ECCO NERONE OVVERO:
UN PERSONAGGIO IN CERCA DAUTORE
Di Carlo Terron
ALLEGORIA DELLATTORE A PI VOCI IN UNA
OFFERTA PER UN MATTATORE IN BISOGNO DI SFOGARSI
PERSONAGGI
Lattore in:
Nerone
Agrippina
Seneca
Tutti i dati neroniani biografici, cronachistici, ambientali, anche i pi parodisticamente proposti, sono riscontrabili sulle fonti storiche ufficiali. A Mario Scaccia, superbo creatore
PRIMO TEMPO
Gettiamo bombe, fratelli pacifici, nei ben pettinati orticelli della ragione. Solo sparando a zero addosso alle squallide muraglie del buonsenso, c speranza di schiudere una breccia nellinaccessibile fortezza del mistero e, diradandone le nebbie, poterne afferrare qualche salvifico brandello. Esclusi dal prodigo dono della fantasia e relegati alla pitocca elemosina dellimmaginazione; capaci, di conseguenza, al pi, di oratoria, mai di poesia; pesanti uccelli handicappati, mutilati nelle ali, domestiche oche ammaestrate, come non deplorare, dal fondo del nostro invidioso avvilimento, lumiliante condanna di non saperci librare nei regni superni dellinsania illuminante, alla rincorsa di verit arcane, coerentissime nella loro incoerenza baracconesca, ebbra dei gloriosi esiti anarchici del proprio disordine, perch mai scordarsene lordine , s, il piacere della ragione, ma il disordine lestasi della fantasia. Che costa rischiare? Esistono sconfitte pi onorevoli di tante vittorie. Nessuno, che si sappia, ha mai condannato Icaro per aver fallito il folle volo. Cocaina, dunque, alle meningi, gente e, senza badare dove si mettono i piedi, ci si inoltri lungo gli stregati sentieri della metafora, dellutopia, della chimera, del simbolo, dellallegoria, parole ambigue, sacre ed inquietanti. Privilegiato colui che ne sortir indenne. Concreta materializzazione di un irreale vaneggiare, eccoci, dunque trasferiti, salvo scherzi malaugurati dello scenografo e manigoldi stravolgimenti del regista; nei sotterranei di una chiesa che potrebbe essere un teatro, oppure, viceversa, nei sotterranei di un teatro che potrebbe essere una chiesa, ammesso e concesso che possano, eccezionalmente essere, quantomeno significare, la medesima cosa. Quant vero tutto codesto falso, quant palese questocculto, quant esplicito questesoterico, quant sacro questo profano. Luogo reale, oppure dimensione medianica di una fantasticheria visionaria cose e discorsi, forme e suoni, luci ed ombre delle pi inaspettate, strane, contraddittorie, distorte, dissonanti, mostruose efflorescenze, affastellanti le robe pi scompagnate e scomposte della frusta e vetusta attrezzeria, confacenti a due rituali contrastanti, forse convergenti in un rituale solo. Strumenti di culto e finti reperti archeologici: urne ed altari, simulacri di eroi pagani ed effigi di santi cristiani, lampe e turiboli, incensieri e fasci littori, candelabri e flabelli, pissidi e insegne curiali, severi paramenti sacri e frivoli costumi da scena greco-romani, un gigantesco crocefisso emaciato, da tisico allultimo stadio, dirimpetto a un colossale Zeus in ottima cera, dalle chiome inanellate; ma potrebbe anche trattarsi di Mos, colto in periodo di vacche grasse; e capitelli dimenticati come teste mozze di colonne arresesi alla crudelt del tempo; e baldacchini, troni monumentali, fastosissime poltrone, baroccherie inimmaginabili, che solo il romito del Vittoriale redivivo sarebbe in grado di elencare, lui che ne coltiv la mania: e sedie, sedie, sedie: le sedie di tutte le chiese e di tutti i teatri e di tutti i bordelli, dogni tempo e dogni sito. In poche parole: par dessere, e forse si , in un magazzino che accatasta e mescola insieme il trovarobato di una riedizione cinematografica del Quo Vadis? e loccorrente cultuale per lelezione di un successore di Pio IX in San Pietro. Vocalit e mimica corrispondentemente riflesse, anzi esaltate al quadrato fin sulle vette del furor istrionico, si estolle, superba e inverosimile, una recitazione gloriosamente mattatoria, nel sussultare incessante, or nobile or plebeo; comica, anzi, clownesca da tanto che tragica, anzi apocalittica da tanto che comica: un coacervo grottesco e inestricabile di seriet e umorismo, ordine e indisciplina, originalit e maniera, umilt e protervia, distinzione e trivialit, controllo e sciatteria, piaggeria snobistica e insulto plateale, deferenza e sarcasmo, rispetto e sberleffo, garbo e smorfia, ritegno e sfacciataggine: genio e sregolatezza, naturalmente. A scorno di ogni coerenza psicologica e a vergogna di ogni verosimiglianza ambientale e comportamentale che il commento musicale, sfacciatamente operistico, accentua nella buona intenzione di attenuare, fatto a brani e respinto sullultima spiaggia qualsiasi residuo di logica: un quadro verace e fedele del pi delirante e pompieristico Andr Moreau (scenografo, attento a non sciupar loccasione) il forsennato trionfo dun forsennato kitsch. Eccolo l, gi pronto alla pugna, il mago dei prodigi, verecondo e spudorato, suscettibile come un soprano leggero, vano come un tenore di grazia e presuntuoso come un regista qualsiasi; unaltalena di umori, indomito nellagitare i superstiti brandelli dellantico vigore demoniaco, passati al servizio di una fatua vaniloquenza senile che non perdona. Sta, laraldico animale, squassato dal demone di Melpomene e Talia in rissa, al centro del quadro, allucinazione nellombelico di unallucinazione, su una breve pedana circolare, come nel fuoco di una lente che concentrer su di lui, sino alla fine se ci si arriver una luce incendiaria, svariante di urlanti colori ignari di discrezione e sfumature, digradanti solo ai margini a respingere in tetri abissi di tenebra impraticabile le viscere del magico luogo. Indossa uninverosimile vestaglia da camera, logora ma clamorosa, dallo schiaffeggiante fasto di un supremo pessimo gusto, degno di un museo dellabbigliamento, sezione assirobabilonese. Viene in mente il roco do di petto del Lauri-Volpi degli anni estremi, deciso ad arrendersi solo un minuto dopo aver sentito saldare il coperchio della propria cassa da morto, rabbia e piet. Il sacro mostro intento, da un bel po, a far dei vocalizzi mimici, vale a dire a controllare diverse espressioni del volto, in uno specchio a mano; ma, a portata di passo, ne dispone di un secondo a dimensione duomo, che gli verr utile in seguito per regolare le subentranti metamorfosi imperiali di un fregolismo inesausto, consentitogli da un tavolo fornito di tutto il possibile bendiddio per il trucco e per il travestimento, e ancora ne avanza. Mugugna, mormora, sillaba scampoli e scampoletti, a mezza bocca, di famose battute dalto repertorio, che gli galleggiano nella mente come chicchi di riso solitari nel brodo di cottura Si scatarra a lungo, prima di gratificare luditorio del bronzo della sua voce leggendaria, modulata con sostenuta naturalezza non priva di misurata dignit, in un discorso apparentemente coerente e convincente, per quanto le folate travolgenti della sua madornale capricciosit di titanico fanciullo gli consentono ancora. Un innocente, sotto la penna grottesca di Gogol, non potrebbe far di pi e di meglio; sotto la nostra sar quel che sar. A ogni giorno la sua ruga. Anche oggi, tredici aprile, luned, San Martino papa, una di pi. E, domani, unaltra, e dopodomani unaltra ancora e poi ancora e ancora e ancora, da sempre e per sempre. Sorger mai lalba del giorno che, sulla neutra tavolozza di codesto viso esausto e inesausto, mancher lo spazio per lultima ruga? Nessuno ci faccia conto: non ci sar ultima ruga. Lattore indistruttibile: destino eccelso ed orrendo Giusto tono semicoturnato. Cos. Ottima battuta per partire. onorevole al commediante provvedere alla regia di se stesso sintonizzandola sulla visione cangiante della propria anima. (A frangere laustera scansione accademica del discorso alla nobile maniera dellindimenticabile GrandUff. Achille Maieroni, interferisce la quotidiana banalit del telefono. Senza in nulla alterare il proprio mobilio interiore, eccettuato un minimo sollevamento tediato del sopracciglio, il vegliardo va a rispondere, manifestandosi nella susseguente feracit di una volubile schizofrenia che gi il concentrato campionario rivelatore di un mutevole stile interpretativo, al servizio dei pi scompigliati contenuti. Subentranti o mischiate, una sventagliata estrosa di pazienza, vanit, esibizione, irritabilit, sorpresa, indignazione, collera, rassegnazione, piaggeria e chiss cosaltro ancora, allinsegna, candidamente scoperta, del consapevole e compiaciuto recitare, superiormente accordato in chiave di annoiata superiorit, in tutte le possibili variazioni di tempo, di tono, di grado, dalla flemma al furore, dalla finta umilt allaggressiva protervia: gioco come confessione. E questo ancora nulla, minimum preordinabile e descrittibile, a petto dellinaspettato e dello strambo che si consuma nel lago del suo cuore in tempesta e sulla cordigliera della sua mente in rovina. Eh, il temerario solista ne avr, s, delle spericolate occasioni per esibirsi, senza rete, nello sfoggio virtuosistico delle sue illimitate facolt moltiplicatrici. E ne abusi pure, sfrontatamente. Una sbornia, a tempo debito, salutare: sfianca i nervi disinnescando le inibizioni. Lultima carica, lasciamolo divertire). Parli Ha sbagliato numero Le ripeto che ha sbagliato numero Calmissimo, ma ha sbagliato numero ugualmente. Non ha infilato il dito nei buchi giusti. Capita anche per altre parti del corpo Non conosco No Cessi di insistere: qui Domus aurea Domus aurea Non sulla guida telefonica E dallinfausto giorno di Caporetto che decisi di ignorare questo triviale arnese Non decampai nemmeno nel maggio radioso a Fiume, con DAnnunzio. Telefonava abbastanza lui alle sue puttane Gi. cos, il telefono rimasto qui, come un reperto archeologico dimenticato, testimone daltre epoche Appunto. Fa museo Naturalmente. Faccio museo anchio Mah!... Uno, due, tre anni passati, o pi, stabilisca lei, che ne so?... A farlo squillare, lultima volta, fu unalta carica della Repubblica. Dovendo risolvere un quiz, chiedeva di conoscere il nome di colui che scrisse La signora delle camelie. Non fui in grado di soddisfarlo non avendo ancora avuto la grazia di interpretare Margherita Gauthier, e dio sa quanto lo desidero, ma ci sar tempo. Disse: Pazienza, meno male che posso divertirmi soffrendo altrettanto con La nemica, Shakespeare sempre Shakespeare, un autore che si ricorda. Era uno del ministero dei beni culturali. Si teneva al corrente colla Settimana enigmistica No no, dica senza vergogna Ci vogliono democratici? Approfittiamone Chi sono io? Me laspettavo. (e ci sovrappone una diabolica bench fievole risatina per intenditori raffinati). Ho sorriso Pazienza. Nessun genere di sorriso riesce bene per telefono. Un sorriso, se un vero sorriso, assai pi da vedere che da sentire. Non lo sa? Sono le limitazioni delle macchine. Lanima non merce da inscatolare. anche per ci che ho smesso di servirmi di questo stupido arnese Nulla di meno telefonico dellironia. Lo lasci dire a un competente Ci ricasca, eh? Chi sono io?... lei non sa chi sono io. Non mica colpa sua. colpa dei tempi. La saluto. E si guardi bene dal richiamare. (evidentemente, allaltro capo del filo, lo si continua a trattenere). Momento. Follia, ha detto? Gran bella parola, la pi eufonica che conosca. impossibile non pronunciarla bene eufonica Ci vorrebbe troppo tempo. Con un vocabolario fa molto pi presto, ed esiste, persino, la possibilit che comprenda ci che vuol dire Non c di che Una forma di follia? Le pare? Crede di aver fatto una scoperta? Offeso? Grato, semmai: si tratta del mio Toson doro Limportante che la follia abbia del metodo: del metodo. allora che diventa feconda. Sissignore!... Ma, avrei fatto ci che ho fatto, sarei colui che sono, se la mia mente non fosse stata laureata da quel dono?!... Non obbligatorio capire, lasci perdere. Tenga presente solo che lass, unicamente lass, alle altitudini rarefatte e inattingibili, dove garriscono gli stendardi della mente scardinata, a patto di non soffrir di vertigini, in una lucidit di liquido diamante, risplende trionfale labbagliante verit. Cerchi di percepire le iniziali maiuscole, possibilmente Non riesce a seguirmi?... Lo credo bene. Guai se ci riuscisse Che ragione avrei di essere modesto? Si chiede, forse, alla vetta del Monte Bianco di essere modesta? Nomino il Monte Bianco perch, al presente, siamo in Europa; se fossimo in Asia, nominerei lHimalaya, naturalmente Cosa vuole? Il destino ha deciso cos e io mi adeguo. Ho molto riguardo per il destino, io; specialmente nel senso del suo sinonimo Fato Io e il Fato siamo gi abbastanza in confidenza Sedersi? stracco?... Non mi dica!... Telefono che impugni, usanze che trovi Se ha labitudine di conversare, al telefono, stando seduto, faccia pure. Soltanto le tragedie greche, con qualche eccezione, rara come le mosche bianche, e sconsigliabilissima, per Euripide, tassativamente obbligatorio recitarle in piedi; il rimanente repertorio si liberi. Mai vista una sedia n in una tragedia greca, n in una regia di Maurizio Scaparro. Qualche infrequente tono, ma mai una sedia al pi, ci si siede per terra. Il tempo del sof venuto dopo. Senta, per pi precisi ragguagli, lAccademia dArte Drammatica. Il merito di aver avviato la moderna tradizione della recitazione perpendicolare suo S messo comodo?... Oddio, i piedi sulla scrivania potendo evitarli Decoro Capisco: in pigiama. I piedi saranno nudi, allora. Non sente freddo?... Va be, transeat. Tempi cos!... Dica, dica liberamente Ah ah ah Non mi pare tanto persuaso, per. (e comincia a partire per chiss dove, sintassi e tutto, peggio di una bomba, chi rimane sotto le macerie, un pezzo qua, un pezzo l). Facciamo una cosa, perch non le permangano dubbi che, poi, si sa come vanno a terminare: si impossessano, a tradimento, del neurovegetativo e procurano fastidiose insonnie, concluse, magari, in eczemi interminabili e molesti, che non si fa altro che grattarsi dalla mattina alla sera e non le dico di notte. Successo a me, nel 26, costretto a interrompere la tourne dei Due sergenti, in piedi e seduti, regia mista; che andava a gonfie vele, e la compagnia Tamberlani dovette far tutto il meridione con un sergente solo, il povero Nando, tanto bravo quando non era in palcoscenico. Il sergente che mancava, io, avevano aggiunto una battuta, era caduto sul Carso, e, per prova, portavano in scena la mia medaglia dargento alla memoria; mai una volta che non si prendesse lapplauso a scena aperta, da tanto che influiva il ricordo dello scomparso, cio me che stavo a Salsomaggiore con leczema. Dalla padella nella brace se, poi, di retta agli psicanalisti, con quello che ti costano; che, per loro, tutto il prurito dipende dalla voglia di andar a letto con tua madre, e la cura sarebbe il peggio dei peccati mortali. Io lo so perch ho preferito tenermi leczema, mia madre era morta da nove anni Che centra? Non lo so. Cos. Non so cosa farci. Io non riesco a ragionare altro che cos: a macchie. una conseguenza del mio periodo espressionista Io ragioner come un espressionista richiamato e lo riconosco, ma lei ragiona come un cubista di complemento e non lo sa. Le piace Picasso, per caso?... Senza il Pi, ho capito. No! Ora sono io a ordinarle di rimanere al telefono e starmi a sentire Era prevedibile. Se le si sono informicolati i piedi, li tiri gi dalla scrivania e stia composto. Per, che piedi delicati, abbia pazienza. (e via, in unaccelerata esibizione di tipica fuga delle idee, clinicamente ineccepibile). Guai se si allontana. Fermo dov! E resti nudo! Che male c? Ci guadagner la naturalezza. Ragionano tutti come se si fosse stati partoriti col palet Aria al sesso e peste al pudore tiranno!... Non se la fili. Dove vuole andare adesso, nudo come un verme? A rischio di finire in guardina, come me, dopo l Oreste, allaperto, a Siracusa, per colpa del costume di Coltellacci: unindecenza. Oscenit fa arte, diceva, cercando di spiegare ai fascisti che i Greci andavano a spasso nudi. Non a Siracusa, si sent rispondere; e io dentro per 48 ore, avvolto in un impermeabile e guai sbottonarlo Ma cosa vuole, insomma?... Io?... Ah, sicuro: follia. Follia! Non si esiste senza questo attestato! Mica tutti sono come Benassi, la Paola e il Carmelo, che ci son nati e non ne hanno avuto bisogno, talmente matti da sembrar dei matti finti, e non escluso. Agli altri, niente da fare: occorre il certificato; che si sappia in giro, stampato sui manifesti. Niente follia, niente arte. Non faccio nomi perch dovrei farli tutti: quelli che contano: tutti! Quelli che contano si capisce. Scalpellini e Michelangeli, ormai, nello stesso minestrone, e il sindacato sta a guardare. A piani vanno fatti i sindacati, a piani, senza ascensore. Ma faglielo capire. E cos siamo al punto che siamo Beh, che vuol dire? La mia regola sparare sul singolo per esaltare la categoria. la ferrea e sacrosanta legge del clan Ci si giustizia solo tra noialtri, come i samurai. Noblesse oblgie. Al massimo, la nostra incontinenza fecondativa celebra i suoi massacri, intendevo le sue pompe, sui personaggi che interpretiamo. Ma sempre a fin di bene. Per dar una mano agli autori. Ne hanno tanto bisogno. (ed esplode in una collera incontenibile quanto immotivata, espressione, rosso scarlatta, di unindignazione morale omicida). Attore, s attore! Finalmente, s arreso a sputarla la parola maledetta che ti esclude dalla sepoltura in terra consacrata; ed santo e sacrosanto perch hai lanima androgina ermetica e apolide, demoniacamente disponibile e disposta a tutto. Commediante, guitto, pagliaccio, istrione, parassita, spirito prostituito, scomunicato e martire! In piedi! E si copra. Sono parole da ascoltare in piedi, sullattenti, con feluca e decorazioni Se non ne ha, feluca sola Si cinga, almeno, un asciugamano intorno ai fianchi Chi crede di essere? LErcole Farnese? Al quale Leone Decimo tirava delle pipe? Si rimetter a sedere quando glielo permetter io Osar tanto!... A uno che stato in compagnia della Duse!.. (misericordia! il balzo della tigre, e dire che sembrava stesse appena appena per calmarsi. Manda letteralmente fuoco dalle narici. Come far?) Non sto riferendomi a una puttana colla quale sono stato a letto! Bench fra tanti Peggio di quel Valentino per i poveri di Flavio And non lo ero di sicuro La Duse trascinata nel fango! Ma ci si rende conto? E da uno scostumato, nudo, celibe, con i piedi informicolati, senza slip e, magari, privo anche di uno straccio di asciugamano intorno alla vita. Riconsacrare immantinenti il tempio profanato, tramite un mazzo di rose rosse ad Asolo, un messaggio di protesta al Vittoriale e un telegramma a Pannella sollecitando un referendum. (secco stacco di tono, come uno che si mette di colpo a leggere una pagina dei Promessi Sposi a una scolaresca. Ha allontanato dallorecchio, senza staccarlo, il telefono, avanzato verso al ribalta e si messo in diretta comunicazione colla platea. Stralcio epico): E qui non posso far a meno di socchiudere una parentesi privata, gettandomi in pasto al pubblico, rimanga tra noi. Sar sempre un mistero, per me, come quella santa abbia potuto perdere la testa, e il resto, per quel nano del Comandante, pelato come una palla da biliardo. Cosa mai!... Garibaldi, Carlo Marx, arrivo a metterci, per chi non coltivi pregiudiziali anti monarchiche, perfino Vittorio Emanuele II: quelle erano teste che davano garanzia. Ma lImmaginifico, siamo giusti!... chiedo scusa, non vorrei giocarmi il consenso dei calvi che rispetto e considero Mah, insondabili abissi delleros!... Innegabilmente, era una creatura strana. Si fosse mai divertita, con una lente, alla ricerca del pelo solitario sfuggito alla latitanza?!... Un feticismo cos. Nellamore, importante anche il pelo. Ma bisogna che, un poco, da qualche parte, ci sia, santo Dio. Era, e qui vengo a me, il cruccio segreto della povera Betti- Rossi- Valvasson, esimia primattrice semicalva, poco fortunata proprio perch perennemente condannata alla parrucca. Invano, ne possedeva un intero guardaroba continuamente arricchito; e non si accorgeva di far peggio. Ad ogni parrucca che indossava era volubilissima il pubblico, sempre crudele, diceva: anche oggi la Giulia ha cambiato cappello. Ma che eleganza, ma quanto spende dalla modista! Fu lei non indiscrezione, storia che, primo amoroso con Garavaglia, cane, ma di razza, in una notte di tempesta, a cavallo dei due secoli, alla pensione Bozzola, mi inaugur, cogliendo il fiore della mia purezza, non prima di aver deposto, con noncuranza, la capigliatura sul com; atto, per lei, talmente consueto quella sera era bionda, dun biondo esangue da dirmi con naturalezza: mettiti pure in libert anche tu, caro. Timido, intimorito e anche, s, lusingato, che dovevo fare? Strapparmi i capelli allora foltissimi, da giovinetto assai villoso e infilarli sotto il guanciale? Ebbi la finezza di lasciarle credere daver capito di sfilarmi le mutande, e fu latto pi consono alla situazione, del quale quella gentildonna serb languida memoria fin che camp, una trombosi in fiammante parrucca rosso Tiziano. Certe delicatezze si sentono, oppure non si sentono. Chiusa la parentesi, con tante scuse. (e, interrotto lestraniamento con la rimessa della cornetta contro lorecchio e la ripresa dellinterminabile colloquio al telefono) (ma se fosse trovato lungo, potr essere tagliato come il burro): E ancora l?... No. Non era caduta la linea. Solo un accesso di estraniamento. Cosa crede? Che non conosca il teatro contemporaneo?... Un crampo? Tuttora in piedi? Torni pure a sedere, e un leggero massaggino Comodo scusarsi a crimine consumato Sempre quellidea fissa No, no, niente a che fare colla Vanda. La Duse era la Duse e basta: la pi grande rompicoglioni che abbia calcato le scene dai tempi di Tespi Che vuol dire? Si pu essere la regina delle rompicoglioni e recitar divinamente lo stesso. Guardi la niente niente, parola dietrofront, ne ho la bocca piena di almeno una dozzina Eleonora! Era Eleonora a meritarsi una catena di monumenti Ma la Duse, Eleonora era la Duse!... Senta: fin che non caccia fuori dal discorso la Vanda, non ne verr mai a capo. La Vanda stata la Eleonora della Rivista e va bene; e la Eleonora stata la Vanda della prosa e va ancora meglio. chiaro, adesso?...Conosce unaltra Eleonora, in ufficio con lei?!... Per piet, mantenga il segreto (affievolendosi, via via, fino alla totale dissoluzione): Duse Eleonora, s, Duse Eleonora, fu Alessandro, vedova Checchi E morta tisica a quei tempi se ne moriva ancora Non avevano ancora inventato la penicillina era sempre stata cagionevole frequenti sbocchi di sangue Anemica? Non lo so presumo, anche anemica Lei mi sta distruggendo. Son qui colle coronarie a penzoloni, ed erano gi malandate per conto loro Come vuole Ma non ho niente contro la Vanda, glielo giuro. Anzi, una mia carissima amica, glielo dica: al mio funerale non mancher di sicuro Non fiori, opere di bene e il Va pensiero, col coro della Scala, come Paolo Grassi (va, va, questa volta va. No, invece riesplode; quel filo di fiato che gli permane, si capisce. Che vitalit, questi vecchi leoni!) Cosa?... Quanti anni ho? Per il necrologio?... Ah no! Ed osa tanto?!... Non ne ho idea. Non me lo ricordo. Figurarsi se carico la mente, pericolante come si trova, con ingombranti quisquilie come let, io che, per i numeri, non sono mai stato portato!... Eh? Normale?!... Normale! Deve giudicarmi caduto molto in basso per ardire una domanda del genere. Sono, forse, uno che sembra normale, io? Anormale, anormalissimo, ha capito. Un briciolo di rispetto! Diverso, mostro? Sentiamo. Un mostro non altro che un diverso colla vocazione del protagonista. E allora, che altro pu essere, se non un mostro, un attore; o crede che, per aver diritto al titolo, occorra nascere con sei dita e con un occhio solo?... Sacro, sicuro: sacro: un mostro sacro. Guardi, se lo tenga per detto: le sole, vere, eterne professioni sacre sono sempre state, e rimaste tre: prete, attore e puttana, che, poi, forse, ne fanno una sola; e sacri i tre luoghi dove si praticano: la chiesa, il teatro e il casino. Basta esserlo stati una volta e se ne rimane marcati per tutta la vita In casino? Anche! E perch no? Una gloria del tempo che fu. Angelo Musco, che era Angelo Musco, lo scelse per andarci a fare uno storico infarto. Mortale, naturalmente Parli, parli, per carit: obbietti, eccepisca, oppugni, confuti S. Ho un debole per i sinonimi. E con questo? Mi denuncia ai carabinieri?... La faccia tosta! Io le impedisco di parlare? Ma se non ha fatto altro che interrompermi, polemizzare, provocarmi, darmi torto; e chi sono e cosa faccio e come la penso e gli anni e la normalit, che Dio la stramaledica; e i piedi freddi sulla scrivania: non ha trascurato un tentativo, che un tentativo, pur di pugnalarmi alla schiena. Ci mancava solo linsinuazione che gli rubo le battute e gli rovino gli effetti. Stupefacente! Capito? Mi accusa indirettamente, senza far nomi, perch non li sa, di comportarmi come il povero Memo Benassi che riusc, perfino, a render muta Emma Gramatica, la quale, a sua volta, era riuscita a paralizzare la parola al Duce e non dico altro. Di che non son capaci i grandi?... Gli tolgo la parola!? Bisognerebbe, prima di tutto, che lavesse; con quella pronuncia inascoltabile; dove di 21 lettere dellalfabeto non ce n una decente. Non un accento a posto, le dentali fuori sesto, le labiali non se ne parla. Ma dove le hanno insegnato la pronuncia, alla Scuola del Piccolo Teatro? Pare che stia mandando a spasso per la bocca della polenta malcotta Non cede, non la smette, non si arrende, non sa fare una pausa; quando non balbetta fischia, quando non fischia starnutisce, quando non starnutisce stecca; sembra Paolo Stoppa malamente innestato su Peppino De Filippo, io che mi son fatto le ossa con Zacconi e me lo son rotte con Ruggeri!... Ma si accontenti di incespicare coi piedi, non colle corde vocali: un po di pudore!... E va bene, chieda, chieda, pur che si finisca di soffrire Ricoverato?... Dove?... Questa, vede, comincia gi ad essere una domanda pertinente. (inopinatamente rasserenato e pentito, tutto culo e camicia, scivolando lungo il piano inclinato di una tollerante cortesia). In manicomio, intende? Santo candore! Lo chiami pure cos, se vuole. Io lo chiamerei un elemento naturale riservato soltanto a noialtri. Si domanda forse a un delfino se conosce lacqua o a un angelo se conosce le nubi?... Le nostre regge non sono sullorario ferroviario. Si spazia, in lungo e in largo, per luniverso, in dimensioni rarefatte ed arcane. Da Ninive ad Elsinore, da Atene a Corinto, da Venezia a Cipro, da Troia ad Alessandria, da Menfi a Siviglia, da Tebe a Babilonia, siamo sempre in giro; ospiti ed emuli di eroi e di sovrani, angeli o demoni, scassinandoci il cuore e rubandoci lanima a vicenda, tra furori e malinconie. Non sempre una coabitazione facile, ma uno status-symbol invidiabile Il nostro demone linvidia, il nostro dio lemulazione Noi siamo una genia cangiante. Ad essere frequentati, abbiamo tutto da perdere e tutto da guadagnare. Pi ci si conosce e pi ci si detesta; pi ci si detesta e pi ci si ama. I nostri tabernacoli traboccano di gemme ambigue: male fatate, sortilegi demoniaci Per il momento, non si risenta, se la congedo Per carit: lei ha rotto le palle a me, io ho rotto le palle a lei, insieme abbiamo rotto le palle a chi ci sta ad ascoltare seminando informazioni utili al copione. Il piacere stato reciproco. Anche dalla roccia, pu spuntare un fiore. Nuovamente. Compermesso. Ossequi alla signora Quando lavr. Perch lei uno che finir per averla Il suo nome? Dica pure, se ci tiene, dica Non mi nuovo No, il suo numero del telefono, no. Ora si pu rivestire. (riattacca finalmente e definitivamente il telefono e chiude con olimpica e distaccata degnazione). Cavalier Adalgiso Galbusera: ha le stimmate! (dopo esser rimasto assorto un po, pi che altro per convenienti ragioni di rango, viene avanti e muta registro alla propria grandeur: un mesto decoro). Stasera, Nerone, il grande misconosciuto. (non ha che da girarsi di 45 gradi e si trova a portata di mano una catasta di libri antichi e moderni dogni forma e segnato, che, afferrati uno dopo laltro, e gettati lontano, gli offrono il destro di esibirsi in unaccademica scena di delusione e disprezzo agita e declamata). Un quintale di libri e non uno capace di esprimere un grammo di vita. Hanno osato la temerit di far parlare persino Dio e non hanno avuto lanimo di trovare una parola autentica per lui. Nessuno che se lo sia cercato dentro, covandolo e cavandolo dalla propria luce e dalle proprie tenebre: Nerone enigma, Nerone fantasia, Nerone libert, Nerone anarchia, Nerone splendore e Nerone miseria, Nerone confessione, spudorato e casto. Eroe e poveruomo: cuore che porta gioia e anima che porta pena, rimasto uno scrigno chiuso. (a questo punto solleva la copertina del libro che si trova in mano). Pietro Cossa: un altro ragioniere in versi. (un livido sogghigno e, inavvertitamente sfogliando e leggiucchiando, finisce per trovarsi a recitare. E qui, solo alto manierismo, appena accentuato, beninteso). Ed questo il ricovero che moffri? Faonte, la tua casa suburbana molto brutta Tu recami quei due pugnali: amo sentirli sotto il corpo Che saddormenta (vaneggiando nel dormiveglia) Scostatevi littori, Date loco al mio passo E vano; i morti, Uccider non si ponno unaltra volta Sei tu, mia madre? Non mascolta, sfibbia Dalle mie spalle il manto imperiale, Sorride e fugge E tu, Cassio Longino, Da me che chiedi? E come puoi guardarmi? Nella vita eri cieco; e che? Fa tali Miracoli la tomba?... E tu, qual nome Avevi? La tua fronte laureata, Il volto hai scarno e le nudate braccia Verso di me agitando, lento lento Goccia il tuo sangue dalle rotte vene Ti ravviso, o cantor della Farsaglia; E perch mi sogghigni sulla faccia? Credi che il tuo poema abbia vittoria Sopra i miei versi, Stolto! ver, cantasti Nel supremo momento di tua vita; Ma che perdevi? La vita ed io perdo Vita ed Impero, e nondimeno canto.
Preparatemi il
rogo. (subitamente,
una naturale e semplice lucidit critica). Morire cos, come un
tenore spolmonato!... E questo sarebbe ancora il meno irrecitabile!... Eppure
Zacconi ci spopolava dentro Cero. Facevo Faonte, il liberto fedele. Ma il mio
sogno sarebbe stato fare Atte, la sua Giulietta, il momento puro della sua vita
fastosa e squallida. Applaudivano la mia giovinezza, non ancora la mia arte
Chiss, forse recuperando una recitazione
depoca (ci si cimenta, aulico e solenne, replicando qualche verso e
si fa visibilmente ed uditivamente
nausea). Archeologia da
strapazzo Zacconi, che metteva pelo dapperttutto appiccicava baffi persino
ad Amleto lo recitava coi mustacchi. Come il Kaiser e veniva gi il teatro.
Nerone coi mustacchi. Io che lo indovino tutto, di dentro e di fuori: i baleni
pi inconfessati della sua mente, i sussulti del suo cuore, le inquietanti
tentazioni dei suoi sensi, i trasalimenti del suo volto, i fremiti della sua
pelle, gli estenuati languori della sua carne, il tenue scroscio del vello
doro del suo petto, lafrore umido e tiepido delle sue ascelle Io, che so
cose del suo animo che nemmeno lui stesso os sospettare e solo un innamorato
escluso riesce a intuire, perch non c pi sottile strumento di conoscenza
dellamore escluso: linfanzia inconsumata della sua bont perversa, il
presagio mortale della sua perfidia mite io giuro, qui, pubblicamente, che il
suo labbro non si contamin mai di un
mustacchio. (getta, con odio,
lontano da s, il libro). Sciagurato
leroe che non riesce ad incontrare il proprio poeta. (un subitaneo
vuoto daria di deserto buon senso. solo un attimo. Da esso, rimbalza, ebbro, sulle esaltate cime della
propria verit). Ma io
sto recitando!?... E che altro pu fare uno come me? Recitare la coscienza
stessa di recitare: tutto profondamente vero, perch tutto sfacciatamente
finto. Ed tutto straordinariamente presente perch tutto infinitamente remoto.
Onnipotenza della parola: (quindi, una geometria di citazioni in
sostituzione dun groviglio di sentimenti:
Zacconi cede il posto a Ruggeri):
Osare tutto quanto un uomo pu osare Da un certo giorno in poi, tutte le
sue azioni furono azioni contronatura Ero ancora acerbo per certe imprese Vorrei
che il mondo fosse cancellato Ho dimenticato il sapore della paura Tutte
le acque dello sterminato oceano non potranno lavare queste mani lorde di
sangue Ci che fatto non si pu disfare Macbeth ha ucciso il sonno
Non dormir pi E come un frutto maturo, pronto per essere scrollato Spegniti,
breve candela Tu hai bisogno del ristoro di ogni creatura: il sonno il sonno il sonno Ecco delle battute! Una decina di battute di
codesto tono, al punto giusto, e il problema era risolto Coraggio,
allora, e sia lestremo tentativo a sostegno dellestrema speranza: questo
sito di prodigi. I miracoli esistono. Devono esistere. Ho deciso io che
esistano! (e avanti, allucinandosi quasi al sonnambulismo. Discosto, a lato,
eminente sopra qualche gradino, c uno
spazio privilegiato. Sollevando a fatica una maestosa poltrona, il
mirabile cialtrone riuscito a collocarvela, risultandone, a gusto di chi la
guarda e musica concorrendovi, forse un trono, forse un tabernacolo; e ci
tanto vero che, senza pericolo che se ne dimentichi mai, ogni volta che, nel
suo fanatico agire, ci passa davanti, piega un ginocchio, in un riverente
inchino, senza smettere di ordinare a semicerchio, disponendole in una sorta di
anfiteatro, le sedie sparse sullo sfondo, compreso fino al delirio dellarcana e strampalata liturgia che si
appresta ad officiare. Quel trono, quelle sedie, vuote, in attesa,
altrettanto ossequiate, evocano presenze immanenti.
Istruzione superflua allinterprete: veda ma avr gi pensato da s a
qualcosa di anche pi spettacoloso se non sia pi condecente, questione di
un battibaleno, un fulmineo cava e metti, accingersi alla funzione sostituendo,
a vista, la domestica zimarra con una fiammante marsina, non necessariamente
nera, ma, forse, s). Onore al Divo Nerone Claudio Cesare Augusto
Germanico, figlio del divo Claudio, nipote di Germanico Cesare, pronipote di
Tiberio Cesare Augusto, discendente del divo Augusto (e, prima di
concludere lesortazione, abbassa il braccio colla pergamena dalla quale ha letto
la formula onomastica dellonorando) ; despota e vittima, sbranato da Dionisio tra le braccia di Apollo.
Compermesso, questione di un momento. (si sfila al marsina e si piazza
davanti allo specchio del trucco, dove avverranno le sue trasformazioni. Si
osserva, si studia, palpa e ripalpa le proprie
guance, parlacchia, met per s, met per il pubblico e crea con la
lucida e svelta sicurezza dellesperto professionista) . Far perdere anni
al viso, al gesto, al passo La divina Sarah si conged da Margherita Gauthier
a 65 anni meno una gamba il grande Ermete imbottito di Gerovital, smise di
domandare il sole alla propria madre, che ormai avrebbe potuto essere sua
figlia, fin oltre gli ottanta e il povero Osvaldo continu a denunciarne 25
Sapersi truccare il corpo vuol dire parere. Ma sapersi truccare lanima vuol
dire essere e non essere pi ci che si era: suicidare se stesso per
rinascere in un altro che non sai in quali paradisi o in quali inferni ti
trasciner (un sorriso compiaciuto, che, da solo, equivale allaprirsi di
un sipario con applauso di sortita). Il piacere di recitarsi addosso
venerandi luoghi comuni collaria che si tratti di eterne e profonde verit. E,
con ci stesso, farle diventare eterne e profonde verit: esaltante!... Perch
Nerone?... Pazienza, pazienza. Il soldato che spara tutti i suoi colpi al primo
assalto raramente vince la battaglia Pi tardi. Dovr risultare chiaro da s;
se sar stato abbastanza oscuro da riuscir
chiaro. Il personaggio ideale colui che dice ci che deve dire,
parlando daltro. Otello, mai che nomini la gelosia: gliela nominano; Macbeth
evita di accennare allambizione: ne delega sua moglie; Iago ignora, quasi, il
termine male; gli basta farlo; Tartufo battezza devozione lipocrisia;
soltanto Amleto, la grande eccezione, il salto mortale senza rete, sdiarroica
nelle proprie mutande se stesso come un bimbo che ha preso la purga. (riprende lumile contatto professionistico
collo specchio). Una tela bianca in attesa del pittore. Attenzione
a non guastarla. Dipingere una visione di primavera su un paesaggio invernale,
perch lui, quello vero, avrebbe voluto, e potuto, essere giovane, spensierato
e lieto Far risultare glauco questo bieco
occhio nero Era glauco non nero, il suo occhio dolce e guardingo di
miope, lo so Pi amabile la piega delle labbra, seppur conobbero una piega
Uccidere il tempo su questo viso sfrontato Il sorriso del fanciullo
dimenticato sul volto delluomo, ecco ci
che ci vuole Bene Cos Cos La sua credulit deve naufragare in quel
lago di mitezza l, prima di tornare a galla una nostalgia di innocenza. ( diretto,
equivoco, beffardo, alla platea) : Perch Nerone?... Tutto a tempo e luogo,
senza precipitare. Si ha pur diritto anche noialtri ai nostri segreti
effettucci, alle nostre sorpresine capricciose,
ai nostri illusori trucchetti, alle nostre intese cifrate, alle nostre complici
allusioni, ai nostri candidi rebus, allintermittenza degli umori, alle scaltre
scenette madri Coprirsi e scoprisi in lui. Stasera, si esplora la pancia
del teatro. Ambiguit, a noi! Si gioca per dire la verit e si dice la verit
per giocare. Attenti al trabocchetto. Le carte sono scoperte. Ma truccate. Il
gioco il dessert degli di. (una parrucca da statuaria romana, un serto di
quercia dorato a recinzione del capo, ricordo dei riporti di Cesare, uno
spreco di ombretto e di belletti onde s modellato una testa canoviana;
una sontuosa tunica orientaleggiante, color ciclamino, plurigemmata, un pendulo
e sonoro monile di vividi lapislazzuli e maiuscole pietre dure variopinte, al
collo; gli aurei calzari coturnati, allacciati alleburneo piede non gli
manca che un tripode da potersi avvolgere tra fumi dincenso pi convenienti a satrapo decadente che ad austero
imperatore, ma perch privarsene?, questione di mezzo minuto per
guardarsi intorno ed Nerone. Lavrebbe combinato cos Gabriele DAnnunzio
se, senza smettere dessere un poligrafo estetizzante, fosse stato pure un
androgino costumista viscontesco, dopo aver chiesto, per loccasione, consiglio
a Dante Gabriele Rossetti, una sera a cena da Chez-Maxime, in compagnia di
Oscar Wilde. Ma son tutti morti, niente da fare, che malinconia. Questa la
sua visione. Ma sar, poi, tutto tanto semplice? Non si tratter, piuttosto,
dellaraldica bestia, il liocorno proteiforme e inafferrabile, uno e trino, che
tenta di fondere le ragioni inaccordabili del personaggio, dellautore e
dellinterprete in un monstrum unicum irraggiungibile, e lui il semplice latore
dellindecifrabile messaggio?) Il bardo tarda Ah, lo storico smeraldo. (allude
evidentemente al celebre anello che gli serviva, non si sa come, da lente. Ce lha l, a portata di dito. Non ha che da
infilarselo e contemplarsi la mano michelangiolesca). Eccolo E
venuto. Ha abboccato. (magia dellattore! Un colpo di reni e la rozza roca e
sfiancata si drizza, mutata in annitrente e scalpitante puledro, per uscire
incontro allIgnoto, ricomparendo con un simulacro imponente stavolta alto
almeno tre volte un uomo normale. Dio del cielo: Shakespeare! Non esiste
possibilit di dubbio: inalbera, parlante,
la famigerata testa a pera, da ebete, calva, coi baffetti a virgola, del
busto che disonora la tomba di Stratford; e, nella sonora gloria wagneriana che
scandisce lincesso degli di al Walhalla, viene issato a sedere sulla
berniniana cattedra regale che non aspettava che lui). Shakespeare contro
Nerone? Nemmeno per sogno: Nerone contro Shakespeare. (ma matto? Ah gi,
naturalmente. venuto il suo gran momento. Si piazza, deciso, davanti a un
enorme gong che non sia il solito culo di casseruola acquistata alla Standa:
un gong da finale del primo atto della Turandot e ci d dentro con una
martellata che, se il clangore non riesce a far crollare met soffitto della
platea, mandando al cimitero cimitero, mica semplice ospedale, intesi?
alcune centinaia di spettatori, un
effetto mancato e tanto vale risparmiare la spesa). Vado! (ed ecco, in un subitaneo,
altissimo silenzio, crudele come un rasoio non elettrico, test affilato, ha
inizio un dialogo che potrebbe riuscire lo scontro di due titani; ma che,
stante lermetico mutismo di uno degli interlocutori, si deve limitare al
caotico monologo di un paranoico incontinente,
dagli umori al vento. E si capisce. Per quanto uno si sforzi, e ad onta di una
deferenza, palesemente di parata, non facile esser nato Nerone e
riuscire a dimenticarsene senza essere interrotto almeno una volta, specie
quando lo scopo sia di far la corte a Shakespeare, nella speranza di ammaliarlo).
Io sono un personaggio in cerca dautore, o un attore in cerca di
personaggio? Non lo so: Nerone, uno, mi rendo conto, che non si riceve senza
imbarazzo in una casa di gente perbene allora del t. Ma, scusi, son tutti
gente perbene, i componenti della sua famiglia? Andiamo per i duemila anni che
sto facendo anticamera. Occhi negli occhi: crede che dovr aspettare ancora per
molto? Lei, per carit, nessuno si azzarda a mettere in forse il suo primato di
vate dei vati della scena: primo dei primi. Incontestabile. Se dipendesse da
noi, nulla in contrario che lavessero gi promosso santo; nel martirologio
cristiano larte e la cultura non che siano molto rappresentate. Ma non si deve
dir male della Chiesa. Mi si deve dar atto, tuttavia, crepi la modestia, che
nemmeno io, come personaggio, sono arrivato collultimo treno. Presuntuoso fin
che si vuole sono abituato a ben altro ma neanche per me riesco a vedere un
posto dal primo in gi. E allora?... Se considero il livello intellettuale, e
poetico, poi, che sarebbe quello che pi conta, di tutti coloro che hanno avuto
lalbagia di occuparsi di me, e sono migliaia dogni segnato e livello: quelli,
come si usa dire, che si sono accinti a realizzarmi persino Goldoni,
buonuomo, e deve aver fatto confusione con Sior Todaro brontolon - ebbene, mi
faccio schifo. Schifo. Lei del mestiere ed in grado di giudicare. Ma le par
possibile una mano sulla coscienza! che uno della mia stazza deva aver
incocciato, finora, unicamente nei fessi oppure nei mediocri, che peggio del
peggio; perch, nei fessi, almeno, ogni tanto, loro malgrado, una certa
grandezza, c, vedi Seneca, che era un fesso-furbo; nei mediocri mai, non c
pericolo, vedi quel forsennato di Lucano e il minestrone lungo della sua
Farsaglia? Li ho tutti e due sulla coscienza io, zio e nipote, ma, prima,
loro hanno avuto sulla coscienza me. Ebbero del genio, quello s, soltanto nel
rompere i coglioni. Per loro la noia non stata una parola: stata un piccone
demolitore. Dove passavano quei due Morfei era il sonno eterno. Ma non si deve
dir male dei colleghi. Suoi. Io mi ci voglio tener fuori. Per la verit,
tuttavia, non pu esserle sfuggito, pare: sottolineo il pare perch, con questi
cristiani che me lhanno giurata, in circolazione da venti secoli, non sai mai
cosa ti puoi aspettare pare, ripeto, che, se non altro, i cosiddetti storici,
che se Dio vuole non sono tutti come gli storici romani, stiano socchiudendo un
occhio sul mio conto Se vero che da cosa nasce cosa, staremo a vedere. Ho
aspettato tanto! Ma il dente che duole un altro. Non vorrei che, anche nel
migliore dei casi, si stesse imboccando la strada sbagliata. A me, tutti lo
sanno, ha sempre interessato molto di pi larte che la storia: il mio
privato innanzitutto. Io non ho amato la guerra semmai ho amato i militari
- ; quando non ne ho potuto proprio fare a meno, lho delegata a dei
professionisti specializzati; anche se avrei dato chiss che perch si
chiamassero diversamente da come si chiamavano. Quel Corbulone, per esempio.
Sufficientemente ottuso come deve essere ogni bravo generale, ma come si fa a
chiamarsi Corbulone, che viene in mente un ubriaco rotoloni gi da una
scarpata, quando si deve combattere contro un popolo che risponde al nome,
tanto elegante e cos maternamente umano di Parti? Un continuo attentato a
qualsiasi senso estetico Io ho vissuto per larte. Per un aggettivo di
Francesco De Sanctis, avrei dato volentieri un capitolo di Teodoro Mommsen, e
Clausevitz lho sempre creduto una marca di temperini. Adesso, non mi usi il
torto di giudicarmi un intellettuale. Unicamente un modesto uomo di cultura
collhobby del palcoscenico, ecco tutto. Non frequente nella mia professione,
lo ammetter. Oltre far collezione di francobolli o di monete antiche non si
va. Soltanto il nome di un giovanotto ho sentito fare: un reuccio di una
provinciarella larga come un fazzoletto la la la Baviera che, se ben, ricordo, un giorno dovette essere una mia propriet. Aveva un nome, mi
pare, Luigi con un numero vicino, e aveva perso la testa, e il resto, per un
vecchio musicista porco, i cui tenori sono fratelli delle soprano e farebbero
carte false per andarci a letto assieme. Bene, sembra, dicono, che, in formato
francobollo, sia stato uno che mi somigliava per via che amava larte scenica
anche lui. Vedeva una torta, gli piaceva, e, invece di farla servire in tavola,
la faceva ricostruire tale e quale in scala di castello, dove andava a passare
il week-end. Non son mai riuscito a sapere se se ne occupassero gli architetti, gli scenografi o i cuochi Stavo
dicendo?... Ah. Cosa voglio da lei?... Non faccia finta di non capire
Noi due, lei da poeta, io da personaggio, con questaltro, qui dentro, che mi
sta manovrando, eravamo nati per intenderci; e, da vetta a vetta, ci si pu parlare francamente, con reciproco vantaggio, tre
in uno, stipati in un utero troppo stretto, con un unico cordone
ombelicale. Rendo lidea?... Alle corte: non mendico simpatia; si figuri, colla
fama che mi ritrovo, tanto varrebbe
capovolgere il creato a testa in gi e gambe in su. Matto fin che si vuole,
e se Dio vuole, ma, non faccio che ripetermelo, non certo, un matto che
scongiura la propria madre di procurargli il sole per far lume nella sua camera
da letto fin che chiava la serva, lasciando, nel frattempo, il mondo allo
scuro. Ci si intesi Spettri ultima scena - . Anche perch, con una madre
come la mia, son sicuro che, invece del sole, mi sarei buscato due ceffoni. Essa,
a differenza di zia Messalina che voleva rendersi conto di quel che toccava, ha
sempre preferito esser fottuta al buio. Dei cinque sensi, quello che preferiva
era il tatto. Era debole di vista, come me, e ci teneva a risparmiarla,
diversamente da me che ho sempre tirato al guardone. Insomma, lei gli occhi, li
aveva trasferiti nelle mani e, con quelle, ci vedeva benissimo. Ma non bisogna
dir male dei genitori, e non so come far con quello che dovr confidarle in
seguito. Per il momento, lasciamola l. Cosa voglio dire con questa confidenza
familiare? Di farsi furbo, perch si pu disporre di un cervello da padreterno,
ma, se non si un po furbi, nella vita, buonanotte. Glielo dice un ingenuo, e
cio il pi qualificato a dirlo, chiaro? E allora, coerenza e darsi da fare.
Qui c bisogno della sua penna. Chi possiede la parola, possiede la vita: con
essa, nulla impossibile. Colla mia sintassi sbullonata, al servizio di una
storpia e anchilosata immaginazione, io tento di vomitare le viscere di me stesso,
alla buona, disordinatamente, come mi sento e come mi vedo, come so, come posso
e come vien viene, nessuna contraddizione esclusa: tanta merda da trasformare
in oro, lei che come bere un bicchier dacqua, Mida della parola patentato:
il tono, lo stile giusti Faccia conto: io le fornisco il librettaccio di un
melodramma; a lei metterlo in musica. Ecco. Non son qui a polemizzare, per mi
deve cavare una curiosit che diventata unossessione. Dopotutto, siamo fra
addetti ai lavori. Teatrante lei, teatrante io, teatrante colui che mi ruga
internamente cercando di farsi largo a forza di gomiti. Da collega a collega,
senza rancore, cos stato a trattenerla, a
inibirla davanti a uno che, per lei, non certo portato a sfuggire le
cattive compagnie, avrebbe dovuto essere un invito a nozze? Ha pur avuto il
fegato di infondere la vita, e che vita, a manigoldi del calibro di Riccardo
terzo, Macbeth e sua moglie, Iago, e uninterminabile compagnia della sua
risma, con quel debole che ha sempre dimostrato per i farabutti, i ceffi da
galera, grandi e piccoli, di fuori e di dentro. Direi che son quelli che le son
riusciti meglio. Perch solo a me ha sbattuto la porta in faccia, lasciando che
si perpetuasse la volgare e meschina immagine di un mascherone ladro di polli,
collezionista di delitti gratuiti, e, soprattutto, cosa che non mi va gi,
cantautore mancato, alla quale son crocifisso da venti secoli? E s, dico, vera
o falsa, la materia non mancava, casomai ce nera davanzo. Gelosia di
mestiere? possibile: impulsi che non si comandano. Quante volte, anchio, ho
avuto la tentazione di far fuori qualcuno solo perch reo di un bel verso; e,
ogni tanto, me la sono anche levata. Se nei dintorni c un artista, in grado
di capirmi. Tra tanti di fasulli ai quali, nella mia vita, ho eretto templi,
per molto tempo ho coltivato lidea di dedicarne uno allInvidia, divinit cos
umana, tanto trascurata e tanto vicina al cuore delluomo. Antipatia personale?
Ha sbagliato indirizzo. Guardi che se c una dote che nessuno, nemmeno il pi
incarognito dei miei detrattori, magari a denti stretti, ha potuto negarmi,
la simpatia. Arrivo a dire che il mio maggior difetto consistito proprio nel
riuscir simpatico, nel saperlo e nel darci imprudentemente dentro, mettendo a
frutto uninnata facolt di pormi a livello del volgo, il gusto un po canaglia
di farmi plebe fra la plebe. Dipender che, per i proletari, ho sempre avuto un
debole. Piacevo da matti ai Romani, io, sa; e a quei pochi che non piacevo
facevo comodo, che anche meglio. Si informi. Allestero, poi, nelle mie
tournes, erano trionfi che nulla e nessuno riuscito a far dimenticare.
Coserano, gente, i miei bagni di folla!... La claque, lei dir. Sissignore,
anche la claque; quando uno preferisce perdere una provincia piuttosto che fare
una stecca, anche la claque. Ma cosa crede: che Tamagno, Caruso, la Malibran, la Callas, Del Monaco, Nuvolari, Girardengo, Renato Zero non abbiano in bilancio le
spese della claque? Proprio lei!... Dovrebbe conoscere il prezzo del successo a
teatro S che mhan voluto bene! Son mica molti, sa, gli imperatori romani,
volubili e lunatici come sono da quelle parti, resistiti sul trono per
quattordici anni. Tant vero che, via io, ne han fatti fuori tre in un anno;
e, per un paio di secoli, che non so nemmeno io come sia potuto succedere, son
rimasti ad aspettare la mia resurrezione come un messia che ritarda, tale e quale quellaltro che ha anticipato, per
intenderci: quello che non ho capito: grande occasione persa. Cosa che
non sarebbe accaduta a Seneca, insuperabile teorico del non si sa mai.
Storia! Mica balle. Lo sapeva? Una ragione ci sar pur stata. Io li facevo
divertire. Con me, Roma pu vantarsi di aver conosciuto, allora, la dolce vita.
Caro lei, salvo trascurabili eccezioni, piacevo a tutti. Plebe e nobili, onesti
e gaglioffi, poveri e ricchi; magari ai nobili e ai ricchi un po meno, perch;
siamo giusti, avevano anche un po meno da guadagnarci. Me ne trovi un altro
che sia riuscito a far pagare le tasse e le multe agli evasori fiscali. Non
mi chieda come. Limportante era che i sesterzi li cacciassero. Se Dio vuole,
esisteva anche listituto della confisca e la lodevole abitudine del lascito
testamentario forzoso, visto che, su questo precario pianeta ammobiliato, oggi ci
si domani non si pu dire A Roma, con me, erano i ricchi a mantenere i
poveri. Mica viceversa. E senza un Dio a prescriverlo.
ben da allora che i Romani si sono abituati a star colle mani in mano
lasciando tirar la carretta agli altri. Non le dice niente questo?... Borghesi
e militari, sempre filato tutto come lolio e non cera problema. Specie i
marinai stravedevano per me, e io per loro. Perch io ho amato il mare; anche
se non sapevo nuotare, ho amato il mare come il tenore della Gioconda, e
anche di pi: come quello dell Africana. Ha notato che, nelle opere, son
generalmente i tenori ad avere un debole per il mare? Segno, se non altro, che
ero un fior di tenore anchio. Non avevo una gran voce, daccordo, ma era un
gioiello. Ha presente Tito Schipa? Eravamo l; conosco solo io i sacrifici di
prudenza, riguardi, vocalizzi, colluttori e gargarismi che mi costata. Perch
il mio punto critico erano le corde vocali: dun delicato!... Bastava che uno
starnutisse a dieci passi di distanza e gi non eran pi le stesse. Ma i miei
recitativi, i miei declamati, le mie mezze voci, i miei falsetti, i miei
gorgheggi son rimasti insuperati sempre, e laria di mare giova alle corde
vocali. Mamma mia, quanto ho amato il mare! Lo dica, non si scordi di dirlo:
Nerone ha amato il mare: Passa la nave mia colma doblo. Era bella la
vita. Quanto ho amato anche quella!... Ero goloso e insaziabile come un
fanciullo, della vita; e come un vecchio insidiato dal tempo, ero incalzato ad
assaporarne il pi possibile nel pi breve tempo possibile, a sensi spalancati
a tutti i venti come una bandiera. Me ne sono ingozzato, della vita! (adesso
il suo patetico rimpianto sdrucciola impiastricciandosi nel miele di lascive
reminiscenze sempre pi intime. Soltanto pi appena un filo di istrionismo. C
caso che, cavalcando il patetico, ci si avvii verso il momento della verit?
Dei fatti non mai mancata; del sentimento e dellumore onde fu vissuta,
avrebbe dellinedito. In guardia. Una franchezza apparentemente sincera, come,
persino, una spudoratezza senza malizia, possono essere ingannevoli
tanto quanto, se non di pi, di una deliberata insolenza e di un provocatorio
sarcasmo. Si ha a che fare con una trinit da prendere con le molle; nessuna
delle tre persone che la compongono esclusa, poich il guaio che vogliono
entrarci tutte. E insieme). Le donne, poi madonna!... Che abbuffata; son
vissuto dentro e fuori dalle donne. Di tutti i ceti e di tutte le parentele.
Merito relativo, del resto. A Roma, allora, le donne si pu dire passavano il
loro tempo a stancare le reni ai nipoti di Romolo Faticate igieniche, ma da
esaurimento nervoso. Celo lei il primo
a venirne a conoscenza nel folto dellascella sinistra, un neo a forma
di oliva. Ebbene, son caduti pi baci su quelloliva che chicchi di grandine
sulla cupola del Pantheon. Da non tenerci dietro. Altrettante cavalle in
calore, scatenate. Lesempio, daltronde, era venuto dallalto: Messalina,
limperatrice inesausta che, su quella carta, punt addirittura limmortalit,
e, come tutti sanno, la stravinse. Non ho mai saputo se chiamarla abusivamente
zia, come avrebbe voluto mia madre; o matrigna come sarebbe diventata se quel
palpapollastre di Claudio, il babbeo di famiglia che, poi, non era per niente
un babbeo, era un dritto che recitava la parte del cretino innocuo per salvar
la pelle mi avesse adottato prima di farla far fuori, e mamm, sempre in
agguato, ne approfittasse per farsi sposare e diventar finalmente imperatrice,
lei che ci moriva dalla voglia: sei mogli lui e tre o quattro mariti lei. Ma
non anticipiamo Non si pu dire che i ragazzi della nostra famiglia, in fatto
di genitori, avessero scarsit di scelta. Svegliarsi padre e figlio senza
volerlo e fratello e sorella senza saperlo era naturalissimo. Non per niente,
finii col trovarmi ammogliato a una mia sorellastra. Meno male che ero figlio
unico. Ci chiamavano i parenti terribili, ma cos, simpaticamente, senza
cattiveria. Lo zio Caligola, per esempio, che di sorelle ne aveva tre, se le
era fatte tutte, compresa la mamma, e cos aveva risolto il problema in una
volta sola. Fra i tanti odi che coltivava i calvi, ad esempio: estirpati senza remissione cera anche quello
per la confusione. Si era molto legati. Tra noi della gente
Giulio-Claudia, lincesto era unabitudine, una tradizione, un hobby senza
importanza. Astenersene significava un indelicato non gradire. Ma furono rari
coloro che peccarono di questa scorrettezza Lo spirito, magari, nella nostra
famiglia, qualche volta, era stanco, ma la carne era sempre pronta Cara zia
Messalina, tutta dedizione, sempre piena di
entusiasmo!... Se c stata unidea che non abbia mai frequentato la sua testa
che il letto serva anche per dormire. Nessuno sera fatto premura di
avvisarla. E cos, divent la puttana che divent. Non avrebbe mai, per nessuna
ragione al mondo, contaminato il letto per un diverso uso: un apostolato.
Quando, stracca morta, si sentiva venir sonno, e non ce la faceva pi, era tale
la coscienza della professione, che scendeva e usava una sedia. Non dorm mai,
quel poco che dorm, altro che seduta. Mia madre che, in fatto di maschi, non
era da meno, solo ci teneva a far le cose meno vistosamente, invece lo sapeva.
Col vantaggio di poter fare lamore anche in piedi, scomodo com non trova? Ma
una delle sue norme era: il lasciato tutto perso. Aveva la sensualit
cerebrale, che la pi algida e pericolosa, quella che non perdona. Zia
Messalina invece laveva conservata al posto giusto. Se cera una donna in
possesso di tutto per essere felice, persino il diritto scritto alla
cornificazione coniugale autorizzata dal marito, era Messalina. Ciononostante,
viveva devastata da unossessione, la stessa di tutte le donne italiane: il
culo basso. Notti, ci pensava su. Una mattina spuntava lalba ebbe
unilluminazione: invent il tacco alto. Mia madre, che non ne aveva bisogno,
per ripicca, reag, sa come? Dopo ventiquattro ore di rabbia meditativa, le
invent contro il reggipetto, un colpo che fece epoca. Formidabile. E, prima,
aveva inventato il sof, non molto comodo, a vero dire, che porta il suo nome:
lagrippina, quella l e fa risparmiare il guanciale. Queste erano le donne
romane. Mignotte a tempo pieno, ma quando si combattevano, si combattevano
lealmente, a colpi di invenzioni utili allumanit. Avessero brevettato le loro
scoperte, la bilancia dei pagamenti non sarebbe il disastro che . Ma una delle
virt romane stata il disinteresse. Hai voglia che la storia queste cose le
pubblicizzi!... Mah, non cera tempo da perdere. Se non si voleva scadere
socialmente presso lopinione pubblica: fin tre orge nelle ventiquattro ore,
mattina, pomeriggio e notte, in piena e naturale salute di corpo e di spirito:
il moto perpetuo. Oltretutto, aiutava a digerire. Correva anche qualche presina
di corno di rinoceronte grattugiato specie i meno giovani per risollevare i
caduti: la nostra cocaina. Si passava dallesibizione binaria allammucchiata
collettiva. Sicuro, perch, avendo tempo, ci sarebbe anche da esplorare il paragrafo maschi. Sissignore. Ho amato, con lo
stesso gusto e fervore, donne e uomini. Perch dividere lumanit in due
e buttarne via la met? Non sarei stato ladoratore della Grecia che sono
stato, se non mi fossero piaciuti anche gli uomini. Del resto, vero, lei
lultimo a potersi scandalizzare. Non ha avuto bisogno di fare una gita ad
Atene ma si batteva meglio a Sparta siamo informati. Non lo abbiamo mica
scritto noi un libro di sonetti, genere Liala in sottoveste, abbandonata la
sera delle nozze. Tra di noi, ci si capisce a naso: ha fatto benissimo, siamo
in buona e numerosa compagnia E allora?... Faccia conto di essere Michelangelo, uno dei nostri, che si
risveglia dopo un lungo sonno cosa conta il tempo per noi? e,
riaprendo gli occhi, scopre, ai suoi piedi, un enorme masso di marmo informe.
Impugni, ancora una volta, il suo scalpello miracoloso e, invece di santi,
madonne e profeti si dia da fare a tirarne fuori la statua che nessuno, finora,
riuscito a tirar fuori. Ma ha idea che bomba una novit di Shakespeare, protagonista
Nerone: i teatri Stabili impazziti, con
tutti i registi e i mattatori in appostamento e la critica dei cinque
continenti in trasferta, guai se si lascia sfuggire un aggettivo men che
favorevole?! Lesa maest! (ora incalza il millantato credito dellastuto
addetto ai lavori che si offre collesperienza di una lunga pratica). Per
il protagonista, naturalmente, non c problema: modestamente, son qua io. Ma
bisogner pensare in tempo anche alle parti delle donne. In quale altro copione
ha potuto mettere insieme grinte come Agrippina, Messalina, Poppea, tutti nomi
da casino, fatti apposta per una tragedia dalle luci rosse? E, magari, per
rinforzare il numero dei morti ammazzati, in concorrenza coi copioni di Seneca
che non mi sono mai andati gi, e sfruttare il lato comico, ci mettiamo oh,
pardon, ci mette, ci mette lei io dico cos secondo che mi partorisce dentro:
un brogliaccio lacunoso, a ruota libera, come butta butta, a pezzi e bocconi,
senza distinguere il prima dal dopo; tagli, aggiunga, tolga, faccia ci che
crede: del resto, non che i suoi copioni siano dei modelli di coerenza
quello affar suo, non ci faccia caso il
mio puro eccesso di collaborazionismo: la mente sovrana lei, mancherebbe
altro che si offendesse, nessuno gliela tocca Semmai, poi, riassestiamo
tutto noi durante le prove sa com - Dicevo, cosa dicevo?... Ah! Che ne
pensa di ficcare nella compagnia delle puttane, come travestito di turno, che,
oggi, fanno il pieno nelle platee: il fool, il matto ecco il fool, una volta
tanto, un fool divertente, mica uno dei suoi soliti handicappati mentali, che
per strappare una risata, scusi, sa, bisognerebbe pagare uno a farti il
solletico sotto le piante dei piedi: Petronio, se ci si mettesse Petronio, sa,
il Petronio, da quella gran checca sfranta ed isterica che era?!... Una fogna,
per, onore al merito: gran signore dalla testa ai piedi, una trina: il barone
di Charlus in confezione chiffon Gi, per certe cose, Proust e poi pi Duno
spirito, quella canaglia!.. Uneleganza,
poi Mi indusse, per non essergli da meno, a non indossare mai due volte
lo stesso abito li passavo a Sporo, come lui, i suoi, a Gitone ma questo
meglio non farlo sapere, con quello che costano i costumi oggigiorno. Arbiter
elegantiarum: detto tutto: un sostantivo e un aggettivo, con lui la storia
stata giusta. Cambiava solo calzari tre volte al giorno, e, in caso di cena a
Corte, quattro con quelli da sera in capretto dorato: lavvocato Agnelli in
toga! Aveva mani e piedi che erano una scultura, e andava matto per gli
smeraldi. Questo che mi vede al dito un suo regalo. Ma che lingua! Una
forbice formata da due rasoi in croce; come tutte le zie, del resto.
Divertente, divertente da morire. Fatto per il ruolo del brillante: il
raisonneur del repertorio francese, faccia conto. S che ce la siamo spassata insieme!... Cose, cose Ahhh (oh,
il gusto, quasi settecentesco, del pettegolezzo storico! Si mira alla petulanza
memorialistica di un Saint-Simon). I pi bei fusti romani passavano tutti
tra le sue mani: un collaudatore nato. Se li faceva venire fin dalla provincia.
Contribu, e non poco, a fare del marchettaro una professione, e non delle
secondarie. un titolo storico, generalmente trascurato, ma che non gli si pu
contestare. Prima di lui, a Roma, era stata pi che altro uneccentricit
sprecata, uno snobismo da grecofili, una trasandatezza plebea da cartaginesi
pigri, nel migliore dei casi, un hobby
improduttivo o un dopolavoro per sbarcare il lunario. Dopo, divent un
modo come un altro, e dei pi ricercati, chi ne avesse le doti, di guadagnarsi
la vita. Perch, dico io, colla disoccupazione giovanile che c, i marxisti
non lhanno mai voluto riconoscere e, invece di incoraggiarla, lhanno sempre
avversata, perdendo un sacco di voti alle elezioni? Dice che sono radioattivi
e diffondono lA.I.D.S. Me lo spieghi lei. Conosco pi duno che ha strappato
la tessera. Pratic fino allultimo respiro, colle vene dei polsi gi recise,
declamando versi suoi, mica male, addosso a ganzi miei meglio ancora: un
piccolo dispetto in punto di morte per non farsi dimenticare. Cerano, tra noi,
capricciose marinerie cos. Visse al di fuori di se stesso, aristocratico
spettatore, distaccato ma curioso, della propria calda vita; e mor sospetto di
simpatizzare solo perch i suoi componenti erano quasi tutti checche e culi
disastrati colla congiura di Pisone; che ho ancora da capire se si sia
trattato, a cominciare dal suo protagonista, di una tragedia, di un vaudeville,
o di un dramma giallo; ma, forse, si tratt soltanto di unoperetta cretina.
Quello che sicuro che and per le lunghe pi di un dramma wagneriano.
Capir, con Lucano in funzione di utile idiota!... e Seneca il solito che
non si decideva mai Avevano tutti Bruto per la testa. Ha fatto pi danno a
Roma, il complesso di Bruto, che la peste bubbonica in Europa. E quelli che non
avevano il complesso di Bruto, avevano il complesso di Catone, responsabile di
guasti non minori. Gente strana, perch, poi, fra quattro mura, erano la
negazione sia di Bruto, sia di Catone. Ma la moda prescriveva laustero Caro
amico insostituibile La risata che ci ha regalato col suo Satyricon!... Poi,
han voluto insinuare che, col suo romanzo, aveva inteso prendere in giro me. Il
mondo cattivo, cattivo. So io il dispiacere e il pentimento di essermene
dovuto privare. Mah, non bisognerebbe mai essere precipitosi. Tutta colpa di
Tigellino, fesso e terribile, che, per rendersi indispensabile, inventava
congiurati come se diluviasse e io ci cascavo. Appena riusciva ad impossessarsi
di una congiura, la faceva durare come un romanzo a puntate della televisione.
E quando non cercava di farmi paura, approfittando che ero un po permaloso, mi
suggestionava insinuando che questo scriveva versi migliori, quellaltro andava
dicendo che ero un cane, quellaltro ancora aveva pagato gente perch mi
fischiassero; e Tizio se nera andato prima della fine della rappresentazione,
e Caio aveva chiacchierato tutto il tempo e Sempronio sera addirittura
permesso di addormentarsi durante la mia esibizione, io che avevo espressamente
proibito fin alle donne incinte di lasciare il teatro durante lo spettacolo, ed
erano costrette a partorire sul posto, da tanto era il mio rispetto per larte.
Mi avvelenavano la vita. Bastava che mi sapessero affezionato a qualcuno, o,
anche, solo il sospetto che mi fosse simpatico per ragioni diverse dal
mangiare, bere e farci le porcherie, e me ne privavano subito escogitandogli qualcosa contro, bravissimi nel
trasformare uno sbadiglio in una condanna a morte; tanto che, pi di
uno, stufi di aspettarla, si suicidavano da s E Seneca cinico saggio e
politico accorto non faceva che ripetermi: per quanti nemici tu uccida, non
riuscirai mai ad uccidere il tuo successore Il suicidio, a Roma era diventato
uno sport. Era considerato molto chic tagliarsi le vene, al calar del sole,
prima di cena; immergersi in una vasca dacqua calda profumata e aspettare
senza fretta, di rendere lanima, spicciando le ultime faccende rimaste in
sospeso, come cenare, sbrigare la corrispondenza arretrata, fare gli auguri, spedirsi un biglietto di condoglianze, limare una
poesia, risolvere un rebus, ripassarsi Omero o, pi spesso, conversare
piacevolmente sparlando del prossimo e raccontandosi barzellette. Non manc
nemmeno un originale che non volle andarsene senza, prima, aver imparato a
risolvere il teorema di Pitagora, che non cera mai riuscito prima e nemmeno
quella fu la volta buona. Pi commovente ancora quando si stabil la voga del
suicidio coniugale, portandosi dietro la moglie per risparmiare sulla spesa
delle doppie esequie. Tutto si potr dire, salvo che, a Roma, non si moriva
puliti: si rimaneva a mollo durante tutta lagonia!... Linconveniente era al
mattino. Non ci si teneva dietro coi funerali. E questa la ragione principale
di non essere mai riuscito a farmi degli amici di lunga durata. Si consumavano
subito. A ci, contribu non poco il nostro Tigellino comandante dei pretoriani
di palazzo, come dire le nostre SS: niente da invidiare a quelle che vennero pi
tardi; perch fin che non ci si mette in mente che i Romani furono, ad ogni
titolo, i nazisti dellantichit con migliori risultati, non si capir mai
niente di storia. Belluomo Tigellino, indiscutibilmente: altezza uno e
novantuno, due spalle come un armadio e il resto in proporzione, nel genere
giovane gladiatore torvo e robusto. Ma era
proprio necessario, per conservare il tipo atletico dalladdome concavo, nutrirsi
idealmente di cadaveri e dissetarsi di sangue umano, rischiando gli acidi
urici? La cucina romana era indigesta abbastanza, per conto suo. Ne seppe
qualcosa Vitellio che arriv a pesare un paio di quintali a dieta. Ingrassare,
per lui, era una nevrosi per affermarsi e non lo sapeva, ma Vitellio venuto
dopo Non era nemmeno cattivo, non ne aveva la fantasia; era soltanto goloso.
Lo si constat alla mia scomparsa, nellanno della vendemmia degli imperatori,
quando, tentato il colpo, si vide far fuori, in due e due quattro, mentre
masticava un panino. I Romani non gradivano imperatori n troppo grassi n
troppo magri. Quel meningitico micragnoso di Galba lo eliminarono perch era
secco come una sardella, quellinsonnolito di Vitellio perch era grosso come
una balena. Prudenza consiglierebbe, ad ogni aspirante alla carriera politica,
prima cosa procurarsi una bilancia. Se cala vuol dire che un avaro sfottuto,
se aumenta, segno che ruba: in nessun caso, mai fidarsi. Io mi sono sempre
tenuto sugli ottanta- ottantun chilogrammi, peso-forma rassicurante per un
imperatore. Ma non si pensa mai a tutto. Sopra e sotto, si entra gi in zona
rischio. Ah, non vedo lora, se mi sar dato, di esistere e riconoscermi,
finalmente nello splendore della sua parola! Non si tratta di una pirandellata
qualsiasi. Mi deve credere. Sono un cadavere ibernato in frigorifero da
uneternit: mi scongeli E, una preghiera, se posso permettermi: mi faccia
epico, signor Guglielmo. Sento che epico riuscirei meglio. Del resto, non ci
che tento, sgangheratamente, gi di fare raccontandomi in modo cos pietoso? Si
fidi del mio istinto. Conter pur qualcosa se riuscito a sopravvivere dopo
aver interpretato le disastrose tragedie di Seneca. Non me ne voglia: un
grossolano caso di assoggettamento perpetrato dal maestro sullallievo; ero
stato volgarmente plagiato. Eppure, parola,
l Ercole furioso riuscivo a renderlo ascoltabile, che tutto dire.
Non del parere? Non una bugia per vantarmi, la pura verit. Sar dipeso
che avevo il physique du role, ma gli applausi non si contavano. Mah magari
poter interpretare sempre ci che piace!... Finora non s degnato di dire una
parola. Non un cenno di assenso, non un segno di disapprovazione. Ma come si fa
per ottenere un po di benevolenza da lei? Io non sono stato come si crede. In
qualche particolare, magari, peggio, ma, complessivamente, meglio, quando si
separino i fatti dai sentimenti, glielo giuro. Anche lei prevenuto, lo sento.
stato questo ragionar da cristiani a rendere tutto incomprensibile Cosa non
s detto sul mio conto?... Lanticristo incarnato! Ma mi guardi, mi ascolti,
le sembro lanticristo?... Niente. Lo temevo: meno difficile demolire il
Colosseo che sfatare un preconcetto. Lei, e non solo lei, siete rimasti ancora
a quei due emeriti leccapiedi di regime, allorigine di tutto: Svetonio,
petulante gazzettiere, raccoglitore di immondizie; e Tacito, moralista stitico,
vero sicario della parola; che risparmiava le virgole per sostituirle colle
stilettate alla schiena, facendo la storia a base di insinuazioni; e
uninsinuazione vibrata giusta, perch il talento non gli mancava, a quella
canaglia, fa pi danno di dieci fatti dimostrabili; poi, naturalmente, tutti
gli altri dietro, come tante pecore, uno a ricalcare laltro. Ogni infamia
contro di me: un mattone al monumento dei miei successori, altrettante delizie
del genere umano. Nero su nero: Nerone! Ma la realt?... Mica calunnie, mica
pettegolezzi, mica chiacchiere: mio padre, quello autentico, almeno stando a
mia madre che inaugurava mariti come un altro inaugura monumenti, pi gli extra
che passavano nel suo letto come altrettanti viandanti attraverso un crocevia,
radicata consuetudine della nostra stirpe, talch nessuno dei suoi rampolli ha
potuto mai sapere, al cento per cento, chi dovesse chiamar padre mio padre,
dicevo. Una cloaca. Unico merito: avermi lasciato orfano quando avevo tre anni.
Dora in avanti attenzione ai numeri. A dodici anni, un patrigno: Claudio,
imperatore, mica dei Romani: dei cornuti, ma non ci faceva caso, o ci teneva,
addirittura: una rara forma di feticismo delladulterio. A sedici anni,
ammogliato per forza a mia sorella dacquisto, Ottavia, una santocchietta
racchia e malmostosa, senza sensi; colla smorfia dimenticata sul volto, fin
dalla nascita, di una che segua il proprio funerale; iettatrice, poi portava
male perfino a se stessa, superstizioso come sono. Pazienza, ero un ragazzo
precoce, chiavare, bene o male, gi mi ingegnavo, riempii il guanciale di
amuleti, chiusi gli occhi, strinsi i denti e riuscii a cavarmela; ma me ne
rimase la cicatrice tutta la vita. Passa qualche mese e viene il meglio: a
diciassette anni: imperatore. Sissignore: a diciassette anni, let dei giochi
e dei balocchi, come dice la Butterfly; e delle pipe, aggiungo io, questo
sedere qua, lo vede?, stato piazzato di prepotenza sul maggior trono che il
genere umano abbia conosciuto dal giorno in cui i popoli scopersero la paura
perch la forza romana fu la paura - .Ai ragazzi comuni, la prima bicicletta, a
me un impero. Romano. Nella mia ingenuit, tutto contento, pensavo: Sono a
cavallo, comincia la pacchia: hai voglia! Ero lo zimbello di un piano che mi
ci vollero anni per rendermi conto di che si trattava. A ventinove anni e nove
mesi: chiuso, finis, gi il sipario, si esce di scena: morto, parce sepulto!...
Eh, Cristo, pardon: Giove! Li confondo sempre. Le dice niente questo? A lei, le
conclusioni. Di ci, mai che si parli. Della vita, la vita! Io non ho
conosciuto altro che la giovinezza: il prima! Del resto io non so niente:
buio! Di diventar saggio stracco! io non ho avuto il tempo. E, per nove
decimi, la chiave dellaffare tutta qui. Adesso, non venga fuori colla
barzelletta che muore giovane chi caro agli di, perch spacco tutto e, poi,
a pi di pagina della lista dei miei falsi misfatti, si dovr aggiungere anche
quello vero di aver strangolato Shakespeare. E starei per dire che ancora il
meno. Per tutta linfanzia, a dozzina, in campagna, presso una specie di zia,
la quale, prima di esser fatta fuori come accadeva, puntualmente, con noi,
provoc tutti i guasti di una zia che ti vuole veramente bene; io sono stato
pieno di zie, avrei potuto regalarne per gli onomastici. Maestri: un barbiere e
un ballerino. Come vede: istruzione superiore. Mi rifacevo, in segreto, con
spanciate di autori greci, proibitissimi come letture immodeste, non confacenti
a uneducazione romana. In compenso, i miei
Mentori coltivavano assiduamente labitudine di scaldarsi le mani in
parti del corpo dellallievo dove non avrebbero dovuto scaldarsele. Erano tipi
freddolosi col problema del riscaldamento. Durante quegli anni, molto se mia
madre ho avuto la grazia di vederla mezza dozzina di volte. Non ho ricordi che,
allora allora, mi abbia dato un bacio. Rimasi colla voglia. Aveva altro da
fare allora Si preparava a nonsoch e non poteva allontanarsi dalla capitale
ad affilare la sua mordace alterigia, la sua benevolenza raggelante e il suo
disprezzo omicida Imperatrice in lista dattesa: s: che fosse fatta fuori
Messalina, per prendere il suo posto. Figurarsi! La grande Agrippina che aveva
inventato il sof: la figlia di Germanico! Quanto ci ha rotto le scatole col
nonno Germanico! Era la sua croce di cavaliere Anche lui...! Sar! Tutta la
sua gran nomea i Romani son sempre stati inarrivabili nel trasformare in miti
coloro ai quali non han permesso di dimostrare di meritarlo. Credevano in tutto
perch non credevano in niente - .Il capitale morale della famiglia sul quale
siamo vissuti di rendita!... Capirai!... Mi sa tanto che, per la maggior parte,
sia dipeso dalla fortuna di non essere diventato mai imperatore. Senn, avrei
voluto vedere Chi non rischia ha il vantaggio di non compromettersi. Mah Quel
che fuori discussione che fu un trombone insuperabile, anche lui, nel
manovrare le virt come altrettanti arnesi di ricatto. Certe zuppe!... Lasciamo
correre. Non bisogna dir male dei nonni.
Fuorch, di me, qui, non si pu dir male di nessuno: c Seneca che
incalza. Hai detto niente?! Ad onta di ci che se ne pensa, da
quellufficio-stampa di se stesso che ha saputo essere, tutto ci che faceva,
che diceva, che pensava, era a futura memoria: raccomandate fermo-posta,
indirizzate ai posteri; ebbene, fin che mi rester un filo di fiato, non mi
stancher mai di gridare dai tetti che, quello l, stato il disastro della
mia vita. Ha trivellato in profondit, lui mica sfruculiato in superficie
come il barbiere e il ballerino che, almeno, non erano antipatici, disponevano
dellignoranza allegra e qualche gusto lo davano - .So io: fin dentro
nellanima, se ai miei tempi si fosse usata Seneca, in un certo senso, faceva
gi parte della famiglia Era stato amante ufficiale di mia zia Livilla
unaltra zia vedova, si pu ben dirlo, di suo fratello Caligola; e capriccio nemmeno troppo passeggero di mia madre;
dov che mia madre non centra? O non entravano in lei?... La prima
carica gli era costata otto anni di esilio fra i sassi della Corsica, la
seconda gli valse il richiamo a Roma, collincombenza di farmi da precettore.
Cosa vuol dire la riconoscenza! Evidentemente, sotto la toga doveva celare argomenti
ben convincenti. Non cessava un momento di far lelogio della virt per
assaporare meglio il gusto del vizio; e di proclamare il disinteresse per
soddisfare la cupidigia; propagandava lo stoicismo per pagarsi il diritto di
vivere da epicureo. Consum disonorandola la sua vita di uomo in previsione
della sua discutibile fama di filosofo. C chi sottoscrive delle polizze di
assicurazione sulla vita; lui, pi ambizioso, ne sottoscrisse una addirittura
sullimmortalit. Cara, ma non butt via i suoi soldi. stato un affarista
abile, in tutti i sensi. Doppio, macch: triplo, quadruplo, peggio di una
cipolla, di un carciofo. Era talmente ipocrita che gli riusciva naturale ingannarsi su se stesso persuadendosi di essere
un altro; a differenza di mia madre, tanto guasta da credersi peggiore
di quel che era. Indossava il proprio cinismo collimperiosa noncuranza di
unaristocratica matrona dantico stampo,
che indossa i gioielli di famiglia, consapevole che si tratta dei pi
preziosi dello stato, e possedeva anche quelli. Tra collo, braccia e vita
circolava con, addosso, mezzo impero romano E, insieme, i due compari si
misero ad allevare il pollo in batteria. Ma ci sar modo di conoscerli meglio pi avanti Ci arrivo, ci
arrivo. Lo so. Son secoli che lo so. Lei, quelli l, non aspettate
altro: il calcio in pancia che sped allaltro mondo Poppea, lincendio di Roma
con annessa strage di cristiani, il matricidio e le brutte cose con mia mamma:
argomenti ghiotti. Specialit personale. Parliamone. Non ho che da guadagnarci,
visto che, magari ci son voluti duemila anni, ma il pallone pare che si stia
sgonfiando. Primo caso: desolato, ma non pi di un malaugurato incidente nel
corso di un litigio coniugale un po movimentato. Chi conosce un matrimonio
dove non si sia alzata la voce, si faccia avanti. Mai scappata una sberla alla
propria signora a nessuno dei presenti? O vogliamo metterci a fare il processo
al banale quotidiano? Io sono un temperamento nervoso, a me scappata una
pedata. Quella sera avevo le fregne. Avessi saputo che Poppea aveva laborto
prematuro facile, colla voglia di un figlio che mi ossessionava, mi sarei
limitato a una sberla, oppure non avrei mirato alla pancia, talmente ovvio!
Incendio a Roma. Mai stato un piromane. E chi ci crede pi, con quel che m
costato ricostruirla a mie spese, che, per poco, non fui costretto a dichiarar
fallimento? Forse avevo il gusto di gettare i sesterzi dalla finestra?... I
cristiani?! Ci siamo! Tutta colpa di Tigellino: Son stati i cristiani, son
stati i cristiani, bisogna dare un esempio: sembrava impazzito. Il capo della
Gestapo era lui. Vatti a fidare! Di mio, io non ci ho messo che la regia. Ho
visto loccasione: loccasione, non il pretesto, sia chiaro. Semmai, a rendermi
imprudente stata la mia passione per il teatro. Son vissuto di teatro! Ma
stiamo dando i numeri? Quando mai una regia ha costituito reato, anche se, nove
volte su dieci, dovrebbe costituirlo per legge? Lunica volta che feci una
regia e mi va a capitare quel che mi va a capitare! Quando mai m venuto in
mente!... Poi, le esagerazioni tutto un gran quovadis: centinaia di
migliaia, han detto e scritto; milioni, addirittura, neanche si fosse trattato
della messinscena del trionfo dellAida di Cecil De Mille Chi li aveva mai
visti, che bisogn andarli a cercare col lanternino, i cristiani? Trasformati
in lampioni, spinti a combattere nel circo, offerti in pasto ai leoni, indigesti come sono. E quando mai? Come
se, a Roma, si fosse tanto pitocchi, o tanto crudeli da far patir la
fame a dei poveri leoni domestici, pasciuti e inappetenti, che, per fargli
mandar gi un boccone, bisognava pregarli in ginocchio. A Roma si sempre
stati amici degli animali, e alle loro belve i Romani erano affezionati: tutti
figli della lupa, lo insegnano allasilo, mi dia ascolto, una volta tanto,
faccia credito a un regista: fu una cosetta improvvisata, messa su in economia
un dopolavoro faccia conto una festa dellUnit da paese. Se siamo arrivati a
mezzo migliaio ancora grassa macch: meno, meno. Vedo l lamico Adolfo,
abituato com, sorride sotto i baffi. un sorriso che dice tutto. Grazie. I
nostri mezzi, la nostra tecnologia non erano i vostri, volete mettervelo in
mente? Artigianato povero, si doveva fare tutto a mano Mia mamma! Ma santo cielo!
Chi non ha sognato, almeno una volta, di star a letto con sua madre? Proprio
oggi mi si presenterebbe il conto; oggi che, con quella voglia, si spiega
tutto, dai calli alla scoperta dellAmerica? Sarebbe, quantomeno, il momento
meno adatto Mi guardo bene dal mettere in dubbio che la mia povera mamma sia
morta male. A me, fu riferito che era stato un suicidio se c qualcosa da
rimproverarmi fu la pigrizia di aver lasciato correre Un po macchinoso, se
vogliamo, ma un suicidio. Comunque, nemmeno a farlo apposta, leggevo
recentemente che, ad assassinarla, non potevo assolutamente essere stato io, e,
indolente, pigro e di poca memoria come sono, mi guardo bene dal metterlo in
dubbio. Per carit, accendere una polemica dopo tanto tempo!? Mai al mondo. Che
le devo dire? doloroso ma, prima o dopo, ci si deve pur rassegnare a perdere
anche la mamma. la vita. Sar stato quel bisonte di Tigellino. Provvedeva lui
a tutto. Sono, anzi, curioso di sapere a chi si dar la colpa quando sar
passata la moda di darla, di ogni minimo disguido, a lui. Sourtout ps de
zle: non passava giorno che non glielo raccomandassi. Resti chiaro, per: quella reazionaria sta bene morta, con tutti
i casini che ha combinato. (una
pausa sovrana percorre, come il lento giro della lanterna di un faro, lintera
assemblea. uno sguardo cosmico dove c di tutto: dignit, interrogazione,
sorpresa, rammarico, riprovazione, disprezzo, umiliazione ed altro, a libito
dellinventiva e della faccia tosta dellinterprete, se lo si trover; ma un
pirla, da indurre in tentazione, si finisce sempre per scovarlo). Ma, mai
possibile?... Mi sa che non mi si crede Ho, perfino, limpressione, non so - sarebbe atroce di aver deluso tutti (dieci
minuti di puntini, per farsi ascoltare dal pubblico, anche quando tace
stato un vanto storico pronunciato dalla Duse e se ne ricorda ancora e gi
unautentica o tale, almeno, sembra crisi di disperazione, saggio dalto
istrionismo. Splendido nella tirata del mite agnello che offe il collo allarma
sacrificale, applauso a scena aperta garantito, del Dostojevskij per i poveri):
Debbo, dunque, svergognarmi, umiliarmi, distruggermi fino in fondo, vomitando
tutta la mia miseria di sovrano da burla, di uomo senza dignit?!.. Sono stato
timido, pavido, vile, infingardo, col sistema nervoso fradicio come il petalo
di una rosa appassita; dai pensieri flosci, dai sentimenti marci; lubricamente
lascivo, ridicolo Casanova di facciata e semi-impotente nella realt;
infantilmente vanesio, disgustosamente patetico, mediocre in tutto: poeta
meschino, attore cane, cantante stonato, gladiatore a trucco, fantino staffato;
ho ripescato laggettivo staffato, apprezzino almeno quello pieno di
complessi: saltavo da un complesso allaltro
come uno si cambia la camicia; devastato da ogni sorta di squilibri neurovegetativi:
tachicardia, vertigini, extrasistoli, acidit, flatulenza: un isterico
inverecondo: prepotente coi deboli, debole coi prepotenti: sadico cerca
masochista, masochista cerca sadico. Tutta Roma parlava delle mie notti brave.
Ero ridotto ad andare a battere, con Petronio, a Monte Milvio tra la feccia
della feccia; e una notte, dopo avermi scippato, mi caricarono di botte e
tornai a casa che, per poco, non mi avevano cavato un occhio Se fossi Dio,
morirei dalla vergogna di aver messo in circolazione uno come me Va bene
cos?!?.. E mai nessuno, in venti secoli, che sia riuscito a indovinare che son
diventato il Nerone che son diventato per reagire alle frustrazioni e ai
fallimenti del mio narcisistico protagonismo, cercando di avvolgermi, di volta
in volta, in una toga decente. Tutta scena. Teatro. Inventarsi per essere
qualcuno. Spesso si recita per disperazione, per protesta, per assolversi, per
consolarsi, per dimenticare, per piet di se stessi, per non morire. Il Teatro
il gioco della crudelt, della follia e della morte! Ma non bisogna dir male
del teatro. (un grido lacerante, quasi un urlo): No. Non sono Pasolini.
Pasolini che stato anche me!... Ma che centra? Centra! Lasciamo che
centri. ( di colpo, semplice e amabile anfitrione) : Intervallo di un
quarto dora. Se gradiscono rinfrescarsi lugola, di l c un vermouth.
Carpano o Punt e Mes. Tutto quanto pu offrire la nostra onorata e orgogliosa povert. (fulminea,
unulteriore impennata; oltre ogni ridicolo, dagli abissi dellassurdo, una sghignazzata sardonica). Ah! Ero anche stitico. I disgustosi
intrugli di erba sena che ho dovuto ingoiare
a comando di mia madre!... Le bastava lo sguardo! (cala
progressivamente la luce, inghiottendo tutte le immobili presenze una
spessa oscurit; eccettuata la sua, circoscritta nellaccecante cerchio illuminato
rimasto; dove comincia a svestire i panni imperiali, parlando con se stesso in deluso risentimento). Niente. Non ha fatto una piega. Si
fosse mai accorto che stavo recitando? Ma, se se ne accorto, avrebbe dovuto
essere proprio questa disperata ricerca della verit nella finzione ad
interessarlo. Senn, che merito c ad essere Shakespeare? Era tanto difficile
da comprendere?... Quando diventano il monumento di se stessi, non capiscono
pi un tubo. Ho sbagliato tutto. Mi
scappato di mano per andar per conto suo. La verit non paga. Ho minimizzato,
dovevo ingigantire. Mi sono giustificato, dovevo accusarmi. Mi sono umiliato,
dovevo insuperbire. Ho messo in evidenza il meglio, dovevo calcare la mano sul
peggio. Ho svelato la debolezza, dovevo fingere la forza. Sono stato sincero,
dovevo mentire; modesto, sarei piaciuto di pi superbo; problematico,
mavrebbero voluto elementare: ho cercato
di offrire luomo a chi non si aspettava che il mostro. Tutti uno, questi bastardi di elisabettiani.
Spasimano solo per le macellerie: tradimenti, battaglie, torture,
duelli, sangue, cadaveri, stragi, gioco a bocce colle teste decapitate e
bambini lessi. Hanno imparato da Seneca. E la platea
dalla sua parte. Nerone poveruomo non chiama. Tutto a monte. Si torna
allantico e si rivolta la frittata. Lo servo io, nel secondo tempo, quel
barone l, che pi che parti di generico
non mai riuscito a interpretare. Ha finito di sorridere di
compatimento. Chi crede di essere? Senza di noi attori, che gli imprestiamo
lanima, non sarebbe nessuno. Gli piazzo ai fianchi, uno di qua, uno di l, due
altri esperti pi esperti di lui, che tenevo di riserva e non tiravo fuori per
riguardo e, poi, mi sapr dire: il professor Freud e il signor marchese De Sade. Ne sentir di belle. (non s
nemmeno accorto che s gi chiuso il sipario e continua a parlarsi addosso, che nausea sto teatro) Ah, ero anche stitico! SECONDO TEMPO (il rito prosegue,
preceduto da un colpo di gong, fratello gemello di quello onde s
iniziato. Di poco meno eminenti, di poco meno elevati, su troni di poco
meno imponenti; simmetrici ed egualmente ieratici, ai fianchi del solitario
idolo precedente, ora siedono, alla sua destra il professor Sigmund
Freud, in finanziera nera, barba grigia, occhiali e sigaro Virginia; e,
alla sua sinistra, il marchese Donatien Alphonse Franois de Sade, in
velada pervinca merlettata e parrucca bianca. Formano una trinit
impassibile, adagio emergente col lento ed austero crescendo dellaccompagnamento
musicale, dal buio totale, su, fino allo sfolgorare di una trionfale
illuminazione, coinvolgente, ai piedi del tricefalo soglio, la tunica,
da Nerone precedentemente indossata, gettata sulla spalliera di una
sedia romana, spoglia vuota, eppur magicamente viva, persistente fulcro
di un discorso occulto; emblematico interlocutore di se stesso con se
stesso in altri. Al momento del tacere accecante, sulla corona dellaccordo
in maggiore che tocca lacme delleffetto suono e luce; a scena deserta,
due voci dialoganti, dell unicum sdoppiato, planano sulluditorio, da lontananze irreali, in un alone
di inquietanti risonanze).
-Tocca a te, mamma -Rimediare al solito guasto del bambino che non
volle crescere -Che non hanno
lasciato crescere, dovresti dire -Il cialtrone di sempre. Mai che si
smentisca: persuaso di nobilitarsi degradandosi.
Cosa debbo aver fatto di male agli di per essere stata punita con un figlio come te? -Al saldo del
conto, di figli come me avresti dovuto partorirne almeno mezza dozzina e i tuoi di sarebbero rimasti
ancora in credito. Ma, ormai, i nostri di, incalzati da nuovi
concorrenti, non possono pi permettersi di essere
nemmeno permalosi, a rischio di rimetterci il posto. -Da chi hai preso, poi? -E una lunga
catena. Occorrerebbe, innanzitutto, stabilire con precisione chi fu mio padre. -Il peggio uomo col quale mi sia congiunta, visti i risultati. -Furono
tanti!... E perch no, il meglio? Potrebbe trattarsi, addirittura, del grande
Seneca Perch no? Le date non osterebbero. E poi, che importanza ha una
data?... Me lo son sempre sentito addosso come un padre. Nerone figlio di Seneca, che colpo di teatro! -Mhai messo una pulce nellorecchio, guarda!
-Lintenzione era di metterci uno
scorpione. -Perch no, dopotutto? Da chi altri saresti riuscito a
ereditare altrettanta affliggente noiosit? Laltro giorno, c stato, perfino,
uno che s gettato dallalto del circo, non resistendo al tedio di esser
costretto ad ascoltarti declamare. -Le variet di suicidio sono inesauribili.
-Mi detesti, eh?!... -Tanto, mamma!!... -Con quanta dolcezza lo dici!... Seneca Ci devo riflettere. -Certo,
certo, la paternit la meno sicura delle parentele. Ma io ho sempre fatto
molto conto della fantasia. Vedi, di un padre concreto e conosciuto da esecrare
ho tanto bisogno anchio. E nessuno come quello l, farebbe meglio al mio caso
E avrebbe potuto essere amore, pensa; ridurre tutto, viceversa, a una piccola
faccenda di famiglia tra un figlio discolo
e due genitori carogne. -Il
sofista!... -Sghignazzi bene.
-E stato lestremo rifugio della mia
dignit vilipesa. -Rifalla. -Cosa? -La sghignazzata. Quel che non sai
fare sorridere. Non tho mai vista ridere come non tho mai vista piangere. Disponi
soltanto di un ghigno che ti serve in ogni caso, gioia e dolore. Ma, fosti,
poi, mai capace di gioia, di dolore? Non sei che cervello. Anche il sesso tieni
spalancato nel cervello. Il primo impulso di andartelo a cercare sulla
fronte, il luogo pi impervio che ci sia
E ora di andare. -Cosa gli racconto, io, adesso, a quelli l? -Non la
faccia tosta che ti manca: improvvisa. Invntati: diventa quella che sei.
Teatro, teatro: il protagonista lui; e noi umili officianti: ti fa recitare,
persino, contro te stesso Tono piuttosto aulico confacente alla figlia del
grande Germanico. Fa una cosa, mamma: per lusingarlo, citalo. Non c autore
che ci resista. Noi non siamo personaggi, siamo scatole cinesi. Una dentro
laltra, non arrivi mai a tirar fuori lultima, assaporando lebbrezza di
sbranarsi possedendosi Un consiglio: trattali col voi, tu che, potendolo,
daresti del voi a te stessa. Senza gigioneggiare troppo, possibilmente; o,
facendolo, collaria di non farlo, che la maniera sublime di farlo, quando si sappia farlo. Incede finalmente, raggiante apparizione di belt
e grandigia, il visionario commediante, metamorfizzatosi nella
regale e superba Agrippina, fulgida nei propri gloriosi quarantanni,
preceduta, a piena orchestra tassativo dallintroduzione alla scena
del sonnambulismo del Macbeth di Giuseppe Verdi. Incoronata da una
gigantesca parrucca bionda vistosamente elaborata, e le guance
clamorosamente imbellettate; in fastose, elegantissime vesti romane
tutto concorre ad esaltarne limperiosa alterigia, non escluso il peso,
non indifferente oro, perle e pietre preziose, delle quali rubini,
smeraldi, zaffiri, ametiste, onici, berilli, non sono che la fanteria
della copiosa ed abbagliante gioielleria dinastica della gente Giulio-Claudia
addosso: miliardi. Di sesterzi? Di dollari.
- Svuotatemi del mio sesso, colmatemi fino alle punte dei capelli della pi
spietata ferocia, ispessitene il mio sangue, sbarrate, nel mio animo, il minimo
spiraglio, la minima fessura al mio rimorso. Appressatevi al mio morbido seno e
mutate il latte in fiele, oh tutti voi ministri del crimine, che, nella vostra
invisibile essenza, presiedete ad ogni misfatto di natura -Lho recitata bene? Son come mi si vuole? il tono
giusto per la giusta Agrippina? -Senn si cambia. Disponiamo di un repertorio
ambisesso inesauribile. -Zitto, tu! Nessuno ha mai osato rubarmi le
battute. Ora sino di scena io e parlo io.
Giudichi chi ascolta quale dei due recita meglio. (si tratta di un
bisticcio da personaggio a personaggio: col figlio e anche col
protagonista, collautore, con chiss chi e cosa: una cagnara di rivalit,
intorcigliate e combattenti, allinterno del monologo. Accadr ulteriormente.
Come risolvere il problema esclusivo compito dellinterprete. Se proprio non ne viene a capo,
accomodi, tagli, trasponga tutto in terza persona; ma sarebbe un
peccato. Alla peggio, gli rimane la risorsa
del registratore). Non ci
si faccia caso. Dice a me, geloso di se stesso, tanto per non smentire la sua
sfrontata natura di commediante: in altre parole, si tratta di me, contro di
me. Non si sopporta di non stare sempre in scena in nome proprio. Si teme di
essere meno bravi in un ruolo piuttosto che in un altro. E un delirio. Ed ora,
se non hai nulla in contrario, torno ad essere Agrippina. Domando scusa della
perdita di tempo. Aho! Dico a te, Mister Shakespeare.
-Dio del cielo, d del tu a Shakespeare, e
con accento romanesco! -A Roma usava
cos. Dovrebbe sentirsene lusingato. Come hai inteso, arrivo
direttamente da uno dei tuoi copioni. Per me puoi, quindi, usare dal pi al
meno, le stesse parole. Dopo aver plagiato tanti altri, puoi, finalmente,
toglierti la soddisfazione di plagiare te stesso. I due consiglieri, che ti
siedono a lato, prestino attenzione: saranno, forse, in grado di offrirti
qualche utile suggerimento per la comprensione della vera Agrippina. Io non sono difficile. -Senza,
per, dimenticare che questa gran donna che faceva paura, fu depositaria di
tutte le millenarie virt della matrona romana solo, a rovescio. -Limportante fu possederle. Una dichiarazione di
principio: io non ho giustificazioni da dare. Non ne ho bisogno. Come non ho
indulgenze da mendicare: il mio orgoglio me lo impedisce. Mi assumo, piene,
tutte le responsabilit di ci che fui, che feci, che pensai, che volli e
desiderai, dalla nascita alla morte; il noto e lignoto, perch il noto non
tutto. Il cosiddetto sentir cristiano non fa per me. Non lo capisco, n lho
capito mai; n, con esso, saprei, e vorrei, farmi capire. Chi brama entrare in contatto
con me, deve dimenticarselo. Io funziono solo ab urbe condita. Avanti o dopo,
l come si chiama quello che , non esisto. Offro il mio ritratto, romano, da
romana, per menti romane: Io sono Roma. Le sottigliezze, le incertezze, le
malsane contraddizioni, le cangianti mutevolezze le torbide inquietudini, gli
umori umbratili, le morbide ambiguit, i s che vogliono dir no e i no che
vogliono dir s, le masturbazioni cerebrali tutta roba che lascio a mio figlio
che lha inaugurata, e alle generazioni venute dietro di lui, colle quali ha
fatto lega e, nelle quali, basta coltivare un vizio pi degli altri per
sentirsi subito proiettati verso
lavvenire, risultato garantito. Io: viceversa. Molti o pochi, certo
diversi, i miei difetti e le mie qualit, le mie virt e i miei vizi, il mio
bene ed il mio male, erano chiare e ferme realt, perentoriamente piantate
nella tradizione storica a familiare: ab urbe condita. Sia chiaro una volta per
tutte: io non mi sento n unincompresa, n unincompiuta, e, men che meno, una
che ha bisogno, o desiderio, di restauri.
Son chi sono. -E pretendi di far del
teatro soltanto colla verit, senza mentire? -Sissignore! -Ma se non ci riusciva nemmeno la Duse? -Me ne dispiace per lei. Io sono cerebralmente maggiorenne. La Duse e tu, evidentemente, no. Voi siete due nostalgie e basta, lei in anticipo, tu in
ritardo. Io sono il reale!.. E possibile tanta poca maest, il figlio di Agrippina? Figli cos, imperatori di Roma! A
questo si doveva arrivare! Di vergogna una madre pu anche morire. E sarebbe
avvenuto se non si fosse provveduto allo stesso scopo diversamente; e
per questo, solo per questo, gli serbo quasi gratitudine. Lorigine, la colpa
di tanto sfacelo? Gli aggettivi! Ribadisco: la decadenza del mondo derivata
dallinvasione degli aggettivi. Laggettivo il cancro segreto, la serpe in
seno al sostantivo. Colui che inventa un nuovo aggettivo sovverte lordine
costituito. Guardarsi da chi ama troppo gli aggettivi: un asociale, un
pericolo per la collettivit. Fa pi male, a uno stato, un aggettivo che
unepidemia. Lepidemia passa, laggettivo resta; e, con esso, tutto ci che si
porta appresso e pu portarsi appresso qualsiasi infezione. Il mio sconsiderato
figliolo ne era intossicato: era un aggettivo-dipendente. Non viveva che di
essi e per essi, a dosi crescenti. Ci che gli mancava erano i sostantivi, i
sostegni dellimpero. Nessuno meno romano di lui, in tal senso. Tutto dipeso
da l se Roma declin, e proprio quando parve prosperare. Apparenza, inganno
mortale di una divinit avversa. La vera romanit nacque nemica dellaggettivo
e, per la sua perpetuazione, avrebbe dovuto rimanerlo. Cancellarne, non
aggiungerne. Viceversa, fu sommersa dal diluvio di tutti gli aggettivi pi
strani, pi esotici, pi insidiosi, pi tortuosi, pi torbidi, pi equivoci,
della Grecia, - gi, io la Grecia lho apprezzata per una cosa sola e basta:
linvenzione delle pieghe dellEgitto, dellOriente. Purch non fosse romano
e disponesse di aggettivi, ognuno acquistava il diritto di diventar romano.
Solo i collezionisti di sensazioni sembravano aver titolo a dettar legge e far
carriera; dalloggi al domani, candidati e maestri di vita nelle case doverano
stati schiavi: prosseneti, ganzi, prostituti, filosofi e letterati, che la
stessa cosa, insieme e in peggio -Ne fa una questione di grammatica! -...C
una realt, di cui vado personalmente orgogliosa: tutte le mie azioni,
sentimenti, pensieri: cuore, corpo, utero e cervello, giusti o sbagliati,
colpevoli o innocenti, sono stati dei sostantivi spogli, chiusi, fermi,
collaudati e stabiliti. Persino i vizi. -Ma che gusto d un vizio, mamma, se
non lo aromatizzi con almeno una
mezza dozzina di aggettivi? -Senza
nemmeno uno, i miei me ne dettero moltissimo. Un vero vizio,
degno di un romano, non , e non pu risultare, che una voglia naturale
manifestata e soddisfatta al massimo grado. I vizi devono essere puri, sani
e morali. Solo se sono puri, sani e morali
i vizi sono costruttivi.
-Sai che gusto! Povera donna, non si accorge di combattere laggettivo
mitragliandolo con raffiche del medesimo Si pu fare la storia anche
con gli aggettivi, mamma. E fare la storia significa cambiarla. Non averne
paura; affacciati alloggi. Forse, riuscirai a capirmi: me e quelli come me:
cercare lassoluto frequentando il relativo.
-Io non combatto laggettivo, difendo
lintegrit di Roma.
-E allora fatti, mamma! Tu che non conosci il dubbio, lumiliazione, la
vergogna, il rimorso; nessuna delle cangianti ed ambigue volutt onde
chiedono di essere insaporiti i fatti! Qualcuno dei tanti tanti tanti; ti sei
riservata lesclusiva del fatti!... Nudi e crudi: fuori! Ma, attenzione: ci
rimetti. Un aggettivo, in qualche caso,
riesce a farti assolvere, ricordatelo.
-Fatti tuoi? -Fatti nostri. Fatti, tu che non ti
sei mai martirizzata nel piacere delle confessioni: te ne sei esaltata soltanto
nella superbia, sullaltare dellambizione, della volont e del potere. Oh il
potere!... Hai vissuto ubriaca di potere!... Fatti senza aggettivi perch eh,
perch Le poche volte che rinunciai a spegnere i fatti annegandoli negli
aggettivi, scelsi quelli giusti e aveste
paura tutti di me. Te, prima dogni altro. -Li sanno, i fatti. Perch
sono fatti. Stanno l. Immutabili. Nomi, cognomi, date. Colonne dellesistenza!
Mica vapori come tenteresti di farli scorporare tu, nellincenso degli
aggettivi. -Avanti, dunque, i fatti. Lo issai sul trono, in cima a una lunga
scala, della quale ogni gradino era un crimine, necessario e, per ci stesso,
giustificato. Io non conosco il vostro Machiavelli, ma la mia personale
esperienza mi garantisce che la sua nascita stata, quantomeno, uno spreco
superfluo degli di, sempre in ritardo sui tempi e, al solito, incapaci di far
economia. Buon per lui: si tenga pur la gloria di aver inventato lacqua calda.
Non si pu regnare innocentemente! Ad essere innocenti si ha sempre torto. Il
tempo della clemenza di quel pessimo soggetto, la cui maggior attrattiva era il
fascino di una sessualit precoce, un po canaglia, ammorbidita da una fragilit
da adolescente goloso ed infingardo, crudele come un gatto e tenero come un agnello
miscela ideale per suscitare sofferenza - , coincise col tempo
dellobbedienza, durante il quale mi caricai io, sulle spalle, il peso dei
delitti indispensabili a mandar avanti la colossale macchina schiacciasassi
dellimpero, e non era un peso lieve. A me tutto il torto, perch sua fosse
tutta la ragione. Odino pure, purch temano, ebbi per norma, ereditata da mio
fratello. Mi feci odiare perch lamato fosse solo lui. E, naturalmente, Seneca
di rincalzo dalla mia - , Seneca che, palese o nascosto, non manca mai nella
nostra vicenda, niente e tutto, mai e sempre complice, e traditore come tutti
i complici; ufficio stampa, incaricato delle pubbliche relazioni; indefettibile
nel perseguire, colla prudenza del serpente e la pazienza del somaro, un
proprio personale disegno occulto e tortuoso, e una scusa sempre pronta per ci
che non ha scuse; ineguagliabile nel masturbare i difetti, persuaso, con ci,
di trasformarli in pregi; privo di illusioni, eppure astutissimo nel suscitarle
negli altri; pi sincero quando mentiva e pi mendace quando diceva la verit.
La sua fu la complicit del silenzio: la pi sottile perch la meno
perseguibile Regnare senza lordarsi le mani! Si pu sentire maggiore
bestialit? E allora, bisogna pur che qualcuno se le lordi, visto che regnare
qualcuno deve regnare, se si vuol tenere in piedi la baracca. Me le son lordate
io. Per Roma? Per Roma. Per lui? Per lui. Per me? Anche per me: s!... Se i
miei occhi miopi non mi traggono in inganno ma, tra affini ci si riconosce a
fiuto scorgo, tra il pubblico, Semiramide, Elisabetta dInghilterra, Caterina
di Russia, e chiedo scusa alle altre che
non riesco a mettere a fuoco. Esse sono in grado di capirmi al volo,
perch apparteniamo alla stessa razza. Colla differenza, a mio danno, che Roma non riconobbe mai, se non
al sultano, il maschio, il privilegio di raggiungere un trono, e fu la
sua maggior ingiustizia maritata al suo maggior errore. Badare alla casa la
casa! - , far figli, onde fornir carne ai campi di battaglia, filare la lana
a che sia servita tutta la lana filata dalle donne romane, poi?!... alle
toghe dei senatori, forse! E un mistero che la Storia deve ancora decifrare - cuocere le ciambelle al miele per la merenda dei bambini; e,
naturalmente, tener pronte le pantofole per il ritorno a casa del marito,
stanco dal lavoro, alla sera; come se i mariti romani si stancassero lavorando;
era molto se avevano i piedi dolci di natura... In compenso, bisogna
riconoscerlo, circolavano, per Roma, anche dei bei piedi Nerone, per esempio,
aveva dei piedi bellissimi e osceni. (oh, non si sta incantando in
commemorazione dei piedi dei maschi romani del primo secolo dopo Cristo?!)
nervosissimi Caligola scultorei Aniceto delicati Narciso adorabili
Rubellino armoniosi Publio sempre caldi Pallante gelati Burro scompagnati Nerva cos cos Lucano
artritici Pisone magri stecchiti Tiberio minuscoli e gentili
Britannico olezzanti Persio indecifrabili Vitellio deformi ma intelligenti
Pollione misteriosi Terpino ben fatti, per un quarantasei abbondante,
Tigellino; come, del resto, la maggior parte dei pretoriani, ragazzoni
magnifici; imprevisti Lepido pieni di calli Seneca disgustosi Claudio ma i
pi splendidi piedi di tutta la storia di Roma li indoss mio padre, Germanico:
da museo Eccettuati i miei, uno sfacelo i piedi delle donne. Tutta colpa del
tacco a spillo, messo in giro da quella nana di Messalina. Non ne voglio neanche
sentir parlare. Insomma, salvo leventuale risorsa della contemplazione dei
piedi dei loro mariti, nel caso, non frequente, che avessero avuto la fortuna
di sposare dei piedi discreti, altre strade aperte, se non, si capisce, quella
del letto, alla donna romana non erano aperte per quanto genio, saggezza,
volont fosse in grado di mettere a servizio della patria Oppure, se non le
piacevano i piedi degli uomini ce ne sono, poverette - , farsi monaca, volevo
dire vestale. Allora, tutto il rispetto e la venerazione, per, mai lasciarsi
toccare nemmeno con un dito. Comunque, le leve del comando alla larga. Ci si
riusciva a metter su le mani solo per interposta persona, le poche che ci
riuscirono. Io ne so qualcosa. Pure, rammento sempre quegli anni collo struggimento
del maggior bene perduto della mia vita. Eh, s, rimanga fra noi, anche
laltera Agrippina, donna granitica, conobbe la nostalgia. Per li pagai quegli
anni, li pagai!... Con la gelosia, li pagai!... Ottavia, mia nuora e
figliastra, non contava; era una piccola ipocondriaca, a sangue freddo, n
carne n pesce. Se Nerone, prima di decidersi a farla fuori per impalmare, a
mio dispetto, quelloca vanesia di Poppea, c andato a letto insieme mezza
dozzina di volte, ancor molto. Ne provava un autentico disgusto fisico Era
una donnetta sterile e indisponente, senza modestia e senza superbia, priva fin
dellinfingarda scaltrezza di suo padre E, del resto, cosa poteva venir fuori
da quel relitto fossile tutto bave e libidine, di Claudio, il cui capolavoro
consistette nel sapersi preservare lintelligenza congelandola in un bozzolo
dimbecillit come in una cassaforte a muro mai aperta? Capiva tutto non
capendo niente Ma Atte, Rubria, Poppea persino quel frocio in marsina di
Petronio e la sua masnada di drogati di snobismo, spacciatori di aggettivi!...
Dio vi preservi, signori, dalla gelosia. Ti squarcia le viscere come una
rasoiata, fin dalla prima volta che ti sorprende e poi, non c pi scampo Ma,
alt! Questo capitolo non il mio. Da me si richiederebbero solo fatterelli,
petulanze, pettegolezzi. Sono quelle cose l che interessano, dicono. E non
sanno che i rivelatori dumanit son proprio loro. Ho fissa in mente, per
esempio, una circostanza puntualmente
ricorrente: il maltempo che accompagn sempre, salvo uno, i momenti
foschi e decisivi della mia esistenza. La sera che per le note ragioni,
assassinai Claudio, imprudentemente, e disgustosamente ghiotto di funghi; a tal
punto da non poter non indurre in tentazione di servirgliene in tavola una zuppiera
colma, appaiandoli, una volta tanto, allopportuno aggettivo avvelenati, che,
in fatto di funghi, nella nostra famiglia, sempre stato la loro salsa
naturale; e, in quelloccasione, accortamente rinforzata da doviziose
spennellature di ottimo giusquiamo; talch non ebbe nemmeno il tempo di
abboffarseli tutti, e, col dispiacere di chi non ha mai avuto le mani bucate,
buona parte si dovette buttar via, trovando indelicato riciclarla alla servit,
come abitudine, in tutte le ottime famiglie, coi cibi avanzati bene: quella
sera pioveva a dirotto. E pioveva ancora la notte che fu arso sul rogo anche
allora: il doppio della legna che sarebbe stata necessaria. Pazienza, non tutte
le notti c un marito da bruciare come non aveva cessato di piovere la
mattina dei funerali, e non smise per la settimana successiva, che nessuno si
salv da reumatismi. Ci fu unora di sole unicamente durante la cerimonia di
investitura e lelogio funebre con cui quello l (largo gesto indicativo,
non destituito di disprezzo, verso labito del figlio, abbandonato sulla sedia)
assapor per la prima volta la droga dellapplauso stava bene, lincolpevole
principe, vestito a lutto. Non furono poche le ineccepibili matrone a farci su
il primo pensierino. Il gusto della carne fresca viva era diffuso a Roma. A
batter le mani cera un intero Senato rigurgitante di arteriosclerosi,
esultante per la restaurazione della propria autorit. Incauti, non sapevano
ci che li aspettava. Cosa vuol dire la solerzia! Lo zelante Seneca, sempre preveggente, gli aveva preparato
il discorso della corona ventiquattro ore prima che i funghi, pardon:
gli di chiamassero a s il patrigno. Nemmeno una parola di gratitudine per
quelle operose amaniti falloidi magnifico nome che m sempre tanto piaciuto
le quali cerano costate un occhio della testa sul mercato. I funghi erano
cari anche allora. Poi, le cateratte del cielo tornarono a spalancarsi. Quando
piove, a Roma, piove. (lincombenza interlocutoria di quella tunica vuota va
aumentando col passare direttamente al tu). Ma diluviava addirittura, e
lampi e tuoni e raffiche di vento: una natura devastata, la sera che tu,
solamente tu, imparata fin troppo bene la lezione, togliesti di mezzo il
legittimo erede, Britannico, fratellastro, cognato, compagno di giochi e di
reciproci piaceri perversi, da adolescenti cresciuti in promiscuit e col quale avevi fornicato ma senza aggettivi la
notte che precedette il fratricidio. Anche in quelloccasione, si rivel
preziosa lopera dellalacre Locusta. Qualche volta pasticciava, per, sapeva
il suo conto la vecchia megera. Altri dispone della baby-sitter fissa, noi
potevamo addirittura permetterci lavvelenatrice di famiglia a tempo pieno. Il
suo esordio fu un piccolo capolavoro, non c che dire. Geniale, non meno che
elegante, quel gioco di prestigio sotto gli occhi di tutti: fa raffreddare, con
acqua gelida avvelenata, il sidro innocuo ma bollente, appena controllato
impunemente dallassaggiatore di mensa; e, cos, reso tossico, offrirlo
affettuosamente al fratellino ingenuo. Ebbe la precisione, la leggerezza e la
grazia di un balletto. Cominciavi gi ad essere un artista; e, per la prima
volta, in me, lammirazione si offusc di paura, presagio premonitore.
Linconveniente fu che, in seguito a quel macabro scherzo, la gente,
frastornata dai pettegolezzi, si mostrava riluttante ad accettare inviti a cena
da noi. Ogni scusa era buona, molti anticiparono la villeggiatura. A nessuno
piacevano pi i funghi trifolati. Li trovavano tutti indigesti. Fortunatamente,
dur poco. Pur di scroccare un pasto a sbafo, i Romani sfidavano questo e
altro. E, a casa nostra si mangiava bene; testimoni le tue baldracche, i tuoi
ganzi, i tuoi lenoni, i tuoi artisti commedianti egizi, mimi etiopici,
danzatori cartaginesi citaredi, chitarristi di ogni luogo, di ogni et e di
ogni sesso; nonch i tuoi poeti: tavola perpetuamente imbandita per la tua
canaglia della cosiddetta intellettualit dorata!... Ma si parlava di pioggia.
Se ne and che diluviava il povero allocco. Tu avevi diciotto anni, lui
quindici e ti voleva bene e si fidava di te Da tanto diluviava, che il rogo
continuava a spegnersi e il gracile corpo non voleva prender fuoco, lasciando
incerti se fosse finito distrutto dalle fiamme oppure dallacqua: arrosto in
umido. Ciononostante, tutto considerato, il mal tempo rimane un buon complice
Vero che quel pallido ragazzo epilettico, chiuso, dalla timidezza imbronciata
imbecille, sospettavi che te lavessi messo contro, e non ti rendevi conto
che era solo commedia! aveva nome poco dura. Tanto valeva, uno che disponesse
di senso politico, aver un po di pazienza e lasciare che togliesse il disturbo
da s. Mai incontrato nessuno pi perfetto per il ruolo della vittima: la
vocazione stampata in faccia, come una perfetta truccatura. Se non fosse stato
fatto fuori sollecitamente, a quel modo, correva il rischio di essere fischiato
in scena, infortunio sempre deprimente. Apparteneva a quei personaggi
asfittici, nati male, anemici aborti della fantasia, che, in una rappresentazione,
consigliabile tagliare, col vantaggio di
risparmiare una scrittura: personaggi in cerca dautore. (a forza di parlar
di Thanatos, giunta al punto che la concerne, lalterigia sarcastica
le si distende a vera, olimpica fierezza. E chi resisterebbe allalta dignit e alla solenne concisione di
Tacito, telegrafista sommo?) Noctem
sideribus illustrem et placido mari quietam: solamente quando invent un
inconcludente complotto per farmi affogare disse Tigellino, fu Aniceto, in un
rigurgito di rancorosa gelosia retrospettiva lo squillante splendore del sereno inargentava il liquido
cristallo delle ferme acque della baia di Baia. Strano lapsus, professor
Freud: si dimentic che sapevo nuotare. E fu costretto a sostituire,
precipitosamente, una fantasiosa invenzione da poeta, con una volgare fatica da
manovale. Ai sicari sopraggiunti ancora una volta, un paio di pi del
necessario: totalmente destituito dal minimo senso di economia! offersi
sdegnosamente perch, a differenza di
lui, io seppi morire con romana dignit da colpire, per primo, il
grembo che era stato rifugio alla sua fragile inconsistenza di bimbo ancora
increato e delizia della sua anelante sensualit di giovane maschio in fiore.
Fui trucidata a colpi di bastone. Ci che conta, dicono, sono le intenzioni.
Sciup tutto quel lapsus, si vede. Suo proposito era stato, senza dubbio,
fabbricarsi un ricordo di me tranghiottita dagli abissi marini per esser mutata
in qualche azzurra divinit. Seneca, che pur conosceva, anche lui, quel grembo,
per averlo frequentato con pigra assiduit, naturalmente provvide a far
diffondere la versione ufficiale: dolorosa quanto inevitabile punizione di
cospiratrice smascherata. Parole. Erano i soli strumenti che avesse per
rimanere a galla. E ci giocava, anche lui,
come poteva, povero vecchio appassito, fuori corso. (nuovamente quel
dito puntato): Ti lasciai una sola eredit: il rimorso, sperandolo idoneo a
suscitare, in te, qualche grandezza, magari solo la cupa e sinistra grandezza
di tuo zio Caligola. Ci tenevi tanto a giocare al rimorso!... Forse era stata
una delle ragioni del matricidio. Non vedevi lora di poterti identificare con
Oreste, uno dei tuoi sogni di istrione malcorrisposto. E, una volta di pi,
fosti deluso. Il rimorso letterario; tanto, per te, era lo stesso. C, forse
stata una volta che sia stato capace di distinguere il vero dal finto?...
Comunque, rimane un fatto: la notte della mia morte fu la notte pi fulgida e
limpida che gli di abbiano mai regalato al cielo dellimpero. Quando vogliono,
gli di sanno essere poeti. E ci riescono: i vecchi d ci riescono ancora.
Loro! Probabilmente, frustrato dal suo narcisismo, lui ambirebbe sentir
pubblicizzata qualche sua personale stravaganza. Incapace di destreggiarsi nel
reale il reale: naturale dimensione delluomo normale! sinistri spettri di
idee insensate si aggiravano per i labirinti del suo contorto cervello. A
lasciarlo fare, erano tragiche sorprese a raffica, quando non erano ridicole
catastrofi a mitraglia per poco che, chi ne deteneva la responsabilit, dispone
del senso di governare. Per non dirne che una: senza nemmeno informarsi alla
lontana sulla reale situazione delle casse del ministero delle finanze; di cui,
non fossaltro che per rubare, come ormai
dovrebbe sapere anche lultimo dei burocrati, e pare che, finalmente, lo
sappia fin troppo bene, ci si dovrebbe mantenere sempre al corrente, un giorno
invent... la pensione: s, la pensione. Che roba era la pensione? In tutta
Roma, nemmeno uno che lavesse sentita nominare. Si fecero passi diplomatici
allestero, si accreditarono ambasciatori, unanime risposta: istituzione
ignota. E lui, zitto. Fu consigliato di chiedere ai sindacati. I sindacati
non risultavano sul vocabolario. Non se ne trov traccia nemmeno spulciando al
setaccio le opere di Cicerone, dove le parole ci sono tutte e anche qualcuna di
pi. Zero! Si dette incarico delle indagini alla polizia. Medesimo risultato.
Si sguinzagliarono per le provincie i miei personali 007. Non fu che
unulteriore perdita di tempo. A uno, venne
in mente di provar a chiedere in Cina. L avevano gi inventato sempre
tutto prima degli altri Ci mancava poco, risposero, ma non cerano ancora
arrivati Si riprovasse lanno dopo, forse sarebbero stati in grado di saperci dire. E lui, sempre zitto
Non se ne veniva a capo. Nel mondo, intanto, orbo di pensioni e di sindacati,
si continuava a mangiare, a bere, a crescere, a moltiplicarsi, a far
lamore, a ballare, a stare allegri, a piantarsi
reciprocamente foreste di corna in testa, a battere a pi non posso, e
senza che scoppiasse nemmeno la minima epidemia di mal di testa, salvo, in
primavera, la solita fugace febbre del fieno. Ma senza pensioni e senza
sindacati quanto si sarebbe potuto tirar avanti? Era diventato largomento del
giorno. A Roma, non si parlava daltro. Cos non pu durare, si diceva, cosa
accadr? I meno pessimisti prevedevano una crisi planetaria a breve termine,
col Terzo mondo spazzato via in un paio di settimane, quando fosse scoccata
lora X. Conferenze, dibattiti, interpellanze, tavole rotonde, il Senato
riunito in permanenza un futurologo parl di referendum. Tutti zitti, non se
ne fece niente, accordo generale per non aggiungere una terza parola
sconosciuta, il colpo di grazia, alle due catastrofiche che gi incombevano
sullumanit, ormai rassegnata al peggio. Lui, come il caso non fosse suo.
Svelto pi di un grillo, colla sua ghenga di aggettivo-dipendenti, in giro, di
notte, per lupanari, scippi e scassinar conventi. Fu ben l, durante una sua
bravata, che rap, immaginarsi lo scandalo, Rubia, una vestale col nervoso,
bruna, di gamba lunga e navigata; originaria di Frosinone, che non aspettava
altro: una peste! Reato da pena capitale, se ci fosse cascato uno qualunque.
Tra una cosa e laltra, a Roma, non si viveva pi. Ci si coricava alla sera
senza saper se si sarebbe potuto tirar mattina. O non ci si coricava per
niente. Si andava a donne, gli uomini; a uomini le donne, e quelli mezzo e
mezzo, secondo il proprio gusto per dimenticare Che giorni! Finalmente,
afferrai il coraggio a due mani e presi il toro per le corna: D un po su,
Nerone, da bravo, cosa sono queste pensioni? La fine del mondo! Urla che arrivarono in Campidoglio casa
nostra era l vicino - . E le oche, naturalmente, si spaventarono,
svegliando il vicinato. Cosa potevano fare? Erano messe l per quello. Hai pur
inventato il sof e il reggipetto, tu, sbraitava dissennato cogli occhi fuori
dalla testa, e io mi voglio cavare lo sfizio di inventare le pensioni. E,
intanto, tempestava di calci il gigante Gabbaras due metri e ottantatr senza
scarpe che ci era rimasto in casa, eredit di Claudio, al quale era stato
regalato dal sultano dArabia per un affare di petrolio; e se avesse reagito
rivoltandosi, di Nerone si sarebbe smesso di parlare prima ancora di
incominciare e, forse, sarebbe stato meglio per tutti. Eh s, era corrivo alla
pedata. Se ne ebbe la prova, in seguito,
con Poppea, e fu la pedata meglio assestata di tutta la sua carriera.
Casc gi secca, a bocca aperta, la cretina, mentre, dalla parte di sotto,
scaricava quello che avrebbe dovuto essere lerede, ed era una settimina morta.
Femmina, settimina e morta: le tragedie dinastiche e, tra laltro, porta jella,
come puntualmente accadde. Ma intanto, non sera ancora spiegato lenigma delle
pensioni. Fu possibile farsene unidea, quando stabil che la pubblica
amministrazione dovesse versare un tanto al mese ai senatori poveri, oltre una
certa et, per tutta la vita. Sar stata una combinazione, che vi devo dire?...
Si misero a vivere il doppio di prima, quando
partivano come le mosche ai primi freddi. Le pensioni allungavano la
vita, ed entrarono nella farmacopea ufficiale. E questo fu il risultato
dellunica volta che, dopo tanti aggettivi, sera azzardato a inventare un
sostantivo. Lo Stato dovette sobbarcarsi anche il caro-senatori Ma quando mai! E pensare che non poteva vedere i
vecchi, ma non li poteva vedere proprio. Oltre i quarantanni, un uomo, diceva,
puzza di cadavere figurarsi Seneca che andava per i sessanta e aveva
sempre puzzato! Niente da dire, allergia cos. Caligola non poteva vedere i
calvi!... Ma, almeno, Caligola, coerente, per non guastarsi la visuale, i calvi
li faceva sopprimere. Lui no: i vecchi li faceva pensionare, che come dire:
fa in modo di star al mondo il pi lungo possibile, a danno del governo. Se le
pensioni devono servire a questo!... S che me ne ha fatte passare!... Una
bella incongruenza per uno che, oltretutto, era fissato di abolire le tasse La
pensione! Ci credeva. Era convinto di passare alla storia, tramite la pensione
Mah Quando esistevano, in lista dattesa, delle invenzioni ben pi provvide,
pratiche e che non costavano niente!... I bottoni, per dirne una le tasche il
pullover, con tutta la lana che le donne romane si imbesuivano a filare Ero l
l per arrivarci io. E oggi, forse, si parlerebbe diversamente di me: ago e
filo Quelle tre idee stavano prendendo corpo nella mia mente Mica molto:
mavesse lasciato vivere ancora un paio di
settimane, ma neanche e il mondo non avrebbe dovuto attendere secoli
per potersi giovare di quelle comodit. Bisogna andar cauti prima di spegnere
unesistenza Informarsi, domandare in giro. Lui procedeva a umori; nemmeno a
simpatie: a umori, sempre di fretta e furia, detto e fatto, figurarsi. Non si
pu mai prevedere ci che sta per germogliare in una testa: un dito sotto i
pidocchi, e trovi limprevisto. Il progresso sta tutto l. Diciamo il vero: con
tante idee giuste, Caligola ne aveva una sbagliata quando pretendeva che la
vocazione di tutte le teste di essere tagliate. E se una ha in testa i
bottoni? Con i bottoni, io avevo in testa anche un bel pullover a raglan, da
regalare al mio ultimo. E me lo son dovuto portare nella tomba, lidea non il
pullover. -Perdonami per i bottoni e d
qualcosa di me e di te, mamma, qualcosa solo nostro, e che nessuno abbia
saputo Qualche aggettivo, mamma fatti coraggio. (si fosse mai dischiusa
una trappola davanti alla sdegnosa Agrippina? Senza rendersene conto, col
cedere al ricordo folgorante, responsabile di un vero e proprio colpo di scena
psicologico, arrendendosi il tagliente sarcasmo, nel corrispondente
inclementirsi della voce, si appressa alla tunica del figlio, giacente sulla
sedia, e colla quale, persuasa di monologare, ha, in realt, dialogato; la
solleva tra le mani e, via via che parla, laccarezza la stringe fra le
braccia termina col premersela contro il viso forse ci scappa anche quel
primo bacio di cui fu sempre avara. C caso che la terribile sovrana
partorisca insieme la madre e lamante?) Eri bello, Nerone. Il mio
splendido ragazzo? Han lasciato detto che eri tozzo, rosso di pelo, colle gambe
corte. Non vero. Le tue membra avrebbero potuto essere uscite dallo scalpello
di uno scultore innamorato della giovinezza, uno dei tuoi prediletti Greci; le
tue grandi mani turbavano solo a sfiorarle colla carezza di uno sguardo, cos
vive, cos colme di peccato; le tue lunghe gambe dai muscoli caldi e guizzanti,
destrieri maltrattenuti da deboli briglie;
fulvi e folti, morbidi come piuma, i capelli. Il tuo corpo, forte ed
acerbo, dallo splendore effuso delladolescenza che sta per agonizzare nella
nascente maturit il corpo di un giovane leopardo una molla compressa sul
punto di scattare. I miei occhi, il mio cuore, i miei sensi ti colsero cos,
nel meriggio di una colma estate, nella tua
adorata Anzio e, di faccia, il mare (presaga di Brecht, procede
repentinamente estraniata, come una demente, passando dal tu al lui). Mesi,
forse anni, eran passati dalle mie fugaci e distratte visite. Nemmeno a farlo
apposta, dormiva disteso su unagrippina, allombra di un pergolato, circonfuso
da un ronzio dapi, e corone di rondini in cielo; le labbra imbrillantate da
minuscole gocce di sudore, socchiuse nel vago sorriso di chiss che voluttuoso
sogno. Durante il sonno, la giovane tunica gli si era scomposta, rivelando,
desta, in unimmagine di innocenza, la naturale prepotenza della sua precoce e
greve virilit E giurai a me stessa, costasse ci che costasse: Quel ragazzo,
uscito dalle mie viscere, sar il mio imperatore. In quel momento ne sono
sicura, si comp un sortilegio: un destino sovrumano ci marchi a fuoco. Lui fu
condannato, per sempre, a rimanere irrimediabilmente mio figlio; io ebbi la
gioia di sentirmi, per la prima volta, madre E allora, qualcosa dentro, dal
fondo del fondo delle viscere, una vertigine orribile e meravigliosa, signor
marchese, signor professore Basta l! E cosa che non si trover mai alcuno
disposto ad ascoltare dalla bocca di una madre. Unicamente, forse, un figlio, e
a patto di chiamarsi Nerone, - mio figlio pu presumere lardimento e il
rischio di sperare udienza per il resto. Via. Agrippina, criminale e indimenticabile, dai baci di ghiaccio
e coi suoi coiti gelidi, esce di scena. S sfogata abbastanza e rientra
nel silenzio. (inghiottito il luogo dallombra, rimasto, illuminato a
giorno, un cerchio di meno di un paio di metri di diametro. Tre passi a lato e
il celebrante gi nella propria officina, attore durante un intervallo, nel
proprio camerino, svestendo volto e abiti di Agrippina e vestendo quelli
di Seneca). Piglia su, se ti par cosa da buttare via rendere teatralmente,
dallutero al cervello, una madre infame e incestuosa, sordida ed eroica,
nemica del teatro! Perch, quella l, fu nemica del teatro: lo sento! Chi sa,
sa. Ai livelli, sovrani, la Cina, il Giappone, la Grecia ce lavete insegnato voialtri, abominevoli elisabettiani: il commediante un
sacerdote androgino. A Roma, Ermafrodito ebbe templi, altari, preti e turbe di adoratori e noi, alla ribalta, come Nerone nella
vita: con Sporo, maschio; e, con Doriforo femmina. Avr fatto bene o avr
ecceduto a conferirle quel vago accento romanesco?... Perch no?... Qual
pi romana di questa Clitennestra trasteverina, avvinghiata a Fedra e attorcigliata
a Medea, che ebbe il culto di Roma acceso nel sedere? E come ci si regola,
adesso con questaltro che ci arriva addirittura dalla Spagna?... Senatore
Seneca. Tanto per far le cose facili, si comincia con una cacofonia, che, in
palcoscenico, peggio duna pernacchia Occhi aperti e orecchie deste a non
cedere alla tentazione di farne una macchietta. Dovrebbe sembrarlo, semmai
senzesserlo. Verr mai il giorno che la gente si rassegni a non pretendere di
ridere una battuta s e una no?... Esser divertenti facendo sul serio, senza
far piangere. Ecco! Ma chi lo sa pi fare?... Capace, il bardo, di trasformarsi
un sofisticato intellettuale narcisista in un Malvolio in edizione tascabile e
ancora ancora, se va bene. Quando si butta alla farsa, quello l, c da
mettersi le mani nei capelli Perso per perso, sarei andato meglio con Molire, rischiando Tartufo Come fare? Ne inviti
uno e se ne offendono dieci Senatore Seneca Eccellenza Seneca
Cavalier Seneca Commendator Seneca Onorevole Seneca Monsignor Seneca?...
Eminenza: Seneca e basta! Ci si intende meglio Oltretutto, era anche
fisicamente inamabile quei capelli sugli occhi, quel naso da gufo Almeno, il
puttanone di Agrippina era una gran bella donna, che sempre un piacere
interpretarle, con gli occhi del pubblico maschile addosso, aggrappati ai punti
di maggior richiamo e soddisfazione. Me la son sempre immaginata come un
forzuto corazziere travestito da splendida donna Ma s, ammettiamolo, era
decisamente brutto E poi, lartrite che deve aver avuto Gobbo? Per E chi si
piglia la responsabilit? Pare che nessuno labbia mai visto perdidietro. Li
descrivono solo davanti, questi grandi uomini, come se il didietro non avesse
importanza E un rischio. Mica si sta ricostruendo Rigoletto Non mi lascer,
per caso, influenzare dallidea che ne aveva il suo principale? Tenerlo
presente Ma chi ha detto, poi, che, a Nerone, stesse tanto sullo stomaco?...
Eh, Cristo, non lavr mica fatto suicidare per via che gli puzzava il fiato
Bench, considerato il tipo capace. Come al solito, tir la morte per le
lunghe, con la moglie, la Paolina: Vengo anchio No, tu no Lascia che
ti segua Voglio andarmene solo: una manfrina, che, stufi, dovettero dargli
una mano, senn ce lo troveremmo ancora qua, colle vene dei polsi goccioloni, a
far conferenze, allAccademia dei Lincei, tipo linfluenza della civilt
assirobabilonese sullestetica di Benedetto Croce, se fosse, a quei tempi,
esistito Bisogna anche capire, per, che una bella morte stoica vuole il suo
tempo Se si pensa che, colla stricnina, che ci si sbriga in un fiat, nella
Morte civile, Zacconi, non ha mai impiegato meno di ventiquattro minuti
cronometrati, e il pubblico perdeva lultimo tram!... Una sera che non riusciva
a sbottonarsi il colletto della camicia soggetto memorabile, ad uso di
rendere pi thriller le convulsioni arriv a trentasette. Il suggeritore
Barontini, che era in buca, cogli occhi inchiodati sullorologio, spergiur
quarantuno; ma, al funerale, confess di averne aggiunti quattro per piaggeria
Beh, Agrippina, Pepita, come lui laveva chiamata, nellintimit, alla
spagnuola, al tempo delle vacche magre, diceva, anche a chi non lo voleva
sapere, che era lungo a venire in tutto. E se non lo sapeva lei Mi confid
che, ogni volta, prima di vederne la fine, aveva comodamente il tempo di
ripassarsi, sillabandolo, un canto dell Eneide, e stava accorta a scegliere
i pi lunghi. Ma perch prestarsi, allora, lei che detestava perder tempo?
Faceva parte della sua beneficenza privata, disse, e non volle aggiunger altro,
aumentando il mistero. I personaggi sono entit strane. Prendere o lasciare,
accontentandosi di quanto sono disposti a confidarti e basta; il resto: illazioni Aggiungeva anche: Se vuoi conoscere
l onesto Seneca, non badare alle sue opere filosofiche: son sabbia
senza calce; scruta negli orrori delle sue tragedie. Gli scantinati della sua
anima giacciono l sotto. l che si confessa Donna complessa,
innegabilmente. Io sospetto che la molla segreta fosse uno snobismo
inconfessato, orgogliosa comera: amante di Seneca, hai detto un prospero?!...
Immortalit garantita. Allora non ambiva ancora allimmortalit di imperatrice
licenziata per usurpata e illecita concorrenza. (ahim, gi alla conclusione del maquillage, si controlla allo
specchio). Misericordia, fa
ribrezzo. Sta a vedere che ho esagerato. (non si sbaglia, il fiero splendore di Agrippina s accasciato
nellopacit desolante e iettatoria del noto busto bronzeo di
Seneca, mutandolo in un contorto e
bronchitico tronco di vite centenaria percossa dal fulmine). Affidiamoci allimponenza restauratrice della
toga senatoria. (largoprolissa, purpureolistata, se ne avvolge e
qualcosettina la situazione migliora, ma non il caso di farsi
troppe illusioni. Lestrema speranza rimane se avr qualcosa da dire. Luce
impetuosa e Seneca morale gi a faccia a faccia allimpassibile tribunale.
La prima impressione pessima). Due parole controcorrente, lor signori
permettendo, da autore ad autore. Il grande teatro si fa solo coi cattivi
sentimenti, coi pessimi caratteri, colla passione per leccessivo: col peggio
delluomo, dove nulla quadra perch tutto quadra. E qui, ci saremmo. Per un
teatro destinato ai fischi. Se ci cercano i consensi, starne alla larga. Io ne
so qualcosa. Ma io credo in un teatro anche da leggere. Non avrei esercitato
tanta influenza sul teatro da recitare, se non avessi avuto questa fede nel
teatro da leggere; col rammarico di aver raccolto insuccessi in proprio, ma, in
compenso, col conforto di aver accumulato successi per interposta persona E
come far lamore in tre: quel che si perde da una parte, lo si guadagna
dallaltra, tanto ci rimette il davanti, altrettanto se ne avvantaggia il
didietro. Pi bravi di me? Pu darsi. Ma, intanto, tutti i successi
elisabettiani, Mister Shakespeare, in un certo senso mi appartengono. Lei lo
sa. Anche non pochi dei suoi. Se si inseguono gli applausi a pronto contante,
ci si deve rassegnare al teatro piccolo; quello fatto coi buoni sentimenti,
cogli ottimi caratteri, colla prudenza della misura, e col meglio delluomo,
dove tutto quadra perch nulla quadra. E
qui, non possiamo esserci. Dunque: grande teatro a prezzo di fischi, oppure
applausi a prezzo di teatro piccolo. Paradosso? Paradosso dun
paradosso. Ma, nel presente caso, il problema va spostato ulteriormente. Questo
dramma non mai stato fatto intendo fatto come si deve perch non si
poteva e non si pu fare. Dove e quando si in tre a contendersi, in ogni
senso, un posto per loccasione. Il posto del supremo Comando - in grado di
soddisfare, sempre in ogni caso, uno solo, si sta stretti: due, almeno, sono di
troppo; o subordinati che ancora peggio. Ma, qui, nessuno disposto ad
essere subordinato. Altro che questione di belle parole!... Per Agrippina si
tratta di Potere al Potere: ieri. Per Seneca si tratta della Filosofia al
Potere: domani, forse. Per Nerone eh, per Nerone si tratta della Fantasia al
Potere la Disponibilit, lImprevisto, il Gioco nuvole: quando? Sempre o mai,
chiss Troppi candidati a un posto solo, del quale tutti furono, e con buone
ragioni, contemporaneamente protagonisti, elidendosi a vicenda, e mai
rassegnati, nessuno, a tirarsi da parte, n vivo n morto: esclusi e
onnipresenti. Tutti. Fare di codesta pluralit ununit. Chi ci riesce, parlo
sempre da autore, ha vinto la partita. Ma fattibile? Dramma dellambiguit
della, non delle? s e no. Per quanto sbattuti insieme, lolio con lacqua,
non possibile che i due liquidi non restino separati per generarne uno nuovo.
Figurarsi tre. Tre utopie nemiche, luna contro le altre armate. Tre ragioni e
tre torti: tre s e tre no infilati sotto le stesse lenzuola, concorrenti a
partorire un mostro ignoto, e pazienza; il genio pu questo ed altro. Ma in
grado, il genio, di lacerare la barriera dellimpossibile? C qualcuno che se
la sente? Si faccia avanti e benvenuto sia. Non sar io a tirarmi indietro, da
protagonista tra protagonisti ad eguale livello. Ma non innaffio illusioni
Comunque, non si sa mai. Nessuno pi
orgoglioso di me, eventualmente, daver contribuito ad ispirare qualcosa
di inedito. Ne dubito, per, fortemente. Da stoico patentato, che conosce
largomento per averne trattato, in caso negativo, mi rimane la consolazione
di una speranza: riparare, modestamente, se sar, quando sar e come sar, su
un dramma al vecchio modo, vale a dire a protagonista unico, colle sue scene
madri e ogni cosa a posto. Tutto per me. Nel diluvio di sperimentalit balorda
e incoerente che, a quanto ne riesco a captare attraverso gli spazi, sta
sommergendo il teatro, potrebbe essere unidea. Come personaggio, sono ancora
tutto da indovinare. Mi attengo allessenziale, allo specifico senechiano, va
bene? Secondo Seneca si capisce. (sempre chiaro ragionatore, nitido,
elegante e distaccato, da retore pedante e da sottile psicologo di se stesso,
che stato a scuola da Ruggeri): Cio a dire, sena alcunaltra risorsa se
non la calma imparzialit, il saggio di stanziamento di una scettica e benevola
malinconia,volta a contemplare me stesso, come se si trattasse di un altro:
lorsignori mi consentano la contraddizione: con indulgente severit, poich
pur stoicismo anche essere umanamente indulgenti con se stessi. (e, via, da
sofista, come se fosse oro, ogni parola, pesata sul bilancino; sincera, magari, ma, pertanto, resa falsa, che
destino!) Ipocrisia? Sono
consapevole daver sempre corso tale pericolo. Dopo tante esercitazioni col
de, Della sincerit loperetta morale che avrei dovuto scrivere e non
scrissi perch non avrei saputo scriverla. Ma Della sincerit
nellinsincerit, quale capolavoro avrei fatto!... Triste portarsi nella
tomba, e sia pure stoicamente, il cadavere del proprio capolavoro, increato,
come un procurato aborto!... o una gravidanza extrauterina, se si preferisce
Mah, non si pensa mai a tutto per quanto si pensi Tra lo stoicismo, il mio
stoicismo personale, e lipocrisia non ci passa che un capello. Non facile
vivere da stoici. Soprattutto, non era facile vivere da stoici ai tempi di Nerone. Ed era addirittura inimmaginabile per una
natura costituzionalmente sensuale, superba, ambiziosa, avida, avara,
vendicativa; e per domarla, prezioso ma unico strumento: la nuda
ragione, morbidamente applicata. Ora, ci si figuri una natura accomodante del genere, consapevole del proprio talento, persuasa
del dovere e del diritto di porlo ponendosi - al servizio del paese,
per cimentarsi nella sovrana, disperata e inevitabilmente fallimentare impresa
di fabbricare la parola - , a costo di pagare colla vita, e lo pagai, il
principe filosofo, onde realizzare, dopo let del sangue, let delloro. Il
mio principe avrebbe dovuto essere Nerone primo, non Caligola secondo. Sogno
di ingenuo visionario? Vanagloria di presunzione sconfitta? Arrivistico delirio
di stolto arrampicatore sociale? Non escludo e non includo nulla. Ma quel
capello, quel capello, che almeno non si dubiti di quel capello!... Lunghesso,
come un equilibrista sul proprio filo dacciaio, riuscii ad attraversare il
precipizio della vita, per tutta la vita: il mio capolavoro e il mio errore!...
(e ci colloca una pausa in calare rallentato che vale una filatura del
povero Tito Schipa, segue cabaletta): Ma basta parole; basta, dopo tante
che ne scrissi per dimostrare, senza dirlo, che non ero quel che sembravo ed
ero; e che non sembravo quello che ero e sembravo; tanto da non capire, di me,
pi niente me stesso, come se fossi un altro che non conoscevo e, quindi, non
capivo. Seneca una matassa ben aggrovigliata da dipanare. (perfettamente
daccordo. Deve esser vittima di un attacco di meningite. Ma, sembra rimettersi
abbastanza presto). Sembrava docile e disponeva di una caparbiet
dacciaio, linganno era acquattato l. Agrippina voleva tutto e lo voleva
subito, alla luce del sole. Si sentiva forte ed era la sua debolezza. Io
volevo, forse, ancora di pi ed avevo pazienza, operando nellombra. Mi sentivo
debole ed era la mia forza. Io cauto, lei impulsiva; io notturno, lei solare;
daccordo e agli antipodi. Si sbagli entrambi, trascurando la sua
imprevedibilit. Eppure, avrebbe potuto, e dovuto, essere chiaro fin dal
principio Quanta parte di me stato questo principe? Tanta. Pi di quanto, io
stesso, sia stato consapevole. Forse perch non ebbi figli forse per questo
certo Ma s, una volta tanto, crepi lavarizia: Fidia, mettiamo, Fidia colla
visione di un capolavoro rifinito: puro, netto, vivo, in testa: pensato e
scolpito Ma il marmo da cui ricavarlo, gli si scheggia, gli si sbriciola, gli
si polverizza sotto lo scalpello: dice no! Non era marmo, il suo marmo. Non
ci aveva pensato, tanta era stata lurgenza di quella visione!... Pu darsi
maggior sciagura?... E allora, le correzioni, gli accomodamenti, i
compromessi... la speranza al posto della certezza la rassegnazione Ah!... La
statua corrotta corrompe lo scultore O, magari, viceversa. Pu essere, lo ammetto. Purtroppo, accosto ai potenti, tanto
facile diventar servi quando si ambiziosi, quanto difficile rimaner liberi
quando si artisti. Ed io ero luno e laltro, combinazione avvelenata
se mai ve ne furono Ma perch si pretende che, in questa storia di disfatti,
solo Seneca dovesse essere integro?!... Si ha idea di ci che fosse Roma,
allora?... Stretta nella morsa della
propria grandezza, aveva mutato volto, non per mentalit. Alla grande.
Sempre. Hanno pur udito Agrippina. Bene o Male, la misura rimaneva la medesima.
La fierezza antica, cancro e droga nazionale, imponeva di mostrarsi giganti
nella ricerca del piacere, non meno di quanto lo erano stati gli antenati
nelladempimento del dovere. Una bestia mostruosa e indomabile accovacciata su
un vulcano. Ricettacolo di ogni immaginabile depravazione, celebrata, esaltata,
praticata colla frenesia insaziabile di una baccante ebbra che si rotola nel
fango, sotto gli occhi sgomenti di poche macchiette, ogni giorno meno, che
assistono allo spettacolo impaurite e derise: i Seneca, se si fossero
comportati diversamente da Seneca!... Prima la pancia piena, i sensi
soddisfatti e la borsa rifinita; poi, chi non ne pu proprio fare a meno,
eventualmente, la morale come hobby fuori
moda. Tutto lecito purch fosse illecito. Pare una barzelletta: senza
essere meno marci, le persone pi intelligenti, colte e costumate, a quei
tempi, erano ancora gli schiavi, i liberti, gli immigrati e qualche cortigiana
pigra. Il vizio meno abbietto e pi ostentabile, tutto considerato, rimaneva la
lussuria, dilagante in ogni forma possibile: segno, se non altro, di ottima
salute e lodevole buonavolont nel mantener affollato
il pianeta, coloro, sempre meno, che conservavano ancora il gusto per i
buchi giusti. Figurarsi i vizi pi abbietti, mantenuti celati. Del resto,
linvito alla sordida strippata scendeva da lontano. Ne era gi implicito il
seme prosperoso nellaustera mascherata dei Padri della Patria, gli aghi della
bilancia morale della grande Roma: Cesare, Ottaviano: di! Quando i sovrani si divinizzano, in guardia!,
nove volte su dieci, solo per assolverli. In seguito la storia, si
sa progredisce vennero gli altri a concimare, a far fiorire e fruttificare
quel seme. A degni sovrani, pi degni sudditi. E il Senato ridotto un cimitero
frequentato da spettri Io stesso, se raschio il fondo della mia coscienza
Essere migliori degli altri non vuol dire essere diversi dagli altri, anche
quando ci si sia preoccupati di far chiudere il sipario sullo spettacolo di una
morte da manuale, confezionata per finire
sui libri di lettura Con che merito, poi, quando ti eri reso conto che
davanti a te, riposo per la cenere della tua vita, si apriva soltanto la tomba,
in un universo in cui lunica risorsa, rimasta alluomo, per non vergognarsi di
se stesso, era una nobile morte? Non pochi ne approfittarono: anche perch,
molti di quei pochi, ne erano costretti; n io feci eccezione, se non nel modo, badando a congedarmi meno peggio degli altri,
in una Roma che, ormai, era spettacolo e basta; scegliendo il tono di Sofocle
al posto di quello di Plauto E io, insensato, in quella fogna, ero andato alla
ricerca del marmo pario, per la scultura del mio principe ideale! C da
stupirsi che non sia stato anche peggio di quello che stato: lui, un ragazzo
disamato, i cui genitori, alle loro nozze il padre usciva dalle braccia della
sorella, la madre di quelle del fratello Certo, fu limmagine sputata della Roma
del suo tempo, cos come Roma lo fu di lui. La fotografia reciproca di due
sfaceli. Non per altro, tutto il tempo che visse
e che regn ma regn, poi, veramente? Ecco la grande domanda da fare,
mai fatta rimase tanto insolentemente simpatico. Fu, persino, odiato con
simpatia! Cosa che non si pu dire dellodio suo per me: uno strano odio,
faccia attenzione, professor Freud; un tortuoso odio-amore, unavvolgente
attrazione-repulsione, fermentata in zone inesplorabili dellessere, oltre il
sentimento e la ragione; e che, non ho dubbi, mise in pericolo, fin dal primo
giorno, la mia presenza, la mia esistenza stessa, al suo fianco. La sensazione
un avvertimento dai precordi gi nellistante che sua madre me lo consegn
per discepolo. Precedentemente, le occasioni di vederlo erano state rare. Della
sua infanzia mera rimasta in mente la precoce curiosit interrogativa e
vagamente ironica di un sorriso sveglio e, insieme, timido: il volto di un
bimbo invaso da una perpetua espressione di offerta Damore E nessuno la
racolse Forse, il poi dipese tutto da
quello da quellofferta non raccolta della sua infanzia (da non
credersi, un uomo simile, la schietta, lucida sincerit onde s messo a marciare. Evidente che ha infilato la
chiave nella serratura giusta per aprire, una volta almeno, la
meglio custodita verit del suo animo inchiavardato). Affidandomelo, sua
madre, con quella inconfondibile voce di vetro, atta a decapitare ogni volont
di chi investiva, disse, e fu il massimo possibile della sua benevolenza: Devi
considerarlo come un padre. Un istante, e il viso di quel fanciullo di undici
anni fu fulminato da un lampo di cattiveria talmente, come dire?... rappresa,
concentrata, anche se subito dispersa, che ritrassi istintivamente la mano dal
biondo dei capelli che stavo accarezzando. Lei non aveva avuto il tempo di
concludere: Fatemene un sovrano, Seneca. Dovevo capire, in quellattimo,
dalla spia di quellespressione, che la partita era perduta prima di
incominciare e la mia sorte era stata irrevocabilmente scritta sul viso di
quellinnocente. Ma come si fa a pretendere la saggezza nel momento stesso in
cui sei gratificato alle stelle dal piacere della vanit? Nellaccanita
illusione di revocare quel rifiuto senza appello nella bramosia, ma s!, di
farmi voler bene, lo tirai su ad attenuanti a indulgenze a complicit e
peggio, e peggio, e peggio in una tacita partita reciproca di perversit
tollerate collaria di ignorarle, suggerite sotto la maschera di deplorarle
incitate attraverso lapparenza di interdirle E lui, piccolo mostro
perspicace, consapevole, attento e pronto ad approfittarne, ripagandole con
avare dosi di distratto rispetto, acquistando spazio giorno dopo giorno, senza mai scalfire il diamante di quellodio in
agguato paziente, rivestito di infingarda deferenza: presi, entrambi,
nelle spire di una torbida volutt oh, la lascivia della mente! -:
assaporare, daccordo, luno nellaltro, il progredire impercettibile e
inconfessabile del degradarsi degradandosi scambievolmente: ambiguo passo a
due di un inquietante balletto sotterraneo; apprezzato, viceversa, alla luce
del sole, come il rito esemplare della magnanimit cortese tra il principe e il
proprio precettore E, quando venne il tempo, seppi essere anche il suo primo ruffiano.
Complicit clamorosa ma quasi innocente a misura di tante e tante complicit, o
sommesse, ben altrimenti colpevoli Atte. Regnava da poco regnava per modo di
dire. Sua madre teneva in pugno, alle sue spalle, lo scettro come una mannaia -
. Diciassette anni e il primo amore. Gi: quello che non si scorda mai. E fu
proprio cos: lui! La piccola oasi sempre verde, mantenuta viva, sino alla
fine, da una limpida vena di puro sentimento, in uno sterminato deserto di
aberrante aridit, abissi insondabili, dellanimo umano. Perch, io che fui la
sua vittima pi illustre e ne assorbii tutto il veleno, posso dirlo: nacque,
visse e rimase e giganteggi demonio, ma sempre con un residuo dellangelo
ancora incorrotto; era la mala del suo fascino Atte. Unica a non
abbandonarlo, riapparsa, memore e fedele, nel momento estremo ad abbassargli le
palpebre sugli occhi sbarrati dallo sgomento di dover morire a meno di
trentanni, e a dargli una sepoltura decente. Atte e, in disparte, latroce
attaccamento, nel pianto silenzioso, di Sporo, il ragazzo dallo sguardo viola,
mutilato in femmina perch aveva il volto ossessionante della trucidata Poppea.
Loro due, i maledetti, del pi vasto impero della terra che aveva strisciato ai
suoi piedi, esultando per il lezio di un sorriso e tremando per il ghigno di un
silenzio, nei quali era stato maestroSolo loro, nel fango di quel cortile buio
e deserto, in una gelida notte di pioggia, battuta dal vento Sicuro, anche
quella notte pioveva Agrippina stata buona meteorologa. (un magistrale
voltafaccia di tono): Hanno presente la Li della Turandot?... E il ricordo che ci vuole. Atte era una piccola liberta di palazzo, spaurita e bruna, cercava
di non occupar posto. Veniva dallOriente, nonsisadove la cortigianeria!
Quando si temette, addirittura, un matrimonio, si cerc di inventarle persino
unascendenza regale, lei che non chiese mai niente, e la turba delle altre
pretendevano tutto - . La piccina non aveva occhi che per il suo giovane
sovrano perch, un d, nella reggia, le aveva sorriso; e lui non saccorgeva di
lei; ma, quando se ne accorse, non ebbe occhi che per la piccina. Eh, il momento pucciniano, prima o dopo, esplode per
tutti Agrippina!... Numi del cielo, si scaten linferno! Una tigre
derubata del cucciolo e del maschio, in una volta sola Grande teatro: ferocia,
follia e morte spalancate Conculcato cos, egli progett seriamente di
abdicare per ritirarsi in campagna e dedicarsi allagricoltura, come il pastore
Aminta. Allora, correva ancora, per lui, la stagione della bont, se tale pu
chiamarsi. E il solerte Seneca, accorto lenone, architetta convegni segreti
nellaustera discrezione della propria villa foranea, per la felicit di due
ragazzi appena iniziati allamore. Si possedettero, per la prima volta, mentre
io rileggiucchiavo Lucrezio, in un mattino dellultimo aprile, nel mio piccolo
giardino, allombra della magnolia, inebriati da un olezzo di rose e di verbene, navigando in pieno primo atto
di Madama Butterfly. (in malora la lsina, e sotto con Bimba dagli
occhi pieni di mala. Il teatro fatto anche di codesti vellicamenti
cardiaci, buoni a prevenire linfarto. Mica che, con questo, la musica di
Puccini sia promossa un cardiotonico o un betabloccante. Solo, male non fa).
E la mia grigia compagna, spiandoli dalla penombra umida del solitario
triclinio, medicava, con un sorriso, la malinconia della propria sterilit Si
chiavarono l cos per tutta lestate. Al sopraggiungere della cattiva
stagione, lo fecero in casa. Io e Paolina li consideravamo come dei cari nipoti
che si ricordavano di venirci a fare visita, golosi di ciambelle e di rosolio
Fu un colpo ben assestato per ingraziarmi lui e spiazzare Agrippina. Almeno
cos ero ingenuo da illudermi. E puntualmente, mi sbagliavo Poi poi poi mi pass
accanto la Verit Ne ebbi lintuizione; me ne manc la preveggenza perch la
preveggenza figlia del coraggio e, quanto a quello: una pianta stenta del
mio giardino Quando penso Avrei potuto dare unaccelerata al torpido motore
della Storia ritrovarmi addirittura nelle litanie dei santi, come quel Pietro,
come quel Paolo dopotutto, sono pur finito giustiziato anchio Erano tempi
che, a Roma, era possibile tutto: San Seneca martire ecco una carriera!... (ne sorride, ma se ne incanta, anche. Efatto
cos). Trascurata, per una volta, la saggia norma del nonsisamai e
perduta, per sempre, loccasione del grande avanzamento sul fronte della
posterit E dire che ce la fece Virgilio, prima che tutto accadesse e senza
mai averne nemmeno udito parlare! Collega fortunato, munito dantenne Quella
era la carta su cui puntare. Se cera uno, allora, in grado di rendersene
conto, avrei dovuto essere io Invece, disincantato, sconfitto, deluso, messo
da parte, fallito nellambizione del Potere
in nome di un migliore, pi giusto e pi alto Potere la carta
sbagliata! mi sentivo vecchio, finito, in un mondo vuoto, irriconoscibile; retore stordito e tradito da belle, vane
parole: letteratura e basta Tutto ci che avevo accostato mi si era
incenerito Ma, proprio per questo, non avrei dovuto essere tanto cieco e
sordo!... Uneco, uneco almeno, ma precisa, da irradiare verso lavvenire; non
soltanto leco delleco di una leggenda immaginata!... Non sarei rimasto
incatenato alla memoria di Nerone; ora sarei celebrato come un chiaroveggente
battistrada di Cristo. Quando decide di vendicarsi, sa bene il proprio
mestiere, la Storia Rumorosi unicamente nel non far rumore, tisica gramigna
della gran pianta ebraica che si accaniva a perseguirli, quando lottusa
arroganza romana si divertiva a non ignorarli soltanto per farne bersagli ai
propri lazzi, si sentiva poco pi che parlare di certi strani esseri
Miserabili, denutriti, macilenti, sporchi; vagabondi soddisfatti di nulla
possedere, lieti di tutto dare; lingua in bocca con un dio unico, padre e non
padrone; umano come loro, preoccupato di loro; quando non ci sarebbe stato che
limbarazzo della scelta in un bazar stipato di di sovrumani, superbi,
clamorosi, fracassoni e millantatori; che si preoccupavano
degli uomini meno di quanto un elefante di preoccupi di un pidocchio tra
le dita dei piedi Poveri di spirito, se non mentecatti del tutto, larve
notturne e sotterranee, rimandavano tutto a unindistinta, ma certa, vita
futura di pace serena, fuori dal tempo, senza n principio n fine, occhi negli
occhi col loro dio. Parole inusitate, restituite a sensi desueti, risuonavano
nelle loro misere agapi: carit, amore, umilt, perdono, fedelt, rinuncia,
fratellanza, altruismo: fango tramutato in oro sulle loro labbra Tutti per
uno, uno per tutti spendersi per il prossimo ignorare le offese resistere al
male Sulla citt tornava ad albeggiare il pudore Quale miele consolante per
lanimo di uno stoico che fosse veramente stoico I loro pensieri parevano
piccoli, insignificanti, inerti, fanciulleschi: oppio da schiavi, da gentaccia,
da donnette; regressione a un arcaico analfabetismo dellintelletto a favore di
una misteriosa sapienza del cuore: farsi pecore in una foresta di lupi E
quelle pecore avrebbero dato fuoco al mondo, e quelloppio avrebbe mosso le
montagne e quei pensieri piccoli avrebbero rovesciato il volto dellumanit. (gli
si regalino un paio dore di narcisismo per assaporare la droga inebriante di
quel malinconico ricordo, prima di farsi fotografico cronista di se stesso).
Rattrappito dallartrite, sedevo, tirando sera, nella penombra del crepuscolo
di un piovoso giorno dautunno, tentando di intiepidire le mie vecchie ossa a un ceppo che ardeva nel camino e
movimentava di ombre la stanza. Forse avevo lanimo predisposto, in
quellora languida e viola, per essere
colmo, una volta di pi, dellineffabile incanto precristiano respirato colla
quarta egloga di Virgilio appena riposta nelle pieghe della toga. Entra Paolina,
col suo passo ovattato, ormai inudibile alla mia incipiente sordit. Posa una
lampada sul tavolo e fa: D un po unocchiata, Anneo, se ne hai voglia.
Circola, tra i nostri servi, questa sorta di nepente. Gli bastano poche righe e
ogni animosit si acquieta. Sorridono e si addormentano, dimenticandosi di staccare il fiore di quel
sorriso dalle labbra. La lettura come tranquillante, ironizzo io.
Pare. Posa l, faccio, congedandola in attesa della nostra solitaria e
parca cena Allungo pigramente il braccio e mi trovo in mano un libercolo
logoro, spiegazzato, unto. Svogliato, disattento, comincio a scorrerlo, via
via, sempre pi preso Era una povera storia di povera gente, di un povero
paese lontano, che parlava poveramente di uno di loro, soltanto pi sapiente di
loro e dal cuore pi grande del loro, sufficiente a suscitar prodigi; e, solo
di questo colpevole, veniva crocefisso: una storia narrata da uno poco in
confidenza colla sintassi, che sbagliava le doppie e non conosceva il punto e
virgola: un tale Marco. Ah, quellora!... Purtroppo, non dur che unora. Ma,
in quellora, capii tutto. Se non avessi capito, non avrei commesso
linsensatezza cosa potevo sperare? - , limpulso irragionevole, il giorno
dopo, di portarla al mio allievo per fargliela conoscere Me la restitu
ventiquattrore pi tardi, col ribrezzo ostentato di non toccarla nemmeno con
un dito. Maestro, disse, con un beneducato sarcasmo, non trovate inopportuno introdurre a Corte una specie di
libro conciato in tal modo? Se non al mio naso, un po di riguardo
alletichetta. Avrebbe potuto essere un sardonico discorso di sua madre, in un
raro momento di sinistro buonumore. E questo fu tutto lincontro di Nerone con
Ges. Cercai di conoscere anche Paolo, il diffusore del messaggio. Non vedeva
lora. Era alla posta, come il cacciatore, della preda. Mi trovai davanti un
commesso viaggiatore fanatico, abilissimo nel reclamizzare la propria
mercanzia Un uomo capzioso, perentorio, astioso, diffidente, permaloso,
collerico e sgradevole; un testone sproporzionato al corpo tozzo, sulle gambe
corte e storte; col genio nello sguardo una sconfinata superbia della propria
umilt e il minimo della tolleranza nel propugnare il massimo; ma con un
pensiero fisso acceso nel cranio come una fiamma: la certezza che, un giorno,
Cristo e Cesare sarebbero andati per le vie del mondo mano nella mano. Ricordo
una frase pronunciata come incisa nel bronzo: Si deve odiare chi non sa amare,
e mai perdonare chi non sa sempre perdonare, costringendo gli altri a lasciarsi
voler bene, con ogni mezzo, costi quello che costi. Come scrittore, avrebbe
potuto tenere del Tacito arrabbiato; invece andava a punti esclamativi, come
Victor Hugo. Mi voleva convertire a colpi
di ostensorio. Il cristiano era gi un cattolico. (ma cos sto fracasso?
Il dies irae della Messa di Verdi? Appunto). Non mi fece una buona
impressione. Non ritrovai pi quellora. Era un notorio grafomane e si mormor
che ci fossimo anche scritti ripetutamente. Lo nego. Forse, avrei fatto meglio
a conoscere quel Pietro. Ecco, come Seneca fu cristiano solo per sessanta
minuti. Il resto son pettegolezzi di letterati e se ne possono informare dagli
altri. Personalmente, non ho altro da dire. Compermesso. (unaltra
dissolvenza ombra e suono, e gi spicca, lucente, intento a ritrasformarsi, con
petrolinesca destrezza, da Seneca a Nerone. La decifrazione del suo
discorso trivalente non tempo perso, anche perch non , poi, cos difficile.
Come ogni gioco, tutto si riduce a possederne al cifra). Cera da
aspettarselo: la rivolta del generico-primario! Gratta il generico-primario e
scopri un perpetuo primattore in agguato. Le pugnalate alla schiena sempre lui a vibrartele. Fatto caso?
Cos, non parendo, ha tirato il sasso anche stavolta. Inequivocabile:
pone la propria candidatura a un copione tutto per s. Altro che pettegolezzi.
Il resto non son che sovrastrutture saggistiche per darla ad intendere E
cos, anche lui, ha tentato di mettere in cornice il suo autoritratto. La
fatica di tener a bada un personaggio!... Che se, poi, allenti, appena il
guinzaglio, ti schizza via per conto suo e
ti puoi aspettare di tutto Sentito? Cento occhi e una frusta da domatore,
ma, con Seneca, non la si spunta facilmente. Inamovibile. Tale nato e tale
rimasto. Prvati a sparare contro un materasso!... Non c colpo che non
assorba Per, tanto di cappello: un carattere: il carattere del senza
carattere, che il pi gran carattere che ci sia La solita tattica, monotona,
indefettibile e anguillesca: recitare un accesso di sincerit, denunciando il
meno per contrabbandare il pi, e ce lha fatta a darla ad intendere ancora una
volta Bel colpo quellappropriarsi di Puccini. Chi ci avrebbe pensato?...
Sordo, artritico, arteriosclerotico, con un piede nella fossa, ma, per essere
una testa, sempre una testa Avesse avuto, poco, un dito di coraggiomacch
di coraggio di dignit e, con lui, non cera nulla da fare E pensare che ho
coltivato il rimorso di non provar rimorso
daverlo spedito allaltro mondo. Sar stato poco fesso?! ( Nerone,
intero, ora, che parla, consapevole di ci che andato ridiventando man mano
che la trasformazione procedeva. Infatti, siamo giunti al momento di infilare
la tunica imperiale. Diversa dalla precedente. Rammentarsene: Nerone non
indoss mai una tunica pi di una volta. Forse da fanciullo e da adolescente:
da sovrano, mai. Quelle smesse le avranno date alla San Vincenzo da distribuire
a chi ne aveva bisogno. O vendute sottobanco a qualche collezionista dai gusti particolari, presumibilmente non rari nella Roma
del primo secolo). Robetta,
questa tunica, in confronto alle tuniche doro, a crochet, di zio Caligola.
Pesantine, ma autentiche cannonate: il sole gloriosamente acceso addosso a
racconsolare la impenetrabile malinconia lunatica di quelle dargento, araldico
rituale dellesoterico teatrino della sua privata follia saturnina Mi piace il
colore... Questo verde mela, odoroso derba e fresco di primavera, fa venire
voglia di riprendere in mano le Bucoliche. Ma, soprattutto, fa giovane senza
sbattere la cera. La porto oggi e, domani, ne faccio dono a Sporo. Gli star
bene e me ne sar grato. Mai indossare due volte lo stesso abito, salvo, per
forza, lodiosa toga senatoria. Se non altro,
nel guardaroba, limperatore me lhan lasciato fare. (luce e trombe
per tutti, e rieccolo al commento della propria personale ribalta): Seneca s difeso accusandosi: Nerone si accuser
difendendosi. S, vero: ebbi quel lercio libercolo. Ma senza una
parola. Avrebbe dovuto spiegarmelo, quel vecchio iettatore. Se ne guard bene.
Lo fece apposta: cieco lui, ciechi tutti. Si piange addosso sulloccasione che
ha perso lui; e quella che ho perso io? Nello spettacolo, avrei potuto
interpretare la parte di Costantino e son rimasto confinato a quella di Erode.
Come ricevere per posta il copione di
Otello e scegliersi la parte di Iago! (e avanti, volendo, svagato,
sullala leggera dun sacrilego umorismo; e, magari, impercettibile, in
sottofondo, regista consentendo, il valzer della Vedova allegra). Costantino
mi avrebbe facilitato anche un secondo problema che mi stava a cuore: quello
della lapidaria frase storica da pronunciare in punto di morte. La frase che ti
garantisce, come unassicurata con ricevuta di ritorno, la consegna della
posterit. Prima di scegliere quella buona, ne avr scartate, dico poco, cento.
stata unossessione fino allultimo E se,
giunto sul passo estremo, me la fossi dimenticata mi fosse mancato il tempo
materiale di pronunciarla qualche banale contrattempo me lavesse impedito se
non fosse stato presente qualcuno a raccoglierla?... Peggio di tutto: se avessi
sbagliato intonazione o fatto una papera?... Capitava a Ruggeri che era
Ruggeri! Figurarsi un povero Nerone moribondo!... La mia frase, s, ne sono
consapevole, stata mica male, la sua strada lha fatta ma c stato di molto
meglio Vuoi mettere come Costantino?!... Eppure, mi sa tanto che, a gioco
lungo, il personaggio mi sarebbe venuto in uggia. Tutta la vita, opere pie C
da uscirne ebeti. (dora in avanti, locchio prevalentemente dardeggiante
verso il Divino Marchese): Non , per niente, un farmaco indicato per lo
sviluppo dellintelligenza, il bene. Posso garantirlo con cognizione di causa.
Guardo lei, signor marchese, maestro in argomento. Prego: un po dattenzione.
Io conobbi anche la bont. A onde. La praticai pi di quanto i mass-media
abbiano interesse a far sapere. Perfino, con sconcertanti ricadute, conobbi la
bont notare, prego, il senso inedito, vagamente sinistro, che la parola
bont assume sulle mie labbra - . E quando feci il bene, lo feci asetticamente
e disinteressatamente. Mica come mia madre e come Seneca, capaci, persino, di
qualche buona azione, ma solo se poteva recargli vantaggio. Il mio era un bene
fatto unicamente per il gusto e col gusto di farlo. Gratuitamente. Alla Gide.
Mai sentito nominare? Come capriccio, come fantasia: come vizio. Sicuro: come
vizio, tanto perch non ne mancasse nessuno. Che male c fare il bene come un
vizio? E che senso ha farlo come virt? Il piacere di cedere anche alla
tentazione del bene. Nessuna, nemmeno la
pi contraddittoria, doveva rimaner esclusa dal patrimonio del maggior
collezionista di tentazioni mai esistito Io so tutto sul bene praticato come
vizio. Sono unenciclopedia. La facolt di criminalizzare tutto ci che tocchi!
Chiamalo niente! Accessi. Veri e propri accessi: il povero Britannico di
epilessia, io di bont. Ogni tanto raramente - , ero investito dal demone di
interpretare la parte del mite, del mansueto, del generoso; residui dinfanzia.
E come se ci davo dentro!... Ero bravissimo. Riescono a figurarsi, per un
attore, la ripresa di uno dei suoi cavalli di battaglia? Facciano conto. Chi
non ha conosciuto la tentazione della bont non ha conosciuto niente. Non c
orgasmo che la paghi lattrazione dellopposto! Hanno mai goduto di deflorare
una vergine lei, marchese?... Niente, al confronto La bont fatta peccato!
Non se ne ha idea Da cristiano esemplare, a beneficiarne erano, naturalmente,
coloro dicono che lo meritavano meno, senn che piacere era?: i diversi, i
letterati, le fallofore, i musici, i mimi, i circensi, i gladiatori, che
odoravano di belve, di sangue e di sudore; i maledetti da Dio, la sacra feccia:
larte, larte!... Era inevitabile: si affogava nella pace, nel benessere,
nelle digestioni laboriose, nelle coscie torpide e grasse delle perfezioniste
del sollazzo, prive di fantasia o in quelle dei froci che ne avevano troppa:
nella banale normalit della dolce vita, insomma. Lo svantaggio del bene,
vedono, che concede meno passo allimmaginazione. I suoi occulti e
inevitabili nemici sono la monotonia e la noia. Ci si stufa presto del bene
perch meno generoso. Sempre ponderato, previsto, calcolatore, egoista,
plebeo e malinconico. Il male no: estroso, imprevedibile, prodigo,
disinteressato, aristocratico e allegro. unarte. Le sue disponibilit sono
inesauribili. Si mettano, se ci riescono, dal punto di vista di un uomo di
teatro. Il bene come replicare, tutte le sante sere, lo stesso copione. Il
male come cambiare rappresentazione ogni sera scoprire, inventare,
sorprendere, improvvisare, essere diversi di continuo, battimani o fischi che
siano Il male pu stancare, questo s: annoiare mai, dico giusto, marchese?...
E sorprendente, resiste a tutto, il male Lhanno pur constatato: io ho
resistito financo a Puccini. Non da tutti - Ma, oserei dire il male pu
concedersi addirittura il lusso di giganteggiare, trascurando la vanit, cos
umana, di ostentare il proprio biglietto da visita: a tali vertici di nobilt e
snobismo pu spingersi. Cosa che non pu permettersi il bene, sempre un po
borghese, un po esibizionista e, spesso e volentieri, detto fra noi, anche
dopolavoristico; sa di gita popolare per dipendenti dazienda in ritardo sul
bagno Linnocenza del male!... Sublime Faccio
un esempio. Tutta quella cagnara sulla persecuzione dei cristiani: sacrosanta.
Per carit: nulla da eccepire: un episodio crudelissimo, atrocissimo,
vergognosissimo, non fossaltro per la sua inutilit. Ha fatto epoca. Non si
potuti arrivare n al numero n allorganizzazione dei tedeschi: ma, una
tantum, messi sulla buona strada, s Concesso tutto. Per, vogliono conoscere
la verit vera? Forse, s, posso, anche, essere stato io a ordinare di dar
fuoco a Roma. Non lo escludo. Bene: parola donore, non lo so. Le cose saranno
andate pure cos. Per, sinceramente, ripeto: non lo so. Male innocente? Tutti
erano al corrente del mio fanatismo per il canto dell Eneide che celebra
lincendio di Troia. Non facevo che rompere i coglioni al mondo intero il
bravo era non farselo dire in faccia declamandolo a destra e a sinistra, a
nobili e proletari La fiamma bella! La fiamma bella! Mi pu essere
sfuggito un: Che orrore quelle catapecchie, quanto ci guadagnerebbe la
toponomastica se non ci fossero!, ma lordine, proprio lordine sputato:
Toglietemele dalla vista, che, poi, le facciamo riedificare meglio
dallarchitetto Piacentini, non riesco a ricordarmi, se lho dato o no Forse
non mi sar venuto in mente Avranno indovinato la voglia si saranno
suggestionati Sar stato qualcuno, credendo di farmi un piacere Tigellino
mah La cortigianeria capace di ben altro.. O, magari, lavranno fatto
proprio i cristiani. Hanno pur diritto anchessi, alla loro latta di
benzina!... Prendevano tutti delle iniziative. Ogni scusa era buona per
chiedermi di cantare e io, non lo nego, ci giocavo. Per dire le pompe, i casini
del male quando decide di mantenere lincognito. vero, pu stancare, il male,
questo s. E qualche volta accaduto anche a me, lasciandomi svogliato. Ma un
piccolo, bianco seno morbido di giovane donna, sul quale addormentarti esausto,
a recuperar lena, quasi come su quello della sfavillante Agrippina, si finisce
pure col trovarlo; ma la possibilit di ritemprare la volont, spegnendo lo
sguardo lungo le liquide lontananze del glauco Mediterraneo ti sempre
offerta (senti, senti: La mer, del Claudio (Debussy).) tutte risorse
precluse al bene, sempre cos affaccendato, piuttosto bacchettone, piuttosto
permettono? sindacale, ecco. E allora?... Devo confessarlo: in fatto di male,
io sono ottimista. Su di esso, si pu sempre contare. Non mha mai deluso,
voglio dire. Certo, bisogna saperlo fare. Mica, come certi dilettanti,
degradarlo alla stregua di un torneo di bocce, in maniche di camicia. Il male non
si pu fare colla barba lunga. Il bene non
ci fa caso, ma il male s; in altre parole: non da dopolavoro Il male di
Tigellino, esempio, mi dispiace dirlo, era puro dopolavoro: caserma.
Collattitudine di cui disponeva!... Tutto il contrario, Petronio. Meno
predisposizione, per un male all arpge, uscito da un college Lo sbaglio, vedono, sta nellanteporre la quantit
alla qualit, siamo sempre l. Mi spiego. Invadi un paese che non ti ha
fatto niente, poni lassedio a una citt che ti ha fatto meno ancora, la
espugni, la radi al suolo, elimini radicalmente la sua gente che non hai mai
visto n conosciuto: ordinaria amministrazione, prassi corrente di ogni
militare, poco che conosca il proprio mestiere: il male palese e macroscopico
che entra nella storia, il male in serie: allingrosso Per, forse, c di
meglio. Te ne stai alla finestra a medicare la tua malinconia ebbe le sue
malinconie anche Nerone perso nella sfinita nostalgia del canto del tuo
prediletto usignolo. Scorgi passare per la strada un poveruomo sconosciuto.
Pensierino manigoldo: uno dei due, il tuo usignolo canterino, oppure il
poveruomo sconosciuto, deve essere cancellato dalluniverso. Stabilito dal
Fato. Tocca a te decidere. Novantanove su cento, lasciano in vita lusignolo. Aldifuori,
non trapelato niente: il male in esclusiva: da boutique. Sempre pi
raffinato: una madre mamma, maternit, il sacro monte della bont e i suoi
figli, due o venti, fa lo stesso. Pensiero assassino: uno dei tuoi figli stato condannato a morte. Due o venti, fa lo
stesso. Pensiero assassino: uno dei tuoi figli stato condannato a
morte. A te la scelta. Quale? Se non scegli, tutti Kaputt accaduto - : il
male da collezionista. Il male capace di virtuosismi del genere. Io son
venuto grande con questi giochetti. Ne feci, se posso usare una parola da
cerimonia, ne feci una filosofia esistenziale, mentre quellaltro l, mi
titillava le meningi con lo stoicismo. Come capofila della generazione
perduta, dovevo pur cercare di distinguermi in qualcosa, non gli pare? Perch
racconto tutto questo? perch, qui,
tocchiamo il punto chiave. In una cosa ha ragione il vecchio: il grande
teatro non si fa col bene, si fa col male. Su questo punto non ci piove:
Shakespeare e Dario Nicodemi. E, in me, idee, sentimenti, azioni: tutto, i
molti vizi, le poche virt, assumeva, naturalmente, dimensione, prospettiva,
tono, deformazione, colore e calore unico, sempre quello: teatro. La vita come
teatro. Io ero il teatro. Il leggendario: Mi uccida pure, basta che regni
di mia madre, in risposta alla fattucchiera che le aveva predetto la morte per
matricidio; loperettistico principe filosofo del precettore, Socrate in
edizione economica: te li raccomando: la verit nuda e cruda che avrei potuto
essere un imperatore soltanto come loro mi volevano. Fantoccio, facciata,
paravento. Mi avevano allevato a tal fine! A
regnare, in realt, per interposta persona, sarebbero stati: o mia madre, oppure
Seneca. La partita si sarebbe combattuta fra loro due. E, infatti, ognuno a suo
modo, cominci subito. Non avevano tenuto conto di aver a che fare con un
individualista. La comparsa non era il suo ruolo. Non potevo essere un
imperatore autentico? Il rimedio, la salvezza, li avevo a portata di mano: la
mia natura. Avrei interpretato un imperatore da teatro. Ma teatralmente, da
Grande Teatro, quello, appunto, possibile solo col male. Tito, il magnanimo, la
delizia del genere umano, dopo cinque minuti fa dormire. Ma Attila, Gengis
Khan, Caligola, Ivan il Terribile, Riccardo terzo, Stalin, Adolfo li indovino
tutti sorridere, laggi in platea quelle sono parti! Interpretazioni
memorabili. Per un attore nato, era tempo perso soltanto pensare di pensare di
porsi il problema. Fui un imperatore da ribalta, categoria mostri: per gioco:
falso, tutto apparenza; ma dalla testa ai piedi, estremistico, in ogni momento,
collimpegno di superarli tutti, libero e divertito da scoppiare: fino in
fondo. E proprio i due compari che mi avevano rubato il posto furono in grado
di accorgersene. Per me, fu un gioco; per essi, signific la pelle. Tutto
consentito. Paradosso dei paradossi: Seneca mi dedic un trattato a
dimostrazione che potevo, e dovevo, fare tutto ci che volevo. Mi interessava
tanto essere imperatore?!? Quello che mi premeva era recitare, e recitare bene,
la parte dellimperatore; meglio di chiunque lavesse mai recitata prima e
lavrebbe mai recitata dopo. Quante volte lo devo dire? Il mio emulo non era
Alessandro Magno, era Ermete Novelli. E ci serva da risposta, anche alla domanda
che brucia il culo a questo ansioso commediante visionario, collega carissimo,
del resto, che si sbullona a cercare di interpretarmi, palchi e sottopalchi, da
dentro, come pu, qui davanti a loro; preoccupato di tirarmi dalla sua, quando
se c uno che non ne ha bisogno proprio lui, gemelli, partoriti dallo stesso
grembo, quelli siamo, due in uno. Hai capito, adesso, caro perch Nerone?
Nerone il teatro, sordido e sublime, patrono di tutti i teatranti. Altro che
come lo chiamano quello l?... San Genesio, figurarsi!... Fuori i suoi
successi! I suoi titoli? Ma chi ? Non nemmeno commendatore. San Nerone,
semmai. Quello s! Che scene, la mia vita, che situazioni, che colpo di teatro,
che battute!... Spettacolo, spettacolo, indigestione di peccato, sempre. Anche
in questo momento. Mai un cedimento, mai un riposo, mai un luned. Mia madre
venuta a dire: Perfino il rimorso disdegn
di occuparsi di te. Quando uno decide di non capir niente Ma non era
il rimorso, era la rappresentazione del rimorso, linterpretazione di Oreste a
cui tendevo io. Per me, dentro di me, prima che per gli altri. Finzione?
Appunto! Finzione: la vita come finzione perenne, vale a dire come Arte.
Seneca, a bassa voce, pensava dicendo, ad alta voce il contrario che avrei
potuto aspirare alla gloria e mi accontentai del successo; al successo e mi
appagai degli applausi; gli applausi e mi bast la claque: vanit in luogo di
ambizioni, spettatori al posto di amici. Rido. Ha scoperto lombrello.
Coerenza. Nulla di pi. Nulla di meno. C un attore tra il pubblico, un attore
sul serio, di quelli del mio stampo, che non esistono pi? Risponda lui. Tu,
Benassi, esci fuori, se ci sei!... (evidentemente non cera, perch non s
alzato nessuno. Anche gli ultimi rimasti, stavano a battere alla porta del
Piccolo Teatro. Ma perch, improvviso, lo
strappo di una sorta di ghignante lacerazione?) Rappresentarsi per esistere: fingo,
dunque sono!... I momenti di vitalit sovrumana, con tutti i sensi in gloria,
quando sentivo la parte!... Morta, lavevano composta nella sua veste bianca.
LErinni impassibile, la gelida baccante, linesausta criminale, ora sembrava
una severa e serena vestale dormente. Nella
maest della morte, la sua statuaria bellezza aveva assunto la purezza fredda e
incontaminata del marmo. Il ghigno beffardo che aveva reso inaccessibile
quel volto, sera inclementito in un tenue sorriso: il primo sorriso di
Agrippina era un regalo della morte. Indossate le vesti del lutto per lultima
finzione un costume per ogni situazione - , la contemplavo in silenzio
assediato di sospetto; e, mio malgrado, investito dalla cavalcata dei ricordi,
la soddisfazione daver schiacciato la serpe, mi si stravolgeva,
insensibilmente, nella coscienza di una perdita senza rimedio, nel presagio di
unimmedicabile solitudine, che avrebbe riportato altri ricordi e altri e
altri, ogni giorno, per sempre. Fissavo quelle palpebre abbassate, allucinato
che, in forza del mio sguardo, potessero tornare a dischiudersi, capovolgendo
unaltra visione: un meriggio estivo di tanti anni prima, quando era stato lo
sguardo di lei a far dischiudere le palpebre a un adolescente ignaro,
addormentato in riva al mare e poi, tanto naturalmente, era potuta accadere la
cosa tanto innaturale Risentivo, con affascinato
orrore, strisciare, lieve sulla mia fronte unica carezza ricevuta
lindice destro delle sue bianche mani fredde, dalle lunghe dita scarne; e lo
rammentavo, quel dito, frugare le gengive del capo mozzo di Lollia Sabina, alla
ricerca del dente soprannumerario onde era nota in tutta Roma: la carta di
identit in bocca e la volle controllare Tutto, la mente recuperava, tutto
quanto solo una servit, che era stata un riscatto, aveva reso possibile: le
estasi proibite comunicatemi dalla sua lussuria silenziosa ed enigmatica,
lumiliante piacere della sottomissione, i desideri sospettosi, le gelosie devastanti, lanimo inquietato, ogni volta,
dallo stesso misterioso rossore; e sempre un esame, unemulazione
sottintesa, feconda dodi, con tutti coloro che lavevano goduta, che la
godevano e lavrebbero goduta, prima, durante e dopo di me Subiva lamplesso
come un tributo dovutole da un suddito sottoposto. Lavevo potuta odiare come
lavevo odiata, perch lavevo amata come non ero riuscito mai ad amare alcun altro
essere al mondo. Lo credevo un tormento che finiva ed era unangoscia che
incominciava Il suo corpo era l, algido ma vittorioso del tempo, fissato
nella propria bellezza incorruttibile E mai pi mai pi Mi parve la sua
vendetta, venuta a sancire la sua vittoria In quel punto, allora, al cospetto
di quel cadavere: la tentazione estrema, inimmaginabile, lunica tentazione a
cui nemmeno Nerone os cedere: gli manc lanimo di cogliere quellattimo di
assoluto, il numero mancante del catalogo ma, forse dipese, anche, perch
cera gente. Tra i Romani, la privacy non
si sapeva nemmeno cosa fosse Mia mamma. (fermate il disco! C
Claudio Villa che ne ha approfittato per mettersi a cantare: Mamma. Ma,
forse, il regista e linterprete non arriveranno a tanto). Viceversa, anche
con regia incorporata, quella che non mi ha mai finito stata la mia morte.
Squallida, poco motivata, tanto per tirar gi il sipario. Qualcosa non
funzion: la sceneggiatura, il dialogo, la messinscena?... Io stesso troppo
identificato col personaggio? Chi lo sa? Si pu essere attori consumati e
sbagliare uninterpretazione, una scena, una battuta. Il teatro una bestia imprevedibile Non si sa mai come
reagir Forse, ci sarebbe voluto Rossini a scuola da Wagner Bench,
pensandoci, proprio nel suo sgangherato squallore, si potrebbe individuare la
moderna originalit di una morte cos Gi non ho mai capito una cosa. Da un
momento allaltro, licenziato e schiacciato come una cimice. La miseria, non si
scaraventa sul lastrico uno, senza lasciargli nemmeno il tempo di infilarsi le
scarpe! Perch, ho dovuto battermela a piedi nudi, delicati come li ho Non si pretende la fine impennacchiata e
pontificale di un Luigi di Francia, presente ed ossequiente la Corte, persino quando fai i tuoi bisogni; ma nemmeno la caccia al lupo: minimo, lasciargli
tempo che smettesse di piovere. Si danno gli otto giorni anche a una serva!...
Io era dispostissimo a cedere il posto. In confidenza, ero anche un po stufo
di quella parte. Cominciavo a sentirmi prigioniero della libert che mero
data e non che ci avrei pianto su dovendo ritirarmi a vita privata. Cerano
cos dei bei siti, sparsi darance e di limoni, tra cielo e mare, nei dintorni
di Napoli, dove era vissuto quel misantropo di Virgilio E, oltre il mare,
lEgitto: enigma, oro e lussuria io, pendolare del sesso. (molto
discretamente e purch ad occuparsene fosse Beniamino Gigli, nulla osta il
riascolto di Cielo e mar. Dopotutto, il suo leitmotiv. Il sogno: tradurre
in prosa lopera seria trattata da opera buffa, amalgamata allopera buffa
trattata da opera seria!) Che diamine, tra gente civile, ci si siede
intorno a un tavolo e si discute. vero, mero fatto prender sul serio quando
facevo per gioco, e per gioco quando facevo sul serio, ma si sarebbe pur dovuto
considerare che li avevo fatti divertire per quattordici anni. Mah Io non ho
mai avuto una testa politica e pu essere, come altri prima e altri dopo, che
non mi sia reso conto che lo stromabazzato Impero Romano, in realt ipocritamente
fu sempre una repubblica di facinorosi, provvisoriamente sospesa, data in
appalto. Stufi di te, senza tanti complimenti, con una scusa o con laltra, o
anche senza scuse, ti buttavano nella spazzatura come delle ciabatte usate, per
indossarne un paio di nuove, senza accorgersi di aver sbagliato numero: o
troppo larghe o troppo strette. Non di questo che mi lamento, ma della
mancanza di fair-play, s Un tempo, poi!... Da polmonite. Vento, acqua, fango,
buio pesto, un freddo boia; braccato, travestito, scalzo E ancora che
Epafrodito, tanto perch, alla rappresentazione, non mancasse il personaggio
obbligato del liberto fedele, si prest a nascondermi in quella sua catapecchia
lurida, puzzolente, piena di cimici, oltre gli orti. Con tante porte amici,
beneficati!... battute lungo la fuga, una che si fosse aperta! Tutti partiti
per il week-end. Tigellino, che era Tigellino: lo scusassi ma stava a letto con
trentanove di febbre Presenti soltanto i due che non avrebbero avuto niente da
guadagnare e tutto da perdere ed esserci: due paria maltrattati: Atte dal cuore
di luce; lavevo cercata, disperato, dopo la morte di Poppea. Dolce ma ferma,
maveva pregato di dimenticarla quellultimo seme di amore verace avanzato
nel mio animo - . Sera fatta cristiana e chiedeva solo oblio. Adesso, era l
Atte e Sporo: lincomprensibile Sporo, eterno silenzioso; triste, fido e
costante, con quello che gli avevo fatto subire, quando, sempre per via di
somigliare, come una goccia dacqua, alla cretina-cigno di Poppea, coscia
dalabastro, lavevo sposato, guadagnandomi, per tutta Roma, il nomignolo di
vedovo allegro Solo loro, Atte e Sporo. Perch?... Son secoli che me lo
domando. (prolungate da echi intrecciati, alonati di arcane risonanze,
giungono, da distanze siderali, due voci, una femminile e una maschile: E
stato il mio unico amore Gli ho voluto bene) Sempre pi impaziente,
pentito della propria imprudenza, Epafrodito: dentro e fuori, avanti e
indietro, non vedeva lora che la caccia finisse. Urgevano altri padroni da
leccargli il culo. Io, gettato su quel lercio saccone imbottito di paglia,
incerto forse questo fu lo sbaglio fra la sincerit di una morte da
vigliacco la paura fu lamante stabile di tutta la mia vita e la finzione
di una morte stoica, che potevo fare? Come tutti i cinici, aspettavo un
miracolo. Quando non ne pot pi, fu Epafrodito a prendere liniziativa: Qui,
bisogna decidersi, maest disse Lei chiude gli occhi ed questione di un
momento. Non sentir niente. Meno di strappare un dente Le do una mano io, lei
non ci pensi ci so fare. Accidenti, se ho sentito! Bene, anche su codesto
particolare non ci crederanno sono rimasto con una curiosit. Quanto spinse
lui, quanto spinsi io per far penetrare il gladio dove doveva penetrare la
gola - , ho ancora da saperlo. Se hanno un
momento di pazienza, gli faccio vedere. (azione duna gestualit
accademica da manuale, col gladio opportunamente a portata di mano; mentre, si
capisce, fuori continua a imperversare la
tempesta. Fa venire in mente il temporale del Rigoletto. Una caduta
teatrale con scenica scienza e batte clamorosamente la cervice
sullimpiantito). Urca vacca, che male!... Il mare thalassa thalassa. E
qui, immaginino un secchio di sangue. (giace immoto, per tornare subito, di
scatto, a sedere e una gran sberla sulla fronte): E ci ho pensato tutta la vita! Domando scusa: Che artista perisce! (ma
lo si indovina soddisfatto pi no che s. Ancora un momento soprappensiero).
No Quale artista, perdi, o mondo!... Meglio cos, senzaltro, meglio cos. E
fa agonizzare il punto esclamativo nei puntini. Non si mai finito di
perfezionare una battuta fino allultimo: Quale artista, virgola pausa;
perdi, altra virgola altra pausa meno lunga oh mondo! Col rantolo o no?... (onore al merito:
lha detta stupendamente. Resta esanime, compianto dalla marcia funebre
della morte di Sigfrido che, forse, sarebbe troppo; o da quella di
Cavaradossi che, forse, sarebbe troppo poco. Ma il problema rimane insoluto per linterruzione del telefono). Fosse
mai quel rompicoglioni del Galbusera!? (stanco ronzino sfiancato, si
alza per recarsi allapparecchio, cominciando a sfilarsi tunica e
parrucca, met personaggio e met interprete). Cavaliere, lei chiama sempre nei
momenti meno opportuni Pardon. Che gaffe imperdonabile. Parla sul serio? Il
bardo?!... In persona?... Sono confuso Dica, dica, son qui col cuore in gola,
si figuri Allora?... Niente? Non lo interessa Ma, guardi che Come fa a dire
che va bene cos?... E solo per bont Daccordo anche gli altri?... Scherza
Parola donore?... Cos?!... Deve rimanere, dice, una liturgia tra istrioni?...
Incomunicata?! Perch incomunicata?... Cio?... Una Come?... Unepifania del
nume e dei suoi accoliti!? Un mistero glorioso, intendo una messa, insomma
concelebrata, mi pare che si dica concelebrata. Vedo S, s, tutte le sere,
una messa Per, non applaudono. Sente? Non applaudono Come, non importa? Lei
lo sa meglio di tutti: il sipario che scende senza applausi, per un attore,
la morte (e, accasciandosi, svuotato, ai piedi del telefono): S, s come vuole, sir come vuole il destino
del grande teatro. (s estinto, mandato a letto, rassicurato,
lautore, con un gemito del violoncello in calare, in cui ribadisce
limpegno di rimanere sempre lumile ancella del genio creator. Cos,
invia anche una cartolina ricordo al povero Cilea, tanto traboccante di
buoni sentimenti, quanto trascurato; mentre strappa, per un momento,
dalloblio, la sua collega Adriana
Lecouvreur. Schegge di posterit distribuite gratis: concelebrate).
FINE
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