastings

RIVERS -

Lo pu, s, monsignore

RICCARDO -

Lo pu, Lord Rivers! Gi, chi non lo sa?

Ella pu questo ed altro, signor mio:

pu procurare a voi fruttuose cariche

e poi anche negare

davervi dato mano ad ottenerle

ed affermare chesse sono merito

delle vostre eccellenti qualit.

Che cosa ella non pu? Ella pu anche

per Maria Vergine

RIVERS -

Che cosa pu,

per Maria Vergine?

RICCARDO -

Che cosa pu?

Ma maritarsi a un re, per Maria Vergine!([25])

Lei, vedova, a uno scapolo,

ed un bel giovanotto, per di pi.

Vostra nonna, chio sappia,

non fece nozze altrettanto cospicue.

ELISABETTA -

Monsignore di Gloucester,

ho sopportato ormai da troppo tempo

le vostre villanesche reprimende

e i maligni sarcasmi. Adesso basta!

Per il cielo, vorr informare il re

di tutte queste grossolane offese

che m toccato spesso sopportare.

Entra, rimanendo in fondo alla scena,

la vecchia REGINA MARGHERITA

Non che la sposa di un grande monarca,

vorrei essere, in queste condizioni,

unumile servetta di campagna,

derisa, vilipesa come sono

Mi viene veramente poca gioia

dallessere regina dInghilterra.

MARGHERITA -

(A parte)

Che anche quella poca abbia a scemare,

ti supplico, Signore! A me dovuti

sono gli onori tuoi, il fasto, il seggio!

RICCARDO -

Ah, minacciate di ridirlo al re?

Ma diteglielo, senza alcuna remora!

Quanto vho detto qui,

son pronto a dichiararlo innanzi a lui,

a rischio desser mandato alla Torre.

tempo di parlare: i miei servizi,

tutti dimenticati.

MARGHERITA -

(c.s.)

Via, demonio!

Li ricordo fin troppo i tuoi servizi:

ucciso mio marito nella Torre,

e mio figlio Edoardo a Tewksbury.([26])

RICCARDO -

Io, prima che voi foste regina,

e che vostro marito fosse re,

ho fatto sempre il cavallo da soma

dei suoi alti interessi, la ramazza

con la quale far pulizia sul campo

dai suoi fieri avversari, il dispensiere

di compensi ai suoi sostenitori:

ho versato il mio sangue

per dar regale dignit al suo.

MARGHERITA -

(c.s.)

Di sangue nhai versato,

ma del suo e del tuo assai pi nobile.

RICCARDO -

E in tutto questo tempo, voi e Grey,

vostro marito, e voi con loro, Rivers,

parteggiavate per la casa Lncaster.

Ucciso non fu forse a SantAlbano

vostro marito mentre combatteva

per Margherita?([27]) E voglio ricordarvi,

se mai vi fosse passato di mente,

quel cheravate e quel che siete adesso,

e quel chio sono e sono sempre stato.

MARGHERITA -

(c.s.)

Un infame assassino, e tale resti!

RICCARDO -

Il povero Clarenza

che disert da suo suocero Warwick([28])

facendosi spergiuro con se stesso,

Dio gli perdoni

MARGHERITA -

(s.c.)

E ne faccia vendetta!

RICCARDO -

per combattere a fianco di Edoardo,

per tutta ricompensa, sventurato,

messo in carcere Volesse Iddio

che avessi anchio un cuore come Edoardo

di pietra, o che Edoardo avesse un cuore

s tenero e pietoso come il mio!

Son davvero un fanciullo,

troppo ingenuo per questo basso mondo!

MARGHERITA -

(c s.)

Sbrigati allora, per la tua vergogna,

a lasciarlo, demonio, per linferno,

ch laggi il tuo regno!

RIVERS -

Mio signore di Gloucester,

in quei giorni di grande confusione

che voi qui rievocate per bollarci

come nemici, noi seguimmo allora

colui che era il re nostro sovrano,

cos come ora seguiremmo voi,

se foste il nostro re.

RICCARDO -

Se fossi io re? Piuttosto uno straccione

vorrei essere. Lungi dal mio cuore

un simile pensiero!

ELISABETTA -

Cos poca la mia gioia, signore,

desser regina, quale voi pensate

possa esser quella che godreste voi

se di questo paese foste il re.

MARGHERITA -

(c.s.)

Ah, com vero! Quanta poca gioia

ha la regina di questo paese!

E son io quella, e dogni gioia priva!

Pi non resisto a starmene in silenzio!

(Forte, facendosi avanti)

Ascoltate, briganti litigiosi,

che state l a rissare

per spartirvi il bottino a me rubato:

c tra di voi qualcuno

che mi possa guardar senza tremare?

Se come sudditi non vinchinate

a me, vostra regina, innanzi a me,

da voi deposta tuttavia tremate

come ribelli.

(A Riccardo)

Ah, nobile furfante!

Guardami bene in faccia, non voltarti!([29])

RICCARDO -

Matta strega grinzosa,

che ci fai tu davanti alla mia vista?

MARGHERITA -

Nullaltro che ripeterti a memoria

tutte le tue nefande malefatte.

E lo far, prima di farti andare.

RICCARDO -

Non sei bandita, a pena capitale?

MARGHERITA -

Lo sono, ma lesilio maggior pena

che la morte per me; perci la rischio

restando qui dov la mia dimora.

Dun marito e dun figlio

tu mi sei debitore,

(A Elisabetta)

e tu dun regno;

voi tutti, della vostra sudditanza.

Questo dolore mio di diritto

il vostro, e sono miei

tutti i piaceri che voi mi usurpate.

RICCARDO -

Su di te pesa la maledizione

che il mio nobile padre ti scagli

quando cingesti le sue fiere tempie

duna corona di carta; i tuoi scherni

gli provocarono fiumi di lacrime,

e tu, per tergerli, porgesti al Duca

una pezzuola ancora tutta intrisa

dellinnocente sangue del suo Rutland([30])

Sul tuo capo son tutte ricadute

le sue maledizioni,

profferite dal suo cuore straziato,

e Dio, non noi, ha castigato in te

quel tuo atto di sangue.

ELISABETTA -

Dio giusto

nel rendere giustizia agli innocenti.

HASTINGS -

Ah, trucidare quella creatura

fu latto pi nefando e pi spietato

mai visto o udito al mondo.

RIVERS -

A udirlo raccontare ha fatto piangere

anche i tiranni.

DORSET -

E non ci fu nessuno

che non preconizzasse la vendetta

che sarebbe seguita.

BUCKINGHAM -

Northumberland, che si trovava l,

pianse a vederlo.

MARGHERITA -

Che! Tutti ringhiosi

luno con laltro, pronti ad azzannarvi

prima chio comparissi, ed ora tutti

a volger il vostro odio su di me?

Ha avuto tanta udienza in cielo

quella terribile maledizione

di York, da far che la morte dEnrico

e quella di Edoardo mio diletto,

e il loro regno andato in altre mani,

e lamaro tormento del mio esilio

non sarebbero che il prezzo pagato

da noi per quel bizzoso marmocchietto?

Possono dunque le maledizioni

squarciar le nubi e penetrare in cielo?

Oh, allora, aprite il varco, grevi nuvole,

alle maledizioni mie vibranti:

il vostro ingordo re, se non in guerra,

muoia dindigestione e di stravizio,

come per assassinio morto il nostro,

per far lui re; ed Edoardo tuo figlio,

il quale ora principe di Galles

per il mio Edoardo, faccia anchegli,

ancora giovane, comera lui,

morte violenta prima del suo tempo!

(A Elisabetta)

E tu, che usurpi a me che fui regina

il posto di regina,

possa tu sopravvivere in miseria,

alla presente pompa e, come me,

possa ridurti tu ad un rottame;

e viver tanto a lungo

da piangere la morte dei tuoi figli;

e vedere, comio vedo ora te,

dei tuoi diritti adorna unaltra donna,

come tu sei dei miei; e non morire

prima davere visto tramontare

i tuoi giorni felici; e possa tu,

dopo ore infinite di tormento,

morire non pi madre, non pi moglie

non pi regina di questa Inghilterra.

Voi due, Rivers e Dorset e anche tu,

Lord Hastings, eravate l presenti,

quando mio figlio venne pugnalato.

Io prego Dio che nessuno di voi

possa giungere al fine naturale

di sua vita, ma sia stroncato prima

da un qualsivoglia imprevisto accidente.

RICCARDO -

Finiscila con questi tuoi scongiuri,

odiosa e raggrinzita fattucchiera!

MARGHERITA -

Lasciando fuori te? Fermati, cane,

ch anche tu mhai da sentire, e come!

Oh, sabbia per te solo in serbo il cielo

un funesto flagello, il pi terribile

dei tormenti chio possa mai augurarti,

e voglia trattenerlo fino al tempo

che siano maturate le tue colpe,

e lo scagli sdegnoso su di te

che sei stato nemico della pace

su questo nostro derelitto mondo.

Ti corroda incessantemente lanima

il tarlo insonne della tua coscienza;

e, possa tu trattar per traditori,

fin che vivi, gli amici tuoi pi cari,

e per amici pi cari e fidati

traditori della pi bassa risma.

Non chiuda il sonno i tuoi occhi letali

se non per darti sogni tormentosi

che tatterriscano con un inferno

di orrendi diavoli, schifoso aborto

di malizia, maiale grufolante,

marchiato da rifiuto di natura

e figlio dellinferno dalla nascita;

tu, vivente calunnia

del grembo di tua madre che tha fatto;

tu, schifoso germoglio

dei lombi di tuo padre; strofinaccio

dellonore, esecrato

RICCARDO -

Margherita!

MARGHERITA -

Riccardo!

RICCARDO -

Eh?

MARGHERITA -

Non ti ho mica chiamato.

RICCARDO -

Scusa, credevo che chiamassi me

dandomi tutti quegli amari epiteti.

MARGHERITA -

Difatti, ma non chiedevo risposta.

Ti chiedo solo di farmi concludere

la mia maledizione.

RICCARDO -

Io lho conclusa,

e finisce cos: con Margherita.

ELISABETTA -

(A Margherita)

Cos tutte le tue maledizioni

te le sarai soffiate addosso a te.

MARGHERITA -

Ah, parli tu, immagine dipinta

di regina, tu, vano abbellimento([31])

di quella che fu gi la mia fortuna!

Perch spargi il tuo zucchero

sulla gobba di quel tumido ragno

la cui rete mortifera

finir per avvolgere anche te?

Stolta, stolta! Ti affili da te stessa

il coltello che ti dar la morte!

Giorno verr che chiamerai aiuto

da me, per aiutarti a maledire

questo gobbo rospaccio velenoso.

HASTINGS -

Smettila dunque, falsa profetessa,

con codeste tue folli imprecazioni,

se non vuoi abusare, a tuo discapito,

della pazienza nostra!

MARGHERITA -

Svergognati!

Della mia abusato avete tutti!

RIVERS -

Sarebbe rendervi un buon servizio

a insegnarvi qual il dover vostro.

MARGHERITA -

Sarebbe rendermi un buon servizio

se ciascuno facesse il suo dovere

con me: cio se minsegnaste ad essere

vostra regina e voi esser miei sudditi,

rendendo a me quello che a me dovuto,

e insegnando a voi stessi quel dovere.

DORSET -

Non state a disputar con lei. pazza.

MARGHERITA -

Zitto, mastro marchese!Sei maldestro.

Il fior di conio di questo tuo titolo

ancora non ha corso in Inghilterra.

Ah, se la vostra fresca nobilt

sapesse giudicare che vuol dire

perderla e ritrovarsi un miserabile!

Chi sta in alto scrollato dalle raffiche

e, se cade, rovina in mille pezzi.

RICCARDO -

Buon consiglio, perbacco!

Fanne tesoro, imparalo, marchese.

DORSET -

Riguarda voi, signore, quanto me.

RICCARDO -

Oh, certo, anzi di pi.

Ma io ci sono nato cos in alto:

il nostro nido daquile

sta edificato in vetta allalto cedro,

scherza col vento e si beffa del sole.

MARGHERITA -

E muta il sole in ombra, ahim, ahim!

Ne sa qualcosa il povero mio figlio,

ormai per sempre allombra della morte,

i cui splendenti, luminosi raggi

la nera nube della tua ferocia

ha avviluppato nelleterna tenebra.

Ed il tuo nido daquila

stato edificato in quello nostro.

Tu che lo vedi, Dio, non tollerarlo!

Fu ottenuto col sangue,

e nel sangue devessere perduto.

BUCKINGHAM -

Oh, finitela insomma! Per vergogna,

se non per carit.

MARGHERITA -

E proprio voi

mi parlate di carit e vergogna?

Voi che con me vi siete comportati

senza unombra di umana carit,

e che senza vergogna avete ucciso

le mie speranze? Carit per me

loltraggio, vivere la mia vergogna.

Ed in questa vergogna viva in me

sempre la rabbia per il mio soffrire.

BUCKINGHAM -

Basta l, basta! Fatela finita!

MARGHERITA -

Nobilissimo Buckingham,

a te io voglio baciare la mano,

in segno di alleanza e damicizia;

con laugurio che scenda su di te

e la tua nobile casa ogni bene;

sui tuoi vestiti non ci sono macchie

del nostro sangue, tu non sei compreso

nel cerchio della mia maledizione.

BUCKINGHAM -

N io n gli altri: le maledizioni

non vanno mai pi lontano

del labbro di colui che le pronuncia.

MARGHERITA -

Io penso invece chesse vanno in cielo

a ridestare dal suo dolce sonno

il silenzio di Dio. Gurdati, Buckingham,

da quel cagnaccio! Attento:

se ti scodinzola, morde! e se morde,

il morso del suo dente velenoso

ti d ferita cancerosa e morte.

Con lui non aver mai nulla a che fare;

tienilo solo a bada: su di lui

il peccato, la morte e il nero inferno

hanno stampato il lor sinistro marchio

e i lor ministri sono ai suoi comandi.

RICCARDO -

Che vi racconta costei, mio Lord Buckingham?

BUCKINGHAM -

Nulla chabbia alcun peso, vostra grazia.

MARGHERITA -

Che! Tu disdegni i miei buoni consigli,

ed assecondi il diavolo

contro il quale ti sto mettendo in guardia?

Te ne ricorderai un giorno o laltro,

quando costui tavr spezzato il cuore

per lambascia, e dirai: Qual buon profeta

sei stata, sventurata Margherita!

Viva, ciascun di voi, in odio a lui,

ed egli a voi, e tutti in odio a Dio!

(Esce)

BUCKINGHAM -

Per mi si drizzavano i capelli

a udire quelle sue maledizioni.

RIVERS -

E cos a me. Mi chiedo come mai

la si lasci girare in libert.

RICCARDO -

Io la capisco: per la Santa Vergine,

ha dovuto soffrire troppi torti!

E mi pento del male che le ho fatto

anchio, dalla mia parte.

ELISABETTA -

Per me, chio sappia, non gliene ho mai fatti.

RICCARDO -

Ritraete per ogni vantaggio

dai torti chella ha potuto ricevere.

Troppo calore ho speso a far del bene

a chi ora troppo freddo a riconoscerlo.

Quanto a Clarenza, per la Santa Vergine,

ha ricevuto bene la sua paga!

Sta rinchiuso allingrasso,

a ricompensa delle sue fatiche.

E Dio perdoni chi n responsabile!

RIVERS -

Saggia morale, dun vero cristiano:

pregare Dio per chi ci ha fatto male.

RICCARDO -

quel che faccio sempre

(Tra s)

E faccio bene:

ch a maledir qualcuno ora per questo,

mi sarei maledetto da me stesso.

Entra CATESBY

CATESBY -

(A Elisabetta)

Madama, sua maest vi vuol parlare,

(A Riccardo)

ed anche a vostra grazia e a tutti gli altri.

ELISABETTA -

Vengo subito, Catesby.

Volete accompagnarmi, miei signori?

RIVERS -

Seguiamo volentieri vostra grazia.

(Escono tutti meno Riccardo)

RICCARDO -

Io faccio il male, e sono io il primo

a deprecarlo e sbraitar per esso:

carico il peso di tutti i misfatti

da me segretamente consumati

sulle spalle degli altri. Ho manovrato

per gettare Clarenza in gattabuia,

e lo compiango avanti a questo branco

di sempliciotti, Derby, Hastings, Buckingham,

e dico loro che fu la regina

coi suoi parenti ad istigare il re

contro il duca Clarenza mio fratello.

E quelli se la bevono,

e mi spronano a far la mia vendetta

sulle spalle di Rivers, Dorset, Grey;

al che io tiro fuori un gran sospiro,

e, appellandomi alle Scritture,

ricordo loro il divino precetto

che insegna a ripagar con bene il male.

Vesto cos la mia nuda perfidia

con vecchi stracci carpiti a casaccio

dai sacri testi; e mostro desser pio

quanto pi mi comporto da demonio.

Entrano DUE SICARII

Ma basta: sono qui i miei giustizieri.

Allora, bravi, duri e decisi compari,

siete pronti a sbrigare la faccenda?

PRIMO SICARIO -

S, monsignore, e veniamo da voi

per avere il mandato necessario

a consentirci dessere introdotti

nel luogo ovei si trova.

RICCARDO -

Ottimamente.

Lho appunto qui con me. E appena fatto,

verrete a ripararvi a Crosby Place.([32])

Per mi raccomando, amici miei,

siate fulminei nellesecuzione,

ed inflessibili: nessun indugio

ad ascoltar le sue perorazioni;

perch Clarenza un bravo parlatore,

e per poco che voi gli diate spago,

quello vi muove il cuore alla piet.

SECONDO SICARIO -

Signore, non staremo certo l

a scambiar quattro chiacchiere. I ciarlieri

son gente poco idonea allazione.

Andiamo a usar le mani, non la lingua.

Potete star sicuro.

RICCARDO -

Gli occhi vostri, difatti, come vedo,

versano macine di pietra; lacrime

piovono sol dagli occhi degli sciocchi.

Mi piacete ragazzi. Allopra, subito.

E fate presto.

I DUE SICARI -

S, s, monsignore.

(escono)

SCENA IV - Londra, la Torre.

Entrano CLARENZA e BRAKENBURY

BRAKENBURY -

Oggi vi vedo triste, vostra grazia.

CLARENZA -

Ahim, ho trascorso una brutta nottata,

cos piena di spaventosi sogni,

di orribili visioni, che vi dico,

quant vero che sono un buon cristiano,

non ne vorrei passare unaltra eguale

nemmeno se dovessi ricavarne

un mondo intero di giorni felici,

s piena stata di tetro terrore.

BRAKENBURY -

Che sogno stato il vostro, monsignore?

Vogliate raccontarmelo, vi prego.

CLARENZA -

M parso dessere fuggito a forza

dalla Torre e di essermi imbarcato

per raggiunger per mare la Borgogna;

e con me era mio fratello Gloucester,

che minvit a lasciare la cabina

per passeggiar sul ponte della nave:

da l volgemmo gli occhi allInghilterra

e ci trovammo a ricordare insieme

mille atroci episodi capitatici

nella contesa fra York e Lancster.

Camminavamo in su e in gi a coperta

sulle sconnesse plance, quando a un tratto

m sembrato che Gloucester inciampasse

e, cadendo, venisse addosso a me,

che mi sforzavo di tenerlo su,

e mi sbalzasse via di soprabordo

negli agitati flutti delloceano.

Dio, che pena! Mi parve di annegare.

Che pauroso strepito dellacque

sentivo negli orecchi, e innanzi agli occhi

e quali orrende immagini di morte!

Mi sembr di vedere intorno a me

mille orribili resti di naufragio

e uomini a diecine di migliaia

dilaniati da squali; e verghe doro,

ed ancore giganti, e perle a mucchi,

pietre rare, gioielli favolosi

sparpagliati sul fondo delloceano:

stavano alcuni dentro a teschi umani

incastrati nellorbite degli occhi

doverano una volta le pupille,

quasi a beffa di queste:

gemme lucenti, splendide, occhieggianti

di tra il melmoso fondo dellabisso,

parevano schernir lossa dei morti

sparse allintorno.

BRAKENBURY -

Ed aveste tal agio,

trovandovi sullorlo della morte,

di contemplar tutti questi segreti

delle profondit?

CLARENZA -

Cos m parso.

Pi volte mi sforzai di render lanima,

ma sempre il flutto impediva, maligno,

al respiro di uscire e di esalarsi

nella libera vastit dellaria

ed era come se la trattenesse

soffocata nel mio petto ansimante

chera quasi sul punto di scoppiare

nellanelito deruttarla in mare.

BRAKENBURY -

E tutta questa angosciante agonia

non vha svegliato?

CLARENZA -

Per nulla. Il mio sogno

si proiettava al di l della vita.

Oh, adesso cominci per la mia anima

la tempesta: passai, cos mi parve,

la palude della malinconia,([33])

con lo scorbutico traghettatore

che cantano i poeti,

per entrare nel regno della tenebra.

Il primo a salutare la mia anima

appena giunta l, fu il grande Warwick,

il mio suocero illustre, che grid:

Qual pena per spergiuro

potr assegnare allinfido Clarenza

la nera monarchia che regna qui?

Disse e spar. Mi venne quindi accanto

unombra erratica in sembianza dangelo

con la chioma lucente insanguinata

e lev alto il grido: Ecco Clarenza,

il perfido, spergiuro voltafaccia!

Clarenza che mha pugnalato a Tewksbury

sul campo. Impadronitevi di lui,

voi Furie, e trascinatelo al tormento!([34])

A quel punto m parso intorno a meualeQ

che una legione di schifosi diavoli

maccerchiasse e murlasse nelle orecchie

s orrende grida che al loro clamore

mi son destato chero tutto un tremito

e per un certo tempo non riuscivo

a creder di non esser pi allinferno

s violenta era stata limpressione

lasciatami nellanimo dal sogno.

BRAKENBURY -

Nessuna meraviglia, monsignore,

chesso vabbia cos terrorizzato:

sento venirmi anchio la pelle doca

a udirvelo soltanto raccontare.

CLARENZA -

Ah, Brakenbury! Tutte queste cose

che ora gridano contro la mia anima

io le ho commesse per amor dEdoardo,

e guarda come me ne ricompensa.

O Dio, se le contrite mie preghiere

non valgono a placar la tua vendetta

e mi vuoi castigar delle mie colpe,

sfoga su me soltanto la tua ira,

ma risparmia la mia sposa incolpevole

e i miei poveri bimbi.

Mio cortese custode, stammi accanto:

ho il cuore stanco e vorrei riposare.

BRAKENBURY -

S, certo, vostra grazia.

Il cielo vi conceda un buon riposo.

(Clarenza si assopisce)

Il dolore fa sovvertire agli uomini

le stagioni ed i tempi del riposo;

fa giorno della notte,

e notte del meriggio. A loro gloria

i principi non hanno che i lor titoli,

lustro esteriore dinteriore affanno;

e spesso per piaceri immaginari

soffrono mille triboli:

sicch tra i loro titoli gloriosi

e un nome oscuro non v differenza

se non che nellesterna risonanza.

Entrano i due SICARII

PRIMO SICARIO -

Oh, c nessuno qui?

BRAKENBURY -

Che vuoi, compare?

E come hai fatto ad arrivar fin qui?

SECONDO SICARIO -

Devo parlare al Duca di Clarenza,

e son venuto qui con le mie gambe.

BRAKENBURY -

Brusco, lamico!

SECONDO SICARIO -

Meglio che noioso,

signore, a starla a fare troppo lunga.

(Al compagno)

Mostragli questo, senza tante chiacchiere.

(Gli d il foglio col mandato di Riccardo)

brakenbrury -

Qui mi si ordina di consegnare

in vostre mani il Duca di Clarenza.

Io non voglio indagare

che cosa possa ci significare,

ch non mi voglio rendere colpevole

dessermene immischiato.

Il Duca di Clarenza l che dorme

e queste son le chiavi.

Andr intanto dal re ad informarlo

che ho lasciato a voi la mia consegna.

PRIMO SICARIO -

Saggia pensata. Fatelo, signore.

(Esce Brakenbury)

SECONDO SICARIO -

Che dici, lo pugnalo mentre dorme?

PRIMO SICARIO -

No, altrimenti poi quando si sveglia

dir ch stata unazione vigliacca.([35])

SECONDO SICARIO -

Bah, per svegliarsi non si sveglier

che il giorno del Giudizio.

PRIMO SICARIO -

Va bene, ed anche allora ci dir

che labbiam pugnalato che dormiva.

SECONDO SICARIO -

Giudizio a pronunciar questa parola,

m venuto una specie di rimorso

PRIMO SICARIO -

Che! Hai paura?

SECONDO SICARIO -

Non gi di ammazzarlo,

visto che abbiamo a ci lordine espresso,

ma di dannarmi per averlo fatto,

e per questo non c ordine espresso

che mi possa servir di copertura.

PRIMO SICARIO -

E io che tho creduto ben deciso

SECONDO SICARIO -

Lo sono, s a lasciarlo campare.

PRIMO SICARIO -

Quand cos, torno dal Duca a dirglielo.

SECONDO SICARIO -

No, un momento, ti prego;

spero che questo umor compassionevole

mi passi presto: mi dura di solito

il tempo di contare fino a venti.

PRIMO SICARIO -

(Dopo un po di silenzio in cui simmagina che il Secondo Sicario conti da uno a venti)

Come ti senti adesso?

SECONDO SICARIO -

Alcuni rimasugli di coscienza

mi son rimasti dentro

PRIMO SICARIO -

Ricrdati che a ordine eseguito

c per noi il compenso.

SECONDO SICARIO -

Sangue di Cristo, vero! Muoia, muoia!

Mero dimenticato del compenso!

PRIMO SICARIO -

Dov andata la tua coscienza adesso?

SECONDO SICARIO -

Oh, nella borsa del Duca di Gloucester.

PRIMO SICARIO -

Dimodoch quandegli laprir

per pagarci il compenso,

la coscienza se ne voler via?

SECONDO SICARIO -

Che se ne vada, non mimporta niente.

Saran certo ben pochi

o nessuno che la vorranno in casa.

PRIMO SICARIO -

E se dovesse ritornarti indietro?

SECONDO SICARIO -

Di coscienza non voglio pi sapere;

fa dun un uomo un codardo.

Uno non pu rubare,

chessa non sia l pronta ad accusarti;

uno non pu imprecare,

chessa non sia l pronta a rimbeccarti;

uno non pu giacersi

a letto con la moglie del vicino,

chessa non sia l pronta a denunciarlo.

La coscienza un compunto spiritello

dal volto sempre rosso di pudore,

che fa il ribelle nel petto delluomo

creando alluomo una massa di ostacoli.

Una volta mha fatto addirittura

riportare una borsa piena doro

rinvenuta per caso. La coscienza

riduce alla mendicit chi lospiti;

la caccian tutti da citt e villaggi

come una cosa piena di pericoli;

ed ognuno che voglia viver bene

cerca di farne a meno

e di contare solo su se stesso.

PRIMO SICARIO -

Perdio, eccola giusto qui al mio fianco

che mi vuol persuader di non ucciderlo,

il duca.

SECONDO SICARIO -

E tu non credere a quel diavolo,

chiudilo nella mente e tienlo l:

lui ti si vuole intrufolare dentro

per farti sospirare e niente pi.

PRIMO SICARIO -

Sono di buona tacca;

con me non riuscir ad averla vinta.

SECONDO SICARIO -

Parli da valentuomo

che rispetta la sua reputazione.

E dunque forza, ci mettiamo allopera?

PRIMO SICARIO -

Tu, con il manico del tuo pugnale,

gli affibbi una gran botta sulla zucca,

poi lo buttiamo dentro quella botte

di malvasia che sta nellaltra stanza.

SECONDO SICARIO -

Oh, eccellente trovata!

E ne facciamo una zuppa nel vino.

PRIMO SICARIO -

Piano, si sveglia.

SECONDO SICARIO -

Colpiscilo!

PRIMO SICARIO -

No, prima ragioniamo un po con lui.

CLARENZA -

(Svegliandosi, senza accorgersi della presenza dei sicari)

Custode, dove sei? Dammi del vino.

SECONDO SICARIO -

Ne avrete presto pi che a sufficienza,

di vino, monsignore.

CLARENZA -

E tu chi sei?

SECONDO SICARIO -

Un uomo, come voi.

CLARENZA -

Ma non regale, come sono io.

PRIMO SICARIO -

N voi siete leale, come noi.([36])

CLARENZA -

Tu hai voce di tuono,

ma nellaspetto mi sembri modesto.

PRIMO SICARIO -

La mia voce del re,([37]) laspetto mio.

CLARENZA -

Come scuro, funereo parli tu!

I tuoi occhi mi sono minacciosi;

perch sei cos pallido?

Chi vha mandati? Perch siete qui?

I DUE -

Per per

CLARENZA -

Assassinarmi?

I DUE -

Per lappunto.

CLARENZA -

Avete appena il coraggio di dirlo;

non avrete perci quello di farlo.

In che cosa vho offeso, amici miei?

PRIMO SICARIO -

Non noi, ma il re avete voi offeso.

CLARENZA -

Con lui vedr di rappacificarmi.

PRIMO SICARIO -

Questo mai lo potrete, monsignore.

E perci preparatevi a morire.

CLARENZA -

E ha scelto voi, fra tanti uomini al mondo,

per far assassinare un innocente?

Di che sono accusato? E su che prove?

Quale inchiesta, condotta legalmente,

ha messo in mano ad un arcigno giudice

il suo verdetto? Chi ha decretato

amara morte al misero Clarenza?

procedura del tutto illegale

minacciarmi di pena capitale

prima di sottopormi ad un processo.

Io, per il sangue prezioso di Cristo,

e per la redenzione in cui sperate,

vingiungo di lasciare questo luogo

senza alzare su me nemmeno un dito!

Latto che avete in animo di compiere

vi condurrebbe a dannazione certa.

Primo sicario -

Facciamo quanto ci stato ordinato.

SECONDO SICARIO -

E chi ce lha ordinato il nostro re.

CLARENZA -

O erronei vassalli! Il Re dei re

nelle tavole dei Comandamenti

ha scritto. Non commettere omicidio!

Violereste il precetto del Signore

per obbedire allordine dun uomo?

Attenti! Chegli ha in mano la vendetta

da scagliare sul capo di coloro

che ardiscono violare la Sua legge.

SECONDO SICARIO -

E quella Egli ora scaglia su di te,

spergiuro traditore ed assassino.

Tu giurasti, prendendo il sacramento,

di combattere per la casa Lancaster.

PRIMO SICARIO -

Ma traditore a Dio,

hai infranto quel sacro giuramento

e infitto la tua lama traditrice

nelle budella del figlio del re

SECONDO SICARIO -

che giurasti di amare e di difendere.

PRIMO SICARIO -

Come puoi invocare su di noi

linesorabile legge di Dio,

quando tu stesso lhai s gravemente

violata?

CLARENZA -

Ahim, per amore di chi

ho io commesso quellatto malvagio?

Lho fatto per Edoardo, mio fratello.

Non pu mandarvi a uccidermi per questo,

giacch di quel delitto

non meno di me lui responsabile.

Se Dio vuol castigare questa colpa,

oh, lo far, sappiatelo!, in palese;

non togliete dal suo braccio potente

la causa del castigo; a Lui non serve

di agire in modo subdolo e indiretto

per togliere dal mondo chi lha offeso.

PRIMO SICARIO -

Chi ti fece strumento sanguinario,

allora, quando trafiggesti a morte

quel gagliardo germoglio, il valoroso

giovine principe Plantageneto?

CLARENZA -

Lamor per mio fratello,

il diavolo e il rabbioso mio furore.

PRIMO SICARIO -

Lamor per tuo fratello,

ora, il nostro dovere e le tue colpe

conducono noi qui per ammazzarti.

CLARENZA -

Oh, se davvero amate mio fratello,

non odiatemi; sono suo fratello,

e lamo molto. Se siete assoldati

per guadagno, tornatevene indietro:

vi mander da mio fratello Gloucester

che son sicuro vi compenser

per la mia vita, meglio che Edoardo

per lannuncio di avermi dato morte.

SECONDO SICARIO -

In questo vingannate:

vostro fratello Gloucester vi detesta.

CLARENZA -

Oh, no, mi vuole bene, e mi tien caro.

Andate pur da lui, da parte mia.

PRIMO SICARIO -

Per andarci, ci andremo.

CLARENZA -

E ricordategli

che quando il nostro augusto padre York

benedisse col suo braccio glorioso

i suoi tre figli e dal fondo dellanima

ci comand di amarci lun con laltro,

era ben lungi dallimmaginare

questa nostra divisa fratellanza:

dite a Gloucester di ripensare a questo,

e lo vedrete piangere.

PRIMO SICARIO -

S, macine,

come quelle che ha consigliate a noi.

CLARENZA -

Oh, non lo calunniate! Egli gentile.

PRIMO SICARIO -

S, come la gelata sul raccolto!

Insomma, via, non vi fate illusioni:

lui che ci ha mandato qui a sopprimervi.

CLARENZA -

Non pu essere. Ha pianto alla mia sorte,

mha stretto fra le braccia

mentre mi ripeteva singhiozzando,

che avrebbe fatto tutto il suo possibile

per ottener la mia liberazione.

PRIMO SICARIO -

Ed quello che fa

ora col mandar noi a liberarvi

da questa vostra schiavit terrena,

per le gioie del cielo.

SECONDO SICARIO -

Riconciliatevi perci con Dio,

perch dovete morire, signore.

CLARENZA -

E voi che in fondo allanima

accogliete un s sacro sentimento

da consigliarmi a far pace con Dio,

avreste lanima tanto accecata

da fare guerra a Dio, assassinandomi?

Amici, riflettete:

chi vha indotto a commettere questatto,

vodier poi per averlo commesso.

SECONDO SICARIO -

E che dobbiamo fare?

CLARENZA -

Commuovervi, cedendo alla piet,

e salvare cos le vostre anime.

PRIMO SICARIO -

Commuoverci? da vili,

da femminucce, no!

CLARENZA -

E non aprirsi alla piet da bestie,

da selvaggi, da diavoli dinferno.

Chi di voi due, essendo figlio a un principe

e privato della sua libert,

comio adesso, se due assassini

gli venissero avanti come voi,

non li supplicherebbe per avere

salva la vita? S, li implorereste,

se vi trovaste nelle mie strettezze.

(Al secondo sicario)

Oh, amico, nel tuo sguardo

mi par di scorgere un po di piet:

se il tuo occhio non un adulatore

bugiardo, mettiti dalla mia parte

e supplica per me:

dun principe che chiede lelemosina

quale mendico non avr piet?

SECONDO SICARIO -

Guardatevi alle spalle, monsignore!

PRIMO SICARIO -

(Pugnalandolo)

Toh, questo! E questo! E questo!

E se non bastano, ti annegher

nella botte di malvasia di l.

(Esce col corpo di Clarenza a spalla)

SECONDO SICARIO -

Azione sanguinaria,

e disperatamente consumata.

Come vorrei poter, come Pilato,

lavarmi ambo le mani,

da questo nefandissimo assassinio!

(Rientra il Primo Sicario)

PRIMO SICARIO -

Allora? Che significa?

Perch non ti sei mosso a darmi mano?

Perdio, il Duca lo dovr sapere

da me quale fiaccone tu sei stato!

SECONDO SICARIO -

Potesse il Duca sapere da te

che ho salvato la vita a suo fratello!

Prenditi pure tu tutto il compenso,

e riportagli quello che ti ho detto.

Io son pentito di questo assassinio.

(Esce)

PRIMO SICARIO -

Io no. Va, va, vigliacco!

Beh, ora vado a nascondere il corpo

in qualche buco fin che venga il Duca

a dare lordine di sepoltura.

E una volta intascato il mio compenso,

me la squaglio: perch questa faccenda

si scoprir, e conviene stare al largo.

(Esce)


ATTO SECONDO

SCENA I - Londra, sala nel palazzo reale.

Entrano RE EDOARDO, sofferente, sorretto da HASTINGS; la regina elisabetta,

dorset, rivers, BUCKINGHAM, GREY e altri.

EDOARDO -

E cos tutto a posto: una giornata

bene impiegata. Ora a voi, miei Pari,

di mantenere stretta questa unione.

a mantenervi in unit e concordia.

Io maspetto oramai da un giorno allaltro

un messaggio dal nostro Redentore

che venga a liberarmi da quaggi;

e salir tanto pi in pace in cielo

lanima mia, se in pace

avr lasciato i miei amici in terra.

Rivers e Hastings, datevi la mano;

non nascondete in voi sordi rancori:

giurate di volervi sempre bene.

RIVERS -

(Offrendo la destra a Hastings che la stringe)

Giuro che la mia anima

purgata da odio e da rancore;

ed io suggello con questa mia mano

laffetto pi leale del mio cuore.

HASTINGS -

Cos possa venirmi tanto bene,

comio giuro la stessa lealt.

EDOARDO -

Badate a non parlar solo per gioco

davanti al vostro re,

che non abbia il Supremo Re dei re

a castigare la vostra finzione

e a fare che ciascuno di voi due

sia la fine dellaltro.

HASTINGS -

Quanto a me,

cos marrida una benigna sorte

per quanto schietto lamore che giuro.

RIVERS -

E cos arrida a me,

per quanto schietto il mio cuore con Hastings.

EDOARDO -

(Alla regina)

N siete voi, madama, dispensata

da questo impegno, n voi, figlio Dorset,([38]);

n voi, Buckingham: siete stati tutti

faziosi luno contro laltro. Moglie,

vogliate bene ad Hastings,

porgetegli la mano da baciare,

ma che non sia finzione ci che fate.

ELISABETTA -

(Porgendo la mano ad Hastings)

Ecco, Hastings; e voglia cos il cielo

far prosperare me e i miei parenti

comio vorr dimenticar per sempre

il nostro odio trascorso.

EDOARDO -

Abbracciatelo, Dorset; e voi, Hastings,

vogliate bene a questo lord marchese.

DORSET -

Dichiaro per mia parte

che questo patto damore reciproco

non sar mai violato.

HASTINGS -

E cos io.

(Si abbracciano)

EDOARDO -

Ed ora tu, nobilissimo Buckingham,

suggella questo patto di alleanza

abbracciando i parenti di mia moglie,

ed allietatemi di tal concordia.

BUCKINGHAM -

(Alla regina)

Se sar mai, che Buckingham, signora,

rivolga il proprio odio a vostra grazia,

segli non amer voi ed i vostri

col pi sincero e doveroso affetto,

Dio mi punisca facendo rivolgere

su di me lodio di tutti coloro

da cui pi aspetto e specialmente amore;

e quando avr maggior necessit

dun amico del quale io sia sicuro,([39])

questi mi si riveli infido, falso,

traditore e imbottito di perfidia.

Questo invoco da Dio, o mia regina,

se mai dovesse intiepidirsi in me

laffetto verso voi e i vostri cari.

(Labbraccia)

EDOARDO -

Benefico cordiale, illustre Buckingham,

questo tuo solenne giuramento

per linfermo mio cuore. Ora non manca

che lintervento del fratello nostro

Gloucester, a chiudere felicemente

il cerchio di codesta fausta pace.

Entra RICCARDO([40])

Ma eccolo che viene, ed in buon punto.

RICCARDO -

Buon giorno ai miei sovrani, re e regina,

e a tutti voi, nobilissimi Pari,

felice giorno.

EDOARDO -

Felice davvero,

pel modo come noi labbiamo speso.

Abbiam compiuto, Gloucester, buone azioni,

riconducendo in pace inimicizie,

in amore reciproco vecchi odii,

fra questi Pari sempre tra di loro

ingiustamente gonfi di rancore.

RICCARDO -

Sacrosanta fatica, mio sovrano

ed augusto signore. Quanto a me,

se alcuno in questa nobile congrega,

sulla base di falsa informazione

o derroneo suo convincimento,

mi creda suo nemico;

o se io stesso, inconsapevolmente,

o in un momento dira, abbia commesso

cosa mal sopportata, io qui con lui

desidero riconciliarmi e stringere

amichevole pace; ch per me

stare in inimicizia con qualcuno

la morte, qualcosa che aborrisco;

io bramo vivere in amicizia

con tutti i buoni.

(Alla regina)

Anzitutto da voi,

madama, impetro una pace sincera,

che spero di sapermi guadagnare

coi miei servigi di devoto suddito;

da voi, mio nobile cugino Buckingham,

se mai alberg astio tra noi due;

da voi, lord Rivers e da voi lord Grey,

che finora mavete riguardato,

senza giusta ragione, con cipiglio

e da voi tutti, duchi, conti, nobili

e gentiluomini: proprio da tutti.

Non conosco nessun Inglese vivo

col quale la mia anima sia in urto

pi di quanto lo sia con un infante

che sia nato stanotte.

E di tanta umilt ringrazio Dio.

ELISABETTA -

Sia per noi questo giorno, dora innanzi,

giorno di festa; e voglia Dio

che tutte le discordie sian composte.

Mio sovrano signore, vostra altezza

voglia, vi supplico, di nuovo accogliere

nelle sue grazie il fratello Clarenza.

RICCARDO -

Madama, avrei io qui pocanzi offerto

un tesoro di buoni sentimenti

per vedermi cos da voi schernito

davanti a questa reale presenza?

Chi non lo sa che il nobil duca morto?

RIVERS -

Chi non lo sa che morto

C qualcuno qui dentro che lo sa?

ELISABETTA -

O Dio che tutto vedi,

che mondo questo?

BUCKINGHAM -

Sono anchio, lord Dorset,

pallido in viso come tutti gli altri?

DORSET -

S, monsignore; e non c tra i presenti

chi non abbia le guance scolorite.([41])

EDOARDO -

Come! Morto Clarenza? Ma quellordine

era stato da me poi revocato!

RICCARDO -

Ma egli morto, pace alla sua anima,

per il primo dei vostri ordini, e quello

lo rec al carcere un Mercurio alato,([42])

mentre a recare l la vostra revoca

stato qualche tardigrado storpio,

giusto in tempo a vederlo seppellire.

Dio non voglia che altri,

di meno nobilt e lealt,

e pi prossimo a lui non che per sangue

per pensieri di sangue su di lui,

meriti peggio di quanto toccato

al povero Clarenza, e ci malgrado

circoli franco da ogni sospetto.

Entra STANLEY, conte di Derby,

va davanti a re e singinocchia

STANLEY -

Mio sovrano, una grazia,

in nome dei servizi che vho reso!

EDOARDO -

Taci, ti prego; ho lanima in gran pena.

STANLEY -

Non mi rialzer

finch laltezza vostra non mascolti.

EDOARDO -

Parla, allora, ma subito. Che chiedi?

STANLEY -

La grazia, mio sovrano,

della vita di uno dei miei servi

che oggi ha ucciso in rissa un gentiluomo

gi al seguito del Duca di Norfolk.

EDOARDO -

Ed io dovrei, con questa stessa lingua

che ha condannato a morte mio fratello,

pronunciare la grazia ad uno schiavo?

Quel mio fratello non aveva ucciso;

sua colpa era soltanto il suo pensiero,

e il suo castigo stato nondimeno

una morte crudele.

Chi ha intercesso per lui presso di me?

Chi venuto, durante la mia collera,

a gettarsi ai miei piedi

e ad esortarmi a pi mite consiglio?

Chi a parlarmi damore e fratellanza?

Chi a ricordarmi che la poveranima

aveva disertato il grande Warwick

per venire a combattere al mio fianco?([43])

Chi a ricordarmi che sul campo, a Tewksbury

quando Oxford maveva gi abbattuto,

egli solo era accorso in mio aiuto

gridandomi: Fratello, vivi e regna!?

Chi a ricordarmi di quellaltra volta,

che, al campo, stesi a terra tutti e due

rischiando di morire assiderati,

egli mavvilupp nei suoi vestiti,

incurante di esporsi, nudo e fragile,

allagghiacciante freddo della notte?

Tutto questo una collera bestiale

maveva delittuosamente tolto

dalla memoria, e non ci fu tra voi

uno che si degnasse rammentarmelo.

Ma se uno dei vostri carrettieri

o dei vassalli della vostra casa

ha commesso, ubriaco, un omicidio,

e sfigurato la preziosa immagine

del nostro Redentore,

eccovi subito qui inginocchiati

ad implorare: Grazia, grazia!, ed io,

se pure ingiustamente, ad accordarla.

Ma per quel mio fratello,

nessuno volle spendere parola,

n io, spietato, ne spesi a me stesso

in suo favore, sventurata anima!

I pi orgogliosi tra voi hanno avuto

un qualche debito di gratitudine

con lui, mentrera in vita, ma nessuno

venuto da me ad impetrare

grazia per la sua vita! Dio Signore,

la Tua giustizia, temo, chieder

per questo un duro conto a me, a voi,

ai miei parenti, ai vostri Andiamo Hastings,

sorreggimi fino al mio gabinetto.

Mio povero Clarenza!

(Escono Re Edoardo sorretto da Hastings, Elisabetta, Rivers, Dorset e Grey)

RICCARDO -

Ecco i frutti dellimpetuosit:

non avete notato qual pallore

nei volti dei colpevoli parenti

della regina, quando hanno sentito

lannuncio della morte di Clarenza?

Oh, lhan voluta loro quella morte,

continuamente istigandovi il re.

Dio ne far vendetta.

Andiamo adesso a confortare Edoardo,

signori, con la nostra compagnia.

BUCKINGHAM -

Seguiamo vostra grazia.

(Escono tutti)

SCENA II - Londra, altra sala nel palazzo reale.

Entra la vecchia DUCHESSA DI YORK con i due BIMBI,

maschio e femmina, figli di Clarenza.

BIMBO -

Nonnina, nostro padre morto, vero?

DUCHESSA -

Ma no, bambino mio.

BIMBA -

Perch allora

stai sempre a piangere, e a batterti il petto,

e a gridare: Oh, Clarenza,

povero figlio mio?

BIMBO -

Perch allora

ci guardi e scuoti il capo,

e dici: Poveri orfanelli miei?,

se poi dici che nostro padre vivo?

DUCHESSA -

Cari miei nipotini, tutti e due

mi fraintendete: io piango e mi lamento

per la presente malattia del re,

perch non vorrei perderlo; non piango

per vostro padre; dolore sprecato

piangere per qualcuno che perduto.

BIMBO -

Allora, nonna, con ci vieni a dire

chegli morto; e di questo ci ha la colpa

il re mio zio. Ma Dio far vendetta,

ed io non cesser dimportunarlo

a questo con ardenti mie preghiere.

BIMBA -

E cos io.

DUCHESSA -

Bambini, buoni, zitti:

il re vi vuole certamente bene.

Siete troppo inesperti ed innocenti

perch possiate indovinar chi stato

causa della morte di vostro padre.

BIMBO -

S, che possiamo, nonna: il buon zio Gloucester

mha lui detto che il re,

a ci istigato dalla sua regina,

ha macchinato delle false accuse

per farlo imprigionare; e nel dir questo

mio zio piangeva e mi commiserava,

e mi diceva povero bambino,

e mha anche baciato sulla guancia.

E poi mha detto di pensare a lui

come a mio padre, che mavrebbe amato

come se fossi stato figlio suo.

DUCHESSA -

Ah, che lInganno debba mascherarsi

di frodo sotto s gentile forma,

ed il Vizio pi nero travestirsi

in s virtuosa foggia!

figlio mio, purtroppo, a mia vergogna,

seppur non ha succhiato dal mio seno

tanta perfidia.

BIMBO -

Pensi allora, nonna,

che lo zio simulasse?

DUCHESSA -

S, bambino.

BIMBO -

Non lo credo Ma che clamore questo?

Entra, gemendo scarmigliata, la regina ELISABETTA; la seguono RIVERS e DORSET

ELISABETTA -

Ah, chi mimpedir, povera me,

di lamentarmi e piangere e imprecare

alla mia malasorte,

e infliggermi da me tutti i tormenti?

Voglio allearmi alla disperazione

contro lanima mia,

e diventar nemica di me stessa!

DUCHESSA -

Che significa adesso questa scena

dincivile scomposta intemperanza?

ELISABETTA -

la scena finale

di un atto([44]) di mortifera violenza:

Edoardo, il mio signore, il figlio tuo,

il nostro re, morto!

Oh, perch i rami seguitano a crescere,

se la radice dellalbero morta?

Perch non avvizziscono le foglie,

se non ricevon pi linfa dal tronco?

Chi vuol vivere, pianga;

chi vuol morire, muoia, e che sia subito,

s che lanime nostre a volo dala

raggiungano lanima del re,

e da obbedienti sudditi la seguano

nel nuovo regno delleterna notte.

DUCHESSA -

Io prendo tanta parte al tuo dolore

per quanti titoli potei vantare

sul tuo nobile sposo.([45]) Anchio ho pianto

la morte, come te, dun degno sposo,

e mha tenuto in vita

poterne contemplare nei suoi figli

riflessa la sua immagine vivente.

Ma la maligna sorte ha frantumato

quei due specchi del suo regal sembiante;

e non mi resta, ad unico conforto,

che uno specchio di vetro

che mi provoca solo altra tristezza

nel vedervi riflesso il mio squallore.

Tu sei vedova ora, ma sei madre,

e ti rimane il conforto dei figli:

la morte a me ha strappato dalle braccia

il marito, ed ha tolto dalle mani,

queste deboli mani, le mie grucce,

Clarenza ed Edoardo.

Oh, quante pi ragioni non ho io

di soverchiar coi miei i tuoi lamenti,

le tue con le mie grida, il tuo dolore

essendo solo la met del mio!

BIMBO -

(A Elisabetta)

Ah, zia, tu non hai pianto per la morte

di nostro padre; e noi come possiamo

unirci alle tue lacrime

con le lacrime nostre di nipoti?

BIMBA -

Il nostro smarrimento di orfanelli

rimasto da te incommiserato,

resti perci da noi illacrimato

il tuo duolo di vedova.

ELISABETTA -

Non chiedo aiuto di lamentazioni;

non sono sterile dal partorire

sospiri e lacrime; tutte le fonti

versino nei miei occhi il loro flusso,

chio, dallumida luna governata,

possa a mia volta versar tante lacrime

da sommergere il mondo Ah, mio signore,

Edoardo, mio diletto!

I DUE BIMBI -

Ah, padre nostro,

nostro amato Clarenza!

DUCHESSA -

Ah, luno e laltro,

il mio Edoardo ed il mio Clarenza!

ELISABETTA -

Qual sostegno, allinfuori di Edoardo,

noi avevamo? Ed ora non c pi.

I DUE BIMBI -

Qual sostegno, allinfuori di Clarenza,

noi avevamo? Ed ora non c pi.

DUCHESSA -

Quali sostegni, fuor di loro due,

avevo io? E non ci sono pi.

ELISABETTA -

Mai vedova soffr pi grave perdita.

I DUE BIMBI -

Mai soffrirono due orfanelli

pi grave perdita.

DUCHESSA -

Mai soffr madre

pi grave perdita. Io son la madre,

di tutti questi lutti; i lor dolori

sono ripartiti, il mio li abbraccia tutti.

Ella piange un Edoardo, ed io lo stesso;

ma io piango un Clarenza, ed ella no;

Clarenza pianto da questi bambini,

ed io piango Clarenza insieme a loro,

ma io piango Edoardo, e loro no.

Ahim, voi riversate tutti insieme

sovra di me, tre volte addolorata,

le lacrime di tutti gli occhi vostri.

Son la nutrice del vostro dolore,

e ve lo nutrir coi miei lamenti.

DORSET -

Coraggio, madre: spiace molto a Dio

chi riceve con tanta malagrazia

quello chEgli ci manda.

In questo mondo noi chiamiamo ingrato

chi ripaga di malavoglia un debito

che largito gli fu graziosamente

da mano generosa;

tanto pi ingrato chi si oppone a Dio

quando Egli chieda la restituzione

del regal prestito che ci ha largito.([46])

RIVERS -

Signora, adesso, da madre amorosa,

pensate al principino vostro figlio.

Fatelo venir qui senzaltro indugio,([47])

perch sia senza indugio incoronato;

in lui vive il conforto di noi tutti.

Seppellite il dolore disperato

nella tomba dellEdoardo morto,

e piantate le gioie di domani

sopra il trono dellEdoardo vivo.

Entrano RICCARDO, BUCHINGHAM,

STANLEY, HASTINGS e RATCLIFF

RICCARDO -

Cognata, fate cuore;

abbiam tutti motivo di compiangere

lo spegnersi del nostro fulgido astro,

ma nessuno rimedia ai propri mali

con il piangersi sopra.

(Alla Duchessa)

Oh, madama mia madre, perdonatemi,

non vi avevo notata, vostra grazia!

Umilmente in ginocchio,

vimploro di volermi benedire.

(Singinocchia. La Duchessa gli pone una mano sul capo)

DUCHESSA -

Che Dio ti benedica, nel tuo cuore

e infonda nel tuo cuore mansuetudine,

umilt, amore, carit, obbedienza

e fedelt al dovere.

RICCARDO -

Cos sia.

(A parte, rialzandosi)

e mi dia buona morte a tarda et:

questa la rituale conclusione

della benedizione duna madre.

Chi sa perch se l dimenticata

BUCKINGHAM -

Voi, principi, che siete scuri in volto,

e voi, Pari, che avete il cuore in doglio,

e che portate insieme il grave carico

di questo lutto, trovi ora conforto

ciascun di voi nellaffetto dellaltro.

Bench il nostro raccolto

con questo re sia stato consumato,

ora ci resta da far maturare

quello del figlio. Lastioso bubbone

dei vostri cuori traboccanti dodio

test inciso, sanato e ricomposto,

deve ora nobilmente esser protetto

e accudito, che non si formi pi

Sarebbe conveniente, a mio giudizio,

che con piccola scorta il giovin principe

sia prelevato subito da Ludlow

e ricondotto a Londra

per esser qui incoronato re.

RIVERS -

Perch con piccola scorta, Lord Buckingham?

BUCKINGHAM -

Eh, mio signore, perch se son molti

non sabbia a riaprire la ferita,

test rimarginata, del rancore;

ci che sarebbe tanto pi nefasto

quanto pi giovane e ingovernato

il nostro Stato. Dove ogni cavallo

dispone della briglia a suo talento

e pu correre dove pi gli aggrada,

occorre prevenire, a mio giudizio,

tanto il male futuro che il presente,

gi in atto e manifesto.

RICCARDO -

La mia speranza che il patto di pace

fra tutti noi dal re patrocinato,

sia saldo e fermo in tutti, com in me.

RIVERS -

E in me, e cos credo in tutti noi.

Tuttavia, poich esso ancora verde,

sarebbe bene non venisse esposto

al pericolo dessere violato;

il che potrebbe esser favorito

dalla presenza di una grossa scorta.

Perci concordo col nobile Buckingham

sullopportunit di dare al principe,

nel prelevarlo, una piccola scorta.

HASTINGS -

Sono daccordo anchio.

RICCARDO -

Come volete.

Andiamo allora a designare insieme

chi si dovr recar subito a Ludlow.

Signora madre, e voi, cara cognata,

non vorreste venire a consigliarci

in questa scelta?

ELISABETTA e DUCHESSA -

Molto volentieri.

(Escono tutti meno Buckingham e Gloucester)

BUCKINGHAM -

Monsignore, per carit di Dio,

chiunque debba andare incontro al principe,

noi due non sha da rimanere a casa.

Perch lungo la strada,

io, come prologo a tutta la faccenda

di cui abbiam parlato ultimamente,

far in modo di allontanar dal principe

i parenti della regina.

RICCARDO -

O Buckingham!

O tu altro me stesso! O concistoro

dei miei pensieri, oracolo, profeta,

caro cugino! Mi far guidare

da te per mano, come un fanciullino.

A Ludlow! noi indietro non si resta!

(Escono)

SCENA III - Londra, una strada.

Entrano, incontrandosi, DUE CITTADINI, uno quasi correndo.

PRIMO CITTADINO -

Buongiorno, vicinante!

Che cos che vi chiama in tanta fretta?

SECONDO CITTADINO -

Nemmeno io lo so, ve lo confesso.([48])

Avete udito la grande notizia?

PRIMO CITTADINO -

Che il re morto? S.

SECONDO CITTADINO -

Brutta notizia,

per la Vergine Santa! sempre raro

che segua il meglio.([49]) Si sta preparando,

ho gran paura, un mondo squinternato.

Entra un TERZO CITTADINO

TERZO CITTADINO -

Che Dio vi mandi salute, vicini!

PRIMO CITTADINO -

E mandi a voi un buon giorno, signore.

TERZO CITTADINO -

vera la notizia della morte

del buon re Edoardo?

SECONDO CITTADINO -

Vera, s,

purtroppo; e Dio ci aiuti.

TERZO CITTADINO -

Allora, prepariamoci, maestri,

a vivere in un mondo turbolento.

PRIMO CITTADINO -

No, non lo credo; per grazia di Dio,

c suo figlio a regnare.

TERZO CITTADINO -

Misera quella terra il cui governo

si trova nelle mani di un bambino.

SECONDO CITTADINO -

Una speranza di governo c

comunque in lui: nella minore et

attraverso il Consiglio di reggenza,

e, quando avr egli stesso maturato

la sua et, governer da solo,

e governer bene, senza dubbio.

PRIMO CITTADINO -

Cos venne a trovarsi il nostro Stato,

quando, in et di nove mesi appena,

fu incoronato re Enrico VI,

a Parigi.([50])

TERZO CITTADINO -

Cos? No, no, signori,

e lo sa Dio; ch allora questa terra

era famosa per la sua abbondanza

di gravi ed avveduti consiglieri

di politica; e il re teneva al fianco

zii virtuosi a proteggere sua grazia.

PRIMO CITTADINO -

Eh, quanto a zii, anche questo ce nha,

sia da parte di padre che di madre.

TERZO CITTADINO -

Meglio sarebbe se li avesse tutti

dalla parte del padre,

o che dal padre non ne avesse punto:

perch adesso la gelosia tra loro

a chi pi sta pi vicino al giovin re

ci toccher fin troppo da vicino

tutti quanti, se Dio non lo previene.

Ah, che grosso pericolo per questo

quel Duca di Gloucester!

E che boria e arroganza hanno i parenti

della regina, suoi figli e fratelli!

Se costoro, non che stare al governo,

fossero governati, questa terra

da malata che , ritornerebbe

ad essere in salute come prima.

PRIMO CITTADINO -

Via, via, che noi temiamo sempre il peggio!

Tutto sar per bene.

TERZO CITTADINO -

Quando compaiono nubi di pioggia,

i saggi indossano la palandrana;

quando cadono le pi grosse foglie,

linverno l; quando tramonta il sole

chi non saspetta il buio della notte?

I temporali fuori di stagione

di solito prometton carestia.

Tutto potr andar bene; ma se vero

che Dio ha decretato sia cos,

sar pur pi di quanto meritiamo,

o di quanto io possa prevedere.

SECONDO CITTADINO -

Per la gente piena di paura,

in cuor suo; e non c quasi persona

con cui si parli, che non si dimostri

tutta preoccupata e impaurita.

TERZO CITTADINO -

Sempre stato cos,

alla vigilia di rivolgimenti.

La gente avverte, per divino istinto,

nellintimo, il pericolo imminente,

cos come vediamo, nel palese,

bollir londa del mare

prima duna burrasca fragorosa.

Ma lasciamo ogni cosa in mano a Dio

Dove stavate andando?

SECONDO CITTADINO -

In tribunale.

Siamo stati citati avanti ai giudici.

TERZO CITTADINO -

E cos io. Vi terr compagnia.

(Escono)

SCENA IV - Londra, sala nel palazzo reale.

Entrano lARCIVESCOVO DI YORK, il giovane DUCA DI YORK,

la regina ELISABETTA, e la DUCHESSA di YORK.

ARCIVESCOVO -

La scorsa notte, da quanto ho saputo,

ha fatto sosta presso Stony-Stratford;

e questa notte dormir a Northampton;

saranno qui domani o doman laltro.

DUCHESSA -

Bramo con tutta lanima

di rivedere il principino Edoardo;

sar molto cresciuto, come penso,

da quellultima volta che lho visto.

ELISABETTA -

Mi si dice di no; mio figlio qui

pare che labbia quasi superato

nella crescita.

YORK -

S, mamma, cos,

ma vorrei che non fosse.

DUCHESSA -

E perch mai,

caro nipote mio? bello crescere.

YORK -

Nonna, una sera cheravamo a cena,

lo zio Rivers, parlando allo zio Gloucester,

appunto gli diceva come io

crescessi meglio che non mio fratello,

e quello gli rispose:

Gi, lerbe piccole hanno bellezza;

le grosse erbacce crescono pi presto.

E da allora ho pensato chera male

per me crescere tanto prestamente,

perch i bei fiori vengono su lenti,

le erbacce crescono in fretta.

DUCHESSA -

Alla faccia!

Per la massima non s avverata

in colui che lha adattata a te!

Perch quandera piccolo, tuo zio

era la pi striminzita creatura,

cos stenta e tardiva nel suo crescere

che se mai quel suo detto fosse vero,

oggi sarebbe un fiore di bellezza.

ARCIVESCOVO -

E tale senza dubbio, mia signora.

DUCHESSA -

Vorrei bene sperarlo anchio, signore;

ma lasciate alle madri i loro dubbi

YORK -

Ah, se di ci mi fossi ricordato

in quel momento, glielavrei suonata

a sua grazia mio zio una stoccata

sopra il suo crescere, ben pi sonora

di quella da lui data sopra il mio!

DUCHESSA -

E che gli avresti detto,

piccolo York? Sentiamolo, ti prego.

YORK -

Diamine, dicon tutti che mio zio

cresciuto cos rapidamente

che gi due ore dopo essere nato,

si sgranocchiava una crosta di pane,

e a me ci sono occorsi ben due anni

prima che mi spuntasse il primo dente.

Penso sarebbe stato questo, nonna,

un frizzo ben mordace, non ti pare?

DUCHESSA -

Chi te lha raccontato, tesoruccio?

YORK -

La sua nutrice, nonna.

DUCHESSA -

La nutrice?

Ma morta che non eri ancora nato.

YORK -

Me lavr detta allora qualcun altro.

ELISABETTA -

Che bambino terribile! Va, va

malizioso!

DUCHESSA -

Buona signora, no,

non siate s severa col ragazzo!

ELISABETTA -

Le pareti hanno orecchi in questa casa.

Entra un MESSO

ARCIVESCOVO -

Un messaggero. Che notizie porti?

MESSO -

Ah, tali, monsignore,

che a riferirle mi fa male al cuore.

ELISABETTA -

Il principe sta bene?

MESSO -

Lui s, signora, in ottima salute.

DUCHESSA -

E allora, quali son le tue notizie?

MESSO -

Lord Rivers e lord Grey spediti a Pomfret,([51])

e con loro lord Vaughan, in prigione.

DUCHESSA -

Per ordine di chi?

MESSO -

Per ordine dei due potenti duchi

di Gloucester e di Buckingham, signora.

DUCHESSA -

E la ragione?

MESSO -

Vostra grazia, io

vho riportato quello che sapevo;

del resto non so nulla.

ELISABETTA -

Oh, me meschina! Vedo la rovina

della mia casa! La tigre ha ghermito

coi suoi artigli il tenero cerbiatto.

La bieca tirannia comincia ora

ad allungar le mani sopra un trono

innocente e incapace di difendersi;

vedo, come segnata su una mappa,

la nostra fine.

DUCHESSA -

Giorni maledetti,

tormentose continue discordie!

Quanti di voi hanno visto i miei occhi!

Mio marito, per ottenere il trono,

ha perduto la vita; i figli miei,

tante volte innalzati e ricaduti,

sono stati per me lacrime e gioie

nellalternanza delle lor fortune;

e una volta assestati, vincitori,

si fan tra loro guerra,

da fratello a fratello, sangue a sangue,([52])

da s a se stessi! O insensata discordia,

smetti questa dannata tua violenza,

o chio muoia, Signore,

per mai pi rivedere questa terra!

ELISABETTA -

Vieni, ragazzo mio, vieni con me;

andiamo a rifugiarci al santuario.([53])

Addio, signora.

DUCHESSA -

Aspetta, vengo anchio.

ELISABETTA -

Perch? Voi non ne avete alcun motivo.

ARCIVESCOVO -

Andateci anche voi, s, vostra grazia,

e raccogliete l le vostre robe

ed il vostro tesoro.

(A Elisabetta)

Per parte mia, graziosa mia signora,

io riconsegner in vostre mani

il sigillo di cui sono custode;([54])

e mi riservi Iddio lo stesso bene

chio auspico per voi e per i vostri.

Vaccompagno al santuario. Incamminiamoci.

(Escono)


ATTO TERZO

SCENA I - Londra, una strada.

Trombe. Entrano il giovane principe EDOARDO, i duchi RICCARDO DI GLOUCESTER e BUCKINGHAM; poi CATESBY, il CARDINALE BOURCHIER e altri

BUCKINGHAM -

Benvenuto, bel principe, a Londra,

la vostra capitale.

RICCARDO -

Benvenuto tra noi, caro cugino,

signor dei miei pensieri.

La fatica del viaggio vha stancato,

e reso triste, vedo.

EDOARDO -

Non il viaggio,

ma le contrariet del viaggio, zio,

me lhan reso tedioso, e faticoso;

e avrei voluto fossero pi zii

ad accogliermi qui.([55])

RICCARDO -

Mio dolce principe

la candida innocenza dei vostri anni

non s ancor tuffata nelle insidie

ingannevoli della societ,

n sa ancora distinguere, in un uomo,

altro che lesteriore sua apparenza,

la quale, Dio lo sa, di rado o mai

saccorda col colore del suo animo.

Gli zii di cui sentite la mancanza

son persone malfide; vostra grazia

prest sempre un orecchio compiaciuto

alle loro parole zuccherate,

senza mai avvedersi del veleno

chessi avevano in cuore.

Dio vi voglia proteggere da loro,

e da falsi parenti come loro.

EDOARDO -

Dio mi protegga da parenti falsi

ma quelli non lo erano. Lo so.

Entra il LORD MAYOR di Londra con seguito

RICCARDO -

Il sindaco di Londra, mio signore,

viene a rendervi omaggio.

LORD MAYOR -

Dio salvi vostra grazia,

e vi conceda salute e letizia.

EDOARDO -

Grazie, mio buon signore, e grazie a tutti.

In verit, mi sarei aspettato

che mia madre con mio fratello York,

mi fossero venuti ad incontrare

lungo la strada. Vergogna, quellHastings,

che poltrone, che non mi torna a dire

sessi verranno o no!

Entra Lord HASTINGS

BUCKINGHAM -

Eccolo, appunto,

il nostro lord, e tutto trasudato.

EDOARDO -

Oh, finalmente! Verr nostra madre?

Hastings -

Sua grazia la regina vostra madre

con il Duca d York vostro fratello

si sono rifugiati nel santuario,

per qual ragione, Dio lo sa, non io.

Il giovinetto sarebbe venuto

volentieri con me ad incontrarvi,

ma sua madre lha trattenuto a forza.

BUCKINGHAM -

Che maniera! Vergogna!

Un comportarsi subdolo e sgarbato.

Lord Cardinale, vuole vostra grazia

andar dalla regina e persuaderla

che mandi subito il Duca di York

a salutare il regal suo fratello?

E se rifiuta, andate voi, Lord Hastings,

col Cardinale, e strappatelo a forza

dalle gelose braccia della madre.

CARDINALE -

Monsignore di Buckingham,

se sapr la mia debole eloquenza

strappare il Duca di York dalla madre,

aspettatelo pure qui fra poco;

ma sella si mostrasse irremovibile

allumili mie suppliche,

non voglia Dio che osiamo profanare

il sacro privilegio del santuario.

Io non mi macchierei dun tal peccato

per tutto loro di questo paese.

BUCKINGHAM -

Questa , da parte vostra, monsignore,

una caparbia troppo irragionevole,

legata a cerimonie daltri tempi.

Ponderate la cosa nello spirito

pi grossolano della nostra et.

Voi non profanerete il santuario

portando via il duca da quel luogo:

il diritto dasilo un beneficio

sempre concesso a chi lha meritato

con la propria condotta, ed a coloro

che furono solerti a reclamarlo.

Questo principe n lha reclamato,

n ha compiuto alcunch di meritevole;

e dunque, a parer mio, non pu godere

del diritto. Portando via di l

uno ch come se non stesse l,

non violerete nessun privilegio

n alcuna legge scritta.

Finora ho sempre saputo di uomini

con diritto dasilo in santuario,

mai di bambini con quel beneficio.

CARDINALE -

Per una volta tanto, monsignore,

marrender alla vostra opinione.

Andiamo; Hastings venite con me?

HASTINGS -

Eccomi, monsignore.

EDOARDO -

Fate al pi presto, gentili signori.

(Escono il Cardinale e Hastings)

Zio Gloucester, se verr nostro fratello,

ditemi, dove dovremo risiedere

finch io non sia stato incoronato?

RICCARDO -

Dove pi piacer a vostra altezza;

se posso darvi un consiglio, per,

vostra altezza dovrebbe, un giorno o due,

riposare alla Torre;

poi, dove meglio vi sar gradito

e sar ritenuto meglio adatto

alla vostra salute e al vostro svago.

EDOARDO -

La torre il luogo che men dogni altro

mi gradisce. stato Giulio Cesare

a costruirla, vero, mio signore?

RICCARDO -

S, vostra grazia, lui vi dette inizio,

ma da allora, nei secoli seguenti,

lhanno ricostruita.

EDOARDO -

dato storico,

o tradizione da secolo a secolo

che labbia fatta lui?

RICCARDO -

dato storico,

mio grazioso signore.([56])

EDOARDO -

Ma diciamo, signore,

che non esista nessun documento:

la verit dovrebbe sempre vivere

dalluno allaltro secolo

trasmessa ai posteri con la parola

fino al d della fine generale.

RICCARDO -

(A parte)

Cos giovani, eppure cos saggi,

dicono che non abbian vita lunga

EDOARDO -

Che dite, zio?

RICCARDO -

Dicevo che la fama,

pur senza documentazione scritta,

vive a lungo.

(A parte)

Cos, allo stesso modo

del personaggio dellIniquit,

quando viene rappresentato il Vizio,

io moralizzo con i doppi sensi.([57])

EDOARDO -

Quel Giulio Cesare fu un uomo illustre:

con quel che il suo valore di soldato

arricch la sua mente, la sua mente

poi ne arricch il valore;

sicch la morte non pu conquistare

questo genere di conquistatori.

Vi voglio dire una cosa, zio Buckingham

BUCKINGHAM -

Che cosa, vostra grazia?

EDOARDO -

Che se vivo

tanto da diventare un uomo adulto,

voglio riconquistare allInghilterra

gli antichi suoi diritti sulla Francia,

o morir da soldato,

cos come da re avr vissuto.

RICCARDO -

(A parte)

Annuncia corta estate

una troppo precoce primavera.

Rientrano HASTINGS e il CARDINALE

con il giovane DUCA DI YORK.

BUCKINGHAM -

Oh, ecco il giovane duca di York,

giunge a buon punto!

EDOARDO -

Riccardo di York!

Come sta il nostro caro fratellino?

YORK -

Sto bene, mio sovrano riverito:

ora cos che ti debbo chiamare,

vero?

EDOARDO -

S, fratello, a mio rammarico,

non minore del tuo; ch troppo presto

ci ha lasciato colui cui questo titolo

avrebbe ben potuto ancor spettare,

e che ha perduto, dopo la sua morte,

molto della regale sua maest.

RICCARDO -

Ebbene, come sta nostro nipote,

il nobilissimo Duca di York?

YORK -

Grazie, cortese zio. Oh, monsignore,

mi ricordo che mi diceste un giorno

che le malerbe crescon molto in fretta:

ebbene, il principino mio fratello

cresciuto assai pi di me.

RICCARDO -

vero.

YORK -

Che vuol dire, che egli una malerba?

RICCARDO -

Nipote bello, ma che mi fai dire?

YORK -

Capisco: a lui dovete pi riguardo.

RICCARDO -

Egli mi pu comandar da sovrano;

tu puoi su me quel che puole un parente.

YORK -

Zio, per favore, dammi quel pugnale.

RICCARDO -

Il mio pugnale? Volentieri, caro.

EDOARDO -

Che fai, fratello, chiedi lelemosina?

YORK -

Al mio nobile zio,

che son certo non me la negher;

anche perch non che una bazzecola,

e a donarla non che costi molto.

RICCARDO -

Doni ben pi importanti

son pronto a fare al mio caro nipote.

YORK -

Dono pi grande? Oh, anche la spada?

RICCARDO -

E perch no? Se fosse pi leggera,

mio gentile nipote.

YORK -

Ah, vedo allora

che vi mostrate solo ben disposto

a separarvi da cose leggere,

ma neghereste doni pi pesanti

a un mendicante che ve ne chiedesse.

RICCARDO -

(Mostrando la spada)

Questa, per vostra grazia,

un po troppo pesante da portare.

YORK -

Le darei ugualmente scarso peso,

anche se fosse ancora pi pesante.

RICCARDO -

Eppoi, perch vorresti la mia spada,

piccolo?

YORK -

Per potervi dire un grazie,

come quello con cui chiamate me.

RICCARDO -

Cio a dire?

YORK -

Piccolo.

EDOARDO -

A mio fratello York

piace molto giocar con le parole.

Vostra grazia ha imparato a sopportarlo.

YORK -

Sopportarmi portarmi sopra a lui?

Zio, lavete sentito?

Mio fratello si fa gioco di noi:

io son piccolo come uno scimmiotto,

e voi, secondo lui,

mi dovreste portare sulle spalle!

BUCKINGHAM -

Che spirito sottile, il giovinetto!

Con graziosa accortezza,

rivolge su se stesso il proprio scherno,

per mitigar quello fatto allo zio.

Davvero straordinario!

Cos giovane eppur cos sagace!

RICCARDO -

(A Edoardo)

Mio signore, vogliamo proseguire?

Io e il mio bravo cugino Lord Buckingham

ora andremo a pregare vostra madre

di venire alla Torre ad incontrarvi

e darvi il benvenuto.

YORK -

Che! alla Torre?

State andando alla Torre, mio signore?

EDOARDO -

Cos ha deciso il mio Lord Protettore.

YORK -

Io l non ci potr dormir tranquillo.

EDOARDO -

Perch, di che dovresti aver paura?

YORK -

Eh, dello spettro dello zio Clarenza,

chi sa come adirato!

proprio l che stato assassinato,

me lha detto la nonna.

EDOARDO -

Gli zii morti a me non fan paura.

RICCARDO -

Nemmeno vivi, spero?

EDOARDO -

Dei vivi spero non aver cagione

daver paura. Ma andiamo, signori:

pensando a loro, con un peso al cuore,

io mavvio alla Torre.

(Fanfara. Escono Edoardo, York, e tutti gli altri tranne Riccardo, Buckingham e Catesby)

BUCKINGHAM -

Non credete, signore,

che quel pettegolino dello York

sia stato dalla sua subdola madre

istigato a insultarvi ed a schernirvi,

come ha fatto, in maniera s offensiva?

RICCARDO -

Ah, s, senza alcun dubbio.

Oh, un bambino pestifero: sagace,

temerario, precoce, intelligente,

tutto sua madre, dalla testa ai piedi.

BUCKINGHAM -

Beh, lasciamoli andare Senti, Catesby:

tu ci hai fatto solenne giuramento

sia di tradurre in atto i nostri piani,

sia di serbare un geloso segreto

su ci di cui tabbiamo messo a parte.

Adesso ne conosci le ragioni

che tabbiam detto nel venire qui.

Che ne pensi? Sar facile o no

guadagnare Lord Hastings allidea

di porre noi questo nobil duca

sul trono di questisola famosa?

CATESBY -

Quello talmente affezionato al principe,

per lamor che portava al di lui padre,

che sar impossibile convincerlo

a far cosa che sia contro di lui.

BUCKINGHAM -

E Stanley? Che ne pensi, ci star?

CATESBY -

Far in tutto e per tutto come Hastings.

BUCKINGHAM -

Bene, allora non c altro da dire:

va tu, mio bravo Catesby, da Hastings,

e vedi, un po alla larga, di sondarlo

su come prenderebbe il nostro piano;

invitalo alla Torre per domani

al Consiglio che sar l adunato

per parlare dellincoronazione.

Se lo trovassi appena disponibile,

farai del tutto per incoraggiarlo,

e gli esporrai tutti i nostri argomenti;

se invece si mostrasse irremovibile,

gelido, riluttante, mal disposto,

fa lo stesso anche tu: piantalo l,

e vieni a riferirci il suo pensiero.

Domani noi terremo due Consigli,

divisi uno dallaltro,

ed in ciascuno tu avrai gran parte.

RICCARDO -

Salutalo, lord Williams, da mia parte,

Catesby, e digli, che la vecchia cricca

dei suoi nemici pi pericolosi

avr domani, al castello di Pomfret,

il suo salasso. E di a monsignore

che a festeggiar questa lieta novella

dia un bacio di pi a Madama Shore.([58])

BUCKINGHAM -

Vedi, buon Catesby, di sbrigar bene

questa faccenda.

CATESBY -

Va bene, signori,

con tutta la mia buona volont.

RICCARDO -

Allora ci farai sapere, Catesby,

prima che andiamo a letto?

CATESBY -

S, signore.

RICCARDO -

A Crosby Place. Ci raggiungerai l.

(Esce Catesby)

BUCKINGHAM -

Che fare, monsignore, se Lord Hastings

mostrasse di non esser disponibile

ai nostri piani?

RICCARDO -

Tagliargli la testa;

e poi vedremo. E quando sar re,

per te reclama la contea di Hereford

con tutti i beni mobili

gi posseduti dal re mio fratello.

BUCKINGHAM -

Non mancher, graziosa maest,

di reclamar da voi questa promessa.

RICCARDO -

E la vedrete mantenuta in pieno,

da parte mia, col massimo piacere.

Venite, andiamo a cena un po per tempo

affinch poi possiamo digerire

le nostre trame pi comodamente.

(Escono)

SCENA II - Davanti alla casa di Lord Hastings

Entra un MESSO e bussa alla porta

MESSO -

Signore! Monsignore!

HASTINGS -

(Da dentro)

Chi alla porta?

MESSO -

Da parte di Lord Stanley.

Entra HASTINGS, aprendo la porta

HASTINGS -

Che ore sono?

MESSO -

Sul tocco delle quattro.

HASTINGS -

Ma Lord Stanley

non riesce dormire in queste notti

di tedio, eh?

MESSO -

Pare di no, signore,

da quel che manda a dirvi per mio mezzo.

Prima di tutto invia il suo saluto

a vostra signoria.

HASTINGS -

Bene. E poi?

MESSO -

Poi fa sapere a vostra signoria

che stanotte ha sognato

un cinghiale che gli strappava lelmo.([59])

Vi fa sapere inoltre

che oggi si terranno due Consigli

separati, e che in uno pu decidersi

qualcosa che potr far male a voi,

come nellaltro a lui.

Perci mi manda da voi per sapere

se vostra signoria non sia disposta

ad inforcare subito un cavallo,

e al galoppo volare, insieme a lui,

a spron battuto verso settentrione,

per schivare un pericolo,

chegli sente in cuor suo come imminente.

HASTINGS -

Compare, va, torna dal tuo padrone

e digli che per s non tema nulla

dai due Consigli; in uno sar io

insieme con suo onore,

nellaltro c il mio buon amico Catesby,

e nulla vi pu essere deciso

che ci tocchi, chio non ne sia avvertito.

Digli che i suoi timori

sono campati in aria ed infondati.

E quanto ai sogni, son meravigliato

chegli sia tanto ingenuo da credere

agli scherzi degli incubi notturni.

Fuggire dal cinghiale

senzessere inseguiti dalla bestia,

come aizzare questa ad inseguirti,

mentressa non aveva alcuna voglia

di cacciar preda. Va, di al tuo padrone

di levarsi e venire qui da me;

insieme poi ce nandremo alla Torre,

dove il cinghiale, comegli vedr,

ci tratter nel modo pi cortese.

MESSO -

Vado, signore. Gli dir cos.

(Esce)

Rientra CATESBY

CATESBY -

Mille buongiorno al mio degno signore.

HASTINGS -

Buongiorno, Catesby. Diggi in faccende?

Ebbene, che notizie, che notizie

su questo nostro traballante Stato?

CATESBY -

Avete detto bene, monsignore:

veramente un mondo traballante,

e che non star mai ben ritto in piedi

finch Riccardo non avr sul capo

la ghirlanda del regno.

HASTINGS -

La ghirlanda?

Forse intendevi dire la corona?

CATESBY -

Appunto, mio signore.

HASTINGS -

Mi far scoronare dalle spalle

questa mia, di corona,([60])

avanti di veder s mal piazzata

la corona del regno.

Pensi davvero chegli miri a tanto?

CATESBY -

Oh, s, per la mia vita. E spera, pure,

di trovarvi tra i primi di sua parte

a fargliela ottenere; e a tal proposito

vi manda questo gradevole annuncio:

oggi i vostri nemici,

i parenti della regina, a Pomfret,

saran decapitati.

HASTINGS -

Non mi coprir certo di gramaglie

per tale annuncio, perch quella gente

m stata sempre ostile.

Ma chio dia voce a sostener Riccardo

per escluder gli eredi del mio re

dalla legittima lor successione,

Dio sa che questo non lo far mai,

a costo della vita.

CATESBY -

Iddio conservi vostra signoria

in questi nobili proponimenti.

HASTINGS -

Ma vorr ancor pur ridere di cuore,

a un annetto da qui, di tutti quelli

che mhanno messo in odio al mio signore,

se vivr tanto da poter assistere

alla loro rovina. Intanto, Catesby,

prima che il tempo mabbia fatto vecchio

daltre due settimane, faccio conto

di far fare bagaglio([61]) a qualcun altro

che a tuttoggi nemmeno se laspetta.

CATESBY -

Brutta cosa, grazioso mio signore,

morire quando non si preparati

e non ce lo si aspetta.

HASTINGS -

Oh, s, mostruoso!

E cos di Rivers, Vaughan, Grey:

e sar daltri, come tu ed io,

che si ritengono ora al sicuro,

perch, come tu sai, noi siamo cari

al cuore di Riccardo e Lord Buckingham.

CATESBY -

Di voi fanno gran conto questi principi.

(A parte)

S, quello di vedere la sua testa

infissa in cima al Ponte.([62])

HASTINGS -

Lo so. E me lo son ben meritato.

Entra Lord STANLEY

Oh, venite, venite! Ma, mio uomo,

dov il vostro spiedo da cinghiale?

Voi avete paura del cinghiale,

e andate in giro cos disarmato?

STANLEY -

Buon giorno, mio signore;

buongiorno, Catesby. Scherzate pure,

ma a me questi Consigli separati

non vanno a genio, per la Santa Croce!

HASTINGS -

Amico, la mia vita mi sta a cuore

quanto la vostra a voi.

E, vassicuro, dacch sono al mondo,

mai m stata preziosa come adesso.

Se non sapessi dessere al sicuro,

credete voi che me nandrei in giro

glorioso e trionfante come faccio?

STANLEY -

Quei signori che son rinchiusi a Pomfret

erano ben sereni ed esultanti

allorch cavalcarono da Londra,

e pensavano dessere al sicuro.

E infatti non avevano motivo

di diffidare; eppure, ecco, vedete,

come in s poco tempo

per loro il cielo s rannuvolato.

Questa improvvisa pugnalata dodio

minsospettisce molto; voglia Dio

che il mio timore si dimostri vano.

Ci avviamo alla Torre? giorno fatto.

HASTINGS -

Andiamo, andiamo, eccomi con voi.

Sapete, monsignore:

oggi quei lords dei quali parlavate

saran decapitati.

STANLEY -

Per la loro lealt alla corona,

essi avrebbero invece pi diritto

di conservar la testa sulle spalle

che non abbiano di portare in testa

i lor cappelli quelli che li accusano.([63])

Ma andiamo, monsignore, incamminiamoci.

Entra un MESSO DEL TRIBUNALE([64])

HASTINGS -

Andate pure avanti. Vi raggiungo.

Voglio parlare con questo bravuomo.

(Escono Stanley e Catesby)

Felice dincontrarti, caro amico.

Come ti va la vita?

MESSO -

Tanto meglio dacch vossignoria

si degna domandarmelo.

HASTINGS -

Ti dir, amico, che anche per me

va meglio che non quando tincontrai

lultima volta qui; ero condotto

in quel momento in carcere alla Torre

per ordine del re, su istigazione

dei famigliari della sua regina;

ma ora quegli stessi miei nemici

- te lo dico, ma tienilo per te -

son messi a morte, e la mia condizione

migliore di quanto fosse prima.

MESSO -

Che Dio ve la conservi, vostro onore,

per vostra gioia e bene.

HASTINGS -

Grazie, amico.

Toh, prendi, e bevici alla mia salute.

(Gli getta una borsa)

MESSO -

Ringrazio vostro onore.

(Esce)

Entra UN PRETE

PRETE -

Quale felice incontro, monsignore!

Son lieto di vedervi, vostro onore!

HASTINGS -

Grazie di cuore, buon padre Giovanni.

Padre, vi sono ancora debitore

dellultimo servizio religioso.

Passate sabato, e vi salder.

(Gli bisbiglia qualcosa allorecchio)

PRETE -

Agli ordini di vostra signoria.

(Esce)

Entra BUCKINGHAM

BUCKINGHAM -

E che! Voi a colloquio con un prete,

lord Ciambellano? I vostri amici a Pomfret,

quelli, s, nhan bisogno. Vostro onore

non ha davvero di che confessarsi.

HASTINGS -

Eh, certo, no davvero.

Per quegli uomini di cui parlate

mi son venuti in mente

nellincontrar test questo santuomo.

Andavate alla Torre?

BUCKINGHAM -

S, signore.

Ma non potr trattenermici a lungo.

Me ne torner via prima di voi.

HASTINGS -

Gi, mi sembra probabile,

dato chio debbo rimanerci a pranzo.

BUCKINGHAM -

(A parte)

E non lo sai, ma ci resti anche a cena!

(Forte)

Allora andiamo?

HASTINGS -

Andiamo, vaccompagno.

(Escono)

SCENA III - Il castello di Pomfret

Entra sir Richard RATCLIFF con alabardieri che

conducono al patibolo RIVERS, VAUGHAN e GREY.

RIVERS -

Sir Richard Ratcliff, chio ti dica questo:

oggi vedrai un suddito

andare a morte per la sua lealt,

il suo dovere e la sua obbedienza.

GREY -

Iddio protegga il principe

dalla vostra masnada. Siete tutti

un maledetto branco di vampiri.

VAUGHAN -

Voi, vivi, piangerete amaramente

per tutto questo.

RATCLIFF -

Sciocchezze! Sbrighiamoci:

le vostre vite son gi oltre il limite.

RIVERS -

O Pomfret, Pomfret, cruenta prigione!

Nefasto augurio per nobili pari!

Qui, dentro il condannevole recinto

delle tue mura, il Secondo Riccardo

fu pugnalato a morte;

ed a maggiore infamia dellorribile

tua realt, noi diamo a te da bere

nostro sangue innocente.

GREY -

Su di noi cala la maledizione

di Margherita, quandella inve

contro Hastings e contro voi e me

per esser stati senza muover dito

quando Riccardo pugnal suo figlio.

RIVERS -

Ma maledisse allora anche Riccardo,

e maledisse Buckingham,

e maledisse Hastings. Dio Signore,

ricrdati anche di prestare orecchio

alle preghiere sue contro costoro,

come ora alle sue contro di noi;

e quanto a mia sorella

e ai suoi regali figlioli, Dio santo,

possa Tu restar pago, in lor favore,

di questo nostro sangue a te fedele,

che, lo sai, ci vien tolto ingiustamente.

RATCLIFF -

Affrettatevi: lora della morte

per voi gi spirata.

RIVERS -

Andiamo Grey,

Vaughan, andiamo. Abbracciamoci qui.

Addio, addio! A rincontrarci in cielo!([65])

(Si abbracciano ed escono tutti)

SCENA IV - La Torre di Londra

Intorno a un tavolo siedono BUCKINGHAM, STANLEY, il VESCOVO DI ELY,

HASTINGS, RATCLIFF, LOVELL e altri.

HASTINGS -

Dunque nobili pari,

siamo qui riuniti per decidere

sulla data dellincoronazione.

Parlate, in nome di Dio: a che giorno

la grande cerimonia?

BUCKINGHAM -

tutto pronto?

STANLEY -

Tutto; rimane da fissar la data.

ELY -

Che sia domani, allora, il fausto giorno.

BUCKINGHAM -

C qualcuno che sa qual il pensiero

del Duca Lord Protettore al riguardo?

Chi di voi qui pi vicino al duca?

ELY -

Vostra grazia, pensiamo, pi degli altri,

ne dovrebbe conoscere il pensiero.

BUCKINGHAM -

Conoscere, ci conosciamo bene

in faccia, s, lun laltro; quanto al cuore,

lui non sa pi del mio che io del vostro,

o voi del mio, signore.

Ma per affetto voi gli siete, Hastings,

pi vicino.

HASTINGS -

Lo so, mi vuol molto bene,

sua grazia e gli son grato;

ma in merito ai suoi intendimenti

a riguardo dellincoronazione

non lho sondato, n mha fatto parte

dei suoi propositi sullargomento.

Ma voi potete, onorevoli pari,

fissare il giorno, ed io dar il mio voto

anche a nome del Duca, che, presumo,

benevolmente lo confermer.

Entra RICCARDO

ELY -

Eccolo, il Duca: arriva giusto in punto.

RICCARDO -

Nobili pari e nobili cugini,

buongiorno a tutti! Ho dormito un po troppo,

ma spero tuttavia che la mia assenza

non sia stata cagione per bloccare

decisioni importanti del Consiglio

che richiedessero la mia presenza.

BUCKINGHAM -

Se voi non foste entrato al tempo giusto,

monsignore, Lord Hastings era pronto

a recitare qui la vostra parte:([66])

intendo dire dare il vostro voto

per quando incoronare il nuovo re.

RICCARDO -

Nessun altro allinfuori di Lord Hastings

potrebbe ardire pi: sua signoria

mi conosce e mi vuol molto bene.

Monsignore di Ely,

lultima volta che passai per Holborn([67])

ho ammirato delle stupende fragole

in quel vostro giardino;

vorrei pregarvi di mandar qualcuno

a cogliermene un po.

ELY -

Con gran piacere,

signore, diamine, mander subito.

(Esce)

RICCARDO -

Cugino Buckingham, una parola.

(Lo trae in disparte)

Catesby stato a sondare Lord Hastings

sulla nostra faccenda: il nobiluomo

s cocciutamente infervorato

che disposto a rimetterci la testa

prima dindursi a dirsi favorevole

a che il figlio del suo signore e re

- comei sesprime reverentemente -

perda il diritto al trono dInghilterra.

BUCKINGHAM -

Uscite un attimo, vi vengo dietro.

(Escono Riccardo e Buckingham)

STANLEY -

Ancora non abbiamo stabilito

allora questa data trionfale.

Domani, a mio giudizio, troppo presto,

perch io stesso non mi trovo pronto

come sarei, se venisse protratta.

Rientra il VESCOVO DI ELY

ELY -

Dov il duca di Gloucester?

Ho gi mandato per quelle mie fragole.

HASTINGS -

Sua grazia ha oggi unaria allegra e affabile;

deve avere qualcosa per la testa

o altro assai piacevole per lui,

quando dice buongiorno in quellumore.

Credo che non ci sia persona al mondo

meno di lui capace di celare

amore e odio, perch dal suo viso

traspare subito quello che ha dentro.

STANLEY -

E che cosa scorgete nel suo viso

che possa esser stampato nel suo animo

dalla vivacit che mostra oggi?

HASTINGS -

Eh, che non c nessuno dei presenti

col quale sia crucciato;

ch, se fosse, gli si vedrebbe in faccia.

STANLEY -

Io prego Dio che non lo sia con me.

Rientrano RICCARDO e BUCKINGHAM

RICCARDO -

Vi prego tutti che qui siete, ditemi:

che pensate che debban meritare

coloro che, con trame diaboliche

di dannata stregoneria complottano

la mia morte, e che hanno affatturato

con infernali pratiche il mio corpo?([68])

HASTINGS -

Laffetto che io porto a vostra grazia

mio signore, mi fa per primo ardito,

davanti a questa nobile assemblea,

a scagliare la mia fiera condanna

sui colpevoli, quali che essi siano:

io dico, monsignore,

chessi son meritevoli di morte.

RICCARDO -

E siano testimoni gli occhi vostri

del loro maleficio: ecco, guardate,

se non vero che mhanno stregato.

(Si denuda il braccio stroppio)

Osservate il mio braccio: disseccato,

come uno sterpo da un colpo di fulmine.

E a marchiarmi cos, come vedete,

con i loro infernali sortilegi,

sono state la moglie di Edoardo,

quella mostruosa strega, consociata

con quella gran puttana della Shore.

HASTINGS -

Se sono state loro, monsignore

RICCARDO -

Ah, se, mi dici, eh? Tu, protettore

di questa maledetta prostituta!([69])

Traditore tu sei! Via la sua testa!

Per San Paolo, io non andr a pranzare

se prima non lavr vista mozzata!

Lovell e Ratcliff, provvedete voi

che sia fatto. Di tutti gli altri qui,

chi mi vuol bene si alzi e mi segua.

(Tutti si alzano ed escono con lui, meno Lovell, Ratcliff e Hastings)

HASTINGS -

O Dio, piet, piet per lInghilterra;

non averne per me che, troppo stolto,

avrei potuto impedir tutto questo.

Stanley laveva ben visto nel sogno

il cinghiale che gli stracciava lelmo,

e io lo presi a scherno

per questo e fui sdegnoso di fuggire;

tre volte il mio cavallo oggi inciampato,

diventato ombroso e s impennato

a vedere la Torre,

come fosse distinto riluttante

di portarmi al macello.

Oh, adesso s, ho bisogno di quel prete

che mha parlato! Adesso, s, mi pento

daver detto a quel messo di giustizia,

con aria ingiustamente trionfale,

che i miei nemici a Pomfret

stavan per esser tutti messi a morte,

ed io vivevo libero e sicuro

in grazia ed in favore. Oh, Margherita!

Margherita! La tua maledizione

questa che sabbatte ora sul capo

di Hastings sventurato!

RATCLIFF -

Andiamo, andiamo,

presto; che il Duca vuole andare a pranzo.([70])

Fate una breve contrizione, e via;

ansioso di veder la vostra testa.

HASTINGS -

Oh, caduco favore dei mortali

che ricerchiamo con maggior fervore

di quanto non mettiamo a ricercare

il favore di Dio!

Chi sulle vuote, aeree fondamenta([71])

dei tuoi sguardi benigni e compiacenti

fonda le sue speranze

somiglia a quel briaco marinaio

salito in cima allalbero maestro,

che ad ogni ondeggiamento della nave

corre il rischio di capitombolare

nelle fatali gole dellabisso.

LOVELL -

Lamentarsi non serve. Via, sbrighiamoci.

HASTINGS -

Sanguinario Riccardo!

Sventurata Inghilterra, io ti predico

i giorni pi terribili e sinistri

chabbia mai visto unera di sciagure!

Avanti, su, conducetemi al ceppo.

E poi gli porterete la mia testa.

Ma molti che sorridono di me

morte tra breve troveranno anchessi.

(Escono)

SCENA V - Sugli spalti della Torre di Londra

Entrano RICCARDO e BUCKINGHAM in armature vecchie e sfasciate,

e con aspetto squallido e sinistro([72])

RICCARDO -

Forza, cugino! Ti senti capace

di tremare, cambiare di colore,

ansare a fiato mozzo ad ogni frase,

poi riprender da capo,

ed interromperti come stordito

ed impazzito quasi di spavento?

BUCKINGHAM -

Poh, mi sento di fare a perfezione

il pi bravo e provetto attore tragico:

parlar sbirciando dietro alle mie spalle,

spiarmi in giro, aver la tremarella,

trasalire al cadere dun fuscello,

con aria fortemente sospettosa;

ho al mio servizio, pronti a secondare

ogni momento i miei infingimenti,

sguardi spettrali e sorrisi forzati.

Ma Catesby andato?

RICCARDO -

andato, s; ed eccolo che torna,

e ci conduce il sindaco di Londra.

Entra CATESBY con il LORD MAYOR di Londra

BUCKINGHAM -

Omaggi, signor Sindaco

RICCARDO -

Attenti, voi, l, al ponte levatoio!

(Rullo di tamburo, lontano)

BUCKINGHAM -

Odi, un tamburo

RICCARDO -

Catesby,

va a dare una guardata dalle mura!

(Esce Catesby)

BUCKINGHAM -

Signor Sindaco, vi abbiam qui chiamato

per la ragione che

RICCARDO -

Gurdati indietro!

Difenditi, arrivano i nemici!

BUCKINGHAM -

Iddio Signore e la nostra innocenza

sian la nostra difesa e protezione!([73])

Entrano LOVELL e RATCLIFF con la testa di Hastings

RICCARDO -

Tranquillo, sono amici: Ratcliff, Lovell

LOVELL -

Signore, ecco la testa

di quel pericoloso traditore:

lignobile ed insospettato Hastings.

RICCARDO -

A questuomo ho voluto tanto bene

che non riesco a frenarmi dal piangere

Lo tenevo per lessere pi innocuo

che respirasse sopra questa terra:

di lui avevo fatto il mio diario

sul quale la mia anima annotava

i pi segreti ed intimi pensieri.

Ha ricoperto s bene il suo vizio

con un lucente orpello di virt

e con un tocco s ben levigato,

che, a parte quel notorio suo commercio

s, voglio dire la sconcia sua tresca

con la moglie di Shore era vissuto

immune da ogni macchia di sospetto.

BUCKINGHAM -

Bene, bene, costui fu il traditore

il pi insidioso, il meglio camuffato

che fosse mai vissuto sulla terra.

Avreste immaginato, o mai creduto

- non fosse che noi, vivi per miracolo,

lo potessimo ora raccontare -

che codesto scaltrito traditore

avesse complottato, qui, oggi stesso,

proprio nella seduta del Consiglio,

di assassinare me,

ed il mio nobile Duca di Gloucester?

LORD MAYOR -

Oh, davvero?

RICCARDO -

Che! Vi meravigliate?

Ci prendete per Turchi o miscredenti,

a ordinar di proceder cos in fretta,

a spregio dogni legal procedura,

a giustiziare un simil traditore,

se a tanto non ci avessero costretto

lestrema urgenza delle circostanze,

voglio dire la pace dInghilterra,

e la nostra salvezza personale?

LORD MAYOR -

Bene ve ne provenga. La sua morte,

se cos , costui lha meritata,

e bene han fatto le signorie vostre

a scoraggiar con questo ammonimento

da simili attentati i traditori.

Da uno come lui, in verit,

non maspettavo pi nulla di buono,

dacch si mise con Madama Shore([74])

BUCKINGHAM -

Era nostra intenzione, in verit,

di non procedere allesecuzione

se non dopo che vostra signoria

fosse presente alla sua fine;

nostro malgrado, ha tutto anticipato,

laffettuosissima sollecitudine

di questi nostri amici. Perch noi

avremmo ben voluto, monsignore,

che sentiste parlare il traditore

e confessare, in tutta compunzione,

i modi e i fini dei suoi tradimenti,

s da poterne poi rendere contro

pubblicamente alla cittadinanza;

che pu giudicar male il nostro agire

su di lui e compiangerne la morte.

LORD MAYOR -

Ma, caro monsignore,

le parole di vostra grazia bastano

per me; esse hanno lo stesso valore,

che avessi io stesso tutto visto e udito.

Non temete, miei nobili signori:

mi far io stesso buon interprete

presso i nostri devoti cittadini

della legalit del vostro agire

in una circostanza come questa.

RICCARDO -

Ed a tal fine che abbiamo richiesto

qui la presenza di vossignoria:

a prevenire maligne censure

dalla parte della cittadinanza.

BUCKINGHAM -

E voi, se pure giunto un po in ritardo

su quelle cheran le nostre intenzioni,

potrete tuttavia sempre attestare

quali vi stato detto chesse fossero.

E con ci, Sindaco, vi salutiamo.

(Esce il Lord Mayor)

RICCARDO -

Seguilo, seguilo, cugino Buckingham.

Egli va difilato alla Guildhall.([75])

E l, quando vedrai giunto il momento,

cerca dinsinuare avanti a tutti

che i figli dEdoardo son bastardi;

di loro apertamente come Edoardo

abbia mandato a morte un cittadino,

solo per aver detto, il disgraziato,

che avrebbe fatto ereditar dal figlio

la corona, intendendo con tal nome

la sua casa, cos denominata

per linsegna che ha sulla facciata

e che ha disegnata una corona.

Insisti sullodiosa sua lascivia,

di loro la sua foja animalesca,

che nellestrosit delle sue voglie

si spingeva financo alle lor serve,

alle lor figlie ed alle loro mogli,

ovunque, insomma, il suo occhio smanioso

e listinto selvaggio del suo cuore

bramassero predare, senza freni.([76])

Anzi, se lo ritieni necessario,

ti puoi spingere anche tanto in l

da parlar della stessa mia persona

e rivelare che quando mia madre

rimase incinta del Duca di York,

linsaziabile mio fratello Edoardo,

mio padre si trovava a guerreggiare

in Francia; e calcolando il tempo esatto

di quella gravidanza di sua moglie,

scopr che il figlio non era suo seme;

ci che apparve, del resto, chiaramente

dalle di lui fattezze, in nulla simili

alle fattezze del Duca mio padre.

Bada per di toccar questo tasto

con discrezione, e molto alla lontana,

perch, lo sai, mia madre ancora viva.

BUCKINGHAM -

Non dubitate: mi far oratore

in questo, come se fosse per me

laureo onorario della mia arringa.

E con ci, mio signore, vado. Addio.

RICCARDO -

Se tutto girer per il suo verso,

menateli al castello di Baynard;([77])

mi troverete in buona compagnia

di reverendi padri e dotti vescovi.

BUCKINGHAM -

Bene. Aspettate tra le tre e le quattro

notizie dalla Guildhall.

RICCARDO -

(A Lovell)

Corri dal dottor Shaw;

(A Ratcliff)

e tu da frate Penker;([78]) dite a entrambi

che vengano a raggiungermi fra unora

al castello di Baynard.

(Escono Lovell e Ratcliff)

Io vado intanto a intendermi in segreto

per sottrarre i marmocchi di Clarenza

alla vista di tutti,

e ad ordinare che nessun estraneo,

chiunque sia ed a qualunque ora,

abbia contatto alcuno con i principi.([79])

(Esce entrando nella Torre)

SCENA VI - Londra, una strada.

Entra uno SCRIVANO

SCRIVANO -

Questo latto daccusa di Lord Hastings,

scritto con bella mano

e con bella calligrafia curiale;

ne sar data pubblica lettura

oggi stesso, alla chiesa di San Paolo.

Notate come ben concatenato

lo svolgersi dei fatti: per copiarlo,

da quando Catesby me lha mandato

ieri sera, ci ho messo undici ore;

lo stesso tempo ci sar voluto

certamente a stilar loriginale;

eppure meno di cinque ore fa,

Hastings viveva, immune da sospetti,

non inquisito, in piena libert.

Quanta onest nel mondo doggi, eh?!

Ma chi cos cretino

da non scorgere un trucco s evidente!

E tuttavia chi ha tanto coraggio

da affermare di essersene accorto?

Il mondo perfido e andr in malora,

se unazionaccia turpe come questa

devesser vista solo col pensiero!

(Esce)

SCENA VII - Londra, il castello di Baynard.

Entrano RICCARDO e BUCKINGHAM, incontrandosi

RICCARDO -

Dunque, dunque, che han detto i cittadini?

BUCKINGHAM -

Mah! Per la santa Madre del Signore,

tutti morti: nemmeno una parola.

RICCARDO -

E della bastarda

dei figli di Edoardo hai fatto cenno?

BUCKINGHAM -

Oh, s, e anche della sua promessa

di sposar lady Lucy,([80])

e di quellaltra fatta per procura

in Francia;([81]) delle sue voglie insaziabili;

delle sue violenze sulle mogli

e le figlie dei nostri cittadini;

del suo tiranneggiare per quisquilie;

della sua stessa origine bastarda,

dato che quand stato concepito

vostro padre era a guerreggiare in Francia,

e le fattezze sue non hanno nulla

che possa farlo assomigliare al Duca.

Ho alluso quindi ai vostri lineamenti,

esatta copia di quelli paterni,

per forma esterna e per nobilt danimo.

Ho decantato le vostre vittorie

sugli Scozzesi,([82]) il vostro portamento,

rigido in guerra, giudizioso in pace,

la vostra generosit e virt,

e graziosa umilt: nulla ho lasciato,

nel mio discorso, nulla ho sorvolato

che potesse giovare al vostro scopo;

e quando la mia arringa giunta al termine,

ho rivolto un appello

a tutti quelli ai quali stava a cuore

il bene del paese e li ho invitati

a gridare con me: Viva Riccardo,

legittimo sovrano dInghilterra!

RICCARDO -

E lhanno fatto?

BUCKINGHAM -

No, che Dio massista!

Non han fiatato: muti come statue,

o meglio come pietre che respirano,

si guardavano fissi, lun con laltro,

pallidi come morti. Ed a vederli,

io li ho sgridati, ed ho chiesto al Lord Mayor

il perch di quel lor sordo silenzio.

La sua risposta fu che quella gente

non era avvezza a sentirsi arringare

da nessun altro che dallo scabino.([83])

Questi, allora, da me sollecitato

a ripetere loro il mio discorso

si mise a bofonchiare: Il Duca dice

il Duca ha detto, senza aggiunger nulla

di propria personale autorit.

Finito chebbe, alcuni del mio seguito

che si trovavano in fondo alla sala,

lanciarono i lor berretti in aria

e una diecina di voci han gridato:

Dio salvi Re Riccardo!

Al che, io stesso, facendo tesoro

di quei pochi consensi, ho lor gridato:

Vi ringrazio, gentili cittadini;

questa unanime vostra acclamazione

e questo vostro grido di esultanza

dimostrano la vostra assennatezza

e la vostra affezione per Riccardo.

E l ho troncato e son venuto via.

RICCARDO -

Diavolo! Tutti ciocchi senza lingua?

Tutti senza parlare!

Allora il Sindaco e i suoi consiglieri

verranno o no?

BUCKINGHAM -

Sono gi tutti qui.

Ma ostentate una certa riluttanza

nel dare loro udienza; non lo fate

se non in seguito a molte insistenze;

e, ricordate, fatevi trovare

con nelle mani un libro di preghiere,

in mezzo a quei due uomini di chiesa;([84])

perchio imbastir, su quella base,

un discanto canonico.([85])

Cercate di non ceder troppo presto

alle richieste che noi vi faremo;

fate la parte della verginella

che dice sempre no per dire s.

RICCARDO -

Bene, vado, e se tu

reciterai s bene la tua parte

nel perorar la loro richiesta

comio la mia nel risponderti no,

il successo senzaltro assicurato.

(Colpi alla porta)

BUCKINGHAM -

il sindaco. Salite, andate su.([86])

(Esce Riccardo)

Entra il LORD MAYOR di Londra con i consiglieri

Benvenuto, signore.

Son qui a fare anticamera; ma il Duca

penso che non gradisca dare udienza.

Entra CATESBY, scendendo dal soppalco

Catesby, allora che cosa risponde

alla mia istanza il vostro signor Duca?

CATESBY -

Il mio signore prega vostra grazia

di tornare domani o doman laltro.

dentro con due reverendi padri

per le meditazioni spirituali

e non desidera venir distolto

da quel sacro esercizio dello spirito

da qualsivoglia mondana richiesta.

BUCKINGHAM -

Buon Catesby, ritorna da sua grazia,

digli chio sono qui

col Sindaco di Londra e i consiglieri([87])

per conferire con sua signoria

su cose di grandissima importanza

che riguardano il bene generale.

CATESBY -

Vado subito a dirglielo, signore.

(Esce Catesby)

BUCKINGHAM -

Ah, ah, Lord Mayor, questo nostro Duca

non certo un Edoardo!

Non se ne sta sdraiato a trastullarsi

su un letto di lascivia, ma in ginocchio

a meditare; non sta sollazzandosi

in compagnia dun paio di baldracche,

ma se ne sta raccolto, a meditare,

fra due reverendissimi prelati;

non dorme, ad ingrassare il pigro corpo,

ma vigila in preghiera, a far pi ricca

la vigile sua anima.

Sarebbe la fortuna dInghilterra

se un principe virtuoso come lui

volesse assumer sulla sua persona

il sovrano potere; ma ho paura

che non sapremo convincerlo a tanto.

LORD MAYOR -

Diamine! Dio non voglia che rifiuti!

BUCKINGHAM -

Ho paura di s.

Rientra CATESBY

Ma ecco Catesby

che torna. Ebbene che dice sua grazia?

CATESBY -

Sua grazia si domanda con stupore

a quale scopo abbiate radunato

e qui condotto un cos folto stuolo

di cittadini senza che sua grazia

ne fosse stato affatto prevenuto.

Questo gli fa temere, monsignore,

che le vostre intenzioni a suo riguardo,

non sian delle migliori.

BUCKINGHAM -

Mi dispiace che il mio degno cugino

possa mai sospettare chio non nutra

delle buone intenzioni a suo riguardo.

Sa il cielo se veniamo qui da lui

animati dal pi sincero affetto.

Torna di nuovo da sua grazia, e diglielo.

(Esce Catesby)

Eh, quando questa specie di santuomini

cos devotamente religiosi

si trovano il rosario tra le mani,

certo ben difficile distoglierli,

s dolce ed esclusivo il rapimento

nella fervida lor contemplazione.

Nel soppalco compare RICCARDO in mezzo a due prelati; a fianco CATESBY.

LORD MAYOR -

Ecco lass sua grazia, fra due vescovi.

Vedete?

BUCKINGHAM -

Due pilastri di virt

a sostegno di un principe cristiano,

per tenerlo lontano e preservato

dal peccato di vanit; e, vedete,

in mano tiene un libro di preghiere

gli autentici ornamenti

dai quali riconoscere un santuomo.

Plantageneto illustre,

graziosissimo principe,

degnati porgere un orecchio amico

alle richieste nostre,

e perdonaci dessere venuti

a interrompere le tue devozioni

ed il tuo cristianissimo fervore.

RICCARDO -

Non dovete scusarvi, mio signore,

son io, piuttosto a chiedere perdono,

ch, assorto nel servizio del Signore,

ho protratto lattesa a questi amici.

Ma, a parte questo, qual il desiderio

di vostra grazia?

BUCKINGHAM -

Lo stesso, e non altro,

spero, quale anche piaccia a Dio lass,

e a tutti gli uomini buoni ed onesti

di questisola priva di governo.([88])

Riccardo -

Non vorrei aver fatto qualche errore

che possa essere apparso offensivo

alla cittadinanza, e voi veniate

a rinfacciarmi la mia ignoranza.

BUCKINGHAM -

Difatti, mio signore: e a quellerrore

speriamo che, su nostra preghiera,

piaccia alla grazia vostra riparare.

RICCARDO -

Perch vivrei, se no, in cristiana terra?

BUCKINGHAM -

Sappiate allora qual il vostro errore:

la persistente vostra riluttanza

ad occupare laltissimo seggio,

laugusto trono, lo scettrato ufficio

che stato dei vostri avi;

la vostra abdicazione al vostro rango

e ad un diritto ch vostro per nascita,

alla gloriosa vostra discendenza

dalla casa reale; e tutto questo

a favore dun ceppo secco e marcio;

mentre nella blandizie

della vostra assopita iniziativa,

che noi qui, per il bene del paese,

siamo appunto venuti a ridestare,

questa nobile isola privata

dei naturali membri del suo corpo,

il volto deturpato dalle stigmate

dellinfamia, il regal ceppo innestato

a ignobili virgulti e quasi spinto

violentemente nel vorace gorgo

del pi profondo e tenebroso oblio.

Per riparare a ci, noi, di gran cuore,

siam qui a sollecitare vostra grazia

di assumer su di s tutto il gravame

e il governo di questa vostra terra,

non gi in veste di mero protettore,

o di amministratore, o di vicario,

o dumile massaro, a lavorare

per il conto e per il vantaggio altrui,

ma in virt del diritto di natali,

che vi deriva per generazioni,

da sangue a sangue, vostro in assoluto.

Perci, in accordo con i cittadini,

vostri devoti ed ossequienti amici,

e per loro pressante incitamento,

io vengo a supplicare vostra grazia

di non negarsi a questa causa giusta.

RICCARDO -

Non so dire se sia pi consentaneo

al mio rango o alla vostra condizione

chio mallontani senza dir parola,

o vi rivolga un severo rimprovero.

Se scegliessi di non darvi risposta,

voi potreste pensare giustamente

che lambizione, rendendomi muto

ed impedendomi di replicare,

cedesse ad accollarsi laureo giogo

della sovranit che, bont vostra,([89])

qui mi volete imporre Daltra parte,

biasimarvi per questa vostra supplica,

cos condita di fedele affetto,

sarebbe rendere male per bene

a degli amici. E questo non lo voglio.

Ad evitare dunque il primo rischio,

ed a scansare, parlando, il secondo,

eccovi la decisa mia risposta.

Il vostro affetto merita senzaltro

il mio ringraziamento;

ma i miei meriti son troppo scarsi

per fare chio minduca ad aderire

alla vostra ambiziosa petizione.

Primo: quandanche fossero rimossi

tutti gli impedimenti e tutta piana

fosse la strada verso la corona,

siccome maturato mio possesso

e diritto spettantemi per nascita,

s grande la mia povert danimo,

e tanti e tanto gravi i miei difetti,

che della mia grandezza farei schermo

per occultarmi alla sovranit

- come un vascello inetto ad affrontare

il mare grosso - anzich agognare

a rimaner nascosto e soffocato

soltanto dai vapori della gloria.

Ma, grazia e Dio, di me non c bisogno;

ch se vi fosse, avrei bisogno io stesso

di troppe cose, poi, per aiutarvi.

La regal pianta del defunto re

ha lasciato al paese un regal frutto

che, portato che sia a maturazione

dal furtivo trascorrere del tempo,

si mostrer certamente ben degno

della maest del trono, ed il suo regno

ci render certamente felici.

Io lascio dunque volentieri a lui

quel che volete consegnare a me,

vale a dire il diritto alla corona

e le sorti della sua buona stella

che Dio non voglia io debba strappargli.

BUCKINGHAM -

Tutto ci testimonia, monsignore,

quale coscienza alberga in vostra grazia;

ma, in fede mia, codesti vostri scrupoli,

a ben vagliar tutte le circostanze,

son senza consistenza e trascurabili.

Voi affermate che il principe Edoardo

bene il figlio di vostro fratello;

noi diciamo lo stesso,

per non della moglie di Edoardo;

ch prima ei si promise a Lady Lucy,([90])

(vostra madre vivente testimone

della promessa); e poi si fidanz

per procura con Bona di Savoia,

la cognata del re di Francia. In seguito,

dopo chebbe scartate queste due,

una misera donna postulante,

con il corpo sfiancato dalle doglie

di molti parti, una bellezza sfatta,

una vedova nelle ristrettezze,

al meriggio dei suoi giorni migliori,

fece preda dei suoi sguardi lascivi

e lo sedusse al punto da ridurlo

ad un vituperevole degrado

e ad una vergognosa bigamia.([91])

Da costei, nel suo talamo illegittimo

egli ebbe questo Edoardo,([92])

che noi per cortesia chiamiamo principe.

Altre e pi amare recriminazioni

potrei fare, non fosse pel rispetto

che sento per certuni ancora in vita

e che impone ritegno alla mia lingua.

Vogliate, dunque, amabile signore,

accogliere con animo benigno

addosso alla regal vostra persona

questofferta di dignit regale:

se non proprio per rendere con essa

felici noi ed il paese tutto,

per trarre il vostro nobile lignaggio

fuor da unet corrotta ed abusata

e riportarlo sul retto cammino

della legittima sua discendenza.

LORD MAYOR -

Accettatelo, amabile signore,

ve lo implorano i vostri cittadini.

BUCKINGHAM -

Non rifiutatevi, possente principe,

a questa nostra profferta damore.

RICCARDO -

Ahim, perch volete caricarmi

di questo peso? Io non son tagliato

per il rango e la dignit di re.

Vi scongiuro, non la prendete a male,

ma non posso n voglio accontentarvi.

BUCKINGHAM -

Se rifiutate perch affetto e zelo

vispirano ripugna a spodestare

quel bimbo, figlio di vostro fratello

- ch conosciamo bene la bont

del vostro cuore, e la gentile, amabile,

quasi femminea vostra tenerezza

verso i vostri parenti, e, in verit,

verso gente dogni altra condizione -,

bene che sappiate, signor Duca,

che, consentiate o no alla nostra istanza,

mai quel figliolo del fratello vostro

regner da sovrano su di noi;

perch noi pianteremo su quel trono

un altro qual che sia, ad ignominia

ed a rovina della vostra casa.

E in tale decisione vi lasciamo.

Andiamo, cittadini, andiamo via!

Per le piaghe di Cristo, io sono stufo

di stare qui pi oltre a supplicare!

(Buckingham, il Lord Mayor e tutti gli altri si avviano per uscire)

RICCARDO -

Non imprecate, signore di Buckingham!

CATESBY -

Richiamateli indietro, dolce principe,

e consentite alla loro richiesta.

Se gliela respingeste, monsignore,

se ne dorrebbe tutta la nazione.

RICCARDO -

Volete dunque sospingermi a forza

entro un mare daffanni? Richiamateli.

Non son fatto di sasso,

io, dopo tutto; sono ben sensibile

a queste vostre garbate insistenze,

se pur contrarie ai miei sentimenti

ed alla mia pi intima coscienza.

Rientrano BUCKINGHAM e gli altri

Cugino Buckingham, e voi, signori,

uomini saggi e gravi,

poich vi vedo s deliberati

a impormi sulla schiena questa sorte,

perchio, volente o no, ne porti il carico,

mi devo rassegnare a sostenerlo.

Ma se da questa vostra imposizione

dovesse uscir la nera maldicenza

e la rampogna dalla grinta amara,

il fatto desserci stato costretto

massolva da ogni macchia o traccia impura

chabbia per avventura a derivarne.

Dio sa - e voi ne siete testimoni

con loccasione - quanto io sia lontano

dal nutrire un siffatto desiderio.

LORD MAYOR -

Dio benedica sempre vostra grazia;

ne siamo testimoni, e lo diremo.

RICCARDO -

E direte la pura verit.

BUCKINGHAM -

Dunque con questo titolo regale

io vi saluto qui: Viva Riccardo,

degno re dInghilterra!

TUTTI -

Cos sia!

BUCKINGHAM -

Domaniallora vi compiacerete

di farvi incoronare?

RICCARDO -

Domanio quando gradirete voi,

dal momento che voi cos volete.

BUCKINGHAM -

Domani allora vi faremo scorta

allincoronazione, vostra grazia;

e cos, con il cuore in esultanza,

da voi ci congediamo.

RICCARDO -

E noi torniamo al nostro sacro offizio.

Addio, cugino. Addio, gentili amici.

(Escono tutti)


ATTO QUARTO

SCENA I - Londra, davanti alla Torre.

Entrano, da una parte, la REGINA ELISABETTA, la DUCHESSA DI YORK,

il MARCHESE DI DORSET; dallaltra ANNA, duchessa di Gloucester,

con la figlioletta di Clarenza.

DUCHESSA -

Oh, guarda chi incontriamo:

la nipotina mia Plantageneta,([93])

condotta per la mano

dalla gentile zia Anna di Gloucester!([94])

Scommetterei che sta andando alla Torre,

spinta dal suo sincero cuoricino,

a recare il saluto al dolce principe.

Bene incontrata, figlia!

ANNA -

Conceda Dio felice e lieto giorno

a entrambe vostre grazie.

ELISABETTA -

E cos a voi,

cara cognata. Dove ve ne andate?

ANNA -

Non pi in l della Torre e, come immagino,

con lo stesso affettuoso vostro intento:

a salutare i due giovani principi.

ELISABETTA -

Grazie, mia cara. Allora entriamo insieme.

Entra BRAKENBURY

Ecco il luogotenente della Torre,

e a buon punto: signor Luogotenente,

di grazia, come stanno i miei figlioli,

il principe con il fratello York?

BRAKENBURY -

Benissimo, signora; ma purtroppo

non posso consentirvi di vederli.

Il re mha dato una consegna ferrea.

ELISABETTA -

Come sarebbe il re c forse un re?

BRAKENBURY -

Volevo intendere il Lord Protettore.

ELISABETTA -

Ah, lui! Che Dio lo scarti da quel titolo!

E che! Vuol forse porre uno steccato

fra lamore dei miei figlioli e me?

Io son la loro madre:

chi mi pu impedire di vederli?

DUCHESSA-

Ed io sono la madre del lor padre:

voglio vederli.

ANNA -

Io son la loro zia,

per legge, la lor madre per affetto;

e dunque conducetemi da loro.

Rispondo io per voi: e a mio rischio

vi dispenso dalla vostra consegna.

BRAKENBURY -

No, signora; non posso liberarmene

cos; vi son tenuto a giuramento.

E pertanto vi chiedo di scusarmi.

(Esce)

Entra STANLEY, conte di Derby

STANLEY -

Chio vi rincontri appena di qui a unora,

dame, e saluter la grazia vostra,

(Indicando la Duchessa di York)

madre ed ammiratrice reverenda

di due belle regine.

(Ad Anna)

Voi, signora,

dovete venir subito a Westminster

per essere col incoronata

regina di Riccardo.

ELISABETTA -

Ahim, che sento!

Slacciatemi, strappatemi i legacci,

che il mio povero cuore abbia pi spazio

per pulsare, perch sta soffocando!

Ah, chio svengo ad un tal ferale annuncio!

ANNA -

Dispettosa notizia! Amaro annuncio!

DORSET -

Madre, coraggio, state di buon animo:

come sta vostra grazia?

ELISABETTA -

Oh, fuggi, Dorset!

Mettiti in salvo! Non star l a guardarmi!

I due mastini, Morte e Distruzione,

ti son gi alle calcagna.

Il nome di tua madre malo auspicio

per i figli. Se vuoi scampar la vita,

figlio mio, va, passa il mare, va da Richmond,

a vivere al riparo dallinferno.([95])

Presto, fuggi da questo scannatoio

se non vuoi far che il numero dei morti

saccresca del tuo nome,

e se non vuoi veder morire me,

la vittima della maledizione

di Margherita, n pi madre ormai,

n moglie, n regina dInghilterra.

STANLEY -

Saggio consiglio e premuroso il vostro,

signora. Dorset, via, sfruttate subito

il vantaggio del tempo, andate via,

non vattardate in indugi imprudenti.

Mander una lettera a mio figlio([96])

perch vi venga incontro sulla strada

e vi dia ogni appoggio.

DUCHESSA -

Oh, mefitico vento di sciagura!

Grembo mio maledetto,

culla di morte! Hai portato al mondo

un basilisco, che con il suo sguardo

uccide chi gli cpita sottocchio.

STANLEY -

(Ad Anna)

Signora, andiamo, venite con me.

Son qui stato spedito di gran fretta.

ANNA -

Verr con voi, ma assai di malavoglia.

E Dio volesse che quel cerchio doro

che cinger fra poco la mia fronte

fosse acciaio rovente

da bruciarmi il cervello; chio sia unta

con veleno mortale, da morire

prima che gli uomini possan gridare:

Dio salvi la regina.

ELISABETTA -

Va, va, povera anima,

non invidio davvero la tua gloria.

Ma non tauguro male,

a nutrire con questo la mia collera.([97])

ANNA -

Non minvidii, lo so; e so il perch.

Quando colui ch ora mio marito

venne da me, che seguivo in gramaglie

il feretro dEnrico,

e sera appena lavato le mani

del sangue di quellangelo

di mio marito e di quel caro santo

chio seguivo piangendo in quel momento,

quando, dico, levai gli occhi a Riccardo,

questo augurio gli feci: Maledetto

sii tu - dissi - daver fatto di me,

cos giovane, una s vecchia vedova;

e se ti sposerai, non abbandoni

il dolore il tuo letto, e sia tua moglie

- se mai vi sar donna tanto folle

da maritarsi ad uno come te -

resa pi misera dalla tua vita

di quanto misera hai reso me

con la morte del mio sposo adorato!

Dio mio, Signore! Ed ecco, in un momento,

prima che maccingessi a reiterargli

la mia maledizione, stoltamente

il mio cuore di donna fu impigliato

nella dolcezza delle sue parole

e divenne esso stesso, allimprovviso,

loggetto della mia maledizione;

che da allora ha tenuto gli occhi miei

senza riposo, perch nel suo letto

non ho ancora, nemmeno per unora,

goduto laurea rugiada del sonno,

destata come sono di continuo

dai suoi sogni paurosi.

Egli mi odia, inoltre, per mio padre,

Warwick,([98]) e son sicura

che si sbarazzer di me al pi presto.

ELISABETTA -

Addio, povero cuore.

Ho piet delle tue tribolazioni.

ANNA -

Non quanta nabbia io di quelle vostre.

DORSET -

Addio, tu che con lanima in gramaglie

ti prepari a ricevere la gloria.

ANNA -

Addio, povera anima,

che dalla gloria invece ti congedi.

DUCHESSA -

Tu, Dorset, va da Richmond,

e ti sia guida la buona fortuna;

tu, Anna, da Riccardo,

e ti siano custodi angeli buoni;

tu, Elisabetta, vattene al santuario,

e ti accompagnino santi pensieri.

Io vado l dove pace e riposo

si giacciono con me: nella mia tomba.

Ho vissuto ottantanni di sventure

ed ogni ora di gioia m costata

sette giorni di pianto.

ELISABETTA -

Aspettate: volgiamo ancora insieme

uno sguardo alla Torre O pietre antiche,

piet di quei due teneri fanciulli

che lumana perfidia ha rinserrato

dentro le vostre mura, rude culla

per quelle piccole dolci creature,

rozza nutrice, squallida, decrepita,

cupa e tetra compagna ai loro giochi!

Pietre, trattate bene i miei bambini!

Questo laddio del mio pazzo dolore.

(Escono)

SCENA II - Londra, la sala del trono al palazzo reale.

Trombe.([99]) Entrano RICCARDO, in pompa magna, con in testa la corona; BUCKINGHAM, CATESBY, RATCLIFF, LOVELL, un PAGGIO e altri del seguito.

RICCARDO -

Fatemi largo. Cugino di Buckingham!

BUCKINGHAM -

Miograzioso sovrano

RICCARDO -

La tua mano.

(Buckingham gli d la destra e lo accompagna al trono)

(Squillo di tromba)

(I due restano a parlare da soli)

A questa altezza siede re Riccardo

per tuo consiglio e con il tuo ausilio.

Ma dovremo portarle, queste glorie,

per un giorno, o saranno per durare

nel tempo, e noi potremo rallegrarcene?

BUCKINGHAM -

Vivanosempre, e durino perenni!

RICCARDO -

Ah, Buckingham, mi faccio ora con te

pietra di paragone, per saggiare

se tu sei veramente doro schietto.

Il giovinetto Edoardo ancora vivo

Tu capisci che cosa voglio dire.

BUCKINGHAM -

Continuate, amato mio signore.

RICCARDO -

Diamine, Buckingham, intendo dire

che vorrei esser re.

BUCKINGHAM -

Ma voi lo siete,

mio tre volte degnissimo sovrano!

RICCARDO -

Ah, s? cos ma Edoardo vivo.

BUCKINGHAM -

Vero, nobile principe.

RICCARDO -

Amara conclusione, questa tua,

che Edoardo sia vivo

Vero, nobile principe Cugino,

un tempo tu non eri cos ottuso.

Debbo essere chiaro?

Li voglio morti, questi due bastardi!

E che sia fatto subito!

Che dici adesso? Rispondi e sii breve.

BUCKINGHAM -

Vostra grazia pu fare ci che vuole.

RICCARDO -

Va, va, mi pare che sei tutto ghiaccio!

La parentela ti si congelata.

Di, sei daccordo che devon morire?

BUCKINGHAM -

Datemi un po di respiro, una pausa,

mio buon signore, avanti che su ci

possa parlare positivamente.

Vi dar subito una risposta.

(Esce)

CATESBY -

(Agli altri nobili)

Il re in preda allira;

guardate come si morde le labbra.

RICCARDO -

Voglio avere a che fare, dora innanzi

solo con imbecilli teste dure

o con giovanottelli senza scrupoli:

non mi piacciono quelli che mi scrutano

come volessero leggermi dentro.

Si fa guardingo lambizioso Buckingham

(Al Paggio, a parte)

Ragazzo!

PAGGIO -

Mio signore?

RICCARDO -

Conosci tu qualcuno

che loro corruttore possa indurre

a una segreta faccenda di morte?

PAGGIO -

Conosco un gentiluomo

scontento perch i suoi modesti mezzi

non saccordano colle sue pretese:

loro per lui sarebbe un argomento

pi convincente di venti avvocati,

senza dubbio capace di tentarlo

a compiere qualunque malefatta.

RICCARDO -

Come si chiama?

PAGGIO -

Tyrrell, mio signore.

RICCARDO -

Mi pare di conoscerlo:

vallo a chiamare, e mandalo da me.

(Esce il paggio)

Quel Buckingham che rumina pensieri

e fa il furbo con me,

non sar pi da oggi il confidente

dei miei pensieri. Con me ha retto il passo

per tanto tempo, senza mai stancarsi,

ed ora, ecco, si ferma a prender fiato

Ebbene, cos ho detto e cos sia!

Entra STANLEY

Ebbene allora, Lord Stanley, che nuove?

STANLEY -

Sappiate, dunque, amato mio signore,

che il marchese di Dorset, come ho udito,

se n fuggito a raggiungere Richmond,

dove questi si trova.

RICCARDO -

Catesby, senti: spargimi la voce

che mia moglie malata, molto grave;

io dar lordine a chi dico io

che sia tenuta strettamente al chiuso.

Rintracciami un qualche nobiluomo

di mezza tacca, oscuro, squattrinato,

al quale potrei dar subito in moglie

la figliola del Duca di Clarenza.([100])

Quanto al maschio, un autentico cretino,

e non mi mette il minimo pensiero.

Ma non star l a guardarmi a bocca aperta!

Sveglia! Ripeto: va, spargi la voce

in giro che la mia regina, Anna,

malata, in pericolo di vita.

Datti daffare, ch mi preme assai

soffocare sul nascere speranze,

che se vengono poi alimentate,

potrebbero riuscirmi perniciose.

(Esce Catesby)

necessario chio mi prenda in moglie

la figlia di Edoardo, mio fratello;

altrimenti il mio regno pogger

sopra un fragile vetro

Uccidere i fratelli, e poi sposarla

via di malsicura riuscita,

ma sono ormai tanto avanti nel sangue,

che un delitto ne chiama dietro un altro.

Ormai negli occhi miei non ha pi stanza

la piet lacrimosa.

Entra TYRRELL

Sei tu, Tyrrell?

TYRRELL -

Son io: Giacomo Tyrrell,

obbedientissimo suddito vostro.

RICCARDO -

Obbedientissimo Lo sei davvero?

TYRRELL -

Vostra Grazia pu mettermi alla prova.

RICCARDO -

Avresti tu tanto fegato in corpo

da uccidermi un amico?

TYRRELL -

A vostro grado;

meglio per sarebbe due nemici.

RICCARDO -

Bene, allora ci sei: son due nemici

quelli di cui vorrei che toccupassi,

che non dnno pi tregua alla mia pace,

disturbatori dei miei dolci sonni,

Tyrrell; intendo dire i due bastardi

che si trovan rinchiusi nella Torre.

TYRRELL -

Apritemi la strada per raggiungerli,

e vi liberer dal loro incubo.

RICCARDO -

Tu mi canti una musica dolcissima.

Tyrrell, ascolta, fatti pi vicino;

Va l con questo: il mio lasciapassare.([101])

Alzati([102]) e dammi orecchio.

(Tyrrell si alza e Riccardo gli sussurra qualcosa) allorecchio)

Nullaltro.([103]) Dimmi solo: stato fatto,

e io ti vorr bene in sempiterno,

e ti ricoprir di benefici.

TYRRELL -

Sbrigher la faccenda in poco tempo.

(Esce)

Rientra BUCKINGHAM

BUCKINGHAM -

Mio signore, ho considerato a fondo

la richiesta su cui mavete dianzi

voluto scandagliare.

RICCARDO

Ah, non importa,

lasciamola pur l. Dorset, piuttosto:

ha preso il largo, fuggito da Richmond.

BUCKINGHAM -

Lho saputo, signore.

RICCARDO -

Stanley, Richmond

figlio di tua moglie Stacci attento

BUCKINGHAM -

Monsignore, mi par giunto il momento

di reclamarvi quella concessione

che m dovuta per una promessa

sulla quale impegnaste il vostro onore:

intendo, sire, la contea di Hereford

coi beni mobili da voi promessimi.

RICCARDO -

(Senza badargli, e sempre rivolto a Stanley)

tieni docchio tua moglie,

se dovesse mandar messaggi a Richmond,

me ne risponderai tu di persona.

BUCKINGHAM -

Che dice vostra altezza

riguardo a questa mia giusta richiesta?

RICCARDO -

(Sempre senza badargli, rivolto a Stanley)

Enrico Sesto, a quanto mi ricordo,

profetizz che Richmond

sarebbe stato re, quandegli, Richmond,

era ancora un monello impertinente.

Sarebbe stato re Forse chiss

BUCKINGHAM -

Signore

RICCARDO -

(c.s.)

Come mai quel preveggente

non seppe presagire al tempo stesso,

me presente, che io lavrei ucciso?

BUCKINGHAM -

La promessa della contea, signore

RICCARDO -

Richmond! Recentemente fui ad Exeter,

ed il suo sindaco cortesemente

mi volle far vedere quel castello

e lo indic col nome di Rougemont;([104])

ad udire il qual nome ebbi un sussulto,

perch un bardo dIrlanda un certo giorno

mi predisse che non sarei vissuto

per molto tempo ancora,

dopo che avessi visto Rougemont.

BUCKINGHAM -

Signore

RICCARDO -

Buckingham, che ore sono?

BUCKINGHAM -

ardisco ricordare a vostra grazia

la promessa

RICCARDO -

S, s, ma che ore sono.

BUCKINGHAM -

Stanno quasi per battere le dieci.

RICCARDO -

Bene, lasciale battere.

buckingham -

Perch lasciale battere, signore?

RICCARDO -

Perch come lautoma duna pendola

tu sei l che continui a battere

tra il postulare come un accattone

e il mio almanaccare per mio conto.

Oggi non sono in vena di regali!

buckingham -

Compiacetevi almeno

di dire s o no alla mia richiesta.

RICCARDO -

Non sono in vena. Non seccarmi pi!

(Esce seguto da tutti, meno Buckingham)

buckingham -

Ah, cos lui compensa i miei servigi?

Con quel fare sprezzante ed offensivo?

Per questo, dunque, lavrei fatto re?

Ahim, pensiamo a quel ch capitato

ad Hastings, ed andiamo a rifugiarci

a Brecon,([105]) finch resta sulle spalle

questa mia testa ormai pericolante!

(Esce)

SCENA III - Altra stanza del palazzo

Entra TYRRELL

TYRRELL -

La pi cruenta impresa, la pi infame,

il pi spietato, il pi empio massacro

che il mondo abbia mai visto, consumato!

Perfino quei cagnacci sanguinari

di Dighton e Farrest, due spietati,

cinici ed incalliti delinquenti,

che col denaro avevo subornato

a questa barbara carneficina

lacrimavano come due mocciosi,

sopraffatti da tenera piet,

a raccontarmi tanta efferatezza.

Oh - mi fa Dighton - quelle due creature

dormivano cos. Cos, cos -

fa Forrest - abbracciati luno allaltro

con quelle loro braccine innocenti,

color dellalabastro.

Le loro labbra, quattro rose rosse

su di un unico stelo, e si baciavano

nel bel rigoglio della loro estate.

Sul lor guanciale un libro di preghiere,

che per un attimo - prosegue Forrest -

stava quasi per farmi mutar danimo

Ma oh, il diavolo! E cos dicendo,

sinterruppe, lo scellerato. E Dighton:

Abbiamo soffocato nella morte

il pi dolce prodotto, il pi perfetto

che la Natura abbia mai modellato

dal primo giorno della Creazione!

E con questo, senza pi altro dire

si sono allontanati,

con la coscienza rosa dal rimorso;

e cos io li ho lasciati,

per venire a recarne la notizia

a questo re sanguinario Ma eccolo.

Entra RICCARDO

Salute al mio signore.

RICCARDO -

Caro Tyrrell!

Qual felice notizia tu mi porti?

TYRRELL -

Se laver fatto quanto mordinaste

vi pu fare felice, ebbene siatelo,

perch fatto.

RICCARDO -

Ma li vedesti morti?

TYRRELL -

S, signore.

RICCARDO -

E sepolti?

TYRRELL -

Ad interrarli

provvide il cappellano della Torre;

come ed in quale luogo, non lo so.([106])

RICCARDO -

Passa da me subito dopo cena.([107])

Voglio sapere nei particolari

come son morti. Pensa, nel frattempo,

al modo come posso compensarti,

e conta di ottenere quel che chiedi.

Va ora.

TYRRELL -

Prendo umilmente congedo.

(Esce)

RICCARDO -

Il maschio di Clarenza lho rinchiuso

sotto stretta custodia; la sua femmina

lho sposata a un oscuro gentiluomo;

i due figli di Edoardo ora riposano

nel gran grembo dAbramo; Anna, mia moglie,

ha detto buona notte a questo mondo.

Adesso, poich sono a conoscenza

che il bretone Richmnd ha messo locchio

su Elisabetta, la giovane figlia

di mio fratello Edoardo,([108]) e con quel nodo

mira spavaldamente alla corona,

vado da lei fare la mia parte

di prosperoso ed allegro aspirante.

Entra RATCLIFF, di corsa

RATCLIFF -

Mio signore

RICCARDO -

Che irrompi a questo modo?

Buone o male notizie?

RATCLIFF -

Male, signore: Morton fuggito

a raggiungere Richmond, e Buckingham,

spalleggiato dai validi gallesi,

in campo, e va ingrossando le sue forze.

RICCARDO -

Ely con Richmond mintriga di pi

che Buckingham con tutte le sue forze

racimolate in tutta fretta e furia.

Non ci perdiamo in chiacchiere:

ho imparato che il trepido commento

servo inerte al torpido indugiare;

e lindugiare porta allimpotenza

ed a muoversi a passo di lumaca.

Sia dunque la bruciante speditezza

ala al mio volo, Mercurio di Giove,

e araldo per un re.

Vammi durgenza ad arruolare uomini.

Il mio scudo di guerra questo avviso:

essere pi fulminei possibile,

quando in campo ci sono traditori.

(Escono)

SCENA IV - Londra, davanti al palazzo reale.

Entra la vecchia REGINA MARGHERITA

MARGHERITA -

Ecco che adesso la loro fortuna

comincia a rinfrollirsi ed a disfarsi

nelle putride fauci della morte.

Son rimasta nascosta

accortamente entro questi paraggi,

per assistere al dissolvimento

di quelli che son stati i miei nemici.

Ho assistito ad un prologo feroce.

Ora torner in Francia,

sperando che lo svolgersi del dramma,

non sia meno crudele, fosco e tragico.

Entrano la DUCHESSA DI YORK

e la REGINA ELISABETTA

Chi viene? Sventurata Margherita,

ritirati di nuovo!

(Si fa da parte)

ELISABETTA -

Ah, miei poveri principi!

Mie tenere creature!

Miei fiorellini non ancor sbocciati!

Mie dolcezze in germoglio!

Se ancora le vostre anime gentili

aleggiano nellaria, non fissate

dal giudizio di Dio in lor dimora,

fluttuate con le vostre ali daria

intorno a me, ascoltate il lamento

di questa vostra disperata madre!

MARGHERITA -

(A parte)

S, aleggiatele intorno,

per dirle che, giustizia per giustizia,

giustizia anche quella

che ha offuscato in decrepita notte

il bel mattino della vostra infanzia.

DUCHESSA -

Tante sventure mhan rotto e infiochito

la voce; e la mia lingua,

esausta dal dolore, inerte e muta.

Edoardo Plantageneto, ahim,

perch sei morto? Perch thanno ucciso?

MARGHERITA -

(c.s.)

Plantageneto per Plantageneto:

Edoardo paga un debito di morte

per un altro Edoardo.

DUCHESSA -

Come hai potuto, Dio Onnipotente,

involarti da s teneri agnelli,

per sbalestrarli nel ventre del lupo?

Dormivi forse, tu,

quando si consumava quello scempio?

MARGHERITA -

(c.s.)

Come quando mor il mio santo Enrico

ed il mio dolce figlio.([109])

DUCHESSA -

Vita morta chio sono, vista cieca,

povero spettro mortale vivente,

spettacolo di lutto, onta del mondo,

diritto della tomba

dalla vita usurpato, breve sunto

e testimonio di giorni dolenti,

(Si siede per terra)([110])

chio racqueti la mia inquietudine

sul leal suolo inglese, slealmente

ubriacato con sangue innocente.

ELISABETTA -

Ah, potessi tu, terra,

apprestarmi qui subito una tomba,

come mappresti un seggio di tristezza!

Potessi l nasconder le mie ossa,

senza doverle riposare qui!

(Si siede anchessa per terra)

Chi ha cagione di lutto pi di me!

MARGHERITA -

(Uscendo e facendosi avanti)

Se pi antico dolore

pi degno di venerazione,

riconoscete al mio il beneficio

della priorit, e alle mie pene

il primo posto nellindignazione.

E se il dolore ammette compagnia,

rifate il conto delle vostre pene

e poi paragonatele alle mie:

io avevo un Edoardo

fino a quando un Riccardo non lha ucciso;

io avevo un marito,

fino a quando Riccardo non lha ucciso;

(A Elisabetta)

tu avevi un Edoardo,

fino a quando Riccardo non lha ucciso;

tu avevi un Riccardo

fino a quando Riccardo non lha ucciso.

DUCHESSA -

Avevo anchio un Riccardo;

e tu me lhai ucciso; avevo un Rutland,

anche, e tu hai concorso a farlo uccidere.

MARGHERITA -

Tu avevi un Clarenza,

e Riccardo lha ucciso.

Tu, dal canile della tua matrice,

hai partorito un segugio infernale

che d caccia mortale a tutti noi.

Tu, quel cane che prima daver occhi

ebbe denti per azzannare a morte

teneri agnelli e berne il dolce sangue;

quel turpe insulto allopera di Dio;

quel supremo tiranno della terra

che regna in mezzo ad occhi tumefatti

danime in pianto, tu lhai sguinzagliato

dal tuo grembo perch ci desse caccia

fino alla tomba tutti. Dio Signore,

retto, giusto ed esatto dispensiere,

oh, come ti ringrazia Margherita

che codesto carnivoro cagnaccio

si sia dato a sbranare anche la prole

partorita dal ventre di sua madre

e faccia s che saccompagni a noi

sopra uno stesso banco di lamenti!

DUCHESSA -

Non esultare delle mie sventure,

moglie dEnrico; Dio m testimone

di quanto ho lagrimato per le tue.

MARGHERITA -

Compatiscimi, ho fame di vendetta,

ed ora me ne sazio a contemplarla

messa in atto. Il tuo Edoardo morto,

che uccise il mio Edoardo; laltro Edoardo,

morto per ripagare il mio Edoardo;

il giovinetto York solo un peso

aggiunto alla bilancia

a compensare il pi alto valore

da me perduto. Il tuo Clarenza morto,

che uccise il mio Edoardo, pugnalandolo;

e tutti che di quel folle spettacolo

furono spettatori: Vaughan, Grey,

Rivers e quelladultero di Hastings,([111])

tutti precocemente soffocati

nelle lor tombe. Ancor vivo Riccardo,

tenebroso sensale dellinferno,

risparmiato per fare incetta danime

e spedirle laggi; ma la sua fine

seguir molto presto, lacrimosa

e illacrimata. Si squarci la terra,

vada a fuoco linferno, urlino i diavoli,

preghino i santi affinch quel demonio

sia trascinato via di qui al pi presto!

Annulla, Dio, ti prego, quanto prima

il buono di sua vita,([112])

perchio possa esclamare, ancora viva,

morto quel cagnaccio!

ELISABETTA -

Ohim, tu ben me lo preconizzasti

che sarebbe venuto per me il giorno

in cui tavrei chiamata a unirti a me

nel maledire insieme questo ragno,

questo immondo cagnaccio tumefatto,

questo gibboso, ributtante rospo!

MARGHERITA -

Io ti chiamai allora vuota immagine

della grandezza mia; misera ombra,

io ti chiamai, regina dipinta,

brutta copia di quel chio ero stata;

prologo lusinghiero

duno spettacolo terrificante;

issata in alto per cader pi in basso;

madre da burla di due bei bambini;

rutilante vessillo, destinato

a bersaglio dogni esiziale colpo;

simulacro regale, fiato, bolla;

regina da burletta, destinata

solo a riempitivo della scena.

Dov pi tuo marito?

Dove i fratelli tuoi, i tuoi due figli?

Che ti rimane pi di cui gioire?

Chi pi sinchina supplice ai tuoi piedi

esclamando: Dio salvi la regina?

Dove son pi gli inchini adulatori

dei Pari; dove son le moltitudini

che saccalcavano a farti seguito?

Ripensa a tutto questo

e poi rifletti a quel che sei ridotta:

da una moglie felice

a una vedova affranta dal dolore;

da una madre beata desser madre

ad una che ne maledice il nome;

da una adusa a ricevere suppliche

ad una che ora supplica umilmente;

da regina ad autentico relitto,

coronato di triboli e daffanni;

da una che di me si fece scherno

ad una ch schernita ora da me;

da una chera temuta da tutti

ed ora vive temendo uno solo;

da una adusa a comandare a tutti,

ad una da nessuno pi obbedita.

Cos ha virato il corso la Giustizia

e tha ridotto a una misera spoglia

preda del tempo, senza pi con te

che il ricordo di quello che sei stata,

per tuo maggior tormento,

ora che sei ridotta a quel che sei.

Usurpasti il mio posto,

ed giusto che usurpi ora una parte

della mia afflizione;

ed giusto che il tuo collo orgoglioso

ora sopporti per met con me

il mio pesante giogo, mentre io

ne ritiro da sotto il capo stanco

per lasciarne sul tuo lintero peso.

Addio, moglie di York,

e regina di triste malasorte!

Sorrider, una volta giunta in Francia,

a ripensare alle sventure inglesi.

ELISABETTA -

Ah, tu, maestra di maledizioni,

rimani un poco e dimmi come fare,

ti prego, a maledire i miei nemici.

MARGHERITA -

Imponiti di rinunciare al sonno

la notte, e al cibo il giorno;

confronta la felicit tua morta

col tuo dolore vivo;

pensa ai tuoi bimbi come a due creature

pi tenere di quello che son state,

e a chi li uccise come a un assassino

pi nefando di quanto egli gi sia:

col pensare migliore la tua perdita,

tanto peggiore penserai l autore.

Tutto questo rimuginando in mente,

avrai imparato come maledire.

ELISABETTA -

Ma le parole mie son molli e fievoli;

rendimele pi forti con le tue.

MARGHERITA -

Saranno sufficienti le tue pene

a renderle taglienti e penetranti.

(Esce)

DUCHESSA -

Perch poi la sventura

devesser cos piena di parole?

ELISABETTA -

Avvocati ventosi degli affanni

dei lor clienti, ariosi legatari

di gioie non iscritte in testamenti,

ansimanti oratori di miserie,

le parole: lasciatele sfogare;

anche se ci che vanno perorando

non serve ad altro, pu servire almeno

ad alleviare il cuore.

DUCHESSA -

Se cos,

non tener dunque la lingua legata;

vieni con me, e insieme soffochiamo

col soffio di amarissime parole

quello stramaledetto figlio mio

che ha soffocato i dolci tuoi bambini.

(Tromba allinterno)

lui. Non lesinargli le invettive.

Entrano RE RICCARDO, CATESBY, altri, marciando, con vessilli e tamburi. Le due donne gli si fanno incontro.

RICCARDO -

Chiintercetta la strada alla mia marcia?

DUCHESSA -

Chi, sciagurato? Oh, guardami: colei

che avrebbe ben potuto intercettarti,

strozzandoti nel suo dannato grembo,

dal consumare tutti gli assassinii

di cui ti sei macchiato!

ELISABETTA -

Credi tu forse di poter nascondere

con la corona doro quella fronte

su cui, se la giustizia fosse giusta,

dovrebbessere impresso lassassinio

di chi quella corona possedeva

da sovrano, e la morte scellerata

dei miei figli e fratelli?

DUCHESSA -

Rospo Rospo!

Dov Giorgio Clarenza, tuo fratello?

Dove sono i suoi figli? Su, rispondi!

ELISABETTA -

E dove sono Rivers, Vaughan, Grey?

DUCHESSA -

Ed il nobile Hastings! Dov Hastings?

RICCARDO -

Squillate, trombe! Rullate tamburi,

s che i cieli non abbiano ad udire

queste ciarliere femmine

urlare insulti allUnto del Signore!

Suonate, ho detto. Avanti, che aspettate?

(Squilli di tromba e rullo di tamburi)

Ora voi state calme,

e mi trattate come si conviene,

o annegher le vostre imprecazioni

sotto pi sordi clamori di guerra.

DUCHESSA -

Sei tu mio figlio?

RICCARDO -

Che domanda, madre!

E ne ringrazio Dio, mio padre e voi.

DUCHESSA -

Allora devi ascoltar con pazienza

ci che ti dice qui la mia impazienza.

RICCARDO -

Signora, ho tratto da voi questo vizio:

che non sopporto accento di rimprovero.

DUCHESSA -

Oh, lasciami parlare.

RICCARDO -

Parlate pure, ma io non vi ascolto.

DUCHESSA -

Dir parole miti e misurate.

RICCARDO -

E brevi, buona madre, perch ho fretta.

DUCHESSA -

Hai proprio tanta fretta?

Io tho aspettato Dio sa quanto tempo,

in tormento ed angoscia.

RICCARDO -

Ed alla fine,

non son venuto a recarvi conforto?

DUCHESSA -

No, per la Croce Santa, e lo sai bene!

Tu sei venuto al mondo

per far di questo mondo il mio inferno.

Grave e dura per me fu la tua nascita;

iraconda e proterva la tua infanzia;

terribili, selvaggi, furibondi

i tuoi anni di scuola; scapestrata

la prima giovinezza: insidiosa,

scaltrita, sanguinaria, burbanzesca;

pi tranquilla, ma solo in apparenza,

perch ammantata dodio sorridente

e perci stesso ancora pi nefasta,

la tua et matura.

Puoi menzionare unora di sollievo

che mabbia dato la tua compagnia?

RICCARDO -

Nessuna, no, salvo quellora dHumphrey,

che vi chiam a rompere il digiuno

senza la mia presenza.([113])

Ma se son cos in odio agli occhi vostri,

fatemi proseguire la mia marcia

senza attardarmi qui ad irritarvi.

Tamburi!

DUCHESSA -

Aspetta, no, fammi finire!

RICCARDO -

Parlate troppo amaro.

DUCHESSA -

Una parola

lultima. Non ce ne diremo pi.

RICCARDO -

E sia, parlate.

DUCHESSA -

O sarai tu a morire

per giusto e santo decreto di Dio

prima di ritornare vittorioso

da questa spedizione; o sar io,

carica danni e di tribolazioni,

a non poter veder pi la tua faccia.

Voglio perci che tu ti porti dietro

la pi pesante mia maledizione,

s chessa possa il d della battaglia

gravarti addosso pi dellarmatura.

Le mie preghiere scenderanno in campo

a combattere a fianco ai tuoi nemici,

e lanime dei piccoli dEdoardo

aliteranno l, a sussurrare

promesse di successo e di vittoria

ai tuoi nemici. Sanguinario sei,

e sanguinosa sar la tua fine.

Linfamia che ti fu ministra in vita

ti sar pur compagna nella morte.

(Esce)

ELISABETTA -

Ed io, per ben pi valide ragioni,

se pur con meno forza e veemenza,

dico Amen alla sua maledizione.

(Fa per andarsene, ma Riccardo la ferma)

RICCARDO -

Fermatevi, signora,

debbo parlarvi.

ELISABETTA -

Parlarmi di che?

Non ho pi figli di sangue reale

che tu possa scannare; e le mie figlie,

Riccardo, si faran monache oranti,

non regine piangenti;

non mirare perci alle lor vite.([114])

RICCARDO -

Voi avete una figlia, Elisabetta,

virtuosa e bella, regale e graziosa.

ELISABETTA -

E deve ella morir per questo? Ah no,

lasciatemela vivere, Riccardo;

ed io corromper i suoi costumi,

imbratter la sua verde bellezza,

getter su me stessa la calunnia

daver tradito il letto di Edoardo,

la coprir col velo dellinfamia;

e dir in giro, purch possa vivere

in salvo dal cruento tuo pugnale,

che essa non figlia di Edoardo.

RICCARDO -

Non fare tale offesa ai suoi natali:

principessa di sangue reale.

ELISABETTA -

Ed io dir, per salvarle la vita,

che non lo .

RICCARDO -

Ma sono i suoi natali

la miglior garanzia della sua vita.

ELISABETTA -

S, quella stessa per cui sono morti

i suoi fratelli.

RICCARDO -

Quelli ebbero avverse

alla lor nascita infauste stelle.

ELISABETTA -

No, ebbero avverse alle lor vite

infami parentele.

RICCARDO -

Il volere del fato ineluttabile.

ELISABETTA -

S, quando a fare il volere del fato

il ripudio della divina grazia.

A ben pi degna morte

erano destinati i miei bambini,

se la Grazia tavesse benedetto

con lelargire a te pi degna vita.

RICCARDO -

Parli come se fossi stato io

a uccidere i nipoti.

ELISABETTA -

S, nipoti!([115])

E dallo zio di tutto rapinati:

regno, famiglia, libert e vita.

Di chiunque sia stata quella mano

che ha trafitto quei cuori di fanciulli,

fu la tua mente a guidarla in segreto;

ch senza dubbio il pugnale omicida

si fece prima la punta ed il filo

sopra la pietra dura del tuo cuore

per essere affondato nelle viscere

dei miei due agnellini.([116])

Se la continua morsa del dolore

non ne ammansisse il selvaggio furore,

questa mia lingua non saprebbe fare

ora al tuo orecchio il nome dei miei figli

senza chio ancorassi le mie unghie

al cavo dei tuoi occhi,

e, simile ad un barco alla deriva

rimasto senza vele n cordame

in questa squallida baia di morte,

andassi a fracassarmi disperata

incontro alla scogliera del tuo petto.

RICCARDO -

Signora, possa io aver successo

in questimpresa e nel rischioso esito

di questa sanguinosa spedizione,

com vero ch mia buona intenzione

ora di far del bene a voi e ai vostri

pi del male che vho fatto in passato.

ELISABETTA -

Quale bene pu esistere,

coperto sotto la faccia del cielo,

che, una volta scoperto,

si possa rivelare per me un bene?

RICCARDO -

Lelevazione della vostra prole,

nobile dama.

ELISABETTA -

S, sopra un patibolo,

per perdervi la testa!

RICCARDO -

No, allaltezza

di dignit regale e di fortuna,

ai fastigi imperiali della gloria

su questa terra.

ELISABETTA -

Con questo tuo dire

tu vuoi sol lusingare il mio dolore.

Ma quale stato, quale dignit,

quale onore, puoi trasferire tu

ad uno dei miei figli?

RICCARDO -

Tutto ci che posseggo s, me stesso

e tutto io mi sento di donare

ad uno dei tuoi figli

s che tu possa in tal modo annegare

nel Lete del tuo animo adirato([117])

la triste rimembranza delle offese

che supponi che io tabbia arrecato.

ELISABETTA -

Di presto, allora, avanti;

che codesto tuo sprazzo di bont

non abbia a durar meno

dellattimo che impieghi a dargli voce.

RICCARDO -

Ebbene sappi chio amo tua figlia

con tutta lanima.

ELISABETTA -

E con tutta lanima

la madre di mia figlia pronta a crederlo.

RICCARDO -

Che vuoi dire?

ELISABETTA -

Che tu ami mia figlia

con tutta lanima, come hai amato

con tutta lanima i suoi fratelli,

ed io con tutta lanima

ti ringrazio.

RICCARDO -

Non affrettarti troppo

a prender per traverso le parole;

intendo dire questo:

amo con tutta lanima tua figlia

Elisabetta, e intendo far di lei

la regina del regno dInghilterra.

ELISABETTA -

Bene, e chi intendi che sar il suo re?

RICCARDO -

Lo stesso che lavr fatta regina.

Chi altri dovrebbe essere?

ELISABETTA -

Che! Tu?

RICCARDO -

Precisamente. Perch, che ne pensi?

ELISABETTA -

E in che modo vorresti corteggiarla?

RICCARDO -

quello che vorrei saper da te

come da quella che meglio di tutti

conosce il suo carattere.

ELISABETTA -

Da me?

RICCARDO -

Da te, signora, s, con tutto il cuore.

ELISABETTA -

Mandale allora, per lo stesso uomo

che le ha trucidato i due fratelli

una coppia di cuori insanguinati

con sopra incisi i nomi Edoardo e York.

E poich forse lei scoppier in lagrime,

mandale un fazzoletto - come quello

che mand a suo padre Margherita

tutto intriso del sangue del suo Rutland -

e dille che lo stesso fazzoletto

che servito per asciugare il sangue

sul capo del suo dolce fratellino,

e invitala a servirsene anche lei

per tergersi le lacrime dal viso.

Se tutti questi stimoli amorosi

non riusciranno a farla innamorare,

falle avere un bel resoconto scritto

di tutte le tue meritorie gesta:

narrale, per esempio, come hai fatto

a sbarazzarti di suo zio Clarenza,

di suo zio Rivers s, e a liquidare

per amor suo la cara zia Anna.

RICCARDO -

Ti fai gioco di me, signora; questa

non la via per conquistar tua figlia.

ELISABETTA -

Unaltra non ce n; salvo che tu

non possa reincarnarti in altra forma,

s da non essere pi quel Riccardo

autore di quel cumulo di crimini.

RICCARDO -

Diciamo che lho fatto, tutto questo,

per amore di lei.

ELISABETTA -

Peggio che mai!

Ch allora non potrebbe altro che odiarti

per aver tu sprecato tanto sangue

per comprarti il suo cuore.

RICCARDO -

Insomma, senti:

quello che fatto fatto, e capo ha.

Talvolta gli uomini maldestramente

compiono cose delle quali, in seguito,

hanno agio di pentirsi e ravvedersi.

Se ho sottratto il regno ai tuoi figlioli,

lo render, come ammenda, a tua figlia;

se ho depredato i frutti del tuo grembo,

generer in compenso, da tua figlia,

per dare vita alla tua discendenza,

creature del tuo sangue.

Nonna nome, per peso daffezione,

non inferiore al titolo adorante

di madre; e saran come figli tuoi,

solo un grado pi gi, ma stesso sangue,

stessa tempra del vostro,

tutti usciti da un unico travaglio,

eccettuata la notte di doglie

chella dovr soffrire a partorirli,

e che tu stessa soffristi per lei.

Se i figli tuoi sono stati il tormento

della tua giovinezza, quelli miei

saranno il gaudio della tua vecchiaia.

Se la tua perdita non che un figlio

votato ad esser re, per quella perdita

una tua figlia si far regina.

Non posso offrirti la riparazione

che pure avrei voluto; accetta dunque

i benefici che pu offrirti questa.

Tuo figlio Dorset che, col cuore in pena,

calca con passo inquieto estranio suolo,

potr, per questa fausta nostra unione,

tornare in patria ed anche ricoprirvi

cariche alte e di grande prestigio.

Il re che chiama col nome di moglie

la tua leggiadra figlia,

chiamer con il nome di fratello

il tuo Dorst; e tu sarai pur sempre

la madre dun sovrano dInghilterra,

e ti saranno tutte restaurate,

da questa doppia ondata di letizia,

le rovine dei giorni procellosi.

Oh, ci sorridono giorni felici.

Le lacrime versate

ti torneran mutate in vive perle,

e il loro prestito ti frutter

un interesse di felicit

dieci volte maggiore al loro pregio.

Va, dunque, madre mia, va da tua figlia,

e fa pi ardite con la tua esperienza

le ritrosie della sua scarsa et;

preparale il verginale orecchio

ad ascoltar parole innamorate,

accendi nel suo cuore di fanciulla

lambiziosa scintilla

della dorata maest regale;

rendi la principessa consapevole

della dolcezza delle silenziose

ore di gioia tra marito e moglie.

E quando questo braccio

avr dato il castigo che si merita

al piccolo ribelle testadura

Buckingham, torner;

e cinto di ghirlande trionfali

io guider tua figlia Elisabetta

al talamo di un conquistatore,

le far dono delle mie conquiste,

e sar lei la sola vincitrice

di questa guerra, il Cesare di Cesare.

ELISABETTA -

Come pensi sia meglio presentargliela?

Col dirle che il fratello di suo padre

aspira a diventare suo marito?

O dovr dir suo zio?

Oppure luomo che le ha trucidato

i fratelli e gli zii? Sotto qual titolo

dovr parlarle damore per te,

per fare in modo che Dio, e la legge,

e la mia dignit, ed il suo amore

ti facciano apparire bene accetto

ai suoi giovani anni?

RICCARDO -

Dille la pace che con questa unione

potr godere la bella Inghilterra.

ELISABETTA -

Una pace che ella pagher

al prezzo di una guerra permanente.

RICCARDO -

Dille che il re, che pu ordinare, supplica.

ELISABETTA -

Per ottener da lei

cosa che a lei proibisce il Re dei re.

RICCARDO -

Dille chella sar una regina

alta e potente.

ELISABETTA -

Per versare lacrime,

come sua madre, sopra questo titolo.

RICCARDO -

Dille che lamo dun amore eterno.

ELISABETTA -

Ma quanto durer quel tuo eterno?

RICCARDO -

Dolcemente costante

sino al fine della sua bella vita.

ELISABETTA -

Ma quanto a lungo bella

potr durare la sua dolce vita?

RICCARDO -

Quanto a lungo vorran farla durare

il volere del cielo e la natura.

ELISABETTA -

Quanto a lungo sar di gradimento

allinferno e a Riccardo.

RICCARDO -

Dille chio, suo sovrano,

son suo umile suddito.

ELISABETTA -

Ma lei,

tua suddita, di tal sovranit

ha repugnanza.

RICCARDO -

Dille insomma

con le parole pi belle e eloquenti

lamore mio per lei.

ELISABETTA -

Lamore onesto

non ha bisogno di belle parole

per dichiararsi pi efficacemente.

RICCARDO -

Diglielo allora con parole semplici.

ELISABETTA -

Semplice e disonesto

non saccordano a fare un bel discorso.

RICCARDO -

Son troppo pronte e troppo terra-terra

le tue ragioni.

ELISABETTA -

Ahim, le mie ragioni

sono fin troppo sprofondate in terra,

e morte, povere le mie creature!([118])

RICCARDO -

Non arpeggiare sulla stessa corda,

signora, queste son cose passate.

ELISABETTA -

Seguiter a toccar la stessa corda,

fino a farmi spezzar quella del cuore.

RICCARDO -

Ma io ti giuro sopra il mio San Giorgio,

sulla mia Giarrettiera,([119])

la mia corona

ELISABETTA -

Bestemmiato il primo,

macchiata di disdoro la seconda,

usurpata la terza

RICCARDO -

giuro

ELISABETTA -

No!

Giurare tu non puoi su questi tre!

Il tuo San Giorgio, da te profanato,

ha perduto la sua sacralit;

la Giarrettiera, insozzata, ha impegnato

tutta la sua virt cavalleresca;

la corona, usurpata,

ha infamato il regale suo fulgore.

Se per esser creduto vuoi giurare

su qualche cosa, giura su qualcosa

che tu non hai offeso.

RICCARDO -

Sul mondo, allora

ELISABETTA -

Il mondo

pieno degli infami tuoi delitti.

RICCARDO -

Allora sulla morte di mio padre.

ELISABETTA -

Con la tua vita lhai disonorata.

RICCARDO -

Allora, su me stesso

ELISABETTA -

Quel te stesso

s svilito finora da se stesso.

RICCARDO -

Bene, allora su Dio!

ELISABETTA -

Ohib! A Lui

tu hai recato le offese pi gravi.

Se tu avessi temuto di violare

un giuramento fatto nel Suo nome,

non avresti spezzato, come hai fatto,

la concordia raggiunta in questo regno

dai buoni uffici del re mio marito,

n sarebbero morti i miei fratelli.

Se tu avessi temuto

di venir meno a un voto fatto a Lui,

quellimperial metallo

onde si cinge adesso la tua testa,

avrebbe ornato le tenere tempie

di mio figlio e sarebbero ancor vivi

e respiranti i due piccoli principi

- ahi troppo dolci compagni di letto

per giacersi abbracciati nella polvere! -

che il giuramento a Dio da te spezzato

ha dato in pasto ai vermi.

Allora, su che cosa puoi giurare?

RICCARDO -

Sullavvenire.

ELISABETTA -

Lhai discreditato

col tuo passato, per il quale io stessa

dovr tergermi ancora molte lacrime.

I figli ai quali hai trucidato i padri,

giovani e privi ormai di quel sostegno,

vivono sol per piangerli in vecchiaia;

i padri ai quali hai trucidato i figli,

vivono, sterili piante invecchiate,

sol per piangerli nella lor vecchiaia.

Non giurare sul tempo che verr:

lhai male usato gi prima dusarlo

per il mal uso fatto del trascorso.

RICCARDO -

Potessi avere in pugno la vittoria

contro larmi nemiche,

nellimpresa rischiosa cui mappresto,

com vero che ho lanimo disposto

a prosperar nel mio ravvedimento!

Mi maledico da me. Dio, fortuna,

interditemi ogni futura gioia!

Giorno, pi non largirmi la tua luce,

n il tuo riposo, notte! E voi, pianeti

che presiedete alla buona fortuna,

siate avversi ai miei piani in questimpresa,

se non vero che con cuore pieno

di pura e immacolata devozione

io adoro tua figlia Elisabetta!

In lei siede la mia felicit

non meno che la tua: senza di lei,

per me, per te, per lei, per il paese

e per molte altre anime cristiane

sar tristezza, consunzione, morte.

E tutto ci non si potr evitare

se non con questo. Perci, cara madre

- cos debbo chiamarti - sii con lei

una buona avvocata in mio favore,

e descrivimi a lei come sar,

non come sono stato fino ad oggi;

non parlare dei meriti passati

ma dei futuri miei; insisti, insomma,

sulla necessit di queste nozze

e sulla situazione del momento,

non farti prender dal risentimento

davanti a s fulgenti prospettive.

ELISABETTA -

Mi lascer tentare dal demonio

fino a tal punto?

RICCARDO -

S, se quel demonio

ti tenta a fin di bene.

ELISABETTA -

Dovr dimenticar dunque me stessa?

RICCARDO -

S, se il ricordo te ne porta danno.

ELISABETTA -

Hai ucciso i miei figli.

RICCARDO -

Ma sepolti

io li far nel grembo di tua figlia,

e in quel nido di aromi profumato

a tuo grande conforto,

essi potran riprodurre se stessi.

ELISABETTA -

Dovr io dunque andare da mia figlia

e persuaderla alla tua volont?

RICCARDO -

A diventare una madre felice.

ELISABETTA -

Ci andr. Scrivimi presto,

e ti far sapere il suo pensiero.

RICCARDO -

Portale intanto, a pegno del mio amore,

questo bacio.

(La bacia)

Va dunque. Arrivederci.

(Esce Elisabetta)

S arresa. Femmina vuota e volubile!

Entra RATCLIFF

Che notizie?

RATCLIFF -

Sovrano potentissimo,

al largo della costa, ad occidente,

ha messo lancora una grossa flotta.

Sulla spiaggia saccalca una gran folla

di nostri, disarmati, malsicuri,

e, a quanto sembra, non molto decisi

a battersi e respingere il nemico.

Si pensa che sia Richmond lammiraglio

di quella flotta; e sono l alla fonda

in attesa che arrivino da terra,

da Buckingham, gli aiuti per sbarcare.

RICCARDO -

Corra alcuno di voi, di buona gamba,

dal Duca di Norfolk tu stesso, Ratcliff

o Catesby dov?

CATESBY -

Qui, monsignore.

Riccardo -

Catesby, vola tu dal Duca.

CATESBY -

Subito,

pi celere che posso, monsignore.

Riccardo -

Vieni qui, Ratcliff, senti: corri a Salisbury.

Quando sei l

(A Catesby)

E tu che fai, che aspetti,

furfante pappamolla? Va dal Duca!

CATESBY -

Se non mi dite quel che devo dirgli,

vostra grazia

RICCARDO -

Oh, vero, caro Catesby!

Digli che arruoli a tamburo battente

il pi grande e robusto nerbo duomini

che riesce a raccogliere, e poi subito

mi venga incontro a Salisbury.

CATESBY -

Vado.

(Esce)

RATCLIFF -

Che devo fare a Salisbury io,

vostra grazia?

RICCARDO -

Perch, che ci vuoi fare,

prima che arrivi l io?

RATCLIFF -

Non lo so.

Vostra altezza mha detto poco fa

di precederla l.

RICCARDO -

Ho cambiato idea.

Entra STANLEY

Stanley, quali notizie?

STANLEY -

Nessuna tanto buona, mio signore,

che possiate ascoltare con piacere;

nessuna, tuttavia, tanto cattiva

da non potersi proprio riferire.

RICCARDO -

Ehil, un indovinello!

N buone, n cattive C bisogno

per che tu ci giri tanto intorno,

quando puoi dire in modo pi diretto

quello che devi? Insomma, che notizie?

STANLEY -

Richmond sul mare.

RICCARDO -

Che ci affondi,

e il mare si richiuda su di lui!

Che ci fa l, quel vile rinnegato?

STANLEY -

Non so, ma posso ben indovinarlo,

mio possente sovrano.

RICCARDO -

E che indovini?

STANLEY -

Istigato da Dorset, Morton, Buckingham,

egli dirige sopra lInghilterra

per reclamarvi il trono.

RICCARDO -

E perch mai?

forse vuoto il trono?

La spada non ha mano che limpugni?

Il re morto? Limpero vacante?

Quale erede di York ancora vivo,

allinfuori di me?

E chi ha diritto al trono dInghilterra

se non lerede dellaugusto York?

E allora, che ci fa costui sul mare,

me lo sai dire?

STANLEY -

Non so dirvi altro,

mio signore, che quello che vho detto.

RICCARDO -

Sicch tu, allinfuori di pensare

chegli venga per essere tuo re,

non sai indovinare altro motivo

perch venga il Gallese.

Ho paura che tu stai meditando

di voltare gabbana,

e volare da lui.

STANLEY -

No, mio sovrano;

non pensate cos male di me.

RICCARDO -

Allora dove sono le tue truppe

per ricacciarlo indietro? Dove sono

i tuoi fittavoli e i tuoi seguaci?

Non saranno per caso sulla spiaggia

a ponente a proteggere lo sbarco

di quei ribelli?

STANLEY -

No, mio buon signore,

i miei uomini sono tutti al nord.

RICCARDO -

Tiepidi amici! Che ci fanno al nord,

se il re ha bisogno di loro a ponente?

STANLEY -

Non ne hanno ricevuto nessun ordine,

mio possente sovrano.

Piaccia a vostra maest di congedarmi,

ed io andr a raccogliere i miei uomini,

e vi raggiunger con essi, vostra grazia,

dove e quando vorr vostra maest.

RICCARDO -

Eh, gi, tu ti vorresti allontanare

per unirti con Richmond. Non mi fido.

STANLEY -

Sovrano potentissimo,

non ci pu essere alcun motivo

che voi siate portato a dubitare

della mia amicizia. Traditore

non sono stato mai, n mai sar.

RICCARDO -

E allora va, e raduna i tuoi uomini;

ma lascia qui con me tuo figlio Giorgio.

E bada a tener salda la tua fede,

o si far precaria la saldezza

della sua testa.

STANLEY -

Vogliate trattarlo

cos comio sapr provare a voi

tutta la mia lealt.

(Esce)

Entra un PRIMO MESSO

PRIMO MESSO -

Mio grazioso sovrano, nel Devonshire,

come mhanno informato degli amici,

Sir Edward Courtney con suo fratello,

il tracotante vescovo di Exeter,

sono in armi, e con loro un grande numero

di lor confederati.

Entra un SECONDO MESSO

SECONDO MESSO -

Mio sovrano,

nel Kent i Guilford sono ora in armi,

e dora in ora convengono a gara

molti e molti altri a fianco dei ribelli,

ingrossando vieppi le loro file.

Entra un TERZO MESSO

TERZO MESSO -

Sire, lesercito del grande Buckingham

RICCARDO -

Al diavolo, uccellacci di sventura!

che! venite a cantar solo di morte?

(Lo percuote)

Toh, prendi questo tu,

finch non porti migliori notizie!

TERZO MESSO -

Ma la notizia per cui son venuto

da vostra maest, sire, era questa:

che improvvisi diluvi e inondazioni

hanno tutto disperso e sparpagliato

lesercito di Buckingham,

e che lui se ne va solo e ramingo,

dove diretto, nessuno lo sa.

RICCARDO -

Scusami, allora. Prendi questa borsa,

per sollevarti dalle mie percosse.

E dimmi: qualche amico preveggente

ha proclamato una buona mercede

a chi catturer quel traditore?

TERZO MESSO -

La promessa, signore, fu bandita

per pubblico proclama.

Entra un QUARTO MESSO

QUARTO MESSO -

Corre voce, maest,

che il marchese di Dorset e lord Lovell

siano in armi nella contea di York;

ma reco a vostra altezza questo annuncio

che la conforter: la flotta bretone

dispersa in mare dalla gran tempesta;

Richmond, al largo della costa Dorset,

ha fatto andare a terra una scialuppa

a chiedere alla gente chera a riva

se fossero dalla sua parte o no;

e quelli gli han risposto cheran l

mandati da lord Buckingham

appunto per proteggere il suo sbarco.

Ma Richmond, non fidandosi di loro,

ha levato le vele e nuovamente

ha fatto rotta verso la Bretagna.

RICCARDO -

In marcia, in marcia; giacch siamo in armi,

se non per affrontar nemici esterni,

almeno per schiacciar questi ribelli

di casa nostra. Avanti!

Entra CATESBY

CATESBY -

Mio sovrano, lord Buckingham preso;

questo quanto di meglio posso dirvi.

Ma il Conte Richmond sbarcato a Milford

con un potente esercito:

una notizia meno confortante,

ve la dovevo dare tuttavia.

RICCARDO -

Avanti, avanti, in marcia sopra Salisbury!

Mentre qui discutiamo, una battaglia

che vale un regno potrebbesser vinta

oppure persa! Soccupi qualcuno

di far tradurre Buckingham a Salisbury

prigione; gli altri in marcia insieme a me!

(Tromba. Escono tutti)

SCENA V - Londra, in casa di Lord Stanley.

Entrano STANLEY e don([120]) Cristoforo URSWICK

STANLEY -

Don Cristoforo, dirai questo a Richmond,

da parte mia: che Giorgio, il mio figliolo,

tenuto allingrasso nel porcile

di quel temibilissimo cinghiale;([121])

se a lui mi rivoltassi apertamente,([122])

la testa di mio figlio salterebbe;

che la paura di ci mi trattiene

dal fargli avere subito il mio aiuto.

Parti, e salutami il tuo signore.

Informalo altres che la regina

ha consentito molto di buon cuore

chegli sposi sua figlia Elisabetta.

Ma, dimmi, dov ora acquartierato

il nobilissimo Richmond?

urswick -

A Pembroke,

o forse anche ad Hardforest, nel Galles.([123])

STANLEY -

Chi c con lui, di nobili?

urswick -

Sir Walter Herbert, famoso soldato,

Sir Gibert Talbot e sir William Stanley,

Oxford, il temutissimo lord Pembroke,

e poi Sir James Blunt e Rice ap Thomas,([124])

con tutto un seguito di valorosi

e molti altri di nome e gran valore.

Puntano con gli eserciti su Londra,

salvo che non si trovino impegnati

a dar battaglia prima.

STANLEY -

Bene, va,

affrettati a tornar dal suo signore.

Io gli bacio la mano. Questa lettera

gli chiarir le mie intenzioni. Addio.

(Escono)


ATTO QUINTO

SCENA I - Salisbury, una piazza.

Entra lo SCERIFFO con alabardieri, che scortano BUCKINGHAM al supplizio

BUCKINGHAM -

Non mi vuole ascoltare re Riccardo?

SCERIFFO -

No, signore; dovete rassegnarvi.

BUCKINGHAM -

O William Hastings, o figli dEdoardo,

o Grey, o Rivers, o santo re Enrico

e il tuo diletto figlio Edoardo, o Vaughan,

e tutti voi che perdeste la vita,

per occulta e nefanda iniquit,

se le vostre anime crucciate e inquiete

vedon di tra le nuvole questora,

fatevi scherno della mia rovina,

non fossaltro che per vostra vendetta!

Oggi il giorno dei Morti, amico, vero?

SCERIFFO -

S.

BUCKINGHAM -

Ecco, allora, ci siamo: il d dei Morti

il giorno del Giudizio del mio corpo;

il giorno chio, vivente re Edoardo,

maugurai che segnasse la mia fine

se mai avessi tradito i suoi figli

ed i parenti della sua regina;

il giorno chio maugurai di morire

vittima della falsa lealt

dellamico di cui pi mi fidassi.

Questo giorno dei Morti, proprio questo,

, per la spaurita anima mia,

il termine assegnato ai miei delitti.

Quellaltissimo Iddio che tutto vede,

e col quale ho creduto di scherzare,

ecco che ora ritorce sul mio capo

le mie false ed ipocrite preghiere,

e mi d seriamente

quello chio spesso Gli ho chiesto per burla.

Cos Egli alle spade degli infami

ordina di ritorcere la punta

contro il petto di quelli che le impugnano;

cos cade pesante sul mio collo

lamara profezia di Margherita:

Quandegli - mi predisse quella volta -

tavr spezzato il cuore dal dolore,

tu ti ricorderai di Margherita,

che te lha profetato! Andiamo, guardie,

conducetemi al ceppo dellinfamia.

Al male tocca il male,

allignominia tocca lignominia.

(Esce con gli alabardieri)

SCENA II - Il campo presso Tamworth([125])

Entrano RICHMOND, OXFORD, BLOUNT, HERBERT,

e soldati, con tamburi e vessilli

RICHMOND -

Commilitoni, amici fedelissimi

oppressi sotto il giogo del tiranno:

fin qui ci siamo spinti molto avanti

nelle viscere stesse del paese,

senza incontrare ostacoli di sorta;

e qui ricevo da mio padre Stanley,([126])

un messaggio con valida promessa

di sostegno e dincoraggiamento.

Lo scellerato, sanguinario verro

usurpatore, che ha messo in rovina

i vostri campi opimi di raccolti

e le vigne ubertose, ora trangugia

come brodaglia il vostro sangue caldo

e fa dei vostri petti dilaniati

il suo trogolo. Questo immondo verro

ora si trova al centro di questisola,

come minformano, davanti a Leicester,([127])

a un giorno appena di marcia da qui.

Miei prodi amici, nel nome di Dio,

avanti, con fiduciosa baldanza,

a raccoglier le messe duna pace

che duri eterna, attraverso la prova

di questa cruda e sanguinosa guerra.

Di mille spade fatta la coscienza

di ciascuno di quanti siamo qui

contro questo colpevole assassino.

HERBERT -

E passeranno a noi, sono sicuro,

tutti che sono adesso suoi alleati.

BLOUNT -

Altro alleato non gli resta infatti

se non che chi lo solo per paura

e che nellora estrema del bisogno

gli volter le spalle.

RICHMOND -

Tutto a nostro vantaggio; e allora, in marcia!

Speranza che procede da virt

rapida vola con ali di rondine;

dun re fa un dio, e dun umile un re.

(Escono)

SCENA III - Il campo di Boswort

Entrano RE RICCARDO, in armi, il DUCA DI NORFOLK,

il CONTE DI SURREY e altri

RICCARDO -

La nostra tenda piantatela qui,

qui, sul campo di Bosworth

Monsignore di Surrey,

perch avete quellaria cos grave?

SURREY -

Ho il cuore cento volte pi leggero

della mia aria, sire.

RICCARDO -

Dov Norfolk?

NORFOLK -

Sono qui, vostra grazia.

RICCARDO -

Norfolk, domani ci sar da dare

gran botte, eh, non vero?

NORFOLK -

Darne, e pigliarne, amato mio signore.

RICCARDO -

Che aspettate ad issare la mia tenda?

Questa notte voglio dormire qui

Domani chiss dove Ma che importa

(La tenda rizzata su un lato della scena)

Chi ha potuto contare

il numero di questi traditori?

NORFOLK -

Un sei o settemila, non di pi.

RICCARDO -

Il nostro esercito tre volte tanto,

e in pi di tanto c il nome dun re,

un bastione che manca a quelli l.

Su la tenda! Venite, gentiluomini,

andiamo a fare una ricognizione,

e studiare i vantaggi del terreno.

Fate venire con voi alcuni esperti

che sappian darci una stima sicura.

Badate a tener lordine nel campo

e a non sciupare il tempo, ch domani,

signori, ci sar un bel daffare.

(Escono)

Entrano, dallaltra parte del campo, RICHMOND, sir William BRANDON, OXFORD, DORSET e altri, tra i quali James BLOUNT; soldati si mettono a montare la tenda di Richmond.

RICHMOND -

Un sole affaticato ci ha mostrato

un dorato tramonto,

e con la scia del suo fulgido carro

tutta luce, promette per domani

una gloriosa giornata. Voi, Brandon,

del mio stendardo sarete lalfiere.

Portatemi da scrivere,

penna ed inchiostro sotto la mia tenda;

voglio tracciare il piano di battaglia

e la pianta del nostro schieramento,

assegnare ai diversi comandanti

i rispettivi compiti in dettaglio

e ripartir le scarse nostre forze

in giusta proporzione per ciascuno.

Voi, Oxford, William Brandon, Walter Herbert,

mi resterete a fianco; il Conte Pembroke

terr la testa del suo reggimento([128])

Sir James Blount, mio bravo generale,

portategli per me la buona notte,

e per le due di domani mattina

ditegli di venire alla mia tenda.

Devo pregarvi ancora dun favore:

sapete dirmi dove sta accampato

il Conte Stanley con il suo esercito?

BLOUNT -

Se ho ben riconosciuto i suoi vessilli

- e son certo di s - il suo reggimento

accampato ad un mezzo miglio a sud

del poderoso esercito del re.

RICHMOND -

S possibile, senza rischiar troppo,

mio caro Blount, trovate voi un mezzo

per parlargli e per dargli da mia parte

questo messaggio: di somma importanza.

BLOUNT -

A costo della vita, mio signore,

lo far. Dio vi conceda questa notte

un tranquillo riposo.

RICHMOND -

Buona notte, buon capitano Blount.([129])

(Esce Blount)

Signori, ci dobbiamo consultare

per quanto c da fare per domani;

nella mia tenda, per, ch qui fuori

laria cruda e pungente.

(Con Richmond si ritirano nella sua tenda Brandon, Oxford e Herbert. Gli altri si allontanano)

Entrano RE RICCARDO, RATCLIFF, NORFOLK e CATESBY

RICCARDO -

Catesby, che ora ?

CATESBY -

Le nove, monsignore: ora di cena.

RICCARDO -

Non cener stasera.

Portami carta e inchiostro nella tenda.

Mhanno allentato la celata allelmo?

pronta nella tenda larmatura?

CATESBY -

S, mio sovrano, tutto pronto e in ordine.

RICCARDO -

Sar bene, Norfolk, che tu taffretti

al tuo posto; fa attenta vigilanza;

scegliti sentinelle ben fidate.

NORFOLK -

Bene, vado, signore.

RICCARDO -

E domattina, nobile signore,

lzati con lallodola.

NORFOLK -

Va bene;

potete star tranquillo, monsignore.

(Esce)

RICCARDO -

Catesby

CATESBY -

S, signore?

RICCARDO -

Manda un messo di corsa da Lord Stanley,

a dir che venga qui con i suoi uomini;

ma presto, prima del levar del sole,

se non vuol far piombar suo figlio Giorgio

nellantro buio della notte eterna.

(Esce Catesby)

(A Ratcliff)

Prendi una coppa, versami del vino.

E procurami un lume per la notte.

Per lo scontro campale di domani

fammi trovar sellato il bianco Surrey.

Bada che le mie lance sian robuste

e non troppo pesanti a maneggiare

Ratcliff!

RATCLIFF -

S, mio signore?

RICCARDO -

Hai visto il malinconico Northumberland?

RATCLIFF -

Lho visto mentre, col conte di Surrey,

verso lora che vanno a letto i polli,

rassegnava le schiere, una per una,

e andava incoraggiando i suoi soldati.

RICCARDO -

Bene, mi fa piacere

Quella coppa di vino, per favore.

Non mi sento lalacrit di spirito

e la gaiezza danimo mia solita.

(Beve, poi porge la coppa vuota a Ratcliff)

Posala l. Son pronti inchiostro e carta?

RATCLIFF -

Son qui pronti, signore.

RICCARDO -

Di alla scolta

di fare buona guardia alla mia tenda.

Lasciami adesso. Intorno a mezzanotte

vieni di nuovo qui ad aiutarmi

a indossar larmatura.

Va pure adesso; lasciami, tho detto.

(Esce Ratcliff. Riccardo si ritira nella tenda)

Entra STANLEY, e saffaccia alla tenda di Richmond, che sta allinterno attorniato dai suoi ufficiali

STANLEY -

La Fortuna benigna e la Vittoria

si posino propizie sul tuo elmo!

RICHMOND -

E saccompagni con la tua persona

ogni conforto che la buia notte

possa offrire, mio nobile patrigno!

Dimmi, che fa la nostra buona madre?

STANLEY -

Ella tinvia attraverso di me

la sua benedizione, e prega sempre

per il bene di Richmond. Ma ti basti

di sapere di ci, veniamo a noi.

Lora notturna scorre via furtiva

e gi si va sfaldando dalloriente

la tenebra squamosa. Eccoti quanto,

in breve, poich lora ce lo ingiunge:

appena giorno, schiera le tue forze

e affida la tua sorte allarbitraggio

dei colpi duno scontro vita o morte.

Io, per quanto potr - n posso tutto

ci che vorrei - guadagner del tempo

per aiutarti nel modo migliore

in questo incerto scontro;

ma non mi posso spinger troppo in l

da mostrare che son dalla tua parte,

perch se ci divenisse palese,

mio figlio Giorgio, tuo giovin fratello,

sarebbe certamente messo a morte

sotto gli occhi del padre. E dunque addio.

Lora pericolosa e il poco tempo

troncano le effusioni dellaffetto

e lampio scambio di dolci parole

su cui sarebbe gradito indugiare

a parenti s a lungo separati.

Dio ci conceda miglior agio in seguito

per tutti questi amorevoli riti.

Ancora addio. Sii prode e vittorioso.

RICHMOND -

Riaccompagnatelo al suo reggimento.

Io cercher di riposare un poco,

nonostante lassillo dei pensieri,

perch domani non mi pesi addosso

un plumbeo sonno, quando avrei bisogno

di librarmi con ali di vittoria.

Di nuovo, degni amici e cavalieri,

la buona notte a tutti.

(Escono tutti. Richmond, rimasto solo, singinocchia)

O Tu, di cui mi sento capitano,

volgi un occhio benigno alle mie forze,

metti nel loro pugno

i contundenti ferri di tua ira,

che sabbattano gravi e poderosi

sugli elmi del nemico usurpatore;

fa delle nostre persone i ministri

del tuo castigo, s che, vittoriosi,

possiamo innalzar lodi alla tua gloria.

A Te affido la vigile mia anima,

prima che il sonno abbassi sui miei occhi

le sue cortine. Oh, difendimi sempre!

(Si alza, si corica e si addormenta)

Appare lo SPETTRO DEL PRINCIPE EDOARDO, figlio di Enrico VI, nello spazio tra la tenda di Riccardo e quella di Richmond

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Possa il mio peso opprimere domani

grave come un macigno la tua anima:

Pensa a come mi pugnalasti a Tewsbury

nel fiore della prima giovinezza.

Perci dispera e muori.

(Rivolto a Richmond)

Richmond, sta di buon animo,

ch lanime dei principi scannati

combattono per te. Chi ti conforta,

Richmond, la prole di Re Enrico.

Entra lo SPETTRO DI ENRICO VI

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Quando ero mortale,

tu apristi sul mio corpo consacrato

mortali bocche con il tuo pugnale.

Pensa alla Torre e a me. Dispera e muori.

Questo ti ordina il Sesto Enrico.

(Rivolto a Richmond)

Sii tu, virtuoso e santo, il vincitore.

Enrico re, che ti vaticin

che re saresti diventato un giorno,([130])

ti viene in sogno a infonderti coraggio.

Vivi e prospera, Richmond.

Entra lo SPETTRO DI CLARENZA

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Chio possa con il peso dun macigno

seder sulla tua anima domani

io, che fui immerso a morte,

povero me, in nauseabondo vino,

tradito a morte dalla tua perfidia

Domani, alla battaglia, pensa a me,

e la tua spada cada senza taglio

dovunque colpirai. Dispera e muori.

(Rivolto a Richmond)

Tu, progenie della Casa di Lncaster,

gli offesi eredi di quella di York

pregano in tuo favore: angeli buoni

proteggan le tue forze. Vivi e prospera.

Entrano gli SPETTRI DI RIVERS, GREY e VAUGHAN

SPETTRO DI RIVERS -

(A Riccardo)

Su te pesi domani la mia anima,

io, Rivers, che fui messo a morte a Pomfret.

Gloucester, dispera e muori.

SPETTRO DI GREY -

(A Riccardo)

Pensa a Grey, e disperi la tua anima.

SPETTRO DI VAUGHAN -

Pensa a Vaughan, e possa la tua lancia

caderti dalle mani per il tremito

delle tue colpe. Muori disperato.

TUTTI INSIEME GLI SPETTRI -

(A Richmond)

Svegliati, e pensa che le iniquit

da Riccardo commesse su di noi

son tutte a gravar sul suo petto

e lo conducono alla sconfitta.

Svegliati e vinci, Richmond.

Entra lo SPETTRO DI HASTINGS

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Svegliati, sanguinario criminale,

nel risveglio del reo,

ed in una battaglia sanguinosa

finisci oggi i tuoi giorni. Lord Hastings

che ti ricorda a lui. Dispera e muori.

(Rivolto a Richmond)

Quieta, serena anima,

svegliati, svegliati: impugna larmi,

combatti e vinci per la buona causa

della tua Inghilterra!

Entrano gli SPETTRI DEI DUE PRINCIPI FANCIULLI

I DUE SPETTRI -

(Rivolti a Riccardo)

Sogna i tuoi due nipoti

che nella Torre hai fatto soffocare;

ti gravi il peso di questo delitto

come piombo, domani, sopra al petto,

Riccardo, s da poterti piegare

alla rovina, allinfamia, alla morte.

Disperazione e morte

timpongon lanime dei tuoi nipoti.

(Rivolti a Richmond)

Dormi, Richmond, riposa pure in pace,

e svegliati in letizia: angeli buoni

ti guardino dai morsi del cinghiale.

Vivi e metti alla vita

una felice progenie di re.

Ti esortano a fiorire e prosperare

gli sventurati figli di Edoardo.

Entra lo SPETTRO DI ANNA

SPETTRO -

Riccardo, sono io, Anna, tua moglie,

sventurata, che mai pot dormire

unora sola tranquilla con te,

e vengo a riempire dinquietudini

il tuo sonno. Domani alla battaglia,

pensa a me, e ti caschi gi la spada

che non uccide pi. Dispera e muori.

(Rivolta a Richmond)

Tu, anima serena, dormi e sogna

il tuo successo e una lieta vittoria:

questo pregando chiede a Dio colei

che fu la moglie del tuo avversario.

Entra lo SPETTRO DI BUCKINGHAM

SPETTRO -

(Rivolto a Riccardo)

Io sono stato il primo ad aiutarti

ad ottenere la corona; lultimo

a cader sotto la tua tirannia.

Oh, pensa a Buckingham, domani, e muori

terrorizzato dalla tua nequizia!

Sogna, sogna di azioni sanguinarie

sogna di morte; e con il fiato mozzo,

dispera, e disperando rendi il fiato.

(Rivolto a Richmond)

Caddi nella speranza

di poterti prestare il mio aiuto,

ma tu fa cuore e non perderti danimo;

Dio e gli angeli buoni

combattono con Richmond; e Riccardo

cada dal vertice della sua boria.

(Gli spettri svaniscono. Riccardo si scuote dal sonno con un sussulto e balza in piedi)

RICCARDO -

Datemi un altro cavallo! Fasciatemi

le ferite! Ges, abbi piet!

Calma, Riccardo, stato solo un sogno.

Ah, vil coscienza, come mi tormenti!

(Guardando fuori dallapertura delle tenda)

Luci azzurrognole: lora morta

della mezzanotte Sento un sudor gelido

per tutto il corpo e tremo di paura.

Di che cosa ho paura? Di me stesso?

Non c nessuno qui oltre di me.

Perci di chi ho paura?

Riccardo ama Riccardo, io son io.

C forse un assassino qui? No S,

son io! Fuggire, allora? Ma da chi?

Da me stesso? Perch dovrei fuggire?

Per non fare vendetta su me stesso?

Ne avrei grande ragione

Io su me stesso? Ahim, amo me stesso!

Perch? Forse per qualche buona azione

fatta da me a me stesso Oh, no, ahim,

io lo odio, se mai, questo me stesso

per i crimini odiosi che ho commesso.

Sono uno scellerato eppure no,

io mento a me stesso, non lo sono

Stolto, non parlar male di te stesso!

Stolto, non incensar troppo te stesso!

La mia coscienza in bocca ha mille lingue

e ciascuna ha una storia da narrare,

e ogni storia mi bolla da furfante.

E spergiuro. Spergiuro oltre ogni limite.

Assassino; crudele oltre ogni limite.

Tutti i peccati miei,

perpetrati da me oltre ogni limite

saffollano alla sbarra

e gridano: Colpevole, colpevole!

Mi resta solo la disperazione.

Non c chi mami al mondo,

e se muoio, nessuna anima viva

avr piet di me.

Perch, del resto, ne dovrebbe avere,

se sono io stesso a non trovare mai

in fondo allanima alcuna piet

verso me stesso? M parso nel sogno

come se tutte lanime

di coloro che ho assassinato

fossero convenute alla mia tenda

e ognuno minacciasse per domani

vendetta sulla testa di Riccardo.

Entra RATCLIFF

RATCLIFF -

Monsignore

RICCARDO -

(Sussultando)

Chi l?

RATCLIFF -

Ratcliff, signore.

Il gallo del villaggio qui da presso

ha salutato lalba gi due volte.

I vostri amici son gi tutti in piedi,

e si stanno affibbiando le armature.

RICCARDO -

Ratcliff, ho fatto un sogno spaventoso.

Che pensi, i nostri amici

si manterranno tutti a me fedeli?

RATCLIFF -

Ma senza dubbio, sire.

RICCARDO -

Oh, Ratcliff! Ho paura! S, ho paura!

RATCLIFF -

Ma no, mio buon signore!

Delle ombre non sha da aver paura.

RICCARDO -

Per lApostolo Paolo, questa notte

nel cuore di Riccardo han suscitato

delle ombre pi paura che non possa

la realt di diecimila uomini

di tutto punto armati e comandati

da quello zero pi zero di Richmond.

Non ancor lalba. Su, vieni con me:

voglio andare a origliar da tenda a tenda

per accertarmi che non c nessuno

che si prepari a disertar da me.

(Escono)

Entrano, da RICHMOND che sta seduto sotto la sua tenda, i NOBILI suoi alleati

TUTTI -

Buongiorno, Richmond.

RICHMOND -

Vogliate scusarmi,

nobili Pari e alacri gentiluomini,

se avete qui sorpreso un gran pigrone.

PRIMO NOBILE -

Come avete dormito, monsignore?

RICHMOND -

Dacch siete partiti ieri sera

ho avuto, amici, il sonno pi piacevole

e ho fatto i sogni pi propiziatorii

chabbian mai visitato mente duomo.

M parso come se nella mia tenda

venissero a vicenda tutte lanime

di quelli assassinati da Riccardo

e mi gridassero tutte: Vittoria!.

Ho lanimo giulivo ed esultante,

credetemi, per tal splendido sogno.

PRIMO NOBILE -

Sono quasi le quattro, monsignore.

RICHMOND -

tempo dindosssare le armature

e di emanare gli ordini.

(Esce dalla tenda)

LA SUA ORAZIONE AI SOLDATI

Amati compatrioti,

lora che urge ed il tempo tiranno,

non mi permettono di dirvi pi

di quanto vho gi detto.

Tuttavia ricordatevi di questo:

Dio dal cielo e la nostra buona causa

combattono con noi. Innanzi a noi

si levano come alti baluardi

le preghiere dei santi in paradiso

e delle anime offese.

Tranne solo Riccardo, tutti quelli

che ci accingiamo oggi ad affrontare

vorrebbero veder vincere noi

piuttosto che quel loro condottiero.

Giacch, nobili amici, chi luomo

chessi seguono in armi?

Nientaltro che un tiranno sanguinario,

un omicida cresciuto nel sangue

e nel sangue insediatosi sul trono;

uno che ha messo in atto ogni mala arte

per procacciarsi quello che possiede,

e poi ha massacrato un dopo laltro

tutti coloro che gli han dato mano

a procurarselo: una pietra ignobile,

falsa, resa preziosa dal castone

rutilante del trono dInghilterra,

nel quale s insediato con linganno;

uno che sempre fu nemico a Dio,

e Dio, perci, nella sua gran giustizia,

vi dar appoggio come suoi soldati,

se combattete contro il suo nemico.

Se adesso voi sudate

a lottare ed abbattere il tiranno,

ucciso lui, poi dormirete in pace;

se adesso combattete

contro i nemici della vostra patria,

il futuro benessere di questa

ripagher ad usura il vostro sforzo;

se vi battete per le vostre spose,

le vostre spose accoglieranno liete

i lor mariti vincitori a casa;

se salverete da spada nemica

i figli vostri, i figli dei figli

ve ne daranno giusta ricompensa

nella vostra vecchiaia.

Avanti dunque, nel nome di Dio,

e di tutti i diritti a noi spettanti,

bandiere al vento e spade sguainate!

In quanto a me, sar degno tributo

a questa mia pericolosa impresa

questo mio corpo, gelido cadavere

sopra la fredda faccia della terra.

Ma se marrider la buona sorte,

dei vantaggi di questa audace impresa

avr parte anche lultimo di voi.

Squillate, trombe, rullate tamburi,

ardimentosamente e lietamente.

Dio e San Giorgio! Richmond e vittoria!

(Escono Richmond e tutti del suo seguito)

Rientrano RICCARDO e RATCLIFF con soldati

RICCARDO -

Che diceva Northumberland di Richmond?

RATCLIFF -

Che non fu mai istruito nelle armi.

RICCARDO -

Diceva il vero. E Surrey?

RATCLIFF -

Ho inteso che diceva, sorridendo:

Tanto meglio per noi.

RICCARDO -

Giusto, cos.

(Un orologio batte)

Conta i rintocchi Dammi un almanacco.

(Ratcliff gli d qualcosa che Riccardo consulta

rapidamente)

Chi ha visto oggi il sole?

RATCLIFF -

Io no, signore.

RICCARDO -

Allora stamattina questo sole

non vuol degnarsi di farsi vedere,

perch secondo quanto scritto qui,

avrebbe gi dovuto sfolgorare

a oriente gi da unora. Per qualcuno

questa sar una giornata nera

Ratcliff!

RATCLIFF -

S, monsignore?

RICCARDO -

Il sole oggi non si fa vedere.

Il cielo in broncio con il nostro esercito.

Queste lacrime di rugiada, Ratcliff,

non le vorrei vedere, qui per terra.

Non splende oggi? Che mi pu importare

pi di quanto possa importare a Richmond?

Lo stesso cielo accigliato con me

guarda anche lui con occhio cupo e triste.

Entra NORFOLK

NORFOLK -

Allarmi, mio sovrano! Allarmi! Allarmi!

Il nemico gi in campo, e che baldanza!

RICCARDO -

Avanti, su, alla svelta,

mettete la gualdrappa al mio cavallo.

Qualcuno corra subito da Stanley

e gli dica di avvicinarsi a noi.

I miei li guido io nella pianura.

Lordine di battaglia sar questo:

lavanguardia, composta degual numero

di cavalieri e di fanti appiedati,

andr a disporsi lungo tutto il fronte

in prima linea, con gli arcieri al centro.

Norfolk e Surrey saranno al comando

di questa fanteria-cavalleria.

Cos schierati, seguiremo noi

a far massa col grosso dellesercito,

la cui forza sar bene appoggiata

dallun corno e dallaltro,

da truppe scelte di cavalleria.

Questo il mio piano, e San Giorgio ci aiuti!

Che dici tu, Norflk?

NORFOLK -

Ottimo piano,

mio pugnace signore.

(Gli d un foglio)

Questo scritto

era stamane dentro la mia tenda.

RICCARDO -

(Leggendo)

Giannetto di Norfolk, non fare il dritto,

ch il tuo padron Riccardo belle fritto([131])

Una sciocca trovata del nemico.

Signori, ai posti di combattimento!

E nessuno si lasci sgomentare

da pettegoli sogni: la coscienza

parola ch in uso presso i vili,

da loro primamente escogitata

per trattenere a freno gli animosi.

Nostra coscienza sian le nostre braccia,

nostra legge le spade che impugniamo.

In marcia, tutti bravamente uniti!

Avanziamo nel folto della mischia.

Se non in cielo, entreremo allinferno

tutti tenendoci stretti per mano.

LA SUA ORAZIONE AI SOLDATI

Che cosa vi dir,

in aggiunta a quanto vho gi detto?

Vi esorto solamente a ricordarvi

con chi avete a che fare: unaccozzaglia

di vagabondi, gente di galera,

di furfanti, la schiuma di Bretagna,

di vili contadini parassiti,

che la lor terra, sovrappopolata,

vomita disperati alla ventura,

mandandoli a sicura distruzione.

Voi dormite tranquilli i vostri sonni,

e questi vengon nelle vostre case

a turbarvi il riposo.

Voi possedete terre e in casa vostra

il godimento di splendide spose,

e costoro vorrebbero venire

a spogliarvi di quelle

e stuprarvi le altre. E chi li guida?

Un abbietto figuro, mantenuto

per tanti anni in Bretagna sulle spese

di mio fratello, un vero smidollato,

che non ha mai sofferto in vita sua

pi freddo delle proprie soprascarpe

fra la neve. Ma ributtiamo a mare

a frustate questorda di sbandati,

questi arroganti straccioni di Francia,

questi affamati squallidi straccioni,

gente stanca di viver come vive,

che, se non fosse stato pel miraggio

di questa loro scellerata impresa,

si sarebbero andati ad impiccare

per assoluta mancanza di mezzi.

Se scritto che dobbiamo essere vinti,

che a sconfiggerci siano almeno uomini,

e non questi bastardi di Bretagna,

che i nostri padri gi hanno battuto,

pestato, tartassato in casa loro,

lasciandoli nel libro della storia

eredi di vergogna. E questi ceffi

si dovranno goder le nostre terre?

Dovran giacersi con le nostre mogli?

Dovranno violentar le nostre figlie?

(Tamburi allesterno)

Eccoli, udite, sono i lor tamburi.

Nobili dInghilterra, alla battaglia!

Arcieri, pronti a tendere i vostri archi!

Cavalieri, spronate a tutto sangue

i vostri belli e nobili corsieri,

e in mezzo al loro sangue cavalcate!

E voi, lancieri, spaurite il cielo

con gli spezzoni delle vostre lance!

Entra un MESSO

Stanley che fa? Mena qui le sue truppe?

MESSO -

Ricusa di spostarsi, mio signore.

RICCARDO -

Beh, gi la testa di suo figlio Giorgio!

NORFOLK -

Il nemico, signore, gi avanzato

di qua dalla palude;

sar meglio che del figlio di Stanley,

ci occupiamo finita la battaglia.

Adesso non c tempo.

RICCARDO -

Sento pulsarmi in petto mille cuori!

Avanti gli stendardi, sotto, sotto!

Il nostro antico grido di battaglia

Bel San Giorgio infonda a tutti noi

il furore del suoi draghi infuocati!

Addosso! La vittoria sui nostri elmi!

(Escono)

SCENA IV - Unaltra parte del campo

Allarmi. Scorrerie di soldati. Entra NORFOLK con soldati, combattendo.

Gli viene incontro di corsa CATESBY

CATESBY -

Correte, aiuto, signor di Norfolk!

Il re compie prodigi sovrumani

di valore, incurante dogni rischio.

Gli hanno ucciso il cavallo,

e lui, a piedi, seguita a combattere;

e nellansia di battersi con Richmond

si caccia nelle fauci della morte.

Soccorretelo, nobile signore,

o la giornata per noi perduta.

(Escono Norfolk e soldati)

Entra RE RICCARDO

RICCARDO -

Un cavallo! Un cavallo!

Il mio regno per un cavallo!

CATESBY -

Sire,

ritiratevi! Cerco io un cavallo

per vostra altezza.

RICCARDO -

Schiavo!

Ho messo la mia vita come posta

per un colpo di dadi, e star al gioco.([132])

Credo ci siano sei Richmond sul campo;

cinque ne ho fatti fuori, quello no!

Un cavallo! Un cavallo!

Il mio regno per un cavallo!

(Escono tutti)

SCENA V - Unaltra parte del campo

Allarme.

Entrano RE RICCARDO e RICHMOND, battendosi alla spada.

Riccardo cade ed ucciso.

Richmond esce, e il corpo di Riccardo portato via.

Fanfara. Rientra RICHMOND con STANLEY, che reca la corona, signori e soldati.

RICHMOND -

Sia lode a Dio e alle armi vostre, amici!

Avete vinto. La giornata nostra.

Il cane sanguinario stato ucciso.

STANLEY -

Bene ti sei condotto, prode Richmond.

Ecco a te la corona, cos a lungo

usurpata. Lho tratta via io stesso

dalla sua fronte esanime

per cingerne la tua regal persona.

Portala, godine e falla onorata.

RICHMOND -

Gran Dio, di cos sia a tutto questo.

Ma ditemi, il giovin Giorgio Stanley

vivo?

STANLEY -

Vivo, sire, ed al sicuro

a Leicester, dove, se voi lo gradite,

potremo pel momento ritirarci.

RICHMOND -

Quali uomini di nome

sono caduti da entrambe la parti?

STANLEY -

Giovanni di Norfolk, lord Walter Ferrer,

sir Robert Brakenbury e William Brandon.

RICHMOND -

Date ai lor corpi quella sepoltura

degna dei lor natali.

Proclamate un indulto ai disertori

che vogliano tornar nei nostri ranghi;

e poi, cos come abbiam deciso

a sacro giuramento innanzi a Dio,

faremo ritornare in buona pace

la rosa rossa con la rosa bianca.

Sorridi, cielo, a questa bella unione,

dopo aver tanto a lungo riguardato

con cipiglio la loro ostilit.

E chi sar quel bieco traditore

che, ci vedendo, non dir Amn?

Per troppo tempo stata a matteggiare

lInghilterra ed a sfigurar se stessa,

il fratello versando ciecamente

il sangue del fratello;

il padre massacrando pazzamente

il proprio figlio, ed il figlio costretto

a farsi macellaio di suo padre.

Tutto questo ha diviso York e Lncaster

in unacerba, cruda divisione.

Oh, adesso Richmond ed Elisabetta,

successori legittimi

di quelle due reali dinastie,

per fausto ordine di Dio Signore,

si ricongiungano, e i loro eredi,

Dio Signore, se tale il tuo volere,

arricchiscano il tempo che verr

con una pace dal volto disteso,

con ridente liberalit,

e giorni lieti di prosperit.

Grazioso Dio Signore, spunta il ferro

nelle mani di tutti i traditori

che vorrebbero riportarci indietro

a quei giorni cruenti ed a far piangere

in mezzo a fiumi di sangue fraterno

linfelice Inghilterra. In mezzo a noi

fa che non viva chi, col tradimento,

mediti di trafiggere la pace

di questa bella terra.

Le ferite fraterne ora son chiuse,

torna di nuovo a vivere la pace.

Fa Tu, Signore Iddio, che viva a lungo.

fine


([1]) Questa didascalia arbitraria del traduttore. I testi non ne portano nessuna. Il lettore - o il regista - pu dunque immaginare il luogo a suo talento; che pu essere anche un interno della corte.

([2]) By this sun of York: alcuni testi hanno son, figlio, invece dellomofono sun, sole, che leggerebbe pertanto: ad opera di questo figlio di York riferito a Re Edoardo IV; figlio di York e fratello di Riccardo infatti questo Edoardo, che ha tolto il trono a un Lancaster, Enrico VI. verosimile che il drammaturgo abbia inteso sfruttare lomofonia dei due termini per uno di quei giochi di parole assai graditi al pubblico elisabettiano; ma la lezione sun la pi probabile, anche perch il sole era lemblema gentilizio degli York (cfr. in Enrico VI - Parte terza, il dialogo dei due fratelli Edoardo e Riccardo York alla prima scena del II atto).

([3]) sent before my time, cio partorito in parto prematuro.

([4]) Il nome del Duca di Clarenza, fratello di Riccardo, George.

([5]) Jean Shore, la favorita di Edoardo IV, nata Elisabetta Lambert e sposata al mercante William Shore. Sulle avventurose vicende della vita di questa donna scriver una tragedia nel 700 (Jane Shore, 1714) Nicholas Rowe, poeta e drammaturgo e primo sistematore, ordinatore e commentatore dellopera di Shakespeare.

([6]) La regina la gi nominata Lady Grey, al secolo Elisabetta Woodville, vedova di John Grey, gentiluomo morto combattendo contro Edoardo IV dalla parte dei Lancaster. Edoardo laveva sposata a 25 anni, rompendo la promessa del suo matrimonio con la sorella della regina di Francia, Bona di Savoia. (Questa avr una parte nellEnrico VI - Terza parte). Il nobile dama di Riccardo naturalmente sarcastico.

([7]) Il testo ha un bisticcio omofonico tra nought e naught. Brakenbury ha detto: Non ho nulla a che fare con (Have nought to do); Riccardo ha finto di capire Ho da trescare (naught) con.

([8]) I will deliver you or lie for you: la frase si pu anche intendere: Io ti liberer o mentir per te, per il doppio significato di lie che vale giacersi, porsi, ma anche mentire. Ed verosimile che Shakespeare abbia volutamente attribuito a Riccardo questo gioco di doppi sensi, per sottolinearne la perversit.

([9]) La notazione storicamente vera. Edoardo IV, salito al trono in et di 20 anni, succedendo a suo padre Enrico VI nel 1461, appena si vide possessore del trono, abbandonossi senza ritegno alla sua inclinazione per le donne, piacere che mancare non gli poteva, stante let, la posizione e le grazie della persona. Era il principe ricevuto nellintimit da parecchi abitanti di Londra; vi trovava indulgenza per tutte le sue tendenze e grandi facilit per soddisfare i suoi capricci. Codesta frequentazione lo abitu insensibilmente a non arrestarsi dinanzi a verun ostacolo per soddisfare le sue brame: tutto doveva cedere alla sua volont (L. Galibert & C. Pell, Storia dInghilterra, trad. A. F. Falconetti, Venezia, Antonelli edit., 1845).

([10]) But yet I run before my horse to market: letteralm.: Ma io sto correndo al mercato davanti al mio cavallo.

([11]) Si tratta, per la storia, di Edoardo principe di Galles, figlio di Enrico VI - il predecessore, per altra linea, di Edoardo IV al trono dInghilterra - ucciso nel 1471 nella battaglia di Tewksbury, combattuta da Edoardo IV contro le forze di Margherita dAngi, vedova di Enrico VI e quindi madre di questo Edoardo; il quale aveva sposato questa Anna Nevill, la pi giovane figlia di Riccardo Warwick, la quale nel corso del dramma diverr la moglie di Riccardo III. Questultimo confesser pi sotto di aver ucciso lui Edoardo.

([12]) Cittadina sul Tamigi, presso Staines, a circa 20 miglia a sud-ovest di Londra, gi sede di una grande abbazia di benedettini. Il testo ha: trasportato dalla chiesa di San Paolo ( taken from Pauls) che si tralasciato di tradurre. C da chiedersi per perch un s lungo tragitto, a piedi, con un corteo di poche persone, per andare ad inumare la salma di un re. Ma Shakespeare non si pone il problema: a lui interessa, ai fini del dramma, il tempo e il luogo per la lunga e decisiva scena dellincontro di Anna con Riccardo.

([13]) Naturalmente Riccardo mente: stato lui a uccidere deliberatamente il marito di Anna, Edoardo, che era suo nipote perch figlio del fratello re Edoardo V, dal quale avrebbe dovuto ereditare il trono. Riccardo lha ucciso nel corso della battaglia di Tewksbury, come egli stesso confesser in seguito.

([14]) Per capire questa risposta da Anna, bisogna intendere che ella abbia inteso che Riccardo le abbia detto: Sar cos (che io mi giaccia insieme con te) finch io continuer a mentire (cio non sar pi cos al momento in cui dir la verit) (So will it, madam, till I lie with you). il solito quibble basato sul doppio senso di lie, che vale mentire e giacersi (in senso sessuale).

([15]) Basilisco, il mitico mostro, a forma di drago, i cui occhi fiammeggianti avevano il potere di uccidere ogni creatura vivente, eccetto il gallo. citazione ricorrente in Shakespeare.

([16]) Il conte Rutland, ultimo figlio giovinetto del Duca di York, e dunque fratello di Riccardo e di Edoardo marito di Anna, nella battaglia di Wakefield, combattuta tra le truppe del Duca e quelle della regina Margherita moglie di Enrico VI, fu preso dai seguaci di questa e assassinato per mano di Lord Clifford, uno dei capi delle forze dei Lancaster. Lepisodio rappresentato nella terza scena del I atto della terza parte dellEnrico VI.

([17]) to him that has most cause to be a mourner: cio lui stesso, Riccardo, che ha riconosciuto essere lautore della morte di Re Enrico VI.

([18]) Crosby Place la residenza del Duca di Gloucester. Sar anche la dimora di Tomaso Moro sotto Enrico VIII.

([19]) Localit del Surrey, Inghilterra, gi sede di un famoso monastero di benedettini fondato nel 666 d. C., ora distrutto.

([20]) to Whitefriars: Frati Bianchi si chiamavano in Inghilterra i Carmelitani, per il loro saio bianco. Di quale localit si tratti qui, non chiaro. In Inghilterra, allepoca del dramma, cerano una quarantina di monasteri di carmelitani.

([21]) My dukedom to a beggarly denier: letteralm.: Il mio ducato contro una monetina da elemosina.

([22]) La contessa di Richmond, come dir pi sotto Elisabetta, la moglie di Lord Stanley. Vostra moglie non nel testo.

([23]) Si legga, qui come altrove, Glo-ster.

([24]) to enoble those that scarce some two days since were worth a noble: bisticcio tra enoble, nobilitare, dare titoli di nobilt e noble, moneta di scarso valore (circa 6 scellini), corrente in Inghilterra fino al 1461.

([25]) What marry may she? Marry with a king: nel testo inglese c un gioco di doppi sensi sulla parola marry, interiezione esclamativa , che sta per: Per la Vergine Maria (contrazione di by Virgin Mary), e per il verbo maritarsi. Riccardo lha usato nel primo senso quando ha detto: She may - ay, marry, may she, e nel secondo quando, rispondendo a Rivers, ha detto: What marrry may she? Marry with a king!.

([26]) Leggasi, per la metrica, Ti-sbury.

([27]) Margherita, andata in moglie a Enrico VI nel 1445, era la seconda figlia di Renato dAngi, che allora portava il titolo di re di Sicilia, Napoli e Gerusalemme. Enrico laveva sposata per procura inviando in Francia il marchese di Suffolk. Il matrimonio fece scandalo, perch la principessa non port nulla in dote, suo padre essendo re solo di nome, perch di fatto non aveva il possesso dei domini di cui aveva il titolo; lAngi era in mano inglese, a Napoli cerano gli Aragonesi, a Gerusalemme cera il Sultano. Lo sdegno dei cortigiani, capeggiati dal Lord Protettore Duca Humphrey Gloucester, nella prima scena dellatto I dellEnrico VI - Seconda parte. Margherita si dimostr tuttavia regina di grande carattere e abilit politica. Gli storici francesi Lon Galibert e Clment Pell (Storia dInghilterra, vol. I, Venezia 1845) la descrivono come una donna giovane, ardente, piena denergia, dintelligenza, di ambizione. Era ella stessa al comando delle truppe dei Lancaster nella battaglia di SantAlbano contro i rivoltosi di York e Warwick: La regina dInghilterra trovavasi allora nelle province settentrionali del regno, in mezzo a popolazioni guerriere, gelose delle iniziative che le province meridionali nelle contee della famiglia regia Margherita colle sue truppe portossi a marce forzate sopra Londra; mossa ardita che non intimor Riccardo (Riccardo di York, padre di Riccardo III, n.d.t.), perch credette solo di aver a che fare con alquanti partigiani (della regina, n.d.t.); infatti venne loro incontro con cinquemila uomini soltanto.

Qui, nella vicenda del dramma, siamo nel 1483, Margherita gi vecchia.

([28]) Warwick (conte Riccardo Nevill) era alla testa delle forze regie nella battaglia di SantAlbano. Giorgio di Clarenza aveva sposato una delle sue figlie; laltra era Anna, vedova di Edoardo principe di Galles (figlio di Enrico VI), protagonista della scena precedente.

([29]) Guardami bene in faccia non nel testo, che ha semplicemente: Do not turn away, Non voltarti da unaltra parte; ma il guardami in faccia implicito: Margherita ha sfidato tutti pocanzi a guardarla in faccia senza tremare.

([30]) Come si visto (v. sopra la nota 16), il giovanissimo conte Rutland, ultimo figlio del Duca di York, nella battaglia di Wakefield tra le truppe del Duca e quelle regie condotte personalmente dalla regina Margherita, fu catturato dai seguaci di questa e pugnalato a morte da Lord Clifford, uno dei capi delle forze dei Lancaster.

([31]) vain flourish of my fortune: per flourish nel significato di abbellimento in Shakespeare, v. anche in Fatiche damore perdute, II, 1, 14: needs not to be painted flourish of your praise, non ha bisogno degli abbellimenti / del vostro elogio.

([32]) V. sopra la nota 18.

([33]) the melancholy flood: il tratto di fiume infernale - per alcuni lAcheronte, per altri lo Stige, per altri ancora il Flegetonte - che Dante, con Stazio, chiama palude, attraverso il quale Caronte (Il nocchier della livida palude, Inferno, III, 98) traghetta le anime dannate.

([34]) La verit storica cui si riferisce questo passo piuttosto diversa. Non fu il Duca di Clarenza a tradire Warwick, ma questi ad abbandonare puntigliosamente la causa degli York, e a schierarsi coi Lancaster. Clarenza, come s visto (v. sopra la nota 28), aveva sposato la figlia maggiore di Warwick, Isabella. Egli era, con il suocero, alla testa delle forze degli York. Enrico VI un Lancaster, perch discende per li rami da Giovanni di Gaunt, duca di Lancaster. Al figlio di lui, Edoardo, Warwick d in sposa la sua seconda figlia, Anna; e da allora si schiera con i Lancaster. Giorgio Clarenza uno York, perch discende per li rami da Edmondo di Langley, duca di York, fratello di Giovanni di Gaunt. Quando Warwick cambia fazione, Clarenza entra segretamente in contatto con Edoardo e simpegna con lui ad abbandonare la fazione di Warwick.

Quanto allombra erratica in sembianza dangelo ( a shadow like an angel), verosimilmente quella di Rutland. Anche qui, come s visto, per la verit storica chi ha pugnalato il piccolo Rutland (uno York) a Tewksbury stato Lord Clifford.

([35]) Sempre, per spezzare la pesante atmosfera dei momenti pi drammatici e strappare un sorriso al pubblico, Shakespeare mette in bocca ai personaggi minori, o solo occasionali, un tratto di comicit. Qui palese il melenso nonsense del pugnalato a morte che si sveglia e si mette a dare del vigliacco al suo assassino.

([36]) Nor you as we are, loyal.: loyal sta verosimilmente per leale suddito del re; il sicario sembra essere convinto che Clarenza in carcere e condannato a morte per alto tradimento.

([37]) Cio: Io ti parlo in nome del re, da cui ho ricevuto mandato.

([38]) Il marchese di Dorset figlio di primo letto della regina Elisabetta, quindi figliastro di Edoardo; il titolo di marchese conferitogli da questo uno degli onori daccatto ottenuti dai parenti della regina, e contro i quali s scagliato prima Riccardo.

([39]) Il testo ha ha ridondante perifrasi: When I have most need to employ a friend, / And most assured that he

is a friend: Quando avr maggior necessit di servirmi di un amico e pi sia sicuro della sua amicizia.

([40]) I testi danno qui lentrata di Riccardo in compagnia di sir Richard Ratcliff; ma questo personaggio in questa scena non parla, e il Lodovici, uomo di teatro tra tutti i traduttori italiani di Shakespeare, opportunamente lo ignora. Noi lo seguiamo.

([41]) and no man in the presence / But his red colour hat forsook his cheeks, letteralm.: e non c nessuno dei presenti a cui il colorito rosso (lincarnato) non abbia abbandonato le guance.

([42]) Cio giunse al carnefice velocemente: Mercurio lalato messaggero degli di dellOlimpo, simbolo di celerit e destrezza.

([43]) Per questo episodio, v. sopra la nota 34.

([44]) an act of tragic violence: atto qui nel senso squisitamente teatrale: Elisabetta prosegue il traslato introdotto dalla Duchessa che ha parlato di scena. Shakespeare non perde mai di vista il suo mestiere.

([45]) La duchessa la madre di Re Edoardo.

([46]) Cio la vita. Lo stesso concetto in Enrico IV - Seconda parte, I, 1, 18-19: O Lord that lends me life il concetto cristiano - ripreso dalla dottrina di Epittetto - che la vita umana sia un prestito da restituire al Creatore.

([47]) Il giovane figlio di Elisabetta, Principe di Galles ed erede al trono, si trova a Ludlow, come si vedr pi sotto. Ludlow, nello Shrapshire, era stata, fino al 1700, la residenza dei principi di Galles (questo era, ed tuttora, il titolo dei principi reali eredi al trono), nonch la sede del consiglio dei feudatari delle marche gallesi. Il nome deriva verosimilmente, da Lud, il mitico re celto; e Lud era chiamata anticamente Londra (cfr. Cimbelino, III, 1, 29-32: The famed Cassibelan made Luds town with rejoicing fires bright).

([48]) In realt, il cittadino sa bene dov diretto: in Tribunale, come dice dopo; non sa perch vi stato citato dal giudice.

([49]) Seldom comes the better: alcuni intendono: Raramente ne arrivano di migliori (riferito a notizie); altri: Raramente segue uno migliore (riferito a re). Secondo questo traduttore, la frase pi generica, sul tipo dellitaliano: Il peggio non morto mai.

([50]) Per la verit storica, Enrico VI Lancaster, figlio di Enrico V - il vincitore dei Francesi ad Azincourt - alla morte del padre (a Vincennes, 31 agosto 1422) era stato proclamato re a 9 mesi det, ma fu incoronato a Parigi nel 1431, dopo 9 anni di reggenza.

([51]) Il castello di Pomfret (o Pontefreat) nello Yorkshire, lo stesso dove stato rinchiuso nel 1399 Riccardo III da Enrico IV Lancaster, e da questo fatto assassinare per mano di sir Robert.

([52]) Bool to blood: questa espressione, che ricorre sovente in Shakespeare verosimilmente uneco della biblica massima: Il sangue di colui che spander il sangue delluomo, sar dalluomo sparso (Genesi, IX, 6). Cfr. in Re Giovanni, II, 1, 329: Blood has brought blood).

([53]) we will to sanctuary: sanctuary era detta la chiesa o altro luogo sacro dove, secondo la legge medioevale, vigeva il diritto di asilo, onde ciascuno vi si poteva rifugiare per sottrarsi alla persecuzione da parte dei potenti o semplicemente dalla giustizia. Elisabetta teme imminente su di lei la mano di Riccardo. Il sacrario in cui si ritira Elisabetta con il suo secondo figlio maschio Riccardino e le cinque figlie femmine la cappella del monastero di Westminster.

([54]) the seal I keep: lArcivescovo di York era il Lord custode del sigillo privato della corona (the seal), ossia lo stampo metallico usato per lautenticazione dei documenti emessi dal sovrano o in nome di esso da funzionari delegati; egli cumulava cio la carica di arcivescovo con quella di Lord Cancelliere. Ancor oggi allarcivescovo di York, al pari del sindaco di Londra, spetta di diritto il titolo di lord.

([55]) I want more uncles here to welcome me: il giovane principe informato che i suoi zii lord Rivers, e lord Grey, fratelli di sua madre, sono stato mandati in prigione a Pomfret.

([56]) In verit, solo leggenda: non vi sono documenti storici a prova che la Torre di Londra fossa stata iniziata a costruire dai Romani; si sa invece che la sua costruzione fu iniziata da Guglielmo II, duca di Normandia, nel sec. XI d. C.

([57]) Thus, like the formal Vice, Iniquity, / I moralize two meanings in one word: laccenno alle rappresentazioni dei Morality Plays, dove compariva, in funzione di uno dei vizi umani, il personaggio dellIniquit. Il doppio senso con quale Riccardo, sullesempio di quel personaggio, moralizza, quello della vita lunga della fama, alla quale egli associa la fama del giovane Edoardo, che sar tuttaltro che lunga, perch sappresta a sopprimerlo.

([58]) V. sopra la nota 5. Qui Riccardo insinua soltanto che la Shore, la favorita del re Edoardo VI, trescasse con Hastings. Pi sotto (III, 4) inveir contro la donna, chiamandola puttana e accusandola di stregoneria.

([59]) Il cinghiale era lo stemma araldico di Riccardo Gloucester.

([60]) Ill have this crown of mine cut from my shoulders: gioco di parole: crown nellinglese antico sinonimo di testa (the top part of the skull, la parte superiore del cranio).

([61]) Ill send some packing: per laltro mondo, si capisce.

([62]) his head upon the Bridge: le teste dei giustiziati per alto tradimento, mozzate dalla mannaia del carnefice, venivano issate, infisse su aste di legno, sul Ponte di Londra.

([63]) Tenere il cappello in testa nelle cerimonie ufficiali era segno di dignit, riservato ai nobili. Il popolo doveva scappellarsi. Dire di uno che non era degno di tenere il cappello in testa era come dirgli di essere di bassa estrazione.

([64]) Questo personaggio indicato nellin-folio come Pursuivant: cos si chiamavano i commessi della Corte di giustizia incaricati di notificare gli atti della stessa. Si capisce, dal dialogo, che lo stesso che aveva notificato ad Hastings lordine del re di imprigionarlo. Nei testi anche nominato Hastings, come il suo nobile interlocutore. Ma il nome, ai fini delleconomia del dramma, inefficiente; e noi, col Lodovici, lo saltiamo, anche perch il personaggio non compare pi.

([65]) Anthony Rivers ci lascer, per averla scritta in prigione in attesa di essere giustiziato, una composizione poetica sul tema dellalterna vicenda delle umane sorti, opera che storicamente considerata come la pi importante testimonianza sul colpo di Stato perpetrato da Riccardo York, per diventare re Riccardo III.

([66]) Shakespeare, quasi per deformazione professionale, ogni tanto fa usare ai suoi personaggi un linguaggio teatrale. Prima ha fatto parlare le due donne di scena e di atto; qui il Duca di Buckingham che dice a Riccardo: Had not come upon your cue Hastings had pronounced your part. To come upon ones cue si dice dellattore che entra a tempo giusto in scena, o pronuncia a tempo giusto la sua battuta, avendo come segnale dentrata lultima parola (cue, la coda) che il copione fa dire allaltro attore. (Cfr. in Sogno duna notte di mezza estate, V, 1, 186: deceiving me is Thisbies cue: she is not to enter).

([67]) Localit nel sobborgo londinese di Camden.

([68]) Questa battuta di Riccardo la svolta del dramma. Da qui in poi esso la rappresentazione della orrenda mostruosit morale del protagonista, della quale il corteggiamento ad Anna nel macabro ambiente di una esequia funebre stato solo il prologo. Il Lodovici, uomo di teatro e traduttore di Shakespeare per il teatro, citando le cronache dellHolinshed (Raphael Holinshed, Chronicles of England, Scotland and Ireland, London, 1577), premette a questo discorso di Riccardo ai nobili, una Nota per lattore che deve sostenere la parte di Riccardo, avvertendolo del repentino mutamento di umore da mostrare al rientro in scena con Buckingham: da affabile e gioviale, come lha definito prima Hastings, a truce, stravolto e minaccioso.

Gli storici Galibert e Pell (op. cit., I, pag. 41) cos raccontano lepisodio: Dopo alcuni istanti di assenza, rientr tutto smarrito, gridando: Milordi, si attenta alla mia vita! Si cospira contro di me!. Coloro che si sono resi colpevoli di un tal delitto - disse Lord Hastings - siano puniti come traditori!. E Gloucester: Ebbene, milordi, sapete chi sono i traditori? Elisabetta, vedova di Edoardo, Giovanna Shore, di lui amante, che vogliono con sortilegi attentare alla mia vita: vedete che gimmi si dissecca il braccio? E Gloucester si snud il braccio, e limmagrimento di quellarto atterr il Consiglio. Il Protettore strumentalizza alladempimento dei suoi disegni una sua infermit naturale.

([69]) V. sopra la nota 58.

([70]) Per una sadica ironia - osserva Vittorio Gabrieli nelle note alla sua traduzione del dramma (Garzanti, 1988) - Riccardo fissa il calendario delle sue mostruose stragi in relazione alle pause naturali della giornata e alle ore dei suoi pasti. Vuol vedere la testa mozzata di Hastings prima dandare a pranzo e chiede a Tyrrel un resoconto dettagliato dellassassinio dei nipoti dopo cena, prima di coricarsi.

([71]) Who builds his hope in air of your goor looks: qui air evidentemente usata nel suo senso di spazio vuoto, unsubstantial come contrario di solido, concreto, substantial.

([72]) Il Lodovici cos annota questa scena: Anche questa (come limprovviso mutamento dumore ostentato la scena precedente, N.d.t.) tutta una commedia. Gloucester e Buckingham, ora che s sparsa la notizia dellassassinio di Hastings, vogliono far credere di essere stati sorpresi da un attacco proditorio condotto contro di loro dallo stesso Hastings.

([73]) Si capisce che i due fanno la scena davanti al Sindaco di Londra, perch sanno bene chi arriva.

([74]) LAlexander, al cui testo generalmente mattengo, attribuisce questa frase al Lord Mayor; altri - seguendo lArden Shakespeare - lattribuiscono a Buckingham.

([75]) Il Palazzo di citt, il Municipio.

([76]) La lascivia di Edoardo era in realt proverbiale tra il popolo. (V. sopra la nota 9).

([77]) Era uno dei pi antichi fortilizi della Londra normanna, costruito da Guglielmo il Conquistatore.

([78]) Sullidentit di questi personaggi, trascrivo dalle note del Lodovici (op.cit.): John Shaw, fratello del Lord Mayor di Londra, dottore in teologia, tenne poi nella chiesa di San Paolo un sermone sulla lussuria del defunto re Edoardo e sulla condizione di bastardi dei due figli Frate Penker: predicatore illustre, padre provinciale dei frati Agostiniani.

([79]) Si capisce che i principi - i due figli di Clarenza - sono stati fatti trarre alla Torre da Riccardo. Da esperto drammaturgo, Shakespeare ci ha risparmiato la scena, lasciandola immaginare da ciascuno a suo talento.

([80]) Lady Elisabeth Lucy, dei conti di Suffolk, andata poi sposa al visconte Lisle.

([81]) Ma intanto che questo matrimonio (di Edoardo con Elisabetta Woodville, vedova di John Grey) si celebrava misteriosamente a Grafton Vourt, Warwick, per incarico dello stesso re Edoardo, negoziava in Francia un legame con Bona di Savoia, sorella della regina; e tutte le convenzioni erano gi concluse, allorch il conte riseppe della determinazione di Edoardo (Galibert & Pell, op. cit. I, pag. 406).

([82]) Riccardo aveva comandato vittoriosamente la spedizione contro gli Scozzesi, nemici tradizionali degli York (1482).

([83]) were not used to be spoken to but the Recorder: Recorder si chiama oggi in Inghilterra il magistrato monocratico equivalente pressa poco a quello chera il nostro pretore. Al tempo di Shakespeare, era cos denominata la persona, esperta di discipline giuridiche, nominata dal sindaco e dagli assessori comunali (Aldermen) per registrare o tenere a mente le procedure giudiziarie da suggerire che fossero da applicarsi nei casi singoli; la sua testimonianza orale faceva testo. La figura medioevale dello scabino quella che pi gli si avvicina.

([84]) sempre stato laccorgimento pi astuto del tiranno simulare la devozione religiosa (John Milton, The Complete Works, vol VI, pag. 381, Yale University Press, 1962).

([85]) For on that ground Ill build a holy descant: limmagine tratta dalla polifonia medioevale nella quale il discanto era la voce pi acuta della composizione musicale, che cantava, sulla base musicale, la parte pi alta. Buckingham vuol dire che finger di unirsi come prima voce alle richieste dei cittadini portate dal Lord Mayor.

([86]) Go, go, up to the leads: lead qualsiasi luogo da cui si domina una vista, un gruppo di gente; in questo caso il soppalco della scena (the upper)che dovrebbe raffigurare la galleria/loggia del palazzo, sulla quale si far vedere Riccardo in mezzo a due prelati.

([87]) the aldermen: erano quelli che sono oggi gli assessori del comune, i pi stretti collaboratori del sindaco (prima li ha chiamati brethren, confratelli).

([88]) Il linguaggio di Riccardo e Buckingham volutamente fiorito e artificioso, come devessere un linguaggio ipocrita.

([89]) which fondly you would here impose on me: fondly qui inteso nel senso che la parola aveva nellantico inglese di affectionately, tenderly, lovingly; il senso peggiorativo di foolisly, stoltamente, insensatamente, con il quale lhanno inteso molti curatori, venuto alla parola successivamente. E del resto, a fil di logica, Riccardo, per quanto voglia fingere, non potrebbe trattare da insensati quelli che vengono a offrigli una cosa che egli vuole gli venga offerta.

([90]) V. sopra la nota 80.

([91]) Gli storici Galibert & Pell (op. cit.) narrano cos lincontro di Edoardo con questa Elisabetta.

In una partita di caccia chebbe luogo nel Northamptonshire, a Grafton, ebbe (Edoardo) occasione di vedere Elisabetta Woodville, vedova di John Grey, gentiluomo addetto alle parti di Lancaster, stato ucciso nella seconda battaglia di SantAlbano, e al quale erano stati confiscati i beni. Appena fu Edoardo entrato nella residenza di Elisabetta, essa dama gli si gett alle ginocchia per supplicarlo di restituire ai suoi figli i beni del padre. Colpito Edoardo dalla bellezza della giovane vedova e dallincanto del suo conversare, accord tutto quello che gli si domandava, sperando che a vicenda egli non avrebbe che a domandare per ottenere. Ma Lady Grey fu incrollabile; e malgrado laffetto reale che per Edoardo sentiva, seppe resistere allabbagliante prestigio che circondava un re di venticinque anni. Edoardo, vinto da s nobile resistenza, ma sempre preso, proffer la mano e la persona a colei che gli aveva ispirato s viva passione. E il matrimonio si comp..

([92]) Per Buckingham il letto in cui nasce illegittimo (unlawful) solo per comodit dialettica, perch in realt Edoardo nasce in virt di matrimonio.

([93]) Si tratta, storicamente, della piccola Margaret, contessa di Salisbury, nata nel 1473, e quindi in et di 10 anni al momento del dramma; la madre Isabella Nevill, sorella maggiore di Anna, figlie entrambe del famoso conte Riccardo di Warwick detto il Creatore di re (Kingmaker).

([94]) Si capisce qui che il matrimonio con Riccardo di Gloucester gi avvenuto; non per lincoronazione di Anna a regina, che avverr nel cuore del dramma.

([95]) go, cross the seas and live with Richmond, from the reach oh hell: questo Richmond, per la storia, Enrico, conte di Richmond, ultimo rappresentante della casa Lancaster, nipote, per parte di padre, di Caterina di Francia, presso la quale si trova rifugiato dopo la disfatta definitiva subita dai Lancaster nella battaglia di Tewksbury. Su di lui i partigiani della rosa rossa (la rosa dei Lancaster) fermarono lattenzione per rimetterlo sul trono e liberarsi dalla tirannia di Riccardo III. Ma la congiura fall. Richmond riprender poi le armi contro Riccardo e sar quello che lo uccider nella battaglia di Bosworth, diventando re col nome di Edoardo VII.

([96]) Richmond non era figlio ma figliastro di Lord Stanley. Sembra chiaro che le parole di Stanley: You shall have letters from me to my son in your behalf non pu intendersi, come leggono molti: Porterete con voi lettere da me a mio figlio; non si capisce come possa Dorset, recando egli stesso un messaggio a Richmond, fargli sapere di venirgli incontro per la strada, una volta sbarcato in Francia. A Calais non cera posta pneumatica!

([97]) To feed my humour, wish thyself no harm.: cio: Non voglio uccidere in me lequilibrio dei sensi, impazzire, abbandonandomi alla collera e allinvidia contro di te. un improvviso sprazzo di filosofia greca. Secondo Ippocrate, nel corpo umano sono presenti quattro liquidi (humours): il sangue, sede della passionalit; la bile, sede della collera; la flemma, sede del sentimento omonimo, e latrabile, sede della malinconia. Secondo che nelluomo predomini luno o laltro di questi umori si rompe lequilibrio del suo essere. Elisabetta dice che se dovesse mettersi ad augurare male ad Anna, nutrirebbe uno dei suoi umori, la bile, a danno di altri e finirebbe con lo squilibrare il suo temperamento. Al tempo in cui Shakespeare scriveva il Riccardo III (il lavoro figura depositato allo Stationers Register nel 1597), il suo amico Ben Jonson scriveva la sua commedia Ciascuno col suo umore (Every Man in His Humour), rappresentata nel 1598; probabile che questo accenno di Elisabetta agli humours ne sia uneco.

([98]) Riccardo York odia il padre di Anna, Warwick (Sir Richard Nevill, conte di Warwick, detto il Creatore di re, The Kingmaker, v. sopra la nota 93) perch questi, nel dare in sposa la figlia Anna al principe Edoardo, figlio di Enrico IV e di Margherita, aveva avuto in animo di rimettere sul trono dInghilterra la casa Lancaster.

([99]) La didascalia che figura in tutti i testi : The trumpets sound a sennet: il sennet uno dei tre segnali musicali presenti nel teatro di Shakespeare, gli altri due sono il flourish e lalarm (o alarum). Il sennet dei tre il pi solenne: annuncia solitamente lentrata in scena in gran pompa di personaggi regali. Consiste, secondo la ricostruzione congetturata (non verano registratori di suoni allepoca), in una serie di squilli di tromba o di corno, o degli uni e degli altri insieme. anche usato per salutare lentrata in scena di cortei, processioni, tornei, ecc. La sua durata pare non dovesse essere meno di due interi minuti. detto anche Fanfara.

Il flourish invece un semplice squillo di tromba, usato per circostanze analoghe, ma meno solenni o pompose.

Lalarm normalmente un rullo di tamburo, usato per annunciare una battaglia in corso, lingresso di un esercito in marcia, un funerale. Pu accompagnarsi con gli altri due segnali.

Quali forme musicali avessero questi segnali , naturalmente, ignoto.

([100])Allepoca, tra le famiglie nobili si promettevano in sposa, e talvolta si maritavano anche, bambine non ancora puberi.

([101]) Il testo ha un generico: Go by this token, dove token qualunque cosa che possa darsi come pegno, campione, segno di riconoscimento, ecc. Alcuni intendono con questo anello. Il fatto che ci che Riccardo consegna a Tyrrell non si sa: una di quelle cose che Shakespeare lascia alla fantasia del regista o di chi legge.

([102]) Rise and lend thine ear: da intendere che Riccardo sia sempre seduto in trono, e Tyrrell si sia inginocchiato ai suoi piedi.

([103]) Quel che Riccardo sussurra allorecchio di Tyrrell ce lo far sapere il racconto di questi nella scena seguente: Riccardo gli dice come deve uccidere i bimbi: soffocandoli. Con quale dinamica, per, non si sa. We smothered- dir laltro sicario Dighton; ed lo stesso verbo che si ritrova nellOtello nella didascalia della scena finale: Smothers her; dove, in verit, non fu mai pacifico tra i critici se si tratti di soffocamento mediante strozzamento, o mediante la pressione di un cuscino sulla bocca. Nel film di Laurence Olivier, Riccardo, a questo punto, per mostrare a Tyrrell come procedere, afferra un cuscino e glielo tiene pressato sulla bocca. Ma anche qui, regista e lettore immaginino a loro agio e talento.

([104]) Castello normanno sullaltura che sovrasta la citt di Exeter, nel Devonshire.

([105]) Brecon, nella Contea del Galles, nella valle dellUsk, feudo della famiglia Buckingham, con un famoso castello medioevale.

([106]) I lor cadaveri, ancora caldi, furono portati a pi della scala, dove furono sepolti in una fossa alluopo scavata. Tale il racconto che fecero gli assassini alcuni anni dopo; ed alcune ossa trovate nel sito indicato durante il regno di Carlo I non permettono di dubitare della loro veridicit (G. Galibert & C.Pell, op. cit., I, pag. 415).

([107]) V. sopra la nota 70.

([108]) Edoardo IV, oltre ai due figli maschi, che Riccardo ha fatto trucidare alla Torre, aveva avuto da Elisabetta cinque femmine. La prima, Elisabetta, di cui qui si parla, andr sposa a Richmond, venuto al trono come Enrico VII.

([109]) When holy Harry died, and my sweet son.: sottinteso Dio dormiva. Enrico VI e Edoardo, principe di Galles, erano rispettivamente marito e figlio di Margherita dAngi.

([110]) Il rito di sedere per terra a raccontare a se stessi e agli altri le proprie sventure frequente nei personaggi shakespeariani (cfr. in Re Giovanni, III, 1, 73: Here I and sorrows sit, here is my throne:

COSTANZA - (Si siede per terra)

E qui sediamo io e il mio dolore,

qui il mio trono.

([111]) V. sopra la nota 58.

([112]) Cancel his bond of life: bond ogni documento legale con cui un governo o altra autorit si obbliga a pagare al cittadino creditore alla scadenza. Qui sta sta per il buono (nel senso di buono del Tesoro) che Dio rilascia agli uomini al momento della loro nascita, e annulla al momento della loro morte, secondo la dottrina di Epitteto (v. sopra la nota 46).

([113]) Nessuno, che non sia un Inglese verace, riuscirebbe a capire il senso di questa battuta di Riccardo; e anche tra gli Inglesi veraci credo siano pochi quelli che sanno che lora di Humphrey (Humphrey hour) lora di colazione. Lespressione, secondo il Praz (Riccardo III, Sansoni, Firenze, 1943-47) derivata forse con allusione al Good Duke Humphrey, come veniva chiamato dal popolo il Duca Humphrey di Gloucester, figlio minore di Enrico IV, e, alla morte di suo fratello Enrico V (1422), Lord protettore del minore figlio di quello, Enrico VI. Nella cattedrale di San Paolo a Londra, dove si credeva fosse sepolto (a torto, perch la sua tomba si trova nellAbbazia di SantAlbano), ci chiam Duke Humphrey Walk la navata in cui si raccoglievano i mendicanti, e poich dei mendicanti saltare il pasto, lespressione pranzare con il Duca Humprey pass a significare saltare il pasto, digiunare. Sicch il senso della battuta di Riccardo alla madre che gli ha chiesto di citargli una sola ora in cui ella abbia avuto conforto dalla sua compagnia, : Lunica ora in cui sei stata confortata, stata quellora in cui io non cero, tu avevi appetito e hai fatto colazione senza aspettare la mia compagnia.

([114]) In verit, Brigida, una delle quattro femmine avute da Elisabetta col primo marito - e perci non di sangue reale come Elisabetta e i due maschi fatti trucidare da Riccardo -, si fece monaca; le altre tre, Cecilia, Anna e Caterina andarono tutte spose a nobili inglesi; cos Elisabetta.

([115]) Nel testo inglese Elisabetta non risponde S, nipoti, anche se dice: Cousins indeed!, rispondendo a Riccardo, che aveva detto : You speak as if that I had slain my cousins; il testo inglese gioca sullomofonia di cousin, cugino, nipote, parente in generale, e cozen, ingannare, defraudare. Sicch come se lattrice risponda: S, ingannati!. uno di quei bisticci di parole con i quali Shakespeare, con un abile tocco di comicit, che impossibile rendere in altra lingua, fa sorridere lo spettatore nei momenti pi drammatici.

([116]) Come si visto, le cose non sono andate come dice Elisabetta. Tyrrell, nel suo monologo allinizio della scena 3a, non parla di pugnali e di sangue; i due piccoli principi furono soffocati, come racconteranno i due sicari alcuni anni dopo (C. Galibert & C, Pell, op. cit. I, pag. 415); ma Elisabetta non sa ancora in che modo sono stati uccisi i suoi figli.

([117]) Il Lete, il fiume infernale della mitologia classica che scorreva nei Campi Elisi e le cui acque, che le anime morte dovevano bere, avevano il potere di cancellare dalla mente il ricordo del passato.

([118]) Your reasons are too shallow and too quick: quick detto di parole pronto nel senso di vivace, infiammato ma superficiale; detto di persone vivo, animato da vita, opposto a dead(cfr. in Amleto, V, 1, 122: Tis for the dead, not for the quick); e in tal senso lo intende Elisabetta, associando le ragioni ai suoi due figlioletti uccisi.

([119]) Lordine della Giarrettiera, istituito nel 1344, era ed la massima e pi prestigiosa onorificenza cavalleresca inglese; essa veniva conferita in solenne cerimonia dal re in persona.

([120]) Cristoforo Urwick un prete e ai preti gli Inglesi dnno del Sir che, in quel caso, corrisponde al nostro don.

([121]) V. sopra la nota 59.

([122]) Sintende: se passassi dalla parte di Richmond; del quale - come abbiamo visto - Stanley patrigno.

([123]) Localit imprecisata, che alcuni indicano - come noi qui - con Hardforest, altri semplicemente con Harford; lAlexander ha un Hardford West in Wales, che non esiste egualmente sulle mappe dellepoca.

([124]) Rice ap Thomas: ap la particella patronimica dei nomi nobiliari gallesi, come mac degli scozzesi e il de degli italiani; ma il traduttore non se l sentita di tradurre qui Riso de Tomaso!

([125]) Centro dello Staffordshire, alla confluenza dei fiumi Tame e Anker, distante circa 20 km. da Birmingham, 150 da Londra.

([126]) V. sopra la nota 96.

([127]) Si legga lai-ster, per la metrica.

([128]) The Earl Pembroke keeps his regiment: inutile notare che allepoca del dramma non esisteva ununit militare chiamate reggimento.

([129]) good captain Blount: captain e general nel linguaggio shakespeariano sono la stessa cosa.

([130]) Il vaticinio di Enrico VI a Richmond nella terza parte dellEnrico VI, VI, 6, 70-78.

([131]) Jockey of Norfolk, be no so bold/ For Dickon thy master is bought and sold: il messaggio reca in sottinteso lannuncio del tradimento di Lord Stanley, passato con le sue truppe dalla parte del figliastro Richmond. Per la storia, fu lapporto delle truppe di Stanley che decise la battaglia (1485) di Tamworth a favore di Richmond, determinando con essa la fine della dinastia degli York, e lavvento di quella dei Tudor.

Dickon, da Dick vezzeggiativo di Richard, usato qui in senso spregiativo/ironico, Ricciardetto; bought and sold, letteralm. comprato e venduto espressione idiomatica per tradito. I due versi sono tolti in presti dalla traduzione di Vittorio Gabrieli (Garzanti, 1988).

([132]) and I will stand the hazard of the die: letteralm.: e star al rischio del dado; star al gioco costrutto preso in prestito dal Lodovici (op.cit.).

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