Ecco Nerone

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ECCO NERONE OVVERO:

UN PERSONAGGIO IN CERCA DAUTORE

Di Carlo Terron

ALLEGORIA DELLATTORE A PI VOCI IN UNA

OFFERTA PER UN MATTATORE IN BISOGNO DI SFOGARSI

PERSONAGGI

Lattore in:

Nerone

Agrippina

Seneca

Tutti i dati neroniani biografici, cronachistici, ambientali, anche i pi parodisticamente proposti, sono riscontrabili sulle fonti storiche ufficiali. A Mario Scaccia, superbo creatore

PRIMO TEMPO

Gettiamo bombe, fratelli pacifici, nei ben pettinati orticelli della ragione. Solo sparando a zero addosso alle squallide muraglie del buonsenso, c speranza di schiudere una breccia nellinaccessibile fortezza del mistero e, diradandone le nebbie, poterne afferrare qualche salvifico brandello. Esclusi dal prodigo dono della fantasia e relegati alla pitocca elemosina dellimmaginazione; capaci, di conseguenza, al pi, di oratoria, mai di poesia; pesanti uccelli handicappati, mutilati nelle ali, domestiche oche ammaestrate, come non deplorare, dal fondo del nostro invidioso avvilimento, lumiliante condanna di non saperci librare nei regni superni dellinsania illuminante, alla rincorsa di verit arcane, coerentissime nella loro incoerenza baracconesca, ebbra dei gloriosi esiti anarchici del proprio disordine, perch mai scordarsene lordine , s, il piacere della ragione, ma il disordine lestasi della fantasia. Che costa rischiare? Esistono sconfitte pi onorevoli di tante vittorie. Nessuno, che si sappia, ha mai condannato Icaro per aver fallito il folle volo. Cocaina, dunque, alle meningi, gente e, senza badare dove si mettono i piedi, ci si inoltri lungo gli stregati sentieri della metafora, dellutopia, della chimera, del simbolo, dellallegoria, parole ambigue, sacre ed inquietanti. Privilegiato colui che ne sortir indenne. Concreta materializzazione di un irreale vaneggiare, eccoci, dunque trasferiti, salvo scherzi malaugurati dello scenografo e manigoldi stravolgimenti del regista; nei sotterranei di una chiesa che potrebbe essere un teatro, oppure, viceversa, nei sotterranei di un teatro che potrebbe essere una chiesa, ammesso e concesso che possano, eccezionalmente essere, quantomeno significare, la medesima cosa. Quant vero tutto codesto falso, quant palese questocculto, quant esplicito questesoterico, quant sacro questo profano. Luogo reale, oppure dimensione medianica di una fantasticheria visionaria cose e discorsi, forme e suoni, luci ed ombre delle pi inaspettate, strane, contraddittorie, distorte, dissonanti, mostruose efflorescenze, affastellanti le robe pi scompagnate e scomposte della frusta e vetusta attrezzeria, confacenti a due rituali contrastanti, forse convergenti in un rituale solo. Strumenti di culto e finti reperti archeologici: urne ed altari, simulacri di eroi pagani ed effigi di santi cristiani, lampe e turiboli, incensieri e fasci littori, candelabri e flabelli, pissidi e insegne curiali, severi paramenti sacri e frivoli costumi da scena greco-romani, un gigantesco crocefisso emaciato, da tisico allultimo stadio, dirimpetto a un colossale Zeus in ottima cera, dalle chiome inanellate; ma potrebbe anche trattarsi di Mos, colto in periodo di vacche grasse; e capitelli dimenticati come teste mozze di colonne arresesi alla crudelt del tempo; e baldacchini, troni monumentali, fastosissime poltrone, baroccherie inimmaginabili, che solo il romito del Vittoriale redivivo sarebbe in grado di elencare, lui che ne coltiv la mania: e sedie, sedie, sedie: le sedie di tutte le chiese e di tutti i teatri e di tutti i bordelli, dogni tempo e dogni sito. In poche parole: par dessere, e forse si , in un magazzino che accatasta e mescola insieme il trovarobato di una riedizione cinematografica del Quo Vadis? e loccorrente cultuale per lelezione di un successore di Pio IX in San Pietro. Vocalit e mimica corrispondentemente riflesse, anzi esaltate al quadrato fin sulle vette del furor istrionico, si estolle, superba e inverosimile, una recitazione gloriosamente mattatoria, nel sussultare incessante, or nobile or plebeo; comica, anzi, clownesca da tanto che tragica, anzi apocalittica da tanto che comica: un coacervo grottesco e inestricabile di seriet e umorismo, ordine e indisciplina, originalit e maniera, umilt e protervia, distinzione e trivialit, controllo e sciatteria, piaggeria snobistica e insulto plateale, deferenza e sarcasmo, rispetto e sberleffo, garbo e smorfia, ritegno e sfacciataggine: genio e sregolatezza, naturalmente. A scorno di ogni coerenza psicologica e a vergogna di ogni verosimiglianza ambientale e comportamentale che il commento musicale, sfacciatamente operistico, accentua nella buona intenzione di attenuare, fatto a brani e respinto sullultima spiaggia qualsiasi residuo di logica: un quadro verace e fedele del pi delirante e pompieristico Andr Moreau (scenografo, attento a non sciupar loccasione) il forsennato trionfo dun forsennato kitsch. Eccolo l, gi pronto alla pugna, il mago dei prodigi, verecondo e spudorato, suscettibile come un soprano leggero, vano come un tenore di grazia e presuntuoso come un regista qualsiasi; unaltalena di umori, indomito nellagitare i superstiti brandelli dellantico vigore demoniaco, passati al servizio di una fatua vaniloquenza senile che non perdona. Sta, laraldico animale, squassato dal demone di Melpomene e Talia in rissa, al centro del quadro, allucinazione nellombelico di unallucinazione, su una breve pedana circolare, come nel fuoco di una lente che concentrer su di lui, sino alla fine se ci si arriver una luce incendiaria, svariante di urlanti colori ignari di discrezione e sfumature, digradanti solo ai margini a respingere in tetri abissi di tenebra impraticabile le viscere del magico luogo. Indossa uninverosimile vestaglia da camera, logora ma clamorosa, dallo schiaffeggiante fasto di un supremo pessimo gusto, degno di un museo dellabbigliamento, sezione assirobabilonese. Viene in mente il roco do di petto del Lauri-Volpi degli anni estremi, deciso ad arrendersi solo un minuto dopo aver sentito saldare il coperchio della propria cassa da morto, rabbia e piet. Il sacro mostro intento, da un bel po, a far dei vocalizzi mimici, vale a dire a controllare diverse espressioni del volto, in uno specchio a mano; ma, a portata di passo, ne dispone di un secondo a dimensione duomo, che gli verr utile in seguito per regolare le subentranti metamorfosi imperiali di un fregolismo inesausto, consentitogli da un tavolo fornito di tutto il possibile bendiddio per il trucco e per il travestimento, e ancora ne avanza. Mugugna, mormora, sillaba scampoli e scampoletti, a mezza bocca, di famose battute dalto repertorio, che gli galleggiano nella mente come chicchi di riso solitari nel brodo di cottura Si scatarra a lungo, prima di gratificare luditorio del bronzo della sua voce leggendaria, modulata con sostenuta naturalezza non priva di misurata dignit, in un discorso apparentemente coerente e convincente, per quanto le folate travolgenti della sua madornale capricciosit di titanico fanciullo gli consentono ancora. Un innocente, sotto la penna grottesca di Gogol, non potrebbe far di pi e di meglio; sotto la nostra sar quel che sar. A ogni giorno la sua ruga. Anche oggi, tredici aprile, luned, San Martino papa, una di pi. E, domani, unaltra, e dopodomani unaltra ancora e poi ancora e ancora e ancora, da sempre e per sempre. Sorger mai lalba del giorno che, sulla neutra tavolozza di codesto viso esausto e inesausto, mancher lo spazio per lultima ruga? Nessuno ci faccia conto: non ci sar ultima ruga. Lattore indistruttibile: destino eccelso ed orrendo Giusto tono semicoturnato. Cos. Ottima battuta per partire. onorevole al commediante provvedere alla regia di se stesso sintonizzandola sulla visione cangiante della propria anima. (A frangere laustera scansione accademica del discorso alla nobile maniera dellindimenticabile GrandUff. Achille Maieroni, interferisce la quotidiana banalit del telefono. Senza in nulla alterare il proprio mobilio interiore, eccettuato un minimo sollevamento tediato del sopracciglio, il vegliardo va a rispondere, manifestandosi nella susseguente feracit di una volubile schizofrenia che gi il concentrato campionario rivelatore di un mutevole stile interpretativo, al servizio dei pi scompigliati contenuti. Subentranti o mischiate, una sventagliata estrosa di pazienza, vanit, esibizione, irritabilit, sorpresa, indignazione, collera, rassegnazione, piaggeria e chiss cosaltro ancora, allinsegna, candidamente scoperta, del consapevole e compiaciuto recitare, superiormente accordato in chiave di annoiata superiorit, in tutte le possibili variazioni di tempo, di tono, di grado, dalla flemma al furore, dalla finta umilt allaggressiva protervia: gioco come confessione. E questo ancora nulla, minimum preordinabile e descrittibile, a petto dellinaspettato e dello strambo che si consuma nel lago del suo cuore in tempesta e sulla cordigliera della sua mente in rovina. Eh, il temerario solista ne avr, s, delle spericolate occasioni per esibirsi, senza rete, nello sfoggio virtuosistico delle sue illimitate facolt moltiplicatrici. E ne abusi pure, sfrontatamente. Una sbornia, a tempo debito, salutare: sfianca i nervi disinnescando le inibizioni. Lultima carica, lasciamolo divertire). Parli Ha sbagliato numero Le ripeto che ha sbagliato numero Calmissimo, ma ha sbagliato numero ugualmente. Non ha infilato il dito nei buchi giusti. Capita anche per altre parti del corpo Non conosco No Cessi di insistere: qui Domus aurea Domus aurea Non sulla guida telefonica E dallinfausto giorno di Caporetto che decisi di ignorare questo triviale arnese Non decampai nemmeno nel maggio radioso a Fiume, con DAnnunzio. Telefonava abbastanza lui alle sue puttane Gi. cos, il telefono rimasto qui, come un reperto archeologico dimenticato, testimone daltre epoche Appunto. Fa museo Naturalmente. Faccio museo anchio Mah!... Uno, due, tre anni passati, o pi, stabilisca lei, che ne so?... A farlo squillare, lultima volta, fu unalta carica della Repubblica. Dovendo risolvere un quiz, chiedeva di conoscere il nome di colui che scrisse La signora delle camelie. Non fui in grado di soddisfarlo non avendo ancora avuto la grazia di interpretare Margherita Gauthier, e dio sa quanto lo desidero, ma ci sar tempo. Disse: Pazienza, meno male che posso divertirmi soffrendo altrettanto con La nemica, Shakespeare sempre Shakespeare, un autore che si ricorda. Era uno del ministero dei beni culturali. Si teneva al corrente colla Settimana enigmistica No no, dica senza vergogna Ci vogliono democratici? Approfittiamone Chi sono io? Me laspettavo. (e ci sovrappone una diabolica bench fievole risatina per intenditori raffinati). Ho sorriso Pazienza. Nessun genere di sorriso riesce bene per telefono. Un sorriso, se un vero sorriso, assai pi da vedere che da sentire. Non lo sa? Sono le limitazioni delle macchine. Lanima non merce da inscatolare. anche per ci che ho smesso di servirmi di questo stupido arnese Nulla di meno telefonico dellironia. Lo lasci dire a un competente Ci ricasca, eh? Chi sono io?... lei non sa chi sono io. Non mica colpa sua. colpa dei tempi. La saluto. E si guardi bene dal richiamare. (evidentemente, allaltro capo del filo, lo si continua a trattenere). Momento. Follia, ha detto? Gran bella parola, la pi eufonica che conosca. impossibile non pronunciarla bene eufonica Ci vorrebbe troppo tempo. Con un vocabolario fa molto pi presto, ed esiste, persino, la possibilit che comprenda ci che vuol dire Non c di che Una forma di follia? Le pare? Crede di aver fatto una scoperta? Offeso? Grato, semmai: si tratta del mio Toson doro Limportante che la follia abbia del metodo: del metodo. allora che diventa feconda. Sissignore!... Ma, avrei fatto ci che ho fatto, sarei colui che sono, se la mia mente non fosse stata laureata da quel dono?!... Non obbligatorio capire, lasci perdere. Tenga presente solo che lass, unicamente lass, alle altitudini rarefatte e inattingibili, dove garriscono gli stendardi della mente scardinata, a patto di non soffrir di vertigini, in una lucidit di liquido diamante, risplende trionfale labbagliante verit. Cerchi di percepire le iniziali maiuscole, possibilmente Non riesce a seguirmi?... Lo credo bene. Guai se ci riuscisse Che ragione avrei di essere modesto? Si chiede, forse, alla vetta del Monte Bianco di essere modesta? Nomino il Monte Bianco perch, al presente, siamo in Europa; se fossimo in Asia, nominerei lHimalaya, naturalmente Cosa vuole? Il destino ha deciso cos e io mi adeguo. Ho molto riguardo per il destino, io; specialmente nel senso del suo sinonimo Fato Io e il Fato siamo gi abbastanza in confidenza Sedersi? stracco?... Non mi dica!... Telefono che impugni, usanze che trovi Se ha labitudine di conversare, al telefono, stando seduto, faccia pure. Soltanto le tragedie greche, con qualche eccezione, rara come le mosche bianche, e sconsigliabilissima, per Euripide, tassativamente obbligatorio recitarle in piedi; il rimanente repertorio si liberi. Mai vista una sedia n in una tragedia greca, n in una regia di Maurizio Scaparro. Qualche infrequente tono, ma mai una sedia al pi, ci si siede per terra. Il tempo del sof venuto dopo. Senta, per pi precisi ragguagli, lAccademia dArte Drammatica. Il merito di aver avviato la moderna tradizione della recitazione perpendicolare suo S messo comodo?... Oddio, i piedi sulla scrivania potendo evitarli Decoro Capisco: in pigiama. I piedi saranno nudi, allora. Non sente freddo?... Va be, transeat. Tempi cos!... Dica, dica liberamente Ah ah ah Non mi pare tanto persuaso, per. (e comincia a partire per chiss dove, sintassi e tutto, peggio di una bomba, chi rimane sotto le macerie, un pezzo qua, un pezzo l). Facciamo una cosa, perch non le permangano dubbi che, poi, si sa come vanno a terminare: si impossessano, a tradimento, del neurovegetativo e procurano fastidiose insonnie, concluse, magari, in eczemi interminabili e molesti, che non si fa altro che grattarsi dalla mattina alla sera e non le dico di notte. Successo a me, nel 26, costretto a interrompere la tourne dei Due sergenti, in piedi e seduti, regia mista; che andava a gonfie vele, e la compagnia Tamberlani dovette far tutto il meridione con un sergente solo, il povero Nando, tanto bravo quando non era in palcoscenico. Il sergente che mancava, io, avevano aggiunto una battuta, era caduto sul Carso, e, per prova, portavano in scena la mia medaglia dargento alla memoria; mai una volta che non si prendesse lapplauso a scena aperta, da tanto che influiva il ricordo dello scomparso, cio me che stavo a Salsomaggiore con leczema. Dalla padella nella brace se, poi, di retta agli psicanalisti, con quello che ti costano; che, per loro, tutto il prurito dipende dalla voglia di andar a letto con tua madre, e la cura sarebbe il peggio dei peccati mortali. Io lo so perch ho preferito tenermi leczema, mia madre era morta da nove anni Che centra? Non lo so. Cos. Non so cosa farci. Io non riesco a ragionare altro che cos: a macchie. una conseguenza del mio periodo espressionista Io ragioner come un espressionista richiamato e lo riconosco, ma lei ragiona come un cubista di complemento e non lo sa. Le piace Picasso, per caso?... Senza il Pi, ho capito. No! Ora sono io a ordinarle di rimanere al telefono e starmi a sentire Era prevedibile. Se le si sono informicolati i piedi, li tiri gi dalla scrivania e stia composto. Per, che piedi delicati, abbia pazienza. (e via, in unaccelerata esibizione di tipica fuga delle idee, clinicamente ineccepibile). Guai se si allontana. Fermo dov! E resti nudo! Che male c? Ci guadagner la naturalezza. Ragionano tutti come se si fosse stati partoriti col palet Aria al sesso e peste al pudore tiranno!... Non se la fili. Dove vuole andare adesso, nudo come un verme? A rischio di finire in guardina, come me, dopo l Oreste, allaperto, a Siracusa, per colpa del costume di Coltellacci: unindecenza. Oscenit fa arte, diceva, cercando di spiegare ai fascisti che i Greci andavano a spasso nudi. Non a Siracusa, si sent rispondere; e io dentro per 48 ore, avvolto in un impermeabile e guai sbottonarlo Ma cosa vuole, insomma?... Io?... Ah, sicuro: follia. Follia! Non si esiste senza questo attestato! Mica tutti sono come Benassi, la Paola e il Carmelo, che ci son nati e non ne hanno avuto bisogno, talmente matti da sembrar dei matti finti, e non escluso. Agli altri, niente da fare: occorre il certificato; che si sappia in giro, stampato sui manifesti. Niente follia, niente arte. Non faccio nomi perch dovrei farli tutti: quelli che contano: tutti! Quelli che contano si capisce. Scalpellini e Michelangeli, ormai, nello stesso minestrone, e il sindacato sta a guardare. A piani vanno fatti i sindacati, a piani, senza ascensore. Ma faglielo capire. E cos siamo al punto che siamo Beh, che vuol dire? La mia regola sparare sul singolo per esaltare la categoria. la ferrea e sacrosanta legge del clan Ci si giustizia solo tra noialtri, come i samurai. Noblesse oblgie. Al massimo, la nostra incontinenza fecondativa celebra i suoi massacri, intendevo le sue pompe, sui personaggi che interpretiamo. Ma sempre a fin di bene. Per dar una mano agli autori. Ne hanno tanto bisogno. (ed esplode in una collera incontenibile quanto immotivata, espressione, rosso scarlatta, di unindignazione morale omicida). Attore, s attore! Finalmente, s arreso a sputarla la parola maledetta che ti esclude dalla sepoltura in terra consacrata; ed santo e sacrosanto perch hai lanima androgina ermetica e apolide, demoniacamente disponibile e disposta a tutto. Commediante, guitto, pagliaccio, istrione, parassita, spirito prostituito, scomunicato e martire! In piedi! E si copra. Sono parole da ascoltare in piedi, sullattenti, con feluca e decorazioni Se non ne ha, feluca sola Si cinga, almeno, un asciugamano intorno ai fianchi Chi crede di essere? LErcole Farnese? Al quale Leone Decimo tirava delle pipe? Si rimetter a sedere quando glielo permetter io Osar tanto!... A uno che stato in compagnia della Duse!.. (misericordia! il balzo della tigre, e dire che sembrava stesse appena appena per calmarsi. Manda letteralmente fuoco dalle narici. Come far?) Non sto riferendomi a una puttana colla quale sono stato a letto! Bench fra tanti Peggio di quel Valentino per i poveri di Flavio And non lo ero di sicuro La Duse trascinata nel fango! Ma ci si rende conto? E da uno scostumato, nudo, celibe, con i piedi informicolati, senza slip e, magari, privo anche di uno straccio di asciugamano intorno alla vita. Riconsacrare immantinenti il tempio profanato, tramite un mazzo di rose rosse ad Asolo, un messaggio di protesta al Vittoriale e un telegramma a Pannella sollecitando un referendum. (secco stacco di tono, come uno che si mette di colpo a leggere una pagina dei Promessi Sposi a una scolaresca. Ha allontanato dallorecchio, senza staccarlo, il telefono, avanzato verso al ribalta e si messo in diretta comunicazione colla platea. Stralcio epico): E qui non posso far a meno di socchiudere una parentesi privata, gettandomi in pasto al pubblico, rimanga tra noi. Sar sempre un mistero, per me, come quella santa abbia potuto perdere la testa, e il resto, per quel nano del Comandante, pelato come una palla da biliardo. Cosa mai!... Garibaldi, Carlo Marx, arrivo a metterci, per chi non coltivi pregiudiziali anti monarchiche, perfino Vittorio Emanuele II: quelle erano teste che davano garanzia. Ma lImmaginifico, siamo giusti!... chiedo scusa, non vorrei giocarmi il consenso dei calvi che rispetto e considero Mah, insondabili abissi delleros!... Innegabilmente, era una creatura strana. Si fosse mai divertita, con una lente, alla ricerca del pelo solitario sfuggito alla latitanza?!... Un feticismo cos. Nellamore, importante anche il pelo. Ma bisogna che, un poco, da qualche parte, ci sia, santo Dio. Era, e qui vengo a me, il cruccio segreto della povera Betti- Rossi- Valvasson, esimia primattrice semicalva, poco fortunata proprio perch perennemente condannata alla parrucca. Invano, ne possedeva un intero guardaroba continuamente arricchito; e non si accorgeva di far peggio. Ad ogni parrucca che indossava era volubilissima il pubblico, sempre crudele, diceva: anche oggi la Giulia ha cambiato cappello. Ma che eleganza, ma quanto spende dalla modista! Fu lei non indiscrezione, storia che, primo amoroso con Garavaglia, cane, ma di razza, in una notte di tempesta, a cavallo dei due secoli, alla pensione Bozzola, mi inaugur, cogliendo il fiore della mia purezza, non prima di aver deposto, con noncuranza, la capigliatura sul com; atto, per lei, talmente consueto quella sera era bionda, dun biondo esangue da dirmi con naturalezza: mettiti pure in libert anche tu, caro. Timido, intimorito e anche, s, lusingato, che dovevo fare? Strapparmi i capelli allora foltissimi, da giovinetto assai villoso e infilarli sotto il guanciale? Ebbi la finezza di lasciarle credere daver capito di sfilarmi le mutande, e fu latto pi consono alla situazione, del quale quella gentildonna serb languida memoria fin che camp, una trombosi in fiammante parrucca rosso Tiziano. Certe delicatezze si sentono, oppure non si sentono. Chiusa la parentesi, con tante scuse. (e, interrotto lestraniamento con la rimessa della cornetta contro lorecchio e la ripresa dellinterminabile colloquio al telefono) (ma se fosse trovato lungo, potr essere tagliato come il burro): E ancora l?... No. Non era caduta la linea. Solo un accesso di estraniamento. Cosa crede? Che non conosca il teatro contemporaneo?... Un crampo? Tuttora in piedi? Torni pure a sedere, e un leggero massaggino Comodo scusarsi a crimine consumato Sempre quellidea fissa No, no, niente a che fare colla Vanda. La Duse era la Duse e basta: la pi grande rompicoglioni che abbia calcato le scene dai tempi di Tespi Che vuol dire? Si pu essere la regina delle rompicoglioni e recitar divinamente lo stesso. Guardi la niente niente, parola dietrofront, ne ho la bocca piena di almeno una dozzina Eleonora! Era Eleonora a meritarsi una catena di monumenti Ma la Duse, Eleonora era la Duse!... Senta: fin che non caccia fuori dal discorso la Vanda, non ne verr mai a capo. La Vanda stata la Eleonora della Rivista e va bene; e la Eleonora stata la Vanda della prosa e va ancora meglio. chiaro, adesso?...Conosce unaltra Eleonora, in ufficio con lei?!... Per piet, mantenga il segreto (affievolendosi, via via, fino alla totale dissoluzione): Duse Eleonora, s, Duse Eleonora, fu Alessandro, vedova Checchi E morta tisica a quei tempi se ne moriva ancora Non avevano ancora inventato la penicillina era sempre stata cagionevole frequenti sbocchi di sangue Anemica? Non lo so presumo, anche anemica Lei mi sta distruggendo. Son qui colle coronarie a penzoloni, ed erano gi malandate per conto loro Come vuole Ma non ho niente contro la Vanda, glielo giuro. Anzi, una mia carissima amica, glielo dica: al mio funerale non mancher di sicuro Non fiori, opere di bene e il Va pensiero, col coro della Scala, come Paolo Grassi (va, va, questa volta va. No, invece riesplode; quel filo di fiato che gli permane, si capisce. Che vitalit, questi vecchi leoni!) Cosa?... Quanti anni ho? Per il necrologio?... Ah no! Ed osa tanto?!... Non ne ho idea. Non me lo ricordo. Figurarsi se carico la mente, pericolante come si trova, con ingombranti quisquilie come let, io che, per i numeri, non sono mai stato portato!... Eh? Normale?!... Normale! Deve giudicarmi caduto molto in basso per ardire una domanda del genere. Sono, forse, uno che sembra normale, io? Anormale, anormalissimo, ha capito. Un briciolo di rispetto! Diverso, mostro? Sentiamo. Un mostro non altro che un diverso colla vocazione del protagonista. E allora, che altro pu essere, se non un mostro, un attore; o crede che, per aver diritto al titolo, occorra nascere con sei dita e con un occhio solo?... Sacro, sicuro: sacro: un mostro sacro. Guardi, se lo tenga per detto: le sole, vere, eterne professioni sacre sono sempre state, e rimaste tre: prete, attore e puttana, che, poi, forse, ne fanno una sola; e sacri i tre luoghi dove si praticano: la chiesa, il teatro e il casino. Basta esserlo stati una volta e se ne rimane marcati per tutta la vita In casino? Anche! E perch no? Una gloria del tempo che fu. Angelo Musco, che era Angelo Musco, lo scelse per andarci a fare uno storico infarto. Mortale, naturalmente Parli, parli, per carit: obbietti, eccepisca, oppugni, confuti S. Ho un debole per i sinonimi. E con questo? Mi denuncia ai carabinieri?... La faccia tosta! Io le impedisco di parlare? Ma se non ha fatto altro che interrompermi, polemizzare, provocarmi, darmi torto; e chi sono e cosa faccio e come la penso e gli anni e la normalit, che Dio la stramaledica; e i piedi freddi sulla scrivania: non ha trascurato un tentativo, che un tentativo, pur di pugnalarmi alla schiena. Ci mancava solo linsinuazione che gli rubo le battute e gli rovino gli effetti. Stupefacente! Capito? Mi accusa indirettamente, senza far nomi, perch non li sa, di comportarmi come il povero Memo Benassi che riusc, perfino, a render muta Emma Gramatica, la quale, a sua volta, era riuscita a paralizzare la parola al Duce e non dico altro. Di che non son capaci i grandi?... Gli tolgo la parola!? Bisognerebbe, prima di tutto, che lavesse; con quella pronuncia inascoltabile; dove di 21 lettere dellalfabeto non ce n una decente. Non un accento a posto, le dentali fuori sesto, le labiali non se ne parla. Ma dove le hanno insegnato la pronuncia, alla Scuola del Piccolo Teatro? Pare che stia mandando a spasso per la bocca della polenta malcotta Non cede, non la smette, non si arrende, non sa fare una pausa; quando non balbetta fischia, quando non fischia starnutisce, quando non starnutisce stecca; sembra Paolo Stoppa malamente innestato su Peppino De Filippo, io che mi son fatto le ossa con Zacconi e me lo son rotte con Ruggeri!... Ma si accontenti di incespicare coi piedi, non colle corde vocali: un po di pudore!... E va bene, chieda, chieda, pur che si finisca di soffrire Ricoverato?... Dove?... Questa, vede, comincia gi ad essere una domanda pertinente. (inopinatamente rasserenato e pentito, tutto culo e camicia, scivolando lungo il piano inclinato di una tollerante cortesia). In manicomio, intende? Santo candore! Lo chiami pure cos, se vuole. Io lo chiamerei un elemento naturale riservato soltanto a noialtri. Si domanda forse a un delfino se conosce lacqua o a un angelo se conosce le nubi?... Le nostre regge non sono sullorario ferroviario. Si spazia, in lungo e in largo, per luniverso, in dimensioni rarefatte ed arcane. Da Ninive ad Elsinore, da Atene a Corinto, da Venezia a Cipro, da Troia ad Alessandria, da Menfi a Siviglia, da Tebe a Babilonia, siamo sempre in giro; ospiti ed emuli di eroi e di sovrani, angeli o demoni, scassinandoci il cuore e rubandoci lanima a vicenda, tra furori e malinconie. Non sempre una coabitazione facile, ma uno status-symbol invidiabile Il nostro demone linvidia, il nostro dio lemulazione Noi siamo una genia cangiante. Ad essere frequentati, abbiamo tutto da perdere e tutto da guadagnare. Pi ci si conosce e pi ci si detesta; pi ci si detesta e pi ci si ama. I nostri tabernacoli traboccano di gemme ambigue: male fatate, sortilegi demoniaci Per il momento, non si risenta, se la congedo Per carit: lei ha rotto le palle a me, io ho rotto le palle a lei, insieme abbiamo rotto le palle a chi ci sta ad ascoltare seminando informazioni utili al copione. Il piacere stato reciproco. Anche dalla roccia, pu spuntare un fiore. Nuovamente. Compermesso. Ossequi alla signora Quando lavr. Perch lei uno che finir per averla Il suo nome? Dica pure, se ci tiene, dica Non mi nuovo No, il suo numero del telefono, no. Ora si pu rivestire. (riattacca finalmente e definitivamente il telefono e chiude con olimpica e distaccata degnazione). Cavalier Adalgiso Galbusera: ha le stimmate! (dopo esser rimasto assorto un po, pi che altro per convenienti ragioni di rango, viene avanti e muta registro alla propria grandeur: un mesto decoro). Stasera, Nerone, il grande misconosciuto. (non ha che da girarsi di 45 gradi e si trova a portata di mano una catasta di libri antichi e moderni dogni forma e segnato, che, afferrati uno dopo laltro, e gettati lontano, gli offrono il destro di esibirsi in unaccademica scena di delusione e disprezzo agita e declamata). Un quintale di libri e non uno capace di esprimere un grammo di vita. Hanno osato la temerit di far parlare persino Dio e non hanno avuto lanimo di trovare una parola autentica per lui. Nessuno che se lo sia cercato dentro, covandolo e cavandolo dalla propria luce e dalle proprie tenebre: Nerone enigma, Nerone fantasia, Nerone libert, Nerone anarchia, Nerone splendore e Nerone miseria, Nerone confessione, spudorato e casto. Eroe e poveruomo: cuore che porta gioia e anima che porta pena, rimasto uno scrigno chiuso. (a questo punto solleva la copertina del libro che si trova in mano). Pietro Cossa: un altro ragioniere in versi. (un livido sogghigno e, inavvertitamente sfogliando e leggiucchiando, finisce per trovarsi a recitare. E qui, solo alto manierismo, appena accentuato, beninteso). Ed questo il ricovero che moffri? Faonte, la tua casa suburbana molto brutta Tu recami quei due pugnali: amo sentirli sotto il corpo Che saddormenta (vaneggiando nel dormiveglia) Scostatevi littori, Date loco al mio passo E vano; i morti, Uccider non si ponno unaltra volta Sei tu, mia madre? Non mascolta, sfibbia Dalle mie spalle il manto imperiale, Sorride e fugge E tu, Cassio Longino, Da me che chiedi? E come puoi guardarmi? Nella vita eri cieco; e che? Fa tali Miracoli la tomba?... E tu, qual nome Avevi? La tua fronte laureata, Il volto hai scarno e le nudate braccia Verso di me agitando, lento lento Goccia il tuo sangue dalle rotte vene Ti ravviso, o cantor della Farsaglia; E perch mi sogghigni sulla faccia? Credi che il tuo poema abbia vittoria Sopra i miei versi, Stolto! ver, cantasti Nel supremo momento di tua vita; Ma che perdevi? La vita ed io perdo Vita ed Impero, e nondimeno canto.

Preparatemi il rogo. (subitamente, una naturale e semplice lucidit critica). Morire cos, come un tenore spolmonato!... E questo sarebbe ancora il meno irrecitabile!... Eppure Zacconi ci spopolava dentro Cero. Facevo Faonte, il liberto fedele. Ma il mio sogno sarebbe stato fare Atte, la sua Giulietta, il momento puro della sua vita fastosa e squallida. Applaudivano la mia giovinezza, non ancora la mia arte Chiss, forse recuperando una recitazione depoca (ci si cimenta, aulico e solenne, replicando qualche verso e si fa visibilmente ed uditivamente nausea). Archeologia da strapazzo Zacconi, che metteva pelo dapperttutto appiccicava baffi persino ad Amleto lo recitava coi mustacchi. Come il Kaiser e veniva gi il teatro. Nerone coi mustacchi. Io che lo indovino tutto, di dentro e di fuori: i baleni pi inconfessati della sua mente, i sussulti del suo cuore, le inquietanti tentazioni dei suoi sensi, i trasalimenti del suo volto, i fremiti della sua pelle, gli estenuati languori della sua carne, il tenue scroscio del vello doro del suo petto, lafrore umido e tiepido delle sue ascelle Io, che so cose del suo animo che nemmeno lui stesso os sospettare e solo un innamorato escluso riesce a intuire, perch non c pi sottile strumento di conoscenza dellamore escluso: linfanzia inconsumata della sua bont perversa, il presagio mortale della sua perfidia mite io giuro, qui, pubblicamente, che il suo labbro non si contamin mai di un mustacchio. (getta, con odio, lontano da s, il libro). Sciagurato leroe che non riesce ad incontrare il proprio poeta. (un subitaneo vuoto daria di deserto buon senso. solo un attimo. Da esso, rimbalza, ebbro, sulle esaltate cime della propria verit). Ma io sto recitando!?... E che altro pu fare uno come me? Recitare la coscienza stessa di recitare: tutto profondamente vero, perch tutto sfacciatamente finto. Ed tutto straordinariamente presente perch tutto infinitamente remoto. Onnipotenza della parola: (quindi, una geometria di citazioni in sostituzione dun groviglio di sentimenti: Zacconi cede il posto a Ruggeri): Osare tutto quanto un uomo pu osare Da un certo giorno in poi, tutte le sue azioni furono azioni contronatura Ero ancora acerbo per certe imprese Vorrei che il mondo fosse cancellato Ho dimenticato il sapore della paura Tutte le acque dello sterminato oceano non potranno lavare queste mani lorde di sangue Ci che fatto non si pu disfare Macbeth ha ucciso il sonno Non dormir pi E come un frutto maturo, pronto per essere scrollato Spegniti, breve candela Tu hai bisogno del ristoro di ogni creatura: il sonno il sonno il sonno Ecco delle battute! Una decina di battute di codesto tono, al punto giusto, e il problema era risolto Coraggio, allora, e sia lestremo tentativo a sostegno dellestrema speranza: questo sito di prodigi. I miracoli esistono. Devono esistere. Ho deciso io che esistano! (e avanti, allucinandosi quasi al sonnambulismo. Discosto, a lato, eminente sopra qualche gradino, c uno spazio privilegiato. Sollevando a fatica una maestosa poltrona, il mirabile cialtrone riuscito a collocarvela, risultandone, a gusto di chi la guarda e musica concorrendovi, forse un trono, forse un tabernacolo; e ci tanto vero che, senza pericolo che se ne dimentichi mai, ogni volta che, nel suo fanatico agire, ci passa davanti, piega un ginocchio, in un riverente inchino, senza smettere di ordinare a semicerchio, disponendole in una sorta di anfiteatro, le sedie sparse sullo sfondo, compreso fino al delirio dellarcana e strampalata liturgia che si appresta ad officiare. Quel trono, quelle sedie, vuote, in attesa, altrettanto ossequiate, evocano presenze immanenti. Istruzione superflua allinterprete: veda ma avr gi pensato da s a qualcosa di anche pi spettacoloso se non sia pi condecente, questione di un battibaleno, un fulmineo cava e metti, accingersi alla funzione sostituendo, a vista, la domestica zimarra con una fiammante marsina, non necessariamente nera, ma, forse, s). Onore al Divo Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, figlio del divo Claudio, nipote di Germanico Cesare, pronipote di Tiberio Cesare Augusto, discendente del divo Augusto (e, prima di concludere lesortazione, abbassa il braccio colla pergamena dalla quale ha letto la formula onomastica dellonorando) ; despota e vittima, sbranato da Dionisio tra le braccia di Apollo. Compermesso, questione di un momento. (si sfila al marsina e si piazza davanti allo specchio del trucco, dove avverranno le sue trasformazioni. Si osserva, si studia, palpa e ripalpa le proprie guance, parlacchia, met per s, met per il pubblico e crea con la lucida e svelta sicurezza dellesperto professionista) . Far perdere anni al viso, al gesto, al passo La divina Sarah si conged da Margherita Gauthier a 65 anni meno una gamba il grande Ermete imbottito di Gerovital, smise di domandare il sole alla propria madre, che ormai avrebbe potuto essere sua figlia, fin oltre gli ottanta e il povero Osvaldo continu a denunciarne 25 Sapersi truccare il corpo vuol dire parere. Ma sapersi truccare lanima vuol dire essere e non essere pi ci che si era: suicidare se stesso per rinascere in un altro che non sai in quali paradisi o in quali inferni ti trasciner (un sorriso compiaciuto, che, da solo, equivale allaprirsi di un sipario con applauso di sortita). Il piacere di recitarsi addosso venerandi luoghi comuni collaria che si tratti di eterne e profonde verit. E, con ci stesso, farle diventare eterne e profonde verit: esaltante!... Perch Nerone?... Pazienza, pazienza. Il soldato che spara tutti i suoi colpi al primo assalto raramente vince la battaglia Pi tardi. Dovr risultare chiaro da s; se sar stato abbastanza oscuro da riuscir chiaro. Il personaggio ideale colui che dice ci che deve dire, parlando daltro. Otello, mai che nomini la gelosia: gliela nominano; Macbeth evita di accennare allambizione: ne delega sua moglie; Iago ignora, quasi, il termine male; gli basta farlo; Tartufo battezza devozione lipocrisia; soltanto Amleto, la grande eccezione, il salto mortale senza rete, sdiarroica nelle proprie mutande se stesso come un bimbo che ha preso la purga. (riprende lumile contatto professionistico collo specchio). Una tela bianca in attesa del pittore. Attenzione a non guastarla. Dipingere una visione di primavera su un paesaggio invernale, perch lui, quello vero, avrebbe voluto, e potuto, essere giovane, spensierato e lieto Far risultare glauco questo bieco occhio nero Era glauco non nero, il suo occhio dolce e guardingo di miope, lo so Pi amabile la piega delle labbra, seppur conobbero una piega Uccidere il tempo su questo viso sfrontato Il sorriso del fanciullo dimenticato sul volto delluomo, ecco ci che ci vuole Bene Cos Cos La sua credulit deve naufragare in quel lago di mitezza l, prima di tornare a galla una nostalgia di innocenza. ( diretto, equivoco, beffardo, alla platea) : Perch Nerone?... Tutto a tempo e luogo, senza precipitare. Si ha pur diritto anche noialtri ai nostri segreti effettucci, alle nostre sorpresine capricciose, ai nostri illusori trucchetti, alle nostre intese cifrate, alle nostre complici allusioni, ai nostri candidi rebus, allintermittenza degli umori, alle scaltre scenette madri Coprirsi e scoprisi in lui. Stasera, si esplora la pancia del teatro. Ambiguit, a noi! Si gioca per dire la verit e si dice la verit per giocare. Attenti al trabocchetto. Le carte sono scoperte. Ma truccate. Il gioco il dessert degli di. (una parrucca da statuaria romana, un serto di quercia dorato a recinzione del capo, ricordo dei riporti di Cesare, uno spreco di ombretto e di belletti onde s modellato una testa canoviana; una sontuosa tunica orientaleggiante, color ciclamino, plurigemmata, un pendulo e sonoro monile di vividi lapislazzuli e maiuscole pietre dure variopinte, al collo; gli aurei calzari coturnati, allacciati alleburneo piede non gli manca che un tripode da potersi avvolgere tra fumi dincenso pi convenienti a satrapo decadente che ad austero imperatore, ma perch privarsene?, questione di mezzo minuto per guardarsi intorno ed Nerone. Lavrebbe combinato cos Gabriele DAnnunzio se, senza smettere dessere un poligrafo estetizzante, fosse stato pure un androgino costumista viscontesco, dopo aver chiesto, per loccasione, consiglio a Dante Gabriele Rossetti, una sera a cena da Chez-Maxime, in compagnia di Oscar Wilde. Ma son tutti morti, niente da fare, che malinconia. Questa la sua visione. Ma sar, poi, tutto tanto semplice? Non si tratter, piuttosto, dellaraldica bestia, il liocorno proteiforme e inafferrabile, uno e trino, che tenta di fondere le ragioni inaccordabili del personaggio, dellautore e dellinterprete in un monstrum unicum irraggiungibile, e lui il semplice latore dellindecifrabile messaggio?) Il bardo tarda Ah, lo storico smeraldo. (allude evidentemente al celebre anello che gli serviva, non si sa come, da lente. Ce lha l, a portata di dito. Non ha che da infilarselo e contemplarsi la mano michelangiolesca). Eccolo E venuto. Ha abboccato. (magia dellattore! Un colpo di reni e la rozza roca e sfiancata si drizza, mutata in annitrente e scalpitante puledro, per uscire incontro allIgnoto, ricomparendo con un simulacro imponente stavolta alto almeno tre volte un uomo normale. Dio del cielo: Shakespeare! Non esiste possibilit di dubbio: inalbera, parlante, la famigerata testa a pera, da ebete, calva, coi baffetti a virgola, del busto che disonora la tomba di Stratford; e, nella sonora gloria wagneriana che scandisce lincesso degli di al Walhalla, viene issato a sedere sulla berniniana cattedra regale che non aspettava che lui). Shakespeare contro Nerone? Nemmeno per sogno: Nerone contro Shakespeare. (ma matto? Ah gi, naturalmente. venuto il suo gran momento. Si piazza, deciso, davanti a un enorme gong che non sia il solito culo di casseruola acquistata alla Standa: un gong da finale del primo atto della Turandot e ci d dentro con una martellata che, se il clangore non riesce a far crollare met soffitto della platea, mandando al cimitero cimitero, mica semplice ospedale, intesi? alcune centinaia di spettatori, un effetto mancato e tanto vale risparmiare la spesa). Vado! (ed ecco, in un subitaneo, altissimo silenzio, crudele come un rasoio non elettrico, test affilato, ha inizio un dialogo che potrebbe riuscire lo scontro di due titani; ma che, stante lermetico mutismo di uno degli interlocutori, si deve limitare al caotico monologo di un paranoico incontinente, dagli umori al vento. E si capisce. Per quanto uno si sforzi, e ad onta di una deferenza, palesemente di parata, non facile esser nato Nerone e riuscire a dimenticarsene senza essere interrotto almeno una volta, specie quando lo scopo sia di far la corte a Shakespeare, nella speranza di ammaliarlo). Io sono un personaggio in cerca dautore, o un attore in cerca di personaggio? Non lo so: Nerone, uno, mi rendo conto, che non si riceve senza imbarazzo in una casa di gente perbene allora del t. Ma, scusi, son tutti gente perbene, i componenti della sua famiglia? Andiamo per i duemila anni che sto facendo anticamera. Occhi negli occhi: crede che dovr aspettare ancora per molto? Lei, per carit, nessuno si azzarda a mettere in forse il suo primato di vate dei vati della scena: primo dei primi. Incontestabile. Se dipendesse da noi, nulla in contrario che lavessero gi promosso santo; nel martirologio cristiano larte e la cultura non che siano molto rappresentate. Ma non si deve dir male della Chiesa. Mi si deve dar atto, tuttavia, crepi la modestia, che nemmeno io, come personaggio, sono arrivato collultimo treno. Presuntuoso fin che si vuole sono abituato a ben altro ma neanche per me riesco a vedere un posto dal primo in gi. E allora?... Se considero il livello intellettuale, e poetico, poi, che sarebbe quello che pi conta, di tutti coloro che hanno avuto lalbagia di occuparsi di me, e sono migliaia dogni segnato e livello: quelli, come si usa dire, che si sono accinti a realizzarmi persino Goldoni, buonuomo, e deve aver fatto confusione con Sior Todaro brontolon - ebbene, mi faccio schifo. Schifo. Lei del mestiere ed in grado di giudicare. Ma le par possibile una mano sulla coscienza! che uno della mia stazza deva aver incocciato, finora, unicamente nei fessi oppure nei mediocri, che peggio del peggio; perch, nei fessi, almeno, ogni tanto, loro malgrado, una certa grandezza, c, vedi Seneca, che era un fesso-furbo; nei mediocri mai, non c pericolo, vedi quel forsennato di Lucano e il minestrone lungo della sua Farsaglia? Li ho tutti e due sulla coscienza io, zio e nipote, ma, prima, loro hanno avuto sulla coscienza me. Ebbero del genio, quello s, soltanto nel rompere i coglioni. Per loro la noia non stata una parola: stata un piccone demolitore. Dove passavano quei due Morfei era il sonno eterno. Ma non si deve dir male dei colleghi. Suoi. Io mi ci voglio tener fuori. Per la verit, tuttavia, non pu esserle sfuggito, pare: sottolineo il pare perch, con questi cristiani che me lhanno giurata, in circolazione da venti secoli, non sai mai cosa ti puoi aspettare pare, ripeto, che, se non altro, i cosiddetti storici, che se Dio vuole non sono tutti come gli storici romani, stiano socchiudendo un occhio sul mio conto Se vero che da cosa nasce cosa, staremo a vedere. Ho aspettato tanto! Ma il dente che duole un altro. Non vorrei che, anche nel migliore dei casi, si stesse imboccando la strada sbagliata. A me, tutti lo sanno, ha sempre interessato molto di pi larte che la storia: il mio privato innanzitutto. Io non ho amato la guerra semmai ho amato i militari - ; quando non ne ho potuto proprio fare a meno, lho delegata a dei professionisti specializzati; anche se avrei dato chiss che perch si chiamassero diversamente da come si chiamavano. Quel Corbulone, per esempio. Sufficientemente ottuso come deve essere ogni bravo generale, ma come si fa a chiamarsi Corbulone, che viene in mente un ubriaco rotoloni gi da una scarpata, quando si deve combattere contro un popolo che risponde al nome, tanto elegante e cos maternamente umano di Parti? Un continuo attentato a qualsiasi senso estetico Io ho vissuto per larte. Per un aggettivo di Francesco De Sanctis, avrei dato volentieri un capitolo di Teodoro Mommsen, e Clausevitz lho sempre creduto una marca di temperini. Adesso, non mi usi il torto di giudicarmi un intellettuale. Unicamente un modesto uomo di cultura collhobby del palcoscenico, ecco tutto. Non frequente nella mia professione, lo ammetter. Oltre far collezione di francobolli o di monete antiche non si va. Soltanto il nome di un giovanotto ho sentito fare: un reuccio di una provinciarella larga come un fazzoletto la la la Baviera che, se ben, ricordo, un giorno dovette essere una mia propriet. Aveva un nome, mi pare, Luigi con un numero vicino, e aveva perso la testa, e il resto, per un vecchio musicista porco, i cui tenori sono fratelli delle soprano e farebbero carte false per andarci a letto assieme. Bene, sembra, dicono, che, in formato francobollo, sia stato uno che mi somigliava per via che amava larte scenica anche lui. Vedeva una torta, gli piaceva, e, invece di farla servire in tavola, la faceva ricostruire tale e quale in scala di castello, dove andava a passare il week-end. Non son mai riuscito a sapere se se ne occupassero gli architetti, gli scenografi o i cuochi Stavo dicendo?... Ah. Cosa voglio da lei?... Non faccia finta di non capire Noi due, lei da poeta, io da personaggio, con questaltro, qui dentro, che mi sta manovrando, eravamo nati per intenderci; e, da vetta a vetta, ci si pu parlare francamente, con reciproco vantaggio, tre in uno, stipati in un utero troppo stretto, con un unico cordone ombelicale. Rendo lidea?... Alle corte: non mendico simpatia; si figuri, colla fama che mi ritrovo, tanto varrebbe capovolgere il creato a testa in gi e gambe in su. Matto fin che si vuole, e se Dio vuole, ma, non faccio che ripetermelo, non certo, un matto che scongiura la propria madre di procurargli il sole per far lume nella sua camera da letto fin che chiava la serva, lasciando, nel frattempo, il mondo allo scuro. Ci si intesi Spettri ultima scena - . Anche perch, con una madre come la mia, son sicuro che, invece del sole, mi sarei buscato due ceffoni. Essa, a differenza di zia Messalina che voleva rendersi conto di quel che toccava, ha sempre preferito esser fottuta al buio. Dei cinque sensi, quello che preferiva era il tatto. Era debole di vista, come me, e ci teneva a risparmiarla, diversamente da me che ho sempre tirato al guardone. Insomma, lei gli occhi, li aveva trasferiti nelle mani e, con quelle, ci vedeva benissimo. Ma non bisogna dir male dei genitori, e non so come far con quello che dovr confidarle in seguito. Per il momento, lasciamola l. Cosa voglio dire con questa confidenza familiare? Di farsi furbo, perch si pu disporre di un cervello da padreterno, ma, se non si un po furbi, nella vita, buonanotte. Glielo dice un ingenuo, e cio il pi qualificato a dirlo, chiaro? E allora, coerenza e darsi da fare. Qui c bisogno della sua penna. Chi possiede la parola, possiede la vita: con essa, nulla impossibile. Colla mia sintassi sbullonata, al servizio di una storpia e anchilosata immaginazione, io tento di vomitare le viscere di me stesso, alla buona, disordinatamente, come mi sento e come mi vedo, come so, come posso e come vien viene, nessuna contraddizione esclusa: tanta merda da trasformare in oro, lei che come bere un bicchier dacqua, Mida della parola patentato: il tono, lo stile giusti Faccia conto: io le fornisco il librettaccio di un melodramma; a lei metterlo in musica. Ecco. Non son qui a polemizzare, per mi deve cavare una curiosit che diventata unossessione. Dopotutto, siamo fra addetti ai lavori. Teatrante lei, teatrante io, teatrante colui che mi ruga internamente cercando di farsi largo a forza di gomiti. Da collega a collega, senza rancore, cos stato a trattenerla, a inibirla davanti a uno che, per lei, non certo portato a sfuggire le cattive compagnie, avrebbe dovuto essere un invito a nozze? Ha pur avuto il fegato di infondere la vita, e che vita, a manigoldi del calibro di Riccardo terzo, Macbeth e sua moglie, Iago, e uninterminabile compagnia della sua risma, con quel debole che ha sempre dimostrato per i farabutti, i ceffi da galera, grandi e piccoli, di fuori e di dentro. Direi che son quelli che le son riusciti meglio. Perch solo a me ha sbattuto la porta in faccia, lasciando che si perpetuasse la volgare e meschina immagine di un mascherone ladro di polli, collezionista di delitti gratuiti, e, soprattutto, cosa che non mi va gi, cantautore mancato, alla quale son crocifisso da venti secoli? E s, dico, vera o falsa, la materia non mancava, casomai ce nera davanzo. Gelosia di mestiere? possibile: impulsi che non si comandano. Quante volte, anchio, ho avuto la tentazione di far fuori qualcuno solo perch reo di un bel verso; e, ogni tanto, me la sono anche levata. Se nei dintorni c un artista, in grado di capirmi. Tra tanti di fasulli ai quali, nella mia vita, ho eretto templi, per molto tempo ho coltivato lidea di dedicarne uno allInvidia, divinit cos umana, tanto trascurata e tanto vicina al cuore delluomo. Antipatia personale? Ha sbagliato indirizzo. Guardi che se c una dote che nessuno, nemmeno il pi incarognito dei miei detrattori, magari a denti stretti, ha potuto negarmi, la simpatia. Arrivo a dire che il mio maggior difetto consistito proprio nel riuscir simpatico, nel saperlo e nel darci imprudentemente dentro, mettendo a frutto uninnata facolt di pormi a livello del volgo, il gusto un po canaglia di farmi plebe fra la plebe. Dipender che, per i proletari, ho sempre avuto un debole. Piacevo da matti ai Romani, io, sa; e a quei pochi che non piacevo facevo comodo, che anche meglio. Si informi. Allestero, poi, nelle mie tournes, erano trionfi che nulla e nessuno riuscito a far dimenticare. Coserano, gente, i miei bagni di folla!... La claque, lei dir. Sissignore, anche la claque; quando uno preferisce perdere una provincia piuttosto che fare una stecca, anche la claque. Ma cosa crede: che Tamagno, Caruso, la Malibran, la Callas, Del Monaco, Nuvolari, Girardengo, Renato Zero non abbiano in bilancio le spese della claque? Proprio lei!... Dovrebbe conoscere il prezzo del successo a teatro S che mhan voluto bene! Son mica molti, sa, gli imperatori romani, volubili e lunatici come sono da quelle parti, resistiti sul trono per quattordici anni. Tant vero che, via io, ne han fatti fuori tre in un anno; e, per un paio di secoli, che non so nemmeno io come sia potuto succedere, son rimasti ad aspettare la mia resurrezione come un messia che ritarda, tale e quale quellaltro che ha anticipato, per intenderci: quello che non ho capito: grande occasione persa. Cosa che non sarebbe accaduta a Seneca, insuperabile teorico del non si sa mai. Storia! Mica balle. Lo sapeva? Una ragione ci sar pur stata. Io li facevo divertire. Con me, Roma pu vantarsi di aver conosciuto, allora, la dolce vita. Caro lei, salvo trascurabili eccezioni, piacevo a tutti. Plebe e nobili, onesti e gaglioffi, poveri e ricchi; magari ai nobili e ai ricchi un po meno, perch; siamo giusti, avevano anche un po meno da guadagnarci. Me ne trovi un altro che sia riuscito a far pagare le tasse e le multe agli evasori fiscali. Non mi chieda come. Limportante era che i sesterzi li cacciassero. Se Dio vuole, esisteva anche listituto della confisca e la lodevole abitudine del lascito testamentario forzoso, visto che, su questo precario pianeta ammobiliato, oggi ci si domani non si pu dire A Roma, con me, erano i ricchi a mantenere i poveri. Mica viceversa. E senza un Dio a prescriverlo. ben da allora che i Romani si sono abituati a star colle mani in mano lasciando tirar la carretta agli altri. Non le dice niente questo?... Borghesi e militari, sempre filato tutto come lolio e non cera problema. Specie i marinai stravedevano per me, e io per loro. Perch io ho amato il mare; anche se non sapevo nuotare, ho amato il mare come il tenore della Gioconda, e anche di pi: come quello dell Africana. Ha notato che, nelle opere, son generalmente i tenori ad avere un debole per il mare? Segno, se non altro, che ero un fior di tenore anchio. Non avevo una gran voce, daccordo, ma era un gioiello. Ha presente Tito Schipa? Eravamo l; conosco solo io i sacrifici di prudenza, riguardi, vocalizzi, colluttori e gargarismi che mi costata. Perch il mio punto critico erano le corde vocali: dun delicato!... Bastava che uno starnutisse a dieci passi di distanza e gi non eran pi le stesse. Ma i miei recitativi, i miei declamati, le mie mezze voci, i miei falsetti, i miei gorgheggi son rimasti insuperati sempre, e laria di mare giova alle corde vocali. Mamma mia, quanto ho amato il mare! Lo dica, non si scordi di dirlo: Nerone ha amato il mare: Passa la nave mia colma doblo. Era bella la vita. Quanto ho amato anche quella!... Ero goloso e insaziabile come un fanciullo, della vita; e come un vecchio insidiato dal tempo, ero incalzato ad assaporarne il pi possibile nel pi breve tempo possibile, a sensi spalancati a tutti i venti come una bandiera. Me ne sono ingozzato, della vita! (adesso il suo patetico rimpianto sdrucciola impiastricciandosi nel miele di lascive reminiscenze sempre pi intime. Soltanto pi appena un filo di istrionismo. C caso che, cavalcando il patetico, ci si avvii verso il momento della verit? Dei fatti non mai mancata; del sentimento e dellumore onde fu vissuta, avrebbe dellinedito. In guardia. Una franchezza apparentemente sincera, come, persino, una spudoratezza senza malizia, possono essere ingannevoli tanto quanto, se non di pi, di una deliberata insolenza e di un provocatorio sarcasmo. Si ha a che fare con una trinit da prendere con le molle; nessuna delle tre persone che la compongono esclusa, poich il guaio che vogliono entrarci tutte. E insieme). Le donne, poi madonna!... Che abbuffata; son vissuto dentro e fuori dalle donne. Di tutti i ceti e di tutte le parentele. Merito relativo, del resto. A Roma, allora, le donne si pu dire passavano il loro tempo a stancare le reni ai nipoti di Romolo Faticate igieniche, ma da esaurimento nervoso. Celo lei il primo a venirne a conoscenza nel folto dellascella sinistra, un neo a forma di oliva. Ebbene, son caduti pi baci su quelloliva che chicchi di grandine sulla cupola del Pantheon. Da non tenerci dietro. Altrettante cavalle in calore, scatenate. Lesempio, daltronde, era venuto dallalto: Messalina, limperatrice inesausta che, su quella carta, punt addirittura limmortalit, e, come tutti sanno, la stravinse. Non ho mai saputo se chiamarla abusivamente zia, come avrebbe voluto mia madre; o matrigna come sarebbe diventata se quel palpapollastre di Claudio, il babbeo di famiglia che, poi, non era per niente un babbeo, era un dritto che recitava la parte del cretino innocuo per salvar la pelle mi avesse adottato prima di farla far fuori, e mamm, sempre in agguato, ne approfittasse per farsi sposare e diventar finalmente imperatrice, lei che ci moriva dalla voglia: sei mogli lui e tre o quattro mariti lei. Ma non anticipiamo Non si pu dire che i ragazzi della nostra famiglia, in fatto di genitori, avessero scarsit di scelta. Svegliarsi padre e figlio senza volerlo e fratello e sorella senza saperlo era naturalissimo. Non per niente, finii col trovarmi ammogliato a una mia sorellastra. Meno male che ero figlio unico. Ci chiamavano i parenti terribili, ma cos, simpaticamente, senza cattiveria. Lo zio Caligola, per esempio, che di sorelle ne aveva tre, se le era fatte tutte, compresa la mamma, e cos aveva risolto il problema in una volta sola. Fra i tanti odi che coltivava i calvi, ad esempio: estirpati senza remissione cera anche quello per la confusione. Si era molto legati. Tra noi della gente Giulio-Claudia, lincesto era unabitudine, una tradizione, un hobby senza importanza. Astenersene significava un indelicato non gradire. Ma furono rari coloro che peccarono di questa scorrettezza Lo spirito, magari, nella nostra famiglia, qualche volta, era stanco, ma la carne era sempre pronta Cara zia Messalina, tutta dedizione, sempre piena di entusiasmo!... Se c stata unidea che non abbia mai frequentato la sua testa che il letto serva anche per dormire. Nessuno sera fatto premura di avvisarla. E cos, divent la puttana che divent. Non avrebbe mai, per nessuna ragione al mondo, contaminato il letto per un diverso uso: un apostolato. Quando, stracca morta, si sentiva venir sonno, e non ce la faceva pi, era tale la coscienza della professione, che scendeva e usava una sedia. Non dorm mai, quel poco che dorm, altro che seduta. Mia madre che, in fatto di maschi, non era da meno, solo ci teneva a far le cose meno vistosamente, invece lo sapeva. Col vantaggio di poter fare lamore anche in piedi, scomodo com non trova? Ma una delle sue norme era: il lasciato tutto perso. Aveva la sensualit cerebrale, che la pi algida e pericolosa, quella che non perdona. Zia Messalina invece laveva conservata al posto giusto. Se cera una donna in possesso di tutto per essere felice, persino il diritto scritto alla cornificazione coniugale autorizzata dal marito, era Messalina. Ciononostante, viveva devastata da unossessione, la stessa di tutte le donne italiane: il culo basso. Notti, ci pensava su. Una mattina spuntava lalba ebbe unilluminazione: invent il tacco alto. Mia madre, che non ne aveva bisogno, per ripicca, reag, sa come? Dopo ventiquattro ore di rabbia meditativa, le invent contro il reggipetto, un colpo che fece epoca. Formidabile. E, prima, aveva inventato il sof, non molto comodo, a vero dire, che porta il suo nome: lagrippina, quella l e fa risparmiare il guanciale. Queste erano le donne romane. Mignotte a tempo pieno, ma quando si combattevano, si combattevano lealmente, a colpi di invenzioni utili allumanit. Avessero brevettato le loro scoperte, la bilancia dei pagamenti non sarebbe il disastro che . Ma una delle virt romane stata il disinteresse. Hai voglia che la storia queste cose le pubblicizzi!... Mah, non cera tempo da perdere. Se non si voleva scadere socialmente presso lopinione pubblica: fin tre orge nelle ventiquattro ore, mattina, pomeriggio e notte, in piena e naturale salute di corpo e di spirito: il moto perpetuo. Oltretutto, aiutava a digerire. Correva anche qualche presina di corno di rinoceronte grattugiato specie i meno giovani per risollevare i caduti: la nostra cocaina. Si passava dallesibizione binaria allammucchiata collettiva. Sicuro, perch, avendo tempo, ci sarebbe anche da esplorare il paragrafo maschi. Sissignore. Ho amato, con lo stesso gusto e fervore, donne e uomini. Perch dividere lumanit in due e buttarne via la met? Non sarei stato ladoratore della Grecia che sono stato, se non mi fossero piaciuti anche gli uomini. Del resto, vero, lei lultimo a potersi scandalizzare. Non ha avuto bisogno di fare una gita ad Atene ma si batteva meglio a Sparta siamo informati. Non lo abbiamo mica scritto noi un libro di sonetti, genere Liala in sottoveste, abbandonata la sera delle nozze. Tra di noi, ci si capisce a naso: ha fatto benissimo, siamo in buona e numerosa compagnia E allora?... Faccia conto di essere Michelangelo, uno dei nostri, che si risveglia dopo un lungo sonno cosa conta il tempo per noi? e, riaprendo gli occhi, scopre, ai suoi piedi, un enorme masso di marmo informe. Impugni, ancora una volta, il suo scalpello miracoloso e, invece di santi, madonne e profeti si dia da fare a tirarne fuori la statua che nessuno, finora, riuscito a tirar fuori. Ma ha idea che bomba una novit di Shakespeare, protagonista Nerone: i teatri Stabili impazziti, con tutti i registi e i mattatori in appostamento e la critica dei cinque continenti in trasferta, guai se si lascia sfuggire un aggettivo men che favorevole?! Lesa maest! (ora incalza il millantato credito dellastuto addetto ai lavori che si offre collesperienza di una lunga pratica). Per il protagonista, naturalmente, non c problema: modestamente, son qua io. Ma bisogner pensare in tempo anche alle parti delle donne. In quale altro copione ha potuto mettere insieme grinte come Agrippina, Messalina, Poppea, tutti nomi da casino, fatti apposta per una tragedia dalle luci rosse? E, magari, per rinforzare il numero dei morti ammazzati, in concorrenza coi copioni di Seneca che non mi sono mai andati gi, e sfruttare il lato comico, ci mettiamo oh, pardon, ci mette, ci mette lei io dico cos secondo che mi partorisce dentro: un brogliaccio lacunoso, a ruota libera, come butta butta, a pezzi e bocconi, senza distinguere il prima dal dopo; tagli, aggiunga, tolga, faccia ci che crede: del resto, non che i suoi copioni siano dei modelli di coerenza quello affar suo, non ci faccia caso il mio puro eccesso di collaborazionismo: la mente sovrana lei, mancherebbe altro che si offendesse, nessuno gliela tocca Semmai, poi, riassestiamo tutto noi durante le prove sa com - Dicevo, cosa dicevo?... Ah! Che ne pensa di ficcare nella compagnia delle puttane, come travestito di turno, che, oggi, fanno il pieno nelle platee: il fool, il matto ecco il fool, una volta tanto, un fool divertente, mica uno dei suoi soliti handicappati mentali, che per strappare una risata, scusi, sa, bisognerebbe pagare uno a farti il solletico sotto le piante dei piedi: Petronio, se ci si mettesse Petronio, sa, il Petronio, da quella gran checca sfranta ed isterica che era?!... Una fogna, per, onore al merito: gran signore dalla testa ai piedi, una trina: il barone di Charlus in confezione chiffon Gi, per certe cose, Proust e poi pi Duno spirito, quella canaglia!.. Uneleganza, poi Mi indusse, per non essergli da meno, a non indossare mai due volte lo stesso abito li passavo a Sporo, come lui, i suoi, a Gitone ma questo meglio non farlo sapere, con quello che costano i costumi oggigiorno. Arbiter elegantiarum: detto tutto: un sostantivo e un aggettivo, con lui la storia stata giusta. Cambiava solo calzari tre volte al giorno, e, in caso di cena a Corte, quattro con quelli da sera in capretto dorato: lavvocato Agnelli in toga! Aveva mani e piedi che erano una scultura, e andava matto per gli smeraldi. Questo che mi vede al dito un suo regalo. Ma che lingua! Una forbice formata da due rasoi in croce; come tutte le zie, del resto. Divertente, divertente da morire. Fatto per il ruolo del brillante: il raisonneur del repertorio francese, faccia conto. S che ce la siamo spassata insieme!... Cose, cose Ahhh (oh, il gusto, quasi settecentesco, del pettegolezzo storico! Si mira alla petulanza memorialistica di un Saint-Simon). I pi bei fusti romani passavano tutti tra le sue mani: un collaudatore nato. Se li faceva venire fin dalla provincia. Contribu, e non poco, a fare del marchettaro una professione, e non delle secondarie. un titolo storico, generalmente trascurato, ma che non gli si pu contestare. Prima di lui, a Roma, era stata pi che altro uneccentricit sprecata, uno snobismo da grecofili, una trasandatezza plebea da cartaginesi pigri, nel migliore dei casi, un hobby improduttivo o un dopolavoro per sbarcare il lunario. Dopo, divent un modo come un altro, e dei pi ricercati, chi ne avesse le doti, di guadagnarsi la vita. Perch, dico io, colla disoccupazione giovanile che c, i marxisti non lhanno mai voluto riconoscere e, invece di incoraggiarla, lhanno sempre avversata, perdendo un sacco di voti alle elezioni? Dice che sono radioattivi e diffondono lA.I.D.S. Me lo spieghi lei. Conosco pi duno che ha strappato la tessera. Pratic fino allultimo respiro, colle vene dei polsi gi recise, declamando versi suoi, mica male, addosso a ganzi miei meglio ancora: un piccolo dispetto in punto di morte per non farsi dimenticare. Cerano, tra noi, capricciose marinerie cos. Visse al di fuori di se stesso, aristocratico spettatore, distaccato ma curioso, della propria calda vita; e mor sospetto di simpatizzare solo perch i suoi componenti erano quasi tutti checche e culi disastrati colla congiura di Pisone; che ho ancora da capire se si sia trattato, a cominciare dal suo protagonista, di una tragedia, di un vaudeville, o di un dramma giallo; ma, forse, si tratt soltanto di unoperetta cretina. Quello che sicuro che and per le lunghe pi di un dramma wagneriano. Capir, con Lucano in funzione di utile idiota!... e Seneca il solito che non si decideva mai Avevano tutti Bruto per la testa. Ha fatto pi danno a Roma, il complesso di Bruto, che la peste bubbonica in Europa. E quelli che non avevano il complesso di Bruto, avevano il complesso di Catone, responsabile di guasti non minori. Gente strana, perch, poi, fra quattro mura, erano la negazione sia di Bruto, sia di Catone. Ma la moda prescriveva laustero Caro amico insostituibile La risata che ci ha regalato col suo Satyricon!... Poi, han voluto insinuare che, col suo romanzo, aveva inteso prendere in giro me. Il mondo cattivo, cattivo. So io il dispiacere e il pentimento di essermene dovuto privare. Mah, non bisognerebbe mai essere precipitosi. Tutta colpa di Tigellino, fesso e terribile, che, per rendersi indispensabile, inventava congiurati come se diluviasse e io ci cascavo. Appena riusciva ad impossessarsi di una congiura, la faceva durare come un romanzo a puntate della televisione. E quando non cercava di farmi paura, approfittando che ero un po permaloso, mi suggestionava insinuando che questo scriveva versi migliori, quellaltro andava dicendo che ero un cane, quellaltro ancora aveva pagato gente perch mi fischiassero; e Tizio se nera andato prima della fine della rappresentazione, e Caio aveva chiacchierato tutto il tempo e Sempronio sera addirittura permesso di addormentarsi durante la mia esibizione, io che avevo espressamente proibito fin alle donne incinte di lasciare il teatro durante lo spettacolo, ed erano costrette a partorire sul posto, da tanto era il mio rispetto per larte. Mi avvelenavano la vita. Bastava che mi sapessero affezionato a qualcuno, o, anche, solo il sospetto che mi fosse simpatico per ragioni diverse dal mangiare, bere e farci le porcherie, e me ne privavano subito escogitandogli qualcosa contro, bravissimi nel trasformare uno sbadiglio in una condanna a morte; tanto che, pi di uno, stufi di aspettarla, si suicidavano da s E Seneca cinico saggio e politico accorto non faceva che ripetermi: per quanti nemici tu uccida, non riuscirai mai ad uccidere il tuo successore Il suicidio, a Roma era diventato uno sport. Era considerato molto chic tagliarsi le vene, al calar del sole, prima di cena; immergersi in una vasca dacqua calda profumata e aspettare senza fretta, di rendere lanima, spicciando le ultime faccende rimaste in sospeso, come cenare, sbrigare la corrispondenza arretrata, fare gli auguri, spedirsi un biglietto di condoglianze, limare una poesia, risolvere un rebus, ripassarsi Omero o, pi spesso, conversare piacevolmente sparlando del prossimo e raccontandosi barzellette. Non manc nemmeno un originale che non volle andarsene senza, prima, aver imparato a risolvere il teorema di Pitagora, che non cera mai riuscito prima e nemmeno quella fu la volta buona. Pi commovente ancora quando si stabil la voga del suicidio coniugale, portandosi dietro la moglie per risparmiare sulla spesa delle doppie esequie. Tutto si potr dire, salvo che, a Roma, non si moriva puliti: si rimaneva a mollo durante tutta lagonia!... Linconveniente era al mattino. Non ci si teneva dietro coi funerali. E questa la ragione principale di non essere mai riuscito a farmi degli amici di lunga durata. Si consumavano subito. A ci, contribu non poco il nostro Tigellino comandante dei pretoriani di palazzo, come dire le nostre SS: niente da invidiare a quelle che vennero pi tardi; perch fin che non ci si mette in mente che i Romani furono, ad ogni titolo, i nazisti dellantichit con migliori risultati, non si capir mai niente di storia. Belluomo Tigellino, indiscutibilmente: altezza uno e novantuno, due spalle come un armadio e il resto in proporzione, nel genere giovane gladiatore torvo e robusto. Ma era proprio necessario, per conservare il tipo atletico dalladdome concavo, nutrirsi idealmente di cadaveri e dissetarsi di sangue umano, rischiando gli acidi urici? La cucina romana era indigesta abbastanza, per conto suo. Ne seppe qualcosa Vitellio che arriv a pesare un paio di quintali a dieta. Ingrassare, per lui, era una nevrosi per affermarsi e non lo sapeva, ma Vitellio venuto dopo Non era nemmeno cattivo, non ne aveva la fantasia; era soltanto goloso. Lo si constat alla mia scomparsa, nellanno della vendemmia degli imperatori, quando, tentato il colpo, si vide far fuori, in due e due quattro, mentre masticava un panino. I Romani non gradivano imperatori n troppo grassi n troppo magri. Quel meningitico micragnoso di Galba lo eliminarono perch era secco come una sardella, quellinsonnolito di Vitellio perch era grosso come una balena. Prudenza consiglierebbe, ad ogni aspirante alla carriera politica, prima cosa procurarsi una bilancia. Se cala vuol dire che un avaro sfottuto, se aumenta, segno che ruba: in nessun caso, mai fidarsi. Io mi sono sempre tenuto sugli ottanta- ottantun chilogrammi, peso-forma rassicurante per un imperatore. Ma non si pensa mai a tutto. Sopra e sotto, si entra gi in zona rischio. Ah, non vedo lora, se mi sar dato, di esistere e riconoscermi, finalmente nello splendore della sua parola! Non si tratta di una pirandellata qualsiasi. Mi deve credere. Sono un cadavere ibernato in frigorifero da uneternit: mi scongeli E, una preghiera, se posso permettermi: mi faccia epico, signor Guglielmo. Sento che epico riuscirei meglio. Del resto, non ci che tento, sgangheratamente, gi di fare raccontandomi in modo cos pietoso? Si fidi del mio istinto. Conter pur qualcosa se riuscito a sopravvivere dopo aver interpretato le disastrose tragedie di Seneca. Non me ne voglia: un grossolano caso di assoggettamento perpetrato dal maestro sullallievo; ero stato volgarmente plagiato. Eppure, parola, l Ercole furioso riuscivo a renderlo ascoltabile, che tutto dire. Non del parere? Non una bugia per vantarmi, la pura verit. Sar dipeso che avevo il physique du role, ma gli applausi non si contavano. Mah magari poter interpretare sempre ci che piace!... Finora non s degnato di dire una parola. Non un cenno di assenso, non un segno di disapprovazione. Ma come si fa per ottenere un po di benevolenza da lei? Io non sono stato come si crede. In qualche particolare, magari, peggio, ma, complessivamente, meglio, quando si separino i fatti dai sentimenti, glielo giuro. Anche lei prevenuto, lo sento. stato questo ragionar da cristiani a rendere tutto incomprensibile Cosa non s detto sul mio conto?... Lanticristo incarnato! Ma mi guardi, mi ascolti, le sembro lanticristo?... Niente. Lo temevo: meno difficile demolire il Colosseo che sfatare un preconcetto. Lei, e non solo lei, siete rimasti ancora a quei due emeriti leccapiedi di regime, allorigine di tutto: Svetonio, petulante gazzettiere, raccoglitore di immondizie; e Tacito, moralista stitico, vero sicario della parola; che risparmiava le virgole per sostituirle colle stilettate alla schiena, facendo la storia a base di insinuazioni; e uninsinuazione vibrata giusta, perch il talento non gli mancava, a quella canaglia, fa pi danno di dieci fatti dimostrabili; poi, naturalmente, tutti gli altri dietro, come tante pecore, uno a ricalcare laltro. Ogni infamia contro di me: un mattone al monumento dei miei successori, altrettante delizie del genere umano. Nero su nero: Nerone! Ma la realt?... Mica calunnie, mica pettegolezzi, mica chiacchiere: mio padre, quello autentico, almeno stando a mia madre che inaugurava mariti come un altro inaugura monumenti, pi gli extra che passavano nel suo letto come altrettanti viandanti attraverso un crocevia, radicata consuetudine della nostra stirpe, talch nessuno dei suoi rampolli ha potuto mai sapere, al cento per cento, chi dovesse chiamar padre mio padre, dicevo. Una cloaca. Unico merito: avermi lasciato orfano quando avevo tre anni. Dora in avanti attenzione ai numeri. A dodici anni, un patrigno: Claudio, imperatore, mica dei Romani: dei cornuti, ma non ci faceva caso, o ci teneva, addirittura: una rara forma di feticismo delladulterio. A sedici anni, ammogliato per forza a mia sorella dacquisto, Ottavia, una santocchietta racchia e malmostosa, senza sensi; colla smorfia dimenticata sul volto, fin dalla nascita, di una che segua il proprio funerale; iettatrice, poi portava male perfino a se stessa, superstizioso come sono. Pazienza, ero un ragazzo precoce, chiavare, bene o male, gi mi ingegnavo, riempii il guanciale di amuleti, chiusi gli occhi, strinsi i denti e riuscii a cavarmela; ma me ne rimase la cicatrice tutta la vita. Passa qualche mese e viene il meglio: a diciassette anni: imperatore. Sissignore: a diciassette anni, let dei giochi e dei balocchi, come dice la Butterfly; e delle pipe, aggiungo io, questo sedere qua, lo vede?, stato piazzato di prepotenza sul maggior trono che il genere umano abbia conosciuto dal giorno in cui i popoli scopersero la paura perch la forza romana fu la paura - .Ai ragazzi comuni, la prima bicicletta, a me un impero. Romano. Nella mia ingenuit, tutto contento, pensavo: Sono a cavallo, comincia la pacchia: hai voglia! Ero lo zimbello di un piano che mi ci vollero anni per rendermi conto di che si trattava. A ventinove anni e nove mesi: chiuso, finis, gi il sipario, si esce di scena: morto, parce sepulto!... Eh, Cristo, pardon: Giove! Li confondo sempre. Le dice niente questo? A lei, le conclusioni. Di ci, mai che si parli. Della vita, la vita! Io non ho conosciuto altro che la giovinezza: il prima! Del resto io non so niente: buio! Di diventar saggio stracco! io non ho avuto il tempo. E, per nove decimi, la chiave dellaffare tutta qui. Adesso, non venga fuori colla barzelletta che muore giovane chi caro agli di, perch spacco tutto e, poi, a pi di pagina della lista dei miei falsi misfatti, si dovr aggiungere anche quello vero di aver strangolato Shakespeare. E starei per dire che ancora il meno. Per tutta linfanzia, a dozzina, in campagna, presso una specie di zia, la quale, prima di esser fatta fuori come accadeva, puntualmente, con noi, provoc tutti i guasti di una zia che ti vuole veramente bene; io sono stato pieno di zie, avrei potuto regalarne per gli onomastici. Maestri: un barbiere e un ballerino. Come vede: istruzione superiore. Mi rifacevo, in segreto, con spanciate di autori greci, proibitissimi come letture immodeste, non confacenti a uneducazione romana. In compenso, i miei Mentori coltivavano assiduamente labitudine di scaldarsi le mani in parti del corpo dellallievo dove non avrebbero dovuto scaldarsele. Erano tipi freddolosi col problema del riscaldamento. Durante quegli anni, molto se mia madre ho avuto la grazia di vederla mezza dozzina di volte. Non ho ricordi che, allora allora, mi abbia dato un bacio. Rimasi colla voglia. Aveva altro da fare allora Si preparava a nonsoch e non poteva allontanarsi dalla capitale ad affilare la sua mordace alterigia, la sua benevolenza raggelante e il suo disprezzo omicida Imperatrice in lista dattesa: s: che fosse fatta fuori Messalina, per prendere il suo posto. Figurarsi! La grande Agrippina che aveva inventato il sof: la figlia di Germanico! Quanto ci ha rotto le scatole col nonno Germanico! Era la sua croce di cavaliere Anche lui...! Sar! Tutta la sua gran nomea i Romani son sempre stati inarrivabili nel trasformare in miti coloro ai quali non han permesso di dimostrare di meritarlo. Credevano in tutto perch non credevano in niente - .Il capitale morale della famiglia sul quale siamo vissuti di rendita!... Capirai!... Mi sa tanto che, per la maggior parte, sia dipeso dalla fortuna di non essere diventato mai imperatore. Senn, avrei voluto vedere Chi non rischia ha il vantaggio di non compromettersi. Mah Quel che fuori discussione che fu un trombone insuperabile, anche lui, nel manovrare le virt come altrettanti arnesi di ricatto. Certe zuppe!... Lasciamo correre. Non bisogna dir male dei nonni. Fuorch, di me, qui, non si pu dir male di nessuno: c Seneca che incalza. Hai detto niente?! Ad onta di ci che se ne pensa, da quellufficio-stampa di se stesso che ha saputo essere, tutto ci che faceva, che diceva, che pensava, era a futura memoria: raccomandate fermo-posta, indirizzate ai posteri; ebbene, fin che mi rester un filo di fiato, non mi stancher mai di gridare dai tetti che, quello l, stato il disastro della mia vita. Ha trivellato in profondit, lui mica sfruculiato in superficie come il barbiere e il ballerino che, almeno, non erano antipatici, disponevano dellignoranza allegra e qualche gusto lo davano - .So io: fin dentro nellanima, se ai miei tempi si fosse usata Seneca, in un certo senso, faceva gi parte della famiglia Era stato amante ufficiale di mia zia Livilla unaltra zia vedova, si pu ben dirlo, di suo fratello Caligola; e capriccio nemmeno troppo passeggero di mia madre; dov che mia madre non centra? O non entravano in lei?... La prima carica gli era costata otto anni di esilio fra i sassi della Corsica, la seconda gli valse il richiamo a Roma, collincombenza di farmi da precettore. Cosa vuol dire la riconoscenza! Evidentemente, sotto la toga doveva celare argomenti ben convincenti. Non cessava un momento di far lelogio della virt per assaporare meglio il gusto del vizio; e di proclamare il disinteresse per soddisfare la cupidigia; propagandava lo stoicismo per pagarsi il diritto di vivere da epicureo. Consum disonorandola la sua vita di uomo in previsione della sua discutibile fama di filosofo. C chi sottoscrive delle polizze di assicurazione sulla vita; lui, pi ambizioso, ne sottoscrisse una addirittura sullimmortalit. Cara, ma non butt via i suoi soldi. stato un affarista abile, in tutti i sensi. Doppio, macch: triplo, quadruplo, peggio di una cipolla, di un carciofo. Era talmente ipocrita che gli riusciva naturale ingannarsi su se stesso persuadendosi di essere un altro; a differenza di mia madre, tanto guasta da credersi peggiore di quel che era. Indossava il proprio cinismo collimperiosa noncuranza di unaristocratica matrona dantico stampo, che indossa i gioielli di famiglia, consapevole che si tratta dei pi preziosi dello stato, e possedeva anche quelli. Tra collo, braccia e vita circolava con, addosso, mezzo impero romano E, insieme, i due compari si misero ad allevare il pollo in batteria. Ma ci sar modo di conoscerli meglio pi avanti Ci arrivo, ci arrivo. Lo so. Son secoli che lo so. Lei, quelli l, non aspettate altro: il calcio in pancia che sped allaltro mondo Poppea, lincendio di Roma con annessa strage di cristiani, il matricidio e le brutte cose con mia mamma: argomenti ghiotti. Specialit personale. Parliamone. Non ho che da guadagnarci, visto che, magari ci son voluti duemila anni, ma il pallone pare che si stia sgonfiando. Primo caso: desolato, ma non pi di un malaugurato incidente nel corso di un litigio coniugale un po movimentato. Chi conosce un matrimonio dove non si sia alzata la voce, si faccia avanti. Mai scappata una sberla alla propria signora a nessuno dei presenti? O vogliamo metterci a fare il processo al banale quotidiano? Io sono un temperamento nervoso, a me scappata una pedata. Quella sera avevo le fregne. Avessi saputo che Poppea aveva laborto prematuro facile, colla voglia di un figlio che mi ossessionava, mi sarei limitato a una sberla, oppure non avrei mirato alla pancia, talmente ovvio! Incendio a Roma. Mai stato un piromane. E chi ci crede pi, con quel che m costato ricostruirla a mie spese, che, per poco, non fui costretto a dichiarar fallimento? Forse avevo il gusto di gettare i sesterzi dalla finestra?... I cristiani?! Ci siamo! Tutta colpa di Tigellino: Son stati i cristiani, son stati i cristiani, bisogna dare un esempio: sembrava impazzito. Il capo della Gestapo era lui. Vatti a fidare! Di mio, io non ci ho messo che la regia. Ho visto loccasione: loccasione, non il pretesto, sia chiaro. Semmai, a rendermi imprudente stata la mia passione per il teatro. Son vissuto di teatro! Ma stiamo dando i numeri? Quando mai una regia ha costituito reato, anche se, nove volte su dieci, dovrebbe costituirlo per legge? Lunica volta che feci una regia e mi va a capitare quel che mi va a capitare! Quando mai m venuto in mente!... Poi, le esagerazioni tutto un gran quovadis: centinaia di migliaia, han detto e scritto; milioni, addirittura, neanche si fosse trattato della messinscena del trionfo dellAida di Cecil De Mille Chi li aveva mai visti, che bisogn andarli a cercare col lanternino, i cristiani? Trasformati in lampioni, spinti a combattere nel circo, offerti in pasto ai leoni, indigesti come sono. E quando mai? Come se, a Roma, si fosse tanto pitocchi, o tanto crudeli da far patir la fame a dei poveri leoni domestici, pasciuti e inappetenti, che, per fargli mandar gi un boccone, bisognava pregarli in ginocchio. A Roma si sempre stati amici degli animali, e alle loro belve i Romani erano affezionati: tutti figli della lupa, lo insegnano allasilo, mi dia ascolto, una volta tanto, faccia credito a un regista: fu una cosetta improvvisata, messa su in economia un dopolavoro faccia conto una festa dellUnit da paese. Se siamo arrivati a mezzo migliaio ancora grassa macch: meno, meno. Vedo l lamico Adolfo, abituato com, sorride sotto i baffi. un sorriso che dice tutto. Grazie. I nostri mezzi, la nostra tecnologia non erano i vostri, volete mettervelo in mente? Artigianato povero, si doveva fare tutto a mano Mia mamma! Ma santo cielo! Chi non ha sognato, almeno una volta, di star a letto con sua madre? Proprio oggi mi si presenterebbe il conto; oggi che, con quella voglia, si spiega tutto, dai calli alla scoperta dellAmerica? Sarebbe, quantomeno, il momento meno adatto Mi guardo bene dal mettere in dubbio che la mia povera mamma sia morta male. A me, fu riferito che era stato un suicidio se c qualcosa da rimproverarmi fu la pigrizia di aver lasciato correre Un po macchinoso, se vogliamo, ma un suicidio. Comunque, nemmeno a farlo apposta, leggevo recentemente che, ad assassinarla, non potevo assolutamente essere stato io, e, indolente, pigro e di poca memoria come sono, mi guardo bene dal metterlo in dubbio. Per carit, accendere una polemica dopo tanto tempo!? Mai al mondo. Che le devo dire? doloroso ma, prima o dopo, ci si deve pur rassegnare a perdere anche la mamma. la vita. Sar stato quel bisonte di Tigellino. Provvedeva lui a tutto. Sono, anzi, curioso di sapere a chi si dar la colpa quando sar passata la moda di darla, di ogni minimo disguido, a lui. Sourtout ps de zle: non passava giorno che non glielo raccomandassi. Resti chiaro, per: quella reazionaria sta bene morta, con tutti i casini che ha combinato. (una pausa sovrana percorre, come il lento giro della lanterna di un faro, lintera assemblea. uno sguardo cosmico dove c di tutto: dignit, interrogazione, sorpresa, rammarico, riprovazione, disprezzo, umiliazione ed altro, a libito dellinventiva e della faccia tosta dellinterprete, se lo si trover; ma un pirla, da indurre in tentazione, si finisce sempre per scovarlo). Ma, mai possibile?... Mi sa che non mi si crede Ho, perfino, limpressione, non so - sarebbe atroce di aver deluso tutti (dieci minuti di puntini, per farsi ascoltare dal pubblico, anche quando tace stato un vanto storico pronunciato dalla Duse e se ne ricorda ancora e gi unautentica o tale, almeno, sembra crisi di disperazione, saggio dalto istrionismo. Splendido nella tirata del mite agnello che offe il collo allarma sacrificale, applauso a scena aperta garantito, del Dostojevskij per i poveri): Debbo, dunque, svergognarmi, umiliarmi, distruggermi fino in fondo, vomitando tutta la mia miseria di sovrano da burla, di uomo senza dignit?!.. Sono stato timido, pavido, vile, infingardo, col sistema nervoso fradicio come il petalo di una rosa appassita; dai pensieri flosci, dai sentimenti marci; lubricamente lascivo, ridicolo Casanova di facciata e semi-impotente nella realt; infantilmente vanesio, disgustosamente patetico, mediocre in tutto: poeta meschino, attore cane, cantante stonato, gladiatore a trucco, fantino staffato; ho ripescato laggettivo staffato, apprezzino almeno quello pieno di complessi: saltavo da un complesso allaltro come uno si cambia la camicia; devastato da ogni sorta di squilibri neurovegetativi: tachicardia, vertigini, extrasistoli, acidit, flatulenza: un isterico inverecondo: prepotente coi deboli, debole coi prepotenti: sadico cerca masochista, masochista cerca sadico. Tutta Roma parlava delle mie notti brave. Ero ridotto ad andare a battere, con Petronio, a Monte Milvio tra la feccia della feccia; e una notte, dopo avermi scippato, mi caricarono di botte e tornai a casa che, per poco, non mi avevano cavato un occhio Se fossi Dio, morirei dalla vergogna di aver messo in circolazione uno come me Va bene cos?!?.. E mai nessuno, in venti secoli, che sia riuscito a indovinare che son diventato il Nerone che son diventato per reagire alle frustrazioni e ai fallimenti del mio narcisistico protagonismo, cercando di avvolgermi, di volta in volta, in una toga decente. Tutta scena. Teatro. Inventarsi per essere qualcuno. Spesso si recita per disperazione, per protesta, per assolversi, per consolarsi, per dimenticare, per piet di se stessi, per non morire. Il Teatro il gioco della crudelt, della follia e della morte! Ma non bisogna dir male del teatro. (un grido lacerante, quasi un urlo): No. Non sono Pasolini. Pasolini che stato anche me!... Ma che centra? Centra! Lasciamo che centri. ( di colpo, semplice e amabile anfitrione) : Intervallo di un quarto dora. Se gradiscono rinfrescarsi lugola, di l c un vermouth. Carpano o Punt e Mes. Tutto quanto pu offrire la nostra onorata e orgogliosa povert. (fulminea, unulteriore impennata; oltre ogni ridicolo, dagli abissi dellassurdo, una sghignazzata sardonica). Ah! Ero anche stitico. I disgustosi intrugli di erba sena che ho dovuto ingoiare a comando di mia madre!... Le bastava lo sguardo! (cala progressivamente la luce, inghiottendo tutte le immobili presenze una spessa oscurit; eccettuata la sua, circoscritta nellaccecante cerchio illuminato rimasto; dove comincia a svestire i panni imperiali, parlando con se stesso in deluso risentimento). Niente. Non ha fatto una piega. Si fosse mai accorto che stavo recitando? Ma, se se ne accorto, avrebbe dovuto essere proprio questa disperata ricerca della verit nella finzione ad interessarlo. Senn, che merito c ad essere Shakespeare? Era tanto difficile da comprendere?... Quando diventano il monumento di se stessi, non capiscono pi un tubo. Ho sbagliato tutto. Mi scappato di mano per andar per conto suo. La verit non paga. Ho minimizzato, dovevo ingigantire. Mi sono giustificato, dovevo accusarmi. Mi sono umiliato, dovevo insuperbire. Ho messo in evidenza il meglio, dovevo calcare la mano sul peggio. Ho svelato la debolezza, dovevo fingere la forza. Sono stato sincero, dovevo mentire; modesto, sarei piaciuto di pi superbo; problematico, mavrebbero voluto elementare: ho cercato di offrire luomo a chi non si aspettava che il mostro. Tutti uno, questi bastardi di elisabettiani. Spasimano solo per le macellerie: tradimenti, battaglie, torture, duelli, sangue, cadaveri, stragi, gioco a bocce colle teste decapitate e bambini lessi. Hanno imparato da Seneca. E la platea dalla sua parte. Nerone poveruomo non chiama. Tutto a monte. Si torna allantico e si rivolta la frittata. Lo servo io, nel secondo tempo, quel barone l, che pi che parti di generico non mai riuscito a interpretare. Ha finito di sorridere di compatimento. Chi crede di essere? Senza di noi attori, che gli imprestiamo lanima, non sarebbe nessuno. Gli piazzo ai fianchi, uno di qua, uno di l, due altri esperti pi esperti di lui, che tenevo di riserva e non tiravo fuori per riguardo e, poi, mi sapr dire: il professor Freud e il signor marchese De Sade. Ne sentir di belle. (non s nemmeno accorto che s gi chiuso il sipario e continua a parlarsi addosso, che nausea sto teatro) Ah, ero anche stitico! SECONDO TEMPO (il rito prosegue, preceduto da un colpo di gong, fratello gemello di quello onde s iniziato. Di poco meno eminenti, di poco meno elevati, su troni di poco meno imponenti; simmetrici ed egualmente ieratici, ai fianchi del solitario idolo precedente, ora siedono, alla sua destra il professor Sigmund Freud, in finanziera nera, barba grigia, occhiali e sigaro Virginia; e, alla sua sinistra, il marchese Donatien Alphonse Franois de Sade, in velada pervinca merlettata e parrucca bianca. Formano una trinit impassibile, adagio emergente col lento ed austero crescendo dellaccompagnamento musicale, dal buio totale, su, fino allo sfolgorare di una trionfale illuminazione, coinvolgente, ai piedi del tricefalo soglio, la tunica, da Nerone precedentemente indossata, gettata sulla spalliera di una sedia romana, spoglia vuota, eppur magicamente viva, persistente fulcro di un discorso occulto; emblematico interlocutore di se stesso con se stesso in altri. Al momento del tacere accecante, sulla corona dellaccordo in maggiore che tocca lacme delleffetto suono e luce; a scena deserta, due voci dialoganti, dell unicum sdoppiato, planano sulluditorio, da lontananze irreali, in un alone di inquietanti risonanze). -Tocca a te, mamma -Rimediare al solito guasto del bambino che non volle crescere -Che non hanno lasciato crescere, dovresti dire -Il cialtrone di sempre. Mai che si smentisca: persuaso di nobilitarsi degradandosi. Cosa debbo aver fatto di male agli di per essere stata punita con un figlio come te? -Al saldo del conto, di figli come me avresti dovuto partorirne almeno mezza dozzina e i tuoi di sarebbero rimasti ancora in credito. Ma, ormai, i nostri di, incalzati da nuovi concorrenti, non possono pi permettersi di essere nemmeno permalosi, a rischio di rimetterci il posto. -Da chi hai preso, poi? -E una lunga catena. Occorrerebbe, innanzitutto, stabilire con precisione chi fu mio padre. -Il peggio uomo col quale mi sia congiunta, visti i risultati. -Furono tanti!... E perch no, il meglio? Potrebbe trattarsi, addirittura, del grande Seneca Perch no? Le date non osterebbero. E poi, che importanza ha una data?... Me lo son sempre sentito addosso come un padre. Nerone figlio di Seneca, che colpo di teatro! -Mhai messo una pulce nellorecchio, guarda! -Lintenzione era di metterci uno scorpione. -Perch no, dopotutto? Da chi altri saresti riuscito a ereditare altrettanta affliggente noiosit? Laltro giorno, c stato, perfino, uno che s gettato dallalto del circo, non resistendo al tedio di esser costretto ad ascoltarti declamare. -Le variet di suicidio sono inesauribili. -Mi detesti, eh?!... -Tanto, mamma!!... -Con quanta dolcezza lo dici!... Seneca Ci devo riflettere. -Certo, certo, la paternit la meno sicura delle parentele. Ma io ho sempre fatto molto conto della fantasia. Vedi, di un padre concreto e conosciuto da esecrare ho tanto bisogno anchio. E nessuno come quello l, farebbe meglio al mio caso E avrebbe potuto essere amore, pensa; ridurre tutto, viceversa, a una piccola faccenda di famiglia tra un figlio discolo e due genitori carogne. -Il sofista!... -Sghignazzi bene. -E stato lestremo rifugio della mia dignit vilipesa. -Rifalla. -Cosa? -La sghignazzata. Quel che non sai fare sorridere. Non tho mai vista ridere come non tho mai vista piangere. Disponi soltanto di un ghigno che ti serve in ogni caso, gioia e dolore. Ma, fosti, poi, mai capace di gioia, di dolore? Non sei che cervello. Anche il sesso tieni spalancato nel cervello. Il primo impulso di andartelo a cercare sulla fronte, il luogo pi impervio che ci sia E ora di andare. -Cosa gli racconto, io, adesso, a quelli l? -Non la faccia tosta che ti manca: improvvisa. Invntati: diventa quella che sei. Teatro, teatro: il protagonista lui; e noi umili officianti: ti fa recitare, persino, contro te stesso Tono piuttosto aulico confacente alla figlia del grande Germanico. Fa una cosa, mamma: per lusingarlo, citalo. Non c autore che ci resista. Noi non siamo personaggi, siamo scatole cinesi. Una dentro laltra, non arrivi mai a tirar fuori lultima, assaporando lebbrezza di sbranarsi possedendosi Un consiglio: trattali col voi, tu che, potendolo, daresti del voi a te stessa. Senza gigioneggiare troppo, possibilmente; o, facendolo, collaria di non farlo, che la maniera sublime di farlo, quando si sappia farlo. Incede finalmente, raggiante apparizione di belt e grandigia, il visionario commediante, metamorfizzatosi nella regale e superba Agrippina, fulgida nei propri gloriosi quarantanni, preceduta, a piena orchestra tassativo dallintroduzione alla scena del sonnambulismo del Macbeth di Giuseppe Verdi. Incoronata da una gigantesca parrucca bionda vistosamente elaborata, e le guance clamorosamente imbellettate; in fastose, elegantissime vesti romane tutto concorre ad esaltarne limperiosa alterigia, non escluso il peso, non indifferente oro, perle e pietre preziose, delle quali rubini, smeraldi, zaffiri, ametiste, onici, berilli, non sono che la fanteria della copiosa ed abbagliante gioielleria dinastica della gente Giulio-Claudia addosso: miliardi. Di sesterzi? Di dollari. - Svuotatemi del mio sesso, colmatemi fino alle punte dei capelli della pi spietata ferocia, ispessitene il mio sangue, sbarrate, nel mio animo, il minimo spiraglio, la minima fessura al mio rimorso. Appressatevi al mio morbido seno e mutate il latte in fiele, oh tutti voi ministri del crimine, che, nella vostra invisibile essenza, presiedete ad ogni misfatto di natura -Lho recitata bene? Son come mi si vuole? il tono giusto per la giusta Agrippina? -Senn si cambia. Disponiamo di un repertorio ambisesso inesauribile. -Zitto, tu! Nessuno ha mai osato rubarmi le battute. Ora sino di scena io e parlo io. Giudichi chi ascolta quale dei due recita meglio. (si tratta di un bisticcio da personaggio a personaggio: col figlio e anche col protagonista, collautore, con chiss chi e cosa: una cagnara di rivalit, intorcigliate e combattenti, allinterno del monologo. Accadr ulteriormente. Come risolvere il problema esclusivo compito dellinterprete. Se proprio non ne viene a capo, accomodi, tagli, trasponga tutto in terza persona; ma sarebbe un peccato. Alla peggio, gli rimane la risorsa del registratore). Non ci si faccia caso. Dice a me, geloso di se stesso, tanto per non smentire la sua sfrontata natura di commediante: in altre parole, si tratta di me, contro di me. Non si sopporta di non stare sempre in scena in nome proprio. Si teme di essere meno bravi in un ruolo piuttosto che in un altro. E un delirio. Ed ora, se non hai nulla in contrario, torno ad essere Agrippina. Domando scusa della perdita di tempo. Aho! Dico a te, Mister Shakespeare. -Dio del cielo, d del tu a Shakespeare, e con accento romanesco! -A Roma usava cos. Dovrebbe sentirsene lusingato. Come hai inteso, arrivo direttamente da uno dei tuoi copioni. Per me puoi, quindi, usare dal pi al meno, le stesse parole. Dopo aver plagiato tanti altri, puoi, finalmente, toglierti la soddisfazione di plagiare te stesso. I due consiglieri, che ti siedono a lato, prestino attenzione: saranno, forse, in grado di offrirti qualche utile suggerimento per la comprensione della vera Agrippina. Io non sono difficile. -Senza, per, dimenticare che questa gran donna che faceva paura, fu depositaria di tutte le millenarie virt della matrona romana solo, a rovescio. -Limportante fu possederle. Una dichiarazione di principio: io non ho giustificazioni da dare. Non ne ho bisogno. Come non ho indulgenze da mendicare: il mio orgoglio me lo impedisce. Mi assumo, piene, tutte le responsabilit di ci che fui, che feci, che pensai, che volli e desiderai, dalla nascita alla morte; il noto e lignoto, perch il noto non tutto. Il cosiddetto sentir cristiano non fa per me. Non lo capisco, n lho capito mai; n, con esso, saprei, e vorrei, farmi capire. Chi brama entrare in contatto con me, deve dimenticarselo. Io funziono solo ab urbe condita. Avanti o dopo, l come si chiama quello che , non esisto. Offro il mio ritratto, romano, da romana, per menti romane: Io sono Roma. Le sottigliezze, le incertezze, le malsane contraddizioni, le cangianti mutevolezze le torbide inquietudini, gli umori umbratili, le morbide ambiguit, i s che vogliono dir no e i no che vogliono dir s, le masturbazioni cerebrali tutta roba che lascio a mio figlio che lha inaugurata, e alle generazioni venute dietro di lui, colle quali ha fatto lega e, nelle quali, basta coltivare un vizio pi degli altri per sentirsi subito proiettati verso lavvenire, risultato garantito. Io: viceversa. Molti o pochi, certo diversi, i miei difetti e le mie qualit, le mie virt e i miei vizi, il mio bene ed il mio male, erano chiare e ferme realt, perentoriamente piantate nella tradizione storica a familiare: ab urbe condita. Sia chiaro una volta per tutte: io non mi sento n unincompresa, n unincompiuta, e, men che meno, una che ha bisogno, o desiderio, di restauri. Son chi sono. -E pretendi di far del teatro soltanto colla verit, senza mentire? -Sissignore! -Ma se non ci riusciva nemmeno la Duse? -Me ne dispiace per lei. Io sono cerebralmente maggiorenne. La Duse e tu, evidentemente, no. Voi siete due nostalgie e basta, lei in anticipo, tu in ritardo. Io sono il reale!.. E possibile tanta poca maest, il figlio di Agrippina? Figli cos, imperatori di Roma! A questo si doveva arrivare! Di vergogna una madre pu anche morire. E sarebbe avvenuto se non si fosse provveduto allo stesso scopo diversamente; e per questo, solo per questo, gli serbo quasi gratitudine. Lorigine, la colpa di tanto sfacelo? Gli aggettivi! Ribadisco: la decadenza del mondo derivata dallinvasione degli aggettivi. Laggettivo il cancro segreto, la serpe in seno al sostantivo. Colui che inventa un nuovo aggettivo sovverte lordine costituito. Guardarsi da chi ama troppo gli aggettivi: un asociale, un pericolo per la collettivit. Fa pi male, a uno stato, un aggettivo che unepidemia. Lepidemia passa, laggettivo resta; e, con esso, tutto ci che si porta appresso e pu portarsi appresso qualsiasi infezione. Il mio sconsiderato figliolo ne era intossicato: era un aggettivo-dipendente. Non viveva che di essi e per essi, a dosi crescenti. Ci che gli mancava erano i sostantivi, i sostegni dellimpero. Nessuno meno romano di lui, in tal senso. Tutto dipeso da l se Roma declin, e proprio quando parve prosperare. Apparenza, inganno mortale di una divinit avversa. La vera romanit nacque nemica dellaggettivo e, per la sua perpetuazione, avrebbe dovuto rimanerlo. Cancellarne, non aggiungerne. Viceversa, fu sommersa dal diluvio di tutti gli aggettivi pi strani, pi esotici, pi insidiosi, pi tortuosi, pi torbidi, pi equivoci, della Grecia, - gi, io la Grecia lho apprezzata per una cosa sola e basta: linvenzione delle pieghe dellEgitto, dellOriente. Purch non fosse romano e disponesse di aggettivi, ognuno acquistava il diritto di diventar romano. Solo i collezionisti di sensazioni sembravano aver titolo a dettar legge e far carriera; dalloggi al domani, candidati e maestri di vita nelle case doverano stati schiavi: prosseneti, ganzi, prostituti, filosofi e letterati, che la stessa cosa, insieme e in peggio -Ne fa una questione di grammatica! -...C una realt, di cui vado personalmente orgogliosa: tutte le mie azioni, sentimenti, pensieri: cuore, corpo, utero e cervello, giusti o sbagliati, colpevoli o innocenti, sono stati dei sostantivi spogli, chiusi, fermi, collaudati e stabiliti. Persino i vizi. -Ma che gusto d un vizio, mamma, se non lo aromatizzi con almeno una
mezza dozzina di aggettivi? -Senza nemmeno uno, i miei me ne dettero moltissimo. Un vero vizio,
degno di un romano, non , e non pu risultare, che una voglia naturale
manifestata e soddisfatta al massimo grado. I vizi devono essere puri, sani
e morali. Solo se sono puri, sani e morali i vizi sono costruttivi.
-Sai che gusto! Povera donna, non si accorge di combattere laggettivo
mitragliandolo con raffiche del medesimo Si pu fare la storia anche
con gli aggettivi, mamma. E fare la storia significa cambiarla. Non averne
paura; affacciati alloggi. Forse, riuscirai a capirmi: me e quelli come me:
cercare lassoluto frequentando il relativo.
-Io non combatto laggettivo, difendo lintegrit di Roma.
-E allora fatti, mamma! Tu che non conosci il dubbio, lumiliazione, la
vergogna, il rimorso; nessuna delle cangianti ed ambigue volutt onde
chiedono di essere insaporiti i fatti! Qualcuno dei tanti tanti tanti; ti sei
riservata lesclusiva del fatti!... Nudi e crudi: fuori! Ma, attenzione: ci
rimetti. Un aggettivo, in qualche caso, riesce a farti assolvere, ricordatelo.
-Fatti tuoi? -Fatti nostri. Fatti, tu che non ti sei mai martirizzata nel piacere delle confessioni: te ne sei esaltata soltanto nella superbia, sullaltare dellambizione, della volont e del potere. Oh il potere!... Hai vissuto ubriaca di potere!... Fatti senza aggettivi perch eh, perch Le poche volte che rinunciai a spegnere i fatti annegandoli negli aggettivi, scelsi quelli giusti e aveste paura tutti di me. Te, prima dogni altro. -Li sanno, i fatti. Perch sono fatti. Stanno l. Immutabili. Nomi, cognomi, date. Colonne dellesistenza! Mica vapori come tenteresti di farli scorporare tu, nellincenso degli aggettivi. -Avanti, dunque, i fatti. Lo issai sul trono, in cima a una lunga scala, della quale ogni gradino era un crimine, necessario e, per ci stesso, giustificato. Io non conosco il vostro Machiavelli, ma la mia personale esperienza mi garantisce che la sua nascita stata, quantomeno, uno spreco superfluo degli di, sempre in ritardo sui tempi e, al solito, incapaci di far economia. Buon per lui: si tenga pur la gloria di aver inventato lacqua calda. Non si pu regnare innocentemente! Ad essere innocenti si ha sempre torto. Il tempo della clemenza di quel pessimo soggetto, la cui maggior attrattiva era il fascino di una sessualit precoce, un po canaglia, ammorbidita da una fragilit da adolescente goloso ed infingardo, crudele come un gatto e tenero come un agnello miscela ideale per suscitare sofferenza - , coincise col tempo dellobbedienza, durante il quale mi caricai io, sulle spalle, il peso dei delitti indispensabili a mandar avanti la colossale macchina schiacciasassi dellimpero, e non era un peso lieve. A me tutto il torto, perch sua fosse tutta la ragione. Odino pure, purch temano, ebbi per norma, ereditata da mio fratello. Mi feci odiare perch lamato fosse solo lui. E, naturalmente, Seneca di rincalzo dalla mia - , Seneca che, palese o nascosto, non manca mai nella nostra vicenda, niente e tutto, mai e sempre complice, e traditore come tutti i complici; ufficio stampa, incaricato delle pubbliche relazioni; indefettibile nel perseguire, colla prudenza del serpente e la pazienza del somaro, un proprio personale disegno occulto e tortuoso, e una scusa sempre pronta per ci che non ha scuse; ineguagliabile nel masturbare i difetti, persuaso, con ci, di trasformarli in pregi; privo di illusioni, eppure astutissimo nel suscitarle negli altri; pi sincero quando mentiva e pi mendace quando diceva la verit. La sua fu la complicit del silenzio: la pi sottile perch la meno perseguibile Regnare senza lordarsi le mani! Si pu sentire maggiore bestialit? E allora, bisogna pur che qualcuno se le lordi, visto che regnare qualcuno deve regnare, se si vuol tenere in piedi la baracca. Me le son lordate io. Per Roma? Per Roma. Per lui? Per lui. Per me? Anche per me: s!... Se i miei occhi miopi non mi traggono in inganno ma, tra affini ci si riconosce a fiuto scorgo, tra il pubblico, Semiramide, Elisabetta dInghilterra, Caterina di Russia, e chiedo scusa alle altre che non riesco a mettere a fuoco. Esse sono in grado di capirmi al volo, perch apparteniamo alla stessa razza. Colla differenza, a mio danno, che Roma non riconobbe mai, se non al sultano, il maschio, il privilegio di raggiungere un trono, e fu la sua maggior ingiustizia maritata al suo maggior errore. Badare alla casa la casa! - , far figli, onde fornir carne ai campi di battaglia, filare la lana a che sia servita tutta la lana filata dalle donne romane, poi?!... alle toghe dei senatori, forse! E un mistero che la Storia deve ancora decifrare - cuocere le ciambelle al miele per la merenda dei bambini; e, naturalmente, tener pronte le pantofole per il ritorno a casa del marito, stanco dal lavoro, alla sera; come se i mariti romani si stancassero lavorando; era molto se avevano i piedi dolci di natura... In compenso, bisogna riconoscerlo, circolavano, per Roma, anche dei bei piedi Nerone, per esempio, aveva dei piedi bellissimi e osceni. (oh, non si sta incantando in commemorazione dei piedi dei maschi romani del primo secolo dopo Cristo?!) nervosissimi Caligola scultorei Aniceto delicati Narciso adorabili Rubellino armoniosi Publio sempre caldi Pallante gelati Burro scompagnati Nerva cos cos Lucano artritici Pisone magri stecchiti Tiberio minuscoli e gentili Britannico olezzanti Persio indecifrabili Vitellio deformi ma intelligenti Pollione misteriosi Terpino ben fatti, per un quarantasei abbondante, Tigellino; come, del resto, la maggior parte dei pretoriani, ragazzoni magnifici; imprevisti Lepido pieni di calli Seneca disgustosi Claudio ma i pi splendidi piedi di tutta la storia di Roma li indoss mio padre, Germanico: da museo Eccettuati i miei, uno sfacelo i piedi delle donne. Tutta colpa del tacco a spillo, messo in giro da quella nana di Messalina. Non ne voglio neanche sentir parlare. Insomma, salvo leventuale risorsa della contemplazione dei piedi dei loro mariti, nel caso, non frequente, che avessero avuto la fortuna di sposare dei piedi discreti, altre strade aperte, se non, si capisce, quella del letto, alla donna romana non erano aperte per quanto genio, saggezza, volont fosse in grado di mettere a servizio della patria Oppure, se non le piacevano i piedi degli uomini ce ne sono, poverette - , farsi monaca, volevo dire vestale. Allora, tutto il rispetto e la venerazione, per, mai lasciarsi toccare nemmeno con un dito. Comunque, le leve del comando alla larga. Ci si riusciva a metter su le mani solo per interposta persona, le poche che ci riuscirono. Io ne so qualcosa. Pure, rammento sempre quegli anni collo struggimento del maggior bene perduto della mia vita. Eh, s, rimanga fra noi, anche laltera Agrippina, donna granitica, conobbe la nostalgia. Per li pagai quegli anni, li pagai!... Con la gelosia, li pagai!... Ottavia, mia nuora e figliastra, non contava; era una piccola ipocondriaca, a sangue freddo, n carne n pesce. Se Nerone, prima di decidersi a farla fuori per impalmare, a mio dispetto, quelloca vanesia di Poppea, c andato a letto insieme mezza dozzina di volte, ancor molto. Ne provava un autentico disgusto fisico Era una donnetta sterile e indisponente, senza modestia e senza superbia, priva fin dellinfingarda scaltrezza di suo padre E, del resto, cosa poteva venir fuori da quel relitto fossile tutto bave e libidine, di Claudio, il cui capolavoro consistette nel sapersi preservare lintelligenza congelandola in un bozzolo dimbecillit come in una cassaforte a muro mai aperta? Capiva tutto non capendo niente Ma Atte, Rubria, Poppea persino quel frocio in marsina di Petronio e la sua masnada di drogati di snobismo, spacciatori di aggettivi!... Dio vi preservi, signori, dalla gelosia. Ti squarcia le viscere come una rasoiata, fin dalla prima volta che ti sorprende e poi, non c pi scampo Ma, alt! Questo capitolo non il mio. Da me si richiederebbero solo fatterelli, petulanze, pettegolezzi. Sono quelle cose l che interessano, dicono. E non sanno che i rivelatori dumanit son proprio loro. Ho fissa in mente, per esempio, una circostanza puntualmente ricorrente: il maltempo che accompagn sempre, salvo uno, i momenti foschi e decisivi della mia esistenza. La sera che per le note ragioni, assassinai Claudio, imprudentemente, e disgustosamente ghiotto di funghi; a tal punto da non poter non indurre in tentazione di servirgliene in tavola una zuppiera colma, appaiandoli, una volta tanto, allopportuno aggettivo avvelenati, che, in fatto di funghi, nella nostra famiglia, sempre stato la loro salsa naturale; e, in quelloccasione, accortamente rinforzata da doviziose spennellature di ottimo giusquiamo; talch non ebbe nemmeno il tempo di abboffarseli tutti, e, col dispiacere di chi non ha mai avuto le mani bucate, buona parte si dovette buttar via, trovando indelicato riciclarla alla servit, come abitudine, in tutte le ottime famiglie, coi cibi avanzati bene: quella sera pioveva a dirotto. E pioveva ancora la notte che fu arso sul rogo anche allora: il doppio della legna che sarebbe stata necessaria. Pazienza, non tutte le notti c un marito da bruciare come non aveva cessato di piovere la mattina dei funerali, e non smise per la settimana successiva, che nessuno si salv da reumatismi. Ci fu unora di sole unicamente durante la cerimonia di investitura e lelogio funebre con cui quello l (largo gesto indicativo, non destituito di disprezzo, verso labito del figlio, abbandonato sulla sedia) assapor per la prima volta la droga dellapplauso stava bene, lincolpevole principe, vestito a lutto. Non furono poche le ineccepibili matrone a farci su il primo pensierino. Il gusto della carne fresca viva era diffuso a Roma. A batter le mani cera un intero Senato rigurgitante di arteriosclerosi, esultante per la restaurazione della propria autorit. Incauti, non sapevano ci che li aspettava. Cosa vuol dire la solerzia! Lo zelante Seneca, sempre preveggente, gli aveva preparato il discorso della corona ventiquattro ore prima che i funghi, pardon: gli di chiamassero a s il patrigno. Nemmeno una parola di gratitudine per quelle operose amaniti falloidi magnifico nome che m sempre tanto piaciuto le quali cerano costate un occhio della testa sul mercato. I funghi erano cari anche allora. Poi, le cateratte del cielo tornarono a spalancarsi. Quando piove, a Roma, piove. (lincombenza interlocutoria di quella tunica vuota va aumentando col passare direttamente al tu). Ma diluviava addirittura, e lampi e tuoni e raffiche di vento: una natura devastata, la sera che tu, solamente tu, imparata fin troppo bene la lezione, togliesti di mezzo il legittimo erede, Britannico, fratellastro, cognato, compagno di giochi e di reciproci piaceri perversi, da adolescenti cresciuti in promiscuit e col quale avevi fornicato ma senza aggettivi la notte che precedette il fratricidio. Anche in quelloccasione, si rivel preziosa lopera dellalacre Locusta. Qualche volta pasticciava, per, sapeva il suo conto la vecchia megera. Altri dispone della baby-sitter fissa, noi potevamo addirittura permetterci lavvelenatrice di famiglia a tempo pieno. Il suo esordio fu un piccolo capolavoro, non c che dire. Geniale, non meno che elegante, quel gioco di prestigio sotto gli occhi di tutti: fa raffreddare, con acqua gelida avvelenata, il sidro innocuo ma bollente, appena controllato impunemente dallassaggiatore di mensa; e, cos, reso tossico, offrirlo affettuosamente al fratellino ingenuo. Ebbe la precisione, la leggerezza e la grazia di un balletto. Cominciavi gi ad essere un artista; e, per la prima volta, in me, lammirazione si offusc di paura, presagio premonitore. Linconveniente fu che, in seguito a quel macabro scherzo, la gente, frastornata dai pettegolezzi, si mostrava riluttante ad accettare inviti a cena da noi. Ogni scusa era buona, molti anticiparono la villeggiatura. A nessuno piacevano pi i funghi trifolati. Li trovavano tutti indigesti. Fortunatamente, dur poco. Pur di scroccare un pasto a sbafo, i Romani sfidavano questo e altro. E, a casa nostra si mangiava bene; testimoni le tue baldracche, i tuoi ganzi, i tuoi lenoni, i tuoi artisti commedianti egizi, mimi etiopici, danzatori cartaginesi citaredi, chitarristi di ogni luogo, di ogni et e di ogni sesso; nonch i tuoi poeti: tavola perpetuamente imbandita per la tua canaglia della cosiddetta intellettualit dorata!... Ma si parlava di pioggia. Se ne and che diluviava il povero allocco. Tu avevi diciotto anni, lui quindici e ti voleva bene e si fidava di te Da tanto diluviava, che il rogo continuava a spegnersi e il gracile corpo non voleva prender fuoco, lasciando incerti se fosse finito distrutto dalle fiamme oppure dallacqua: arrosto in umido. Ciononostante, tutto considerato, il mal tempo rimane un buon complice Vero che quel pallido ragazzo epilettico, chiuso, dalla timidezza imbronciata imbecille, sospettavi che te lavessi messo contro, e non ti rendevi conto che era solo commedia! aveva nome poco dura. Tanto valeva, uno che disponesse di senso politico, aver un po di pazienza e lasciare che togliesse il disturbo da s. Mai incontrato nessuno pi perfetto per il ruolo della vittima: la vocazione stampata in faccia, come una perfetta truccatura. Se non fosse stato fatto fuori sollecitamente, a quel modo, correva il rischio di essere fischiato in scena, infortunio sempre deprimente. Apparteneva a quei personaggi asfittici, nati male, anemici aborti della fantasia, che, in una rappresentazione, consigliabile tagliare, col vantaggio di risparmiare una scrittura: personaggi in cerca dautore. (a forza di parlar di Thanatos, giunta al punto che la concerne, lalterigia sarcastica le si distende a vera, olimpica fierezza. E chi resisterebbe allalta dignit e alla solenne concisione di Tacito, telegrafista sommo?) Noctem sideribus illustrem et placido mari quietam: solamente quando invent un inconcludente complotto per farmi affogare disse Tigellino, fu Aniceto, in un rigurgito di rancorosa gelosia retrospettiva lo squillante splendore del sereno inargentava il liquido cristallo delle ferme acque della baia di Baia. Strano lapsus, professor Freud: si dimentic che sapevo nuotare. E fu costretto a sostituire, precipitosamente, una fantasiosa invenzione da poeta, con una volgare fatica da manovale. Ai sicari sopraggiunti ancora una volta, un paio di pi del necessario: totalmente destituito dal minimo senso di economia! offersi sdegnosamente perch, a differenza di lui, io seppi morire con romana dignit da colpire, per primo, il grembo che era stato rifugio alla sua fragile inconsistenza di bimbo ancora increato e delizia della sua anelante sensualit di giovane maschio in fiore. Fui trucidata a colpi di bastone. Ci che conta, dicono, sono le intenzioni. Sciup tutto quel lapsus, si vede. Suo proposito era stato, senza dubbio, fabbricarsi un ricordo di me tranghiottita dagli abissi marini per esser mutata in qualche azzurra divinit. Seneca, che pur conosceva, anche lui, quel grembo, per averlo frequentato con pigra assiduit, naturalmente provvide a far diffondere la versione ufficiale: dolorosa quanto inevitabile punizione di cospiratrice smascherata. Parole. Erano i soli strumenti che avesse per rimanere a galla. E ci giocava, anche lui, come poteva, povero vecchio appassito, fuori corso. (nuovamente quel dito puntato): Ti lasciai una sola eredit: il rimorso, sperandolo idoneo a suscitare, in te, qualche grandezza, magari solo la cupa e sinistra grandezza di tuo zio Caligola. Ci tenevi tanto a giocare al rimorso!... Forse era stata una delle ragioni del matricidio. Non vedevi lora di poterti identificare con Oreste, uno dei tuoi sogni di istrione malcorrisposto. E, una volta di pi, fosti deluso. Il rimorso letterario; tanto, per te, era lo stesso. C, forse stata una volta che sia stato capace di distinguere il vero dal finto?... Comunque, rimane un fatto: la notte della mia morte fu la notte pi fulgida e limpida che gli di abbiano mai regalato al cielo dellimpero. Quando vogliono, gli di sanno essere poeti. E ci riescono: i vecchi d ci riescono ancora. Loro! Probabilmente, frustrato dal suo narcisismo, lui ambirebbe sentir pubblicizzata qualche sua personale stravaganza. Incapace di destreggiarsi nel reale il reale: naturale dimensione delluomo normale! sinistri spettri di idee insensate si aggiravano per i labirinti del suo contorto cervello. A lasciarlo fare, erano tragiche sorprese a raffica, quando non erano ridicole catastrofi a mitraglia per poco che, chi ne deteneva la responsabilit, dispone del senso di governare. Per non dirne che una: senza nemmeno informarsi alla lontana sulla reale situazione delle casse del ministero delle finanze; di cui, non fossaltro che per rubare, come ormai dovrebbe sapere anche lultimo dei burocrati, e pare che, finalmente, lo sappia fin troppo bene, ci si dovrebbe mantenere sempre al corrente, un giorno invent... la pensione: s, la pensione. Che roba era la pensione? In tutta Roma, nemmeno uno che lavesse sentita nominare. Si fecero passi diplomatici allestero, si accreditarono ambasciatori, unanime risposta: istituzione ignota. E lui, zitto. Fu consigliato di chiedere ai sindacati. I sindacati non risultavano sul vocabolario. Non se ne trov traccia nemmeno spulciando al setaccio le opere di Cicerone, dove le parole ci sono tutte e anche qualcuna di pi. Zero! Si dette incarico delle indagini alla polizia. Medesimo risultato. Si sguinzagliarono per le provincie i miei personali 007. Non fu che unulteriore perdita di tempo. A uno, venne in mente di provar a chiedere in Cina. L avevano gi inventato sempre tutto prima degli altri Ci mancava poco, risposero, ma non cerano ancora arrivati Si riprovasse lanno dopo, forse sarebbero stati in grado di saperci dire. E lui, sempre zitto Non se ne veniva a capo. Nel mondo, intanto, orbo di pensioni e di sindacati, si continuava a mangiare, a bere, a crescere, a moltiplicarsi, a far lamore, a ballare, a stare allegri, a piantarsi reciprocamente foreste di corna in testa, a battere a pi non posso, e senza che scoppiasse nemmeno la minima epidemia di mal di testa, salvo, in primavera, la solita fugace febbre del fieno. Ma senza pensioni e senza sindacati quanto si sarebbe potuto tirar avanti? Era diventato largomento del giorno. A Roma, non si parlava daltro. Cos non pu durare, si diceva, cosa accadr? I meno pessimisti prevedevano una crisi planetaria a breve termine, col Terzo mondo spazzato via in un paio di settimane, quando fosse scoccata lora X. Conferenze, dibattiti, interpellanze, tavole rotonde, il Senato riunito in permanenza un futurologo parl di referendum. Tutti zitti, non se ne fece niente, accordo generale per non aggiungere una terza parola sconosciuta, il colpo di grazia, alle due catastrofiche che gi incombevano sullumanit, ormai rassegnata al peggio. Lui, come il caso non fosse suo. Svelto pi di un grillo, colla sua ghenga di aggettivo-dipendenti, in giro, di notte, per lupanari, scippi e scassinar conventi. Fu ben l, durante una sua bravata, che rap, immaginarsi lo scandalo, Rubia, una vestale col nervoso, bruna, di gamba lunga e navigata; originaria di Frosinone, che non aspettava altro: una peste! Reato da pena capitale, se ci fosse cascato uno qualunque. Tra una cosa e laltra, a Roma, non si viveva pi. Ci si coricava alla sera senza saper se si sarebbe potuto tirar mattina. O non ci si coricava per niente. Si andava a donne, gli uomini; a uomini le donne, e quelli mezzo e mezzo, secondo il proprio gusto per dimenticare Che giorni! Finalmente, afferrai il coraggio a due mani e presi il toro per le corna: D un po su, Nerone, da bravo, cosa sono queste pensioni? La fine del mondo! Urla che arrivarono in Campidoglio casa nostra era l vicino - . E le oche, naturalmente, si spaventarono, svegliando il vicinato. Cosa potevano fare? Erano messe l per quello. Hai pur inventato il sof e il reggipetto, tu, sbraitava dissennato cogli occhi fuori dalla testa, e io mi voglio cavare lo sfizio di inventare le pensioni. E, intanto, tempestava di calci il gigante Gabbaras due metri e ottantatr senza scarpe che ci era rimasto in casa, eredit di Claudio, al quale era stato regalato dal sultano dArabia per un affare di petrolio; e se avesse reagito rivoltandosi, di Nerone si sarebbe smesso di parlare prima ancora di incominciare e, forse, sarebbe stato meglio per tutti. Eh s, era corrivo alla pedata. Se ne ebbe la prova, in seguito, con Poppea, e fu la pedata meglio assestata di tutta la sua carriera. Casc gi secca, a bocca aperta, la cretina, mentre, dalla parte di sotto, scaricava quello che avrebbe dovuto essere lerede, ed era una settimina morta. Femmina, settimina e morta: le tragedie dinastiche e, tra laltro, porta jella, come puntualmente accadde. Ma intanto, non sera ancora spiegato lenigma delle pensioni. Fu possibile farsene unidea, quando stabil che la pubblica amministrazione dovesse versare un tanto al mese ai senatori poveri, oltre una certa et, per tutta la vita. Sar stata una combinazione, che vi devo dire?... Si misero a vivere il doppio di prima, quando partivano come le mosche ai primi freddi. Le pensioni allungavano la vita, ed entrarono nella farmacopea ufficiale. E questo fu il risultato dellunica volta che, dopo tanti aggettivi, sera azzardato a inventare un sostantivo. Lo Stato dovette sobbarcarsi anche il caro-senatori Ma quando mai! E pensare che non poteva vedere i vecchi, ma non li poteva vedere proprio. Oltre i quarantanni, un uomo, diceva, puzza di cadavere figurarsi Seneca che andava per i sessanta e aveva sempre puzzato! Niente da dire, allergia cos. Caligola non poteva vedere i calvi!... Ma, almeno, Caligola, coerente, per non guastarsi la visuale, i calvi li faceva sopprimere. Lui no: i vecchi li faceva pensionare, che come dire: fa in modo di star al mondo il pi lungo possibile, a danno del governo. Se le pensioni devono servire a questo!... S che me ne ha fatte passare!... Una bella incongruenza per uno che, oltretutto, era fissato di abolire le tasse La pensione! Ci credeva. Era convinto di passare alla storia, tramite la pensione Mah Quando esistevano, in lista dattesa, delle invenzioni ben pi provvide, pratiche e che non costavano niente!... I bottoni, per dirne una le tasche il pullover, con tutta la lana che le donne romane si imbesuivano a filare Ero l l per arrivarci io. E oggi, forse, si parlerebbe diversamente di me: ago e filo Quelle tre idee stavano prendendo corpo nella mia mente Mica molto: mavesse lasciato vivere ancora un paio di settimane, ma neanche e il mondo non avrebbe dovuto attendere secoli per potersi giovare di quelle comodit. Bisogna andar cauti prima di spegnere unesistenza Informarsi, domandare in giro. Lui procedeva a umori; nemmeno a simpatie: a umori, sempre di fretta e furia, detto e fatto, figurarsi. Non si pu mai prevedere ci che sta per germogliare in una testa: un dito sotto i pidocchi, e trovi limprevisto. Il progresso sta tutto l. Diciamo il vero: con tante idee giuste, Caligola ne aveva una sbagliata quando pretendeva che la vocazione di tutte le teste di essere tagliate. E se una ha in testa i bottoni? Con i bottoni, io avevo in testa anche un bel pullover a raglan, da regalare al mio ultimo. E me lo son dovuto portare nella tomba, lidea non il pullover. -Perdonami per i bottoni e d qualcosa di me e di te, mamma, qualcosa solo nostro, e che nessuno abbia saputo Qualche aggettivo, mamma fatti coraggio. (si fosse mai dischiusa una trappola davanti alla sdegnosa Agrippina? Senza rendersene conto, col cedere al ricordo folgorante, responsabile di un vero e proprio colpo di scena psicologico, arrendendosi il tagliente sarcasmo, nel corrispondente inclementirsi della voce, si appressa alla tunica del figlio, giacente sulla sedia, e colla quale, persuasa di monologare, ha, in realt, dialogato; la solleva tra le mani e, via via che parla, laccarezza la stringe fra le braccia termina col premersela contro il viso forse ci scappa anche quel primo bacio di cui fu sempre avara. C caso che la terribile sovrana partorisca insieme la madre e lamante?) Eri bello, Nerone. Il mio splendido ragazzo? Han lasciato detto che eri tozzo, rosso di pelo, colle gambe corte. Non vero. Le tue membra avrebbero potuto essere uscite dallo scalpello di uno scultore innamorato della giovinezza, uno dei tuoi prediletti Greci; le tue grandi mani turbavano solo a sfiorarle colla carezza di uno sguardo, cos vive, cos colme di peccato; le tue lunghe gambe dai muscoli caldi e guizzanti, destrieri maltrattenuti da deboli briglie; fulvi e folti, morbidi come piuma, i capelli. Il tuo corpo, forte ed acerbo, dallo splendore effuso delladolescenza che sta per agonizzare nella nascente maturit il corpo di un giovane leopardo una molla compressa sul punto di scattare. I miei occhi, il mio cuore, i miei sensi ti colsero cos, nel meriggio di una colma estate, nella tua adorata Anzio e, di faccia, il mare (presaga di Brecht, procede repentinamente estraniata, come una demente, passando dal tu al lui). Mesi, forse anni, eran passati dalle mie fugaci e distratte visite. Nemmeno a farlo apposta, dormiva disteso su unagrippina, allombra di un pergolato, circonfuso da un ronzio dapi, e corone di rondini in cielo; le labbra imbrillantate da minuscole gocce di sudore, socchiuse nel vago sorriso di chiss che voluttuoso sogno. Durante il sonno, la giovane tunica gli si era scomposta, rivelando, desta, in unimmagine di innocenza, la naturale prepotenza della sua precoce e greve virilit E giurai a me stessa, costasse ci che costasse: Quel ragazzo, uscito dalle mie viscere, sar il mio imperatore. In quel momento ne sono sicura, si comp un sortilegio: un destino sovrumano ci marchi a fuoco. Lui fu condannato, per sempre, a rimanere irrimediabilmente mio figlio; io ebbi la gioia di sentirmi, per la prima volta, madre E allora, qualcosa dentro, dal fondo del fondo delle viscere, una vertigine orribile e meravigliosa, signor marchese, signor professore Basta l! E cosa che non si trover mai alcuno disposto ad ascoltare dalla bocca di una madre. Unicamente, forse, un figlio, e a patto di chiamarsi Nerone, - mio figlio pu presumere lardimento e il rischio di sperare udienza per il resto. Via. Agrippina, criminale e indimenticabile, dai baci di ghiaccio e coi suoi coiti gelidi, esce di scena. S sfogata abbastanza e rientra nel silenzio. (inghiottito il luogo dallombra, rimasto, illuminato a giorno, un cerchio di meno di un paio di metri di diametro. Tre passi a lato e il celebrante gi nella propria officina, attore durante un intervallo, nel proprio camerino, svestendo volto e abiti di Agrippina e vestendo quelli di Seneca). Piglia su, se ti par cosa da buttare via rendere teatralmente, dallutero al cervello, una madre infame e incestuosa, sordida ed eroica, nemica del teatro! Perch, quella l, fu nemica del teatro: lo sento! Chi sa, sa. Ai livelli, sovrani, la Cina, il Giappone, la Grecia ce lavete insegnato voialtri, abominevoli elisabettiani: il commediante un sacerdote androgino. A Roma, Ermafrodito ebbe templi, altari, preti e turbe di adoratori e noi, alla ribalta, come Nerone nella vita: con Sporo, maschio; e, con Doriforo femmina. Avr fatto bene o avr ecceduto a conferirle quel vago accento romanesco?... Perch no?... Qual pi romana di questa Clitennestra trasteverina, avvinghiata a Fedra e attorcigliata a Medea, che ebbe il culto di Roma acceso nel sedere? E come ci si regola, adesso con questaltro che ci arriva addirittura dalla Spagna?... Senatore Seneca. Tanto per far le cose facili, si comincia con una cacofonia, che, in palcoscenico, peggio duna pernacchia Occhi aperti e orecchie deste a non cedere alla tentazione di farne una macchietta. Dovrebbe sembrarlo, semmai senzesserlo. Verr mai il giorno che la gente si rassegni a non pretendere di ridere una battuta s e una no?... Esser divertenti facendo sul serio, senza far piangere. Ecco! Ma chi lo sa pi fare?... Capace, il bardo, di trasformarsi un sofisticato intellettuale narcisista in un Malvolio in edizione tascabile e ancora ancora, se va bene. Quando si butta alla farsa, quello l, c da mettersi le mani nei capelli Perso per perso, sarei andato meglio con Molire, rischiando Tartufo Come fare? Ne inviti uno e se ne offendono dieci Senatore Seneca Eccellenza Seneca Cavalier Seneca Commendator Seneca Onorevole Seneca Monsignor Seneca?... Eminenza: Seneca e basta! Ci si intende meglio Oltretutto, era anche fisicamente inamabile quei capelli sugli occhi, quel naso da gufo Almeno, il puttanone di Agrippina era una gran bella donna, che sempre un piacere interpretarle, con gli occhi del pubblico maschile addosso, aggrappati ai punti di maggior richiamo e soddisfazione. Me la son sempre immaginata come un forzuto corazziere travestito da splendida donna Ma s, ammettiamolo, era decisamente brutto E poi, lartrite che deve aver avuto Gobbo? Per E chi si piglia la responsabilit? Pare che nessuno labbia mai visto perdidietro. Li descrivono solo davanti, questi grandi uomini, come se il didietro non avesse importanza E un rischio. Mica si sta ricostruendo Rigoletto Non mi lascer, per caso, influenzare dallidea che ne aveva il suo principale? Tenerlo presente Ma chi ha detto, poi, che, a Nerone, stesse tanto sullo stomaco?... Eh, Cristo, non lavr mica fatto suicidare per via che gli puzzava il fiato Bench, considerato il tipo capace. Come al solito, tir la morte per le lunghe, con la moglie, la Paolina: Vengo anchio No, tu no Lascia che ti segua Voglio andarmene solo: una manfrina, che, stufi, dovettero dargli una mano, senn ce lo troveremmo ancora qua, colle vene dei polsi goccioloni, a far conferenze, allAccademia dei Lincei, tipo linfluenza della civilt assirobabilonese sullestetica di Benedetto Croce, se fosse, a quei tempi, esistito Bisogna anche capire, per, che una bella morte stoica vuole il suo tempo Se si pensa che, colla stricnina, che ci si sbriga in un fiat, nella Morte civile, Zacconi, non ha mai impiegato meno di ventiquattro minuti cronometrati, e il pubblico perdeva lultimo tram!... Una sera che non riusciva a sbottonarsi il colletto della camicia soggetto memorabile, ad uso di rendere pi thriller le convulsioni arriv a trentasette. Il suggeritore Barontini, che era in buca, cogli occhi inchiodati sullorologio, spergiur quarantuno; ma, al funerale, confess di averne aggiunti quattro per piaggeria Beh, Agrippina, Pepita, come lui laveva chiamata, nellintimit, alla spagnuola, al tempo delle vacche magre, diceva, anche a chi non lo voleva sapere, che era lungo a venire in tutto. E se non lo sapeva lei Mi confid che, ogni volta, prima di vederne la fine, aveva comodamente il tempo di ripassarsi, sillabandolo, un canto dell Eneide, e stava accorta a scegliere i pi lunghi. Ma perch prestarsi, allora, lei che detestava perder tempo? Faceva parte della sua beneficenza privata, disse, e non volle aggiunger altro, aumentando il mistero. I personaggi sono entit strane. Prendere o lasciare, accontentandosi di quanto sono disposti a confidarti e basta; il resto: illazioni Aggiungeva anche: Se vuoi conoscere l onesto Seneca, non badare alle sue opere filosofiche: son sabbia senza calce; scruta negli orrori delle sue tragedie. Gli scantinati della sua anima giacciono l sotto. l che si confessa Donna complessa, innegabilmente. Io sospetto che la molla segreta fosse uno snobismo inconfessato, orgogliosa comera: amante di Seneca, hai detto un prospero?!... Immortalit garantita. Allora non ambiva ancora allimmortalit di imperatrice licenziata per usurpata e illecita concorrenza. (ahim, gi alla conclusione del maquillage, si controlla allo specchio). Misericordia, fa ribrezzo. Sta a vedere che ho esagerato. (non si sbaglia, il fiero splendore di Agrippina s accasciato nellopacit desolante e iettatoria del noto busto bronzeo di Seneca, mutandolo in un contorto e bronchitico tronco di vite centenaria percossa dal fulmine). Affidiamoci allimponenza restauratrice della toga senatoria. (largoprolissa, purpureolistata, se ne avvolge e qualcosettina la situazione migliora, ma non il caso di farsi troppe illusioni. Lestrema speranza rimane se avr qualcosa da dire. Luce impetuosa e Seneca morale gi a faccia a faccia allimpassibile tribunale. La prima impressione pessima). Due parole controcorrente, lor signori permettendo, da autore ad autore. Il grande teatro si fa solo coi cattivi sentimenti, coi pessimi caratteri, colla passione per leccessivo: col peggio delluomo, dove nulla quadra perch tutto quadra. E qui, ci saremmo. Per un teatro destinato ai fischi. Se ci cercano i consensi, starne alla larga. Io ne so qualcosa. Ma io credo in un teatro anche da leggere. Non avrei esercitato tanta influenza sul teatro da recitare, se non avessi avuto questa fede nel teatro da leggere; col rammarico di aver raccolto insuccessi in proprio, ma, in compenso, col conforto di aver accumulato successi per interposta persona E come far lamore in tre: quel che si perde da una parte, lo si guadagna dallaltra, tanto ci rimette il davanti, altrettanto se ne avvantaggia il didietro. Pi bravi di me? Pu darsi. Ma, intanto, tutti i successi elisabettiani, Mister Shakespeare, in un certo senso mi appartengono. Lei lo sa. Anche non pochi dei suoi. Se si inseguono gli applausi a pronto contante, ci si deve rassegnare al teatro piccolo; quello fatto coi buoni sentimenti, cogli ottimi caratteri, colla prudenza della misura, e col meglio delluomo, dove tutto quadra perch nulla quadra. E qui, non possiamo esserci. Dunque: grande teatro a prezzo di fischi, oppure applausi a prezzo di teatro piccolo. Paradosso? Paradosso dun paradosso. Ma, nel presente caso, il problema va spostato ulteriormente. Questo dramma non mai stato fatto intendo fatto come si deve perch non si poteva e non si pu fare. Dove e quando si in tre a contendersi, in ogni senso, un posto per loccasione. Il posto del supremo Comando - in grado di soddisfare, sempre in ogni caso, uno solo, si sta stretti: due, almeno, sono di troppo; o subordinati che ancora peggio. Ma, qui, nessuno disposto ad essere subordinato. Altro che questione di belle parole!... Per Agrippina si tratta di Potere al Potere: ieri. Per Seneca si tratta della Filosofia al Potere: domani, forse. Per Nerone eh, per Nerone si tratta della Fantasia al Potere la Disponibilit, lImprevisto, il Gioco nuvole: quando? Sempre o mai, chiss Troppi candidati a un posto solo, del quale tutti furono, e con buone ragioni, contemporaneamente protagonisti, elidendosi a vicenda, e mai rassegnati, nessuno, a tirarsi da parte, n vivo n morto: esclusi e onnipresenti. Tutti. Fare di codesta pluralit ununit. Chi ci riesce, parlo sempre da autore, ha vinto la partita. Ma fattibile? Dramma dellambiguit della, non delle? s e no. Per quanto sbattuti insieme, lolio con lacqua, non possibile che i due liquidi non restino separati per generarne uno nuovo. Figurarsi tre. Tre utopie nemiche, luna contro le altre armate. Tre ragioni e tre torti: tre s e tre no infilati sotto le stesse lenzuola, concorrenti a partorire un mostro ignoto, e pazienza; il genio pu questo ed altro. Ma in grado, il genio, di lacerare la barriera dellimpossibile? C qualcuno che se la sente? Si faccia avanti e benvenuto sia. Non sar io a tirarmi indietro, da protagonista tra protagonisti ad eguale livello. Ma non innaffio illusioni Comunque, non si sa mai. Nessuno pi orgoglioso di me, eventualmente, daver contribuito ad ispirare qualcosa di inedito. Ne dubito, per, fortemente. Da stoico patentato, che conosce largomento per averne trattato, in caso negativo, mi rimane la consolazione di una speranza: riparare, modestamente, se sar, quando sar e come sar, su un dramma al vecchio modo, vale a dire a protagonista unico, colle sue scene madri e ogni cosa a posto. Tutto per me. Nel diluvio di sperimentalit balorda e incoerente che, a quanto ne riesco a captare attraverso gli spazi, sta sommergendo il teatro, potrebbe essere unidea. Come personaggio, sono ancora tutto da indovinare. Mi attengo allessenziale, allo specifico senechiano, va bene? Secondo Seneca si capisce. (sempre chiaro ragionatore, nitido, elegante e distaccato, da retore pedante e da sottile psicologo di se stesso, che stato a scuola da Ruggeri): Cio a dire, sena alcunaltra risorsa se non la calma imparzialit, il saggio di stanziamento di una scettica e benevola malinconia,volta a contemplare me stesso, come se si trattasse di un altro: lorsignori mi consentano la contraddizione: con indulgente severit, poich pur stoicismo anche essere umanamente indulgenti con se stessi. (e, via, da sofista, come se fosse oro, ogni parola, pesata sul bilancino; sincera, magari, ma, pertanto, resa falsa, che destino!) Ipocrisia? Sono consapevole daver sempre corso tale pericolo. Dopo tante esercitazioni col de, Della sincerit loperetta morale che avrei dovuto scrivere e non scrissi perch non avrei saputo scriverla. Ma Della sincerit nellinsincerit, quale capolavoro avrei fatto!... Triste portarsi nella tomba, e sia pure stoicamente, il cadavere del proprio capolavoro, increato, come un procurato aborto!... o una gravidanza extrauterina, se si preferisce Mah, non si pensa mai a tutto per quanto si pensi Tra lo stoicismo, il mio stoicismo personale, e lipocrisia non ci passa che un capello. Non facile vivere da stoici. Soprattutto, non era facile vivere da stoici ai tempi di Nerone. Ed era addirittura inimmaginabile per una natura costituzionalmente sensuale, superba, ambiziosa, avida, avara, vendicativa; e per domarla, prezioso ma unico strumento: la nuda ragione, morbidamente applicata. Ora, ci si figuri una natura accomodante del genere, consapevole del proprio talento, persuasa del dovere e del diritto di porlo ponendosi - al servizio del paese, per cimentarsi nella sovrana, disperata e inevitabilmente fallimentare impresa di fabbricare la parola - , a costo di pagare colla vita, e lo pagai, il principe filosofo, onde realizzare, dopo let del sangue, let delloro. Il mio principe avrebbe dovuto essere Nerone primo, non Caligola secondo. Sogno di ingenuo visionario? Vanagloria di presunzione sconfitta? Arrivistico delirio di stolto arrampicatore sociale? Non escludo e non includo nulla. Ma quel capello, quel capello, che almeno non si dubiti di quel capello!... Lunghesso, come un equilibrista sul proprio filo dacciaio, riuscii ad attraversare il precipizio della vita, per tutta la vita: il mio capolavoro e il mio errore!... (e ci colloca una pausa in calare rallentato che vale una filatura del povero Tito Schipa, segue cabaletta): Ma basta parole; basta, dopo tante che ne scrissi per dimostrare, senza dirlo, che non ero quel che sembravo ed ero; e che non sembravo quello che ero e sembravo; tanto da non capire, di me, pi niente me stesso, come se fossi un altro che non conoscevo e, quindi, non capivo. Seneca una matassa ben aggrovigliata da dipanare. (perfettamente daccordo. Deve esser vittima di un attacco di meningite. Ma, sembra rimettersi abbastanza presto). Sembrava docile e disponeva di una caparbiet dacciaio, linganno era acquattato l. Agrippina voleva tutto e lo voleva subito, alla luce del sole. Si sentiva forte ed era la sua debolezza. Io volevo, forse, ancora di pi ed avevo pazienza, operando nellombra. Mi sentivo debole ed era la mia forza. Io cauto, lei impulsiva; io notturno, lei solare; daccordo e agli antipodi. Si sbagli entrambi, trascurando la sua imprevedibilit. Eppure, avrebbe potuto, e dovuto, essere chiaro fin dal principio Quanta parte di me stato questo principe? Tanta. Pi di quanto, io stesso, sia stato consapevole. Forse perch non ebbi figli forse per questo certo Ma s, una volta tanto, crepi lavarizia: Fidia, mettiamo, Fidia colla visione di un capolavoro rifinito: puro, netto, vivo, in testa: pensato e scolpito Ma il marmo da cui ricavarlo, gli si scheggia, gli si sbriciola, gli si polverizza sotto lo scalpello: dice no! Non era marmo, il suo marmo. Non ci aveva pensato, tanta era stata lurgenza di quella visione!... Pu darsi maggior sciagura?... E allora, le correzioni, gli accomodamenti, i compromessi... la speranza al posto della certezza la rassegnazione Ah!... La statua corrotta corrompe lo scultore O, magari, viceversa. Pu essere, lo ammetto. Purtroppo, accosto ai potenti, tanto facile diventar servi quando si ambiziosi, quanto difficile rimaner liberi quando si artisti. Ed io ero luno e laltro, combinazione avvelenata se mai ve ne furono Ma perch si pretende che, in questa storia di disfatti, solo Seneca dovesse essere integro?!... Si ha idea di ci che fosse Roma, allora?... Stretta nella morsa della propria grandezza, aveva mutato volto, non per mentalit. Alla grande. Sempre. Hanno pur udito Agrippina. Bene o Male, la misura rimaneva la medesima. La fierezza antica, cancro e droga nazionale, imponeva di mostrarsi giganti nella ricerca del piacere, non meno di quanto lo erano stati gli antenati nelladempimento del dovere. Una bestia mostruosa e indomabile accovacciata su un vulcano. Ricettacolo di ogni immaginabile depravazione, celebrata, esaltata, praticata colla frenesia insaziabile di una baccante ebbra che si rotola nel fango, sotto gli occhi sgomenti di poche macchiette, ogni giorno meno, che assistono allo spettacolo impaurite e derise: i Seneca, se si fossero comportati diversamente da Seneca!... Prima la pancia piena, i sensi soddisfatti e la borsa rifinita; poi, chi non ne pu proprio fare a meno, eventualmente, la morale come hobby fuori moda. Tutto lecito purch fosse illecito. Pare una barzelletta: senza essere meno marci, le persone pi intelligenti, colte e costumate, a quei tempi, erano ancora gli schiavi, i liberti, gli immigrati e qualche cortigiana pigra. Il vizio meno abbietto e pi ostentabile, tutto considerato, rimaneva la lussuria, dilagante in ogni forma possibile: segno, se non altro, di ottima salute e lodevole buonavolont nel mantener affollato il pianeta, coloro, sempre meno, che conservavano ancora il gusto per i buchi giusti. Figurarsi i vizi pi abbietti, mantenuti celati. Del resto, linvito alla sordida strippata scendeva da lontano. Ne era gi implicito il seme prosperoso nellaustera mascherata dei Padri della Patria, gli aghi della bilancia morale della grande Roma: Cesare, Ottaviano: di! Quando i sovrani si divinizzano, in guardia!, nove volte su dieci, solo per assolverli. In seguito la storia, si sa progredisce vennero gli altri a concimare, a far fiorire e fruttificare quel seme. A degni sovrani, pi degni sudditi. E il Senato ridotto un cimitero frequentato da spettri Io stesso, se raschio il fondo della mia coscienza Essere migliori degli altri non vuol dire essere diversi dagli altri, anche quando ci si sia preoccupati di far chiudere il sipario sullo spettacolo di una morte da manuale, confezionata per finire sui libri di lettura Con che merito, poi, quando ti eri reso conto che davanti a te, riposo per la cenere della tua vita, si apriva soltanto la tomba, in un universo in cui lunica risorsa, rimasta alluomo, per non vergognarsi di se stesso, era una nobile morte? Non pochi ne approfittarono: anche perch, molti di quei pochi, ne erano costretti; n io feci eccezione, se non nel modo, badando a congedarmi meno peggio degli altri, in una Roma che, ormai, era spettacolo e basta; scegliendo il tono di Sofocle al posto di quello di Plauto E io, insensato, in quella fogna, ero andato alla ricerca del marmo pario, per la scultura del mio principe ideale! C da stupirsi che non sia stato anche peggio di quello che stato: lui, un ragazzo disamato, i cui genitori, alle loro nozze il padre usciva dalle braccia della sorella, la madre di quelle del fratello Certo, fu limmagine sputata della Roma del suo tempo, cos come Roma lo fu di lui. La fotografia reciproca di due sfaceli. Non per altro, tutto il tempo che visse e che regn ma regn, poi, veramente? Ecco la grande domanda da fare, mai fatta rimase tanto insolentemente simpatico. Fu, persino, odiato con simpatia! Cosa che non si pu dire dellodio suo per me: uno strano odio, faccia attenzione, professor Freud; un tortuoso odio-amore, unavvolgente attrazione-repulsione, fermentata in zone inesplorabili dellessere, oltre il sentimento e la ragione; e che, non ho dubbi, mise in pericolo, fin dal primo giorno, la mia presenza, la mia esistenza stessa, al suo fianco. La sensazione un avvertimento dai precordi gi nellistante che sua madre me lo consegn per discepolo. Precedentemente, le occasioni di vederlo erano state rare. Della sua infanzia mera rimasta in mente la precoce curiosit interrogativa e vagamente ironica di un sorriso sveglio e, insieme, timido: il volto di un bimbo invaso da una perpetua espressione di offerta Damore E nessuno la racolse Forse, il poi dipese tutto da quello da quellofferta non raccolta della sua infanzia (da non credersi, un uomo simile, la schietta, lucida sincerit onde s messo a marciare. Evidente che ha infilato la chiave nella serratura giusta per aprire, una volta almeno, la meglio custodita verit del suo animo inchiavardato). Affidandomelo, sua madre, con quella inconfondibile voce di vetro, atta a decapitare ogni volont di chi investiva, disse, e fu il massimo possibile della sua benevolenza: Devi considerarlo come un padre. Un istante, e il viso di quel fanciullo di undici anni fu fulminato da un lampo di cattiveria talmente, come dire?... rappresa, concentrata, anche se subito dispersa, che ritrassi istintivamente la mano dal biondo dei capelli che stavo accarezzando. Lei non aveva avuto il tempo di concludere: Fatemene un sovrano, Seneca. Dovevo capire, in quellattimo, dalla spia di quellespressione, che la partita era perduta prima di incominciare e la mia sorte era stata irrevocabilmente scritta sul viso di quellinnocente. Ma come si fa a pretendere la saggezza nel momento stesso in cui sei gratificato alle stelle dal piacere della vanit? Nellaccanita illusione di revocare quel rifiuto senza appello nella bramosia, ma s!, di farmi voler bene, lo tirai su ad attenuanti a indulgenze a complicit e peggio, e peggio, e peggio in una tacita partita reciproca di perversit tollerate collaria di ignorarle, suggerite sotto la maschera di deplorarle incitate attraverso lapparenza di interdirle E lui, piccolo mostro perspicace, consapevole, attento e pronto ad approfittarne, ripagandole con avare dosi di distratto rispetto, acquistando spazio giorno dopo giorno, senza mai scalfire il diamante di quellodio in agguato paziente, rivestito di infingarda deferenza: presi, entrambi, nelle spire di una torbida volutt oh, la lascivia della mente! -: assaporare, daccordo, luno nellaltro, il progredire impercettibile e inconfessabile del degradarsi degradandosi scambievolmente: ambiguo passo a due di un inquietante balletto sotterraneo; apprezzato, viceversa, alla luce del sole, come il rito esemplare della magnanimit cortese tra il principe e il proprio precettore E, quando venne il tempo, seppi essere anche il suo primo ruffiano. Complicit clamorosa ma quasi innocente a misura di tante e tante complicit, o sommesse, ben altrimenti colpevoli Atte. Regnava da poco regnava per modo di dire. Sua madre teneva in pugno, alle sue spalle, lo scettro come una mannaia - . Diciassette anni e il primo amore. Gi: quello che non si scorda mai. E fu proprio cos: lui! La piccola oasi sempre verde, mantenuta viva, sino alla fine, da una limpida vena di puro sentimento, in uno sterminato deserto di aberrante aridit, abissi insondabili, dellanimo umano. Perch, io che fui la sua vittima pi illustre e ne assorbii tutto il veleno, posso dirlo: nacque, visse e rimase e giganteggi demonio, ma sempre con un residuo dellangelo ancora incorrotto; era la mala del suo fascino Atte. Unica a non abbandonarlo, riapparsa, memore e fedele, nel momento estremo ad abbassargli le palpebre sugli occhi sbarrati dallo sgomento di dover morire a meno di trentanni, e a dargli una sepoltura decente. Atte e, in disparte, latroce attaccamento, nel pianto silenzioso, di Sporo, il ragazzo dallo sguardo viola, mutilato in femmina perch aveva il volto ossessionante della trucidata Poppea. Loro due, i maledetti, del pi vasto impero della terra che aveva strisciato ai suoi piedi, esultando per il lezio di un sorriso e tremando per il ghigno di un silenzio, nei quali era stato maestroSolo loro, nel fango di quel cortile buio e deserto, in una gelida notte di pioggia, battuta dal vento Sicuro, anche quella notte pioveva Agrippina stata buona meteorologa. (un magistrale voltafaccia di tono): Hanno presente la Li della Turandot?... E il ricordo che ci vuole. Atte era una piccola liberta di palazzo, spaurita e bruna, cercava di non occupar posto. Veniva dallOriente, nonsisadove la cortigianeria! Quando si temette, addirittura, un matrimonio, si cerc di inventarle persino unascendenza regale, lei che non chiese mai niente, e la turba delle altre pretendevano tutto - . La piccina non aveva occhi che per il suo giovane sovrano perch, un d, nella reggia, le aveva sorriso; e lui non saccorgeva di lei; ma, quando se ne accorse, non ebbe occhi che per la piccina. Eh, il momento pucciniano, prima o dopo, esplode per tutti Agrippina!... Numi del cielo, si scaten linferno! Una tigre derubata del cucciolo e del maschio, in una volta sola Grande teatro: ferocia, follia e morte spalancate Conculcato cos, egli progett seriamente di abdicare per ritirarsi in campagna e dedicarsi allagricoltura, come il pastore Aminta. Allora, correva ancora, per lui, la stagione della bont, se tale pu chiamarsi. E il solerte Seneca, accorto lenone, architetta convegni segreti nellaustera discrezione della propria villa foranea, per la felicit di due ragazzi appena iniziati allamore. Si possedettero, per la prima volta, mentre io rileggiucchiavo Lucrezio, in un mattino dellultimo aprile, nel mio piccolo giardino, allombra della magnolia, inebriati da un olezzo di rose e di verbene, navigando in pieno primo atto di Madama Butterfly. (in malora la lsina, e sotto con Bimba dagli occhi pieni di mala. Il teatro fatto anche di codesti vellicamenti cardiaci, buoni a prevenire linfarto. Mica che, con questo, la musica di Puccini sia promossa un cardiotonico o un betabloccante. Solo, male non fa). E la mia grigia compagna, spiandoli dalla penombra umida del solitario triclinio, medicava, con un sorriso, la malinconia della propria sterilit Si chiavarono l cos per tutta lestate. Al sopraggiungere della cattiva stagione, lo fecero in casa. Io e Paolina li consideravamo come dei cari nipoti che si ricordavano di venirci a fare visita, golosi di ciambelle e di rosolio Fu un colpo ben assestato per ingraziarmi lui e spiazzare Agrippina. Almeno cos ero ingenuo da illudermi. E puntualmente, mi sbagliavo Poi poi poi mi pass accanto la Verit Ne ebbi lintuizione; me ne manc la preveggenza perch la preveggenza figlia del coraggio e, quanto a quello: una pianta stenta del mio giardino Quando penso Avrei potuto dare unaccelerata al torpido motore della Storia ritrovarmi addirittura nelle litanie dei santi, come quel Pietro, come quel Paolo dopotutto, sono pur finito giustiziato anchio Erano tempi che, a Roma, era possibile tutto: San Seneca martire ecco una carriera!... (ne sorride, ma se ne incanta, anche. Efatto cos). Trascurata, per una volta, la saggia norma del nonsisamai e perduta, per sempre, loccasione del grande avanzamento sul fronte della posterit E dire che ce la fece Virgilio, prima che tutto accadesse e senza mai averne nemmeno udito parlare! Collega fortunato, munito dantenne Quella era la carta su cui puntare. Se cera uno, allora, in grado di rendersene conto, avrei dovuto essere io Invece, disincantato, sconfitto, deluso, messo da parte, fallito nellambizione del Potere in nome di un migliore, pi giusto e pi alto Potere la carta sbagliata! mi sentivo vecchio, finito, in un mondo vuoto, irriconoscibile; retore stordito e tradito da belle, vane parole: letteratura e basta Tutto ci che avevo accostato mi si era incenerito Ma, proprio per questo, non avrei dovuto essere tanto cieco e sordo!... Uneco, uneco almeno, ma precisa, da irradiare verso lavvenire; non soltanto leco delleco di una leggenda immaginata!... Non sarei rimasto incatenato alla memoria di Nerone; ora sarei celebrato come un chiaroveggente battistrada di Cristo. Quando decide di vendicarsi, sa bene il proprio mestiere, la Storia Rumorosi unicamente nel non far rumore, tisica gramigna della gran pianta ebraica che si accaniva a perseguirli, quando lottusa arroganza romana si divertiva a non ignorarli soltanto per farne bersagli ai propri lazzi, si sentiva poco pi che parlare di certi strani esseri Miserabili, denutriti, macilenti, sporchi; vagabondi soddisfatti di nulla possedere, lieti di tutto dare; lingua in bocca con un dio unico, padre e non padrone; umano come loro, preoccupato di loro; quando non ci sarebbe stato che limbarazzo della scelta in un bazar stipato di di sovrumani, superbi, clamorosi, fracassoni e millantatori; che si preoccupavano degli uomini meno di quanto un elefante di preoccupi di un pidocchio tra le dita dei piedi Poveri di spirito, se non mentecatti del tutto, larve notturne e sotterranee, rimandavano tutto a unindistinta, ma certa, vita futura di pace serena, fuori dal tempo, senza n principio n fine, occhi negli occhi col loro dio. Parole inusitate, restituite a sensi desueti, risuonavano nelle loro misere agapi: carit, amore, umilt, perdono, fedelt, rinuncia, fratellanza, altruismo: fango tramutato in oro sulle loro labbra Tutti per uno, uno per tutti spendersi per il prossimo ignorare le offese resistere al male Sulla citt tornava ad albeggiare il pudore Quale miele consolante per lanimo di uno stoico che fosse veramente stoico I loro pensieri parevano piccoli, insignificanti, inerti, fanciulleschi: oppio da schiavi, da gentaccia, da donnette; regressione a un arcaico analfabetismo dellintelletto a favore di una misteriosa sapienza del cuore: farsi pecore in una foresta di lupi E quelle pecore avrebbero dato fuoco al mondo, e quelloppio avrebbe mosso le montagne e quei pensieri piccoli avrebbero rovesciato il volto dellumanit. (gli si regalino un paio dore di narcisismo per assaporare la droga inebriante di quel malinconico ricordo, prima di farsi fotografico cronista di se stesso). Rattrappito dallartrite, sedevo, tirando sera, nella penombra del crepuscolo di un piovoso giorno dautunno, tentando di intiepidire le mie vecchie ossa a un ceppo che ardeva nel camino e movimentava di ombre la stanza. Forse avevo lanimo predisposto, in quellora languida e viola, per essere colmo, una volta di pi, dellineffabile incanto precristiano respirato colla quarta egloga di Virgilio appena riposta nelle pieghe della toga. Entra Paolina, col suo passo ovattato, ormai inudibile alla mia incipiente sordit. Posa una lampada sul tavolo e fa: D un po unocchiata, Anneo, se ne hai voglia. Circola, tra i nostri servi, questa sorta di nepente. Gli bastano poche righe e ogni animosit si acquieta. Sorridono e si addormentano, dimenticandosi di staccare il fiore di quel sorriso dalle labbra. La lettura come tranquillante, ironizzo io. Pare. Posa l, faccio, congedandola in attesa della nostra solitaria e parca cena Allungo pigramente il braccio e mi trovo in mano un libercolo logoro, spiegazzato, unto. Svogliato, disattento, comincio a scorrerlo, via via, sempre pi preso Era una povera storia di povera gente, di un povero paese lontano, che parlava poveramente di uno di loro, soltanto pi sapiente di loro e dal cuore pi grande del loro, sufficiente a suscitar prodigi; e, solo di questo colpevole, veniva crocefisso: una storia narrata da uno poco in confidenza colla sintassi, che sbagliava le doppie e non conosceva il punto e virgola: un tale Marco. Ah, quellora!... Purtroppo, non dur che unora. Ma, in quellora, capii tutto. Se non avessi capito, non avrei commesso linsensatezza cosa potevo sperare? - , limpulso irragionevole, il giorno dopo, di portarla al mio allievo per fargliela conoscere Me la restitu ventiquattrore pi tardi, col ribrezzo ostentato di non toccarla nemmeno con un dito. Maestro, disse, con un beneducato sarcasmo, non trovate inopportuno introdurre a Corte una specie di libro conciato in tal modo? Se non al mio naso, un po di riguardo alletichetta. Avrebbe potuto essere un sardonico discorso di sua madre, in un raro momento di sinistro buonumore. E questo fu tutto lincontro di Nerone con Ges. Cercai di conoscere anche Paolo, il diffusore del messaggio. Non vedeva lora. Era alla posta, come il cacciatore, della preda. Mi trovai davanti un commesso viaggiatore fanatico, abilissimo nel reclamizzare la propria mercanzia Un uomo capzioso, perentorio, astioso, diffidente, permaloso, collerico e sgradevole; un testone sproporzionato al corpo tozzo, sulle gambe corte e storte; col genio nello sguardo una sconfinata superbia della propria umilt e il minimo della tolleranza nel propugnare il massimo; ma con un pensiero fisso acceso nel cranio come una fiamma: la certezza che, un giorno, Cristo e Cesare sarebbero andati per le vie del mondo mano nella mano. Ricordo una frase pronunciata come incisa nel bronzo: Si deve odiare chi non sa amare, e mai perdonare chi non sa sempre perdonare, costringendo gli altri a lasciarsi voler bene, con ogni mezzo, costi quello che costi. Come scrittore, avrebbe potuto tenere del Tacito arrabbiato; invece andava a punti esclamativi, come Victor Hugo. Mi voleva convertire a colpi di ostensorio. Il cristiano era gi un cattolico. (ma cos sto fracasso? Il dies irae della Messa di Verdi? Appunto). Non mi fece una buona impressione. Non ritrovai pi quellora. Era un notorio grafomane e si mormor che ci fossimo anche scritti ripetutamente. Lo nego. Forse, avrei fatto meglio a conoscere quel Pietro. Ecco, come Seneca fu cristiano solo per sessanta minuti. Il resto son pettegolezzi di letterati e se ne possono informare dagli altri. Personalmente, non ho altro da dire. Compermesso. (unaltra dissolvenza ombra e suono, e gi spicca, lucente, intento a ritrasformarsi, con petrolinesca destrezza, da Seneca a Nerone. La decifrazione del suo discorso trivalente non tempo perso, anche perch non , poi, cos difficile. Come ogni gioco, tutto si riduce a possederne al cifra). Cera da aspettarselo: la rivolta del generico-primario! Gratta il generico-primario e scopri un perpetuo primattore in agguato. Le pugnalate alla schiena sempre lui a vibrartele. Fatto caso? Cos, non parendo, ha tirato il sasso anche stavolta. Inequivocabile: pone la propria candidatura a un copione tutto per s. Altro che pettegolezzi. Il resto non son che sovrastrutture saggistiche per darla ad intendere E cos, anche lui, ha tentato di mettere in cornice il suo autoritratto. La fatica di tener a bada un personaggio!... Che se, poi, allenti, appena il guinzaglio, ti schizza via per conto suo e ti puoi aspettare di tutto Sentito? Cento occhi e una frusta da domatore, ma, con Seneca, non la si spunta facilmente. Inamovibile. Tale nato e tale rimasto. Prvati a sparare contro un materasso!... Non c colpo che non assorba Per, tanto di cappello: un carattere: il carattere del senza carattere, che il pi gran carattere che ci sia La solita tattica, monotona, indefettibile e anguillesca: recitare un accesso di sincerit, denunciando il meno per contrabbandare il pi, e ce lha fatta a darla ad intendere ancora una volta Bel colpo quellappropriarsi di Puccini. Chi ci avrebbe pensato?... Sordo, artritico, arteriosclerotico, con un piede nella fossa, ma, per essere una testa, sempre una testa Avesse avuto, poco, un dito di coraggiomacch di coraggio di dignit e, con lui, non cera nulla da fare E pensare che ho coltivato il rimorso di non provar rimorso daverlo spedito allaltro mondo. Sar stato poco fesso?! ( Nerone, intero, ora, che parla, consapevole di ci che andato ridiventando man mano che la trasformazione procedeva. Infatti, siamo giunti al momento di infilare la tunica imperiale. Diversa dalla precedente. Rammentarsene: Nerone non indoss mai una tunica pi di una volta. Forse da fanciullo e da adolescente: da sovrano, mai. Quelle smesse le avranno date alla San Vincenzo da distribuire a chi ne aveva bisogno. O vendute sottobanco a qualche collezionista dai gusti particolari, presumibilmente non rari nella Roma del primo secolo). Robetta, questa tunica, in confronto alle tuniche doro, a crochet, di zio Caligola. Pesantine, ma autentiche cannonate: il sole gloriosamente acceso addosso a racconsolare la impenetrabile malinconia lunatica di quelle dargento, araldico rituale dellesoterico teatrino della sua privata follia saturnina Mi piace il colore... Questo verde mela, odoroso derba e fresco di primavera, fa venire voglia di riprendere in mano le Bucoliche. Ma, soprattutto, fa giovane senza sbattere la cera. La porto oggi e, domani, ne faccio dono a Sporo. Gli star bene e me ne sar grato. Mai indossare due volte lo stesso abito, salvo, per forza, lodiosa toga senatoria. Se non altro, nel guardaroba, limperatore me lhan lasciato fare. (luce e trombe per tutti, e rieccolo al commento della propria personale ribalta): Seneca s difeso accusandosi: Nerone si accuser difendendosi. S, vero: ebbi quel lercio libercolo. Ma senza una parola. Avrebbe dovuto spiegarmelo, quel vecchio iettatore. Se ne guard bene. Lo fece apposta: cieco lui, ciechi tutti. Si piange addosso sulloccasione che ha perso lui; e quella che ho perso io? Nello spettacolo, avrei potuto interpretare la parte di Costantino e son rimasto confinato a quella di Erode. Come ricevere per posta il copione di Otello e scegliersi la parte di Iago! (e avanti, volendo, svagato, sullala leggera dun sacrilego umorismo; e, magari, impercettibile, in sottofondo, regista consentendo, il valzer della Vedova allegra). Costantino mi avrebbe facilitato anche un secondo problema che mi stava a cuore: quello della lapidaria frase storica da pronunciare in punto di morte. La frase che ti garantisce, come unassicurata con ricevuta di ritorno, la consegna della posterit. Prima di scegliere quella buona, ne avr scartate, dico poco, cento. stata unossessione fino allultimo E se, giunto sul passo estremo, me la fossi dimenticata mi fosse mancato il tempo materiale di pronunciarla qualche banale contrattempo me lavesse impedito se non fosse stato presente qualcuno a raccoglierla?... Peggio di tutto: se avessi sbagliato intonazione o fatto una papera?... Capitava a Ruggeri che era Ruggeri! Figurarsi un povero Nerone moribondo!... La mia frase, s, ne sono consapevole, stata mica male, la sua strada lha fatta ma c stato di molto meglio Vuoi mettere come Costantino?!... Eppure, mi sa tanto che, a gioco lungo, il personaggio mi sarebbe venuto in uggia. Tutta la vita, opere pie C da uscirne ebeti. (dora in avanti, locchio prevalentemente dardeggiante verso il Divino Marchese): Non , per niente, un farmaco indicato per lo sviluppo dellintelligenza, il bene. Posso garantirlo con cognizione di causa. Guardo lei, signor marchese, maestro in argomento. Prego: un po dattenzione. Io conobbi anche la bont. A onde. La praticai pi di quanto i mass-media abbiano interesse a far sapere. Perfino, con sconcertanti ricadute, conobbi la bont notare, prego, il senso inedito, vagamente sinistro, che la parola bont assume sulle mie labbra - . E quando feci il bene, lo feci asetticamente e disinteressatamente. Mica come mia madre e come Seneca, capaci, persino, di qualche buona azione, ma solo se poteva recargli vantaggio. Il mio era un bene fatto unicamente per il gusto e col gusto di farlo. Gratuitamente. Alla Gide. Mai sentito nominare? Come capriccio, come fantasia: come vizio. Sicuro: come vizio, tanto perch non ne mancasse nessuno. Che male c fare il bene come un vizio? E che senso ha farlo come virt? Il piacere di cedere anche alla tentazione del bene. Nessuna, nemmeno la pi contraddittoria, doveva rimaner esclusa dal patrimonio del maggior collezionista di tentazioni mai esistito Io so tutto sul bene praticato come vizio. Sono unenciclopedia. La facolt di criminalizzare tutto ci che tocchi! Chiamalo niente! Accessi. Veri e propri accessi: il povero Britannico di epilessia, io di bont. Ogni tanto raramente - , ero investito dal demone di interpretare la parte del mite, del mansueto, del generoso; residui dinfanzia. E come se ci davo dentro!... Ero bravissimo. Riescono a figurarsi, per un attore, la ripresa di uno dei suoi cavalli di battaglia? Facciano conto. Chi non ha conosciuto la tentazione della bont non ha conosciuto niente. Non c orgasmo che la paghi lattrazione dellopposto! Hanno mai goduto di deflorare una vergine lei, marchese?... Niente, al confronto La bont fatta peccato! Non se ne ha idea Da cristiano esemplare, a beneficiarne erano, naturalmente, coloro dicono che lo meritavano meno, senn che piacere era?: i diversi, i letterati, le fallofore, i musici, i mimi, i circensi, i gladiatori, che odoravano di belve, di sangue e di sudore; i maledetti da Dio, la sacra feccia: larte, larte!... Era inevitabile: si affogava nella pace, nel benessere, nelle digestioni laboriose, nelle coscie torpide e grasse delle perfezioniste del sollazzo, prive di fantasia o in quelle dei froci che ne avevano troppa: nella banale normalit della dolce vita, insomma. Lo svantaggio del bene, vedono, che concede meno passo allimmaginazione. I suoi occulti e inevitabili nemici sono la monotonia e la noia. Ci si stufa presto del bene perch meno generoso. Sempre ponderato, previsto, calcolatore, egoista, plebeo e malinconico. Il male no: estroso, imprevedibile, prodigo, disinteressato, aristocratico e allegro. unarte. Le sue disponibilit sono inesauribili. Si mettano, se ci riescono, dal punto di vista di un uomo di teatro. Il bene come replicare, tutte le sante sere, lo stesso copione. Il male come cambiare rappresentazione ogni sera scoprire, inventare, sorprendere, improvvisare, essere diversi di continuo, battimani o fischi che siano Il male pu stancare, questo s: annoiare mai, dico giusto, marchese?... E sorprendente, resiste a tutto, il male Lhanno pur constatato: io ho resistito financo a Puccini. Non da tutti - Ma, oserei dire il male pu concedersi addirittura il lusso di giganteggiare, trascurando la vanit, cos umana, di ostentare il proprio biglietto da visita: a tali vertici di nobilt e snobismo pu spingersi. Cosa che non pu permettersi il bene, sempre un po borghese, un po esibizionista e, spesso e volentieri, detto fra noi, anche dopolavoristico; sa di gita popolare per dipendenti dazienda in ritardo sul bagno Linnocenza del male!... Sublime Faccio un esempio. Tutta quella cagnara sulla persecuzione dei cristiani: sacrosanta. Per carit: nulla da eccepire: un episodio crudelissimo, atrocissimo, vergognosissimo, non fossaltro per la sua inutilit. Ha fatto epoca. Non si potuti arrivare n al numero n allorganizzazione dei tedeschi: ma, una tantum, messi sulla buona strada, s Concesso tutto. Per, vogliono conoscere la verit vera? Forse, s, posso, anche, essere stato io a ordinare di dar fuoco a Roma. Non lo escludo. Bene: parola donore, non lo so. Le cose saranno andate pure cos. Per, sinceramente, ripeto: non lo so. Male innocente? Tutti erano al corrente del mio fanatismo per il canto dell Eneide che celebra lincendio di Troia. Non facevo che rompere i coglioni al mondo intero il bravo era non farselo dire in faccia declamandolo a destra e a sinistra, a nobili e proletari La fiamma bella! La fiamma bella! Mi pu essere sfuggito un: Che orrore quelle catapecchie, quanto ci guadagnerebbe la toponomastica se non ci fossero!, ma lordine, proprio lordine sputato: Toglietemele dalla vista, che, poi, le facciamo riedificare meglio dallarchitetto Piacentini, non riesco a ricordarmi, se lho dato o no Forse non mi sar venuto in mente Avranno indovinato la voglia si saranno suggestionati Sar stato qualcuno, credendo di farmi un piacere Tigellino mah La cortigianeria capace di ben altro.. O, magari, lavranno fatto proprio i cristiani. Hanno pur diritto anchessi, alla loro latta di benzina!... Prendevano tutti delle iniziative. Ogni scusa era buona per chiedermi di cantare e io, non lo nego, ci giocavo. Per dire le pompe, i casini del male quando decide di mantenere lincognito. vero, pu stancare, il male, questo s. E qualche volta accaduto anche a me, lasciandomi svogliato. Ma un piccolo, bianco seno morbido di giovane donna, sul quale addormentarti esausto, a recuperar lena, quasi come su quello della sfavillante Agrippina, si finisce pure col trovarlo; ma la possibilit di ritemprare la volont, spegnendo lo sguardo lungo le liquide lontananze del glauco Mediterraneo ti sempre offerta (senti, senti: La mer, del Claudio (Debussy).) tutte risorse precluse al bene, sempre cos affaccendato, piuttosto bacchettone, piuttosto permettono? sindacale, ecco. E allora?... Devo confessarlo: in fatto di male, io sono ottimista. Su di esso, si pu sempre contare. Non mha mai deluso, voglio dire. Certo, bisogna saperlo fare. Mica, come certi dilettanti, degradarlo alla stregua di un torneo di bocce, in maniche di camicia. Il male non si pu fare colla barba lunga. Il bene non ci fa caso, ma il male s; in altre parole: non da dopolavoro Il male di Tigellino, esempio, mi dispiace dirlo, era puro dopolavoro: caserma. Collattitudine di cui disponeva!... Tutto il contrario, Petronio. Meno predisposizione, per un male all arpge, uscito da un college Lo sbaglio, vedono, sta nellanteporre la quantit alla qualit, siamo sempre l. Mi spiego. Invadi un paese che non ti ha fatto niente, poni lassedio a una citt che ti ha fatto meno ancora, la espugni, la radi al suolo, elimini radicalmente la sua gente che non hai mai visto n conosciuto: ordinaria amministrazione, prassi corrente di ogni militare, poco che conosca il proprio mestiere: il male palese e macroscopico che entra nella storia, il male in serie: allingrosso Per, forse, c di meglio. Te ne stai alla finestra a medicare la tua malinconia ebbe le sue malinconie anche Nerone perso nella sfinita nostalgia del canto del tuo prediletto usignolo. Scorgi passare per la strada un poveruomo sconosciuto. Pensierino manigoldo: uno dei due, il tuo usignolo canterino, oppure il poveruomo sconosciuto, deve essere cancellato dalluniverso. Stabilito dal Fato. Tocca a te decidere. Novantanove su cento, lasciano in vita lusignolo. Aldifuori, non trapelato niente: il male in esclusiva: da boutique. Sempre pi raffinato: una madre mamma, maternit, il sacro monte della bont e i suoi figli, due o venti, fa lo stesso. Pensiero assassino: uno dei tuoi figli stato condannato a morte. Due o venti, fa lo stesso. Pensiero assassino: uno dei tuoi figli stato condannato a morte. A te la scelta. Quale? Se non scegli, tutti Kaputt accaduto - : il male da collezionista. Il male capace di virtuosismi del genere. Io son venuto grande con questi giochetti. Ne feci, se posso usare una parola da cerimonia, ne feci una filosofia esistenziale, mentre quellaltro l, mi titillava le meningi con lo stoicismo. Come capofila della generazione perduta, dovevo pur cercare di distinguermi in qualcosa, non gli pare? Perch racconto tutto questo? perch, qui, tocchiamo il punto chiave. In una cosa ha ragione il vecchio: il grande teatro non si fa col bene, si fa col male. Su questo punto non ci piove: Shakespeare e Dario Nicodemi. E, in me, idee, sentimenti, azioni: tutto, i molti vizi, le poche virt, assumeva, naturalmente, dimensione, prospettiva, tono, deformazione, colore e calore unico, sempre quello: teatro. La vita come teatro. Io ero il teatro. Il leggendario: Mi uccida pure, basta che regni di mia madre, in risposta alla fattucchiera che le aveva predetto la morte per matricidio; loperettistico principe filosofo del precettore, Socrate in edizione economica: te li raccomando: la verit nuda e cruda che avrei potuto essere un imperatore soltanto come loro mi volevano. Fantoccio, facciata, paravento. Mi avevano allevato a tal fine! A regnare, in realt, per interposta persona, sarebbero stati: o mia madre, oppure Seneca. La partita si sarebbe combattuta fra loro due. E, infatti, ognuno a suo modo, cominci subito. Non avevano tenuto conto di aver a che fare con un individualista. La comparsa non era il suo ruolo. Non potevo essere un imperatore autentico? Il rimedio, la salvezza, li avevo a portata di mano: la mia natura. Avrei interpretato un imperatore da teatro. Ma teatralmente, da Grande Teatro, quello, appunto, possibile solo col male. Tito, il magnanimo, la delizia del genere umano, dopo cinque minuti fa dormire. Ma Attila, Gengis Khan, Caligola, Ivan il Terribile, Riccardo terzo, Stalin, Adolfo li indovino tutti sorridere, laggi in platea quelle sono parti! Interpretazioni memorabili. Per un attore nato, era tempo perso soltanto pensare di pensare di porsi il problema. Fui un imperatore da ribalta, categoria mostri: per gioco: falso, tutto apparenza; ma dalla testa ai piedi, estremistico, in ogni momento, collimpegno di superarli tutti, libero e divertito da scoppiare: fino in fondo. E proprio i due compari che mi avevano rubato il posto furono in grado di accorgersene. Per me, fu un gioco; per essi, signific la pelle. Tutto consentito. Paradosso dei paradossi: Seneca mi dedic un trattato a dimostrazione che potevo, e dovevo, fare tutto ci che volevo. Mi interessava tanto essere imperatore?!? Quello che mi premeva era recitare, e recitare bene, la parte dellimperatore; meglio di chiunque lavesse mai recitata prima e lavrebbe mai recitata dopo. Quante volte lo devo dire? Il mio emulo non era Alessandro Magno, era Ermete Novelli. E ci serva da risposta, anche alla domanda che brucia il culo a questo ansioso commediante visionario, collega carissimo, del resto, che si sbullona a cercare di interpretarmi, palchi e sottopalchi, da dentro, come pu, qui davanti a loro; preoccupato di tirarmi dalla sua, quando se c uno che non ne ha bisogno proprio lui, gemelli, partoriti dallo stesso grembo, quelli siamo, due in uno. Hai capito, adesso, caro perch Nerone? Nerone il teatro, sordido e sublime, patrono di tutti i teatranti. Altro che come lo chiamano quello l?... San Genesio, figurarsi!... Fuori i suoi successi! I suoi titoli? Ma chi ? Non nemmeno commendatore. San Nerone, semmai. Quello s! Che scene, la mia vita, che situazioni, che colpo di teatro, che battute!... Spettacolo, spettacolo, indigestione di peccato, sempre. Anche in questo momento. Mai un cedimento, mai un riposo, mai un luned. Mia madre venuta a dire: Perfino il rimorso disdegn di occuparsi di te. Quando uno decide di non capir niente Ma non era il rimorso, era la rappresentazione del rimorso, linterpretazione di Oreste a cui tendevo io. Per me, dentro di me, prima che per gli altri. Finzione? Appunto! Finzione: la vita come finzione perenne, vale a dire come Arte. Seneca, a bassa voce, pensava dicendo, ad alta voce il contrario che avrei potuto aspirare alla gloria e mi accontentai del successo; al successo e mi appagai degli applausi; gli applausi e mi bast la claque: vanit in luogo di ambizioni, spettatori al posto di amici. Rido. Ha scoperto lombrello. Coerenza. Nulla di pi. Nulla di meno. C un attore tra il pubblico, un attore sul serio, di quelli del mio stampo, che non esistono pi? Risponda lui. Tu, Benassi, esci fuori, se ci sei!... (evidentemente non cera, perch non s alzato nessuno. Anche gli ultimi rimasti, stavano a battere alla porta del Piccolo Teatro. Ma perch, improvviso, lo strappo di una sorta di ghignante lacerazione?) Rappresentarsi per esistere: fingo, dunque sono!... I momenti di vitalit sovrumana, con tutti i sensi in gloria, quando sentivo la parte!... Morta, lavevano composta nella sua veste bianca. LErinni impassibile, la gelida baccante, linesausta criminale, ora sembrava una severa e serena vestale dormente. Nella maest della morte, la sua statuaria bellezza aveva assunto la purezza fredda e incontaminata del marmo. Il ghigno beffardo che aveva reso inaccessibile quel volto, sera inclementito in un tenue sorriso: il primo sorriso di Agrippina era un regalo della morte. Indossate le vesti del lutto per lultima finzione un costume per ogni situazione - , la contemplavo in silenzio assediato di sospetto; e, mio malgrado, investito dalla cavalcata dei ricordi, la soddisfazione daver schiacciato la serpe, mi si stravolgeva, insensibilmente, nella coscienza di una perdita senza rimedio, nel presagio di unimmedicabile solitudine, che avrebbe riportato altri ricordi e altri e altri, ogni giorno, per sempre. Fissavo quelle palpebre abbassate, allucinato che, in forza del mio sguardo, potessero tornare a dischiudersi, capovolgendo unaltra visione: un meriggio estivo di tanti anni prima, quando era stato lo sguardo di lei a far dischiudere le palpebre a un adolescente ignaro, addormentato in riva al mare e poi, tanto naturalmente, era potuta accadere la cosa tanto innaturale Risentivo, con affascinato orrore, strisciare, lieve sulla mia fronte unica carezza ricevuta lindice destro delle sue bianche mani fredde, dalle lunghe dita scarne; e lo rammentavo, quel dito, frugare le gengive del capo mozzo di Lollia Sabina, alla ricerca del dente soprannumerario onde era nota in tutta Roma: la carta di identit in bocca e la volle controllare Tutto, la mente recuperava, tutto quanto solo una servit, che era stata un riscatto, aveva reso possibile: le estasi proibite comunicatemi dalla sua lussuria silenziosa ed enigmatica, lumiliante piacere della sottomissione, i desideri sospettosi, le gelosie devastanti, lanimo inquietato, ogni volta, dallo stesso misterioso rossore; e sempre un esame, unemulazione sottintesa, feconda dodi, con tutti coloro che lavevano goduta, che la godevano e lavrebbero goduta, prima, durante e dopo di me Subiva lamplesso come un tributo dovutole da un suddito sottoposto. Lavevo potuta odiare come lavevo odiata, perch lavevo amata come non ero riuscito mai ad amare alcun altro essere al mondo. Lo credevo un tormento che finiva ed era unangoscia che incominciava Il suo corpo era l, algido ma vittorioso del tempo, fissato nella propria bellezza incorruttibile E mai pi mai pi Mi parve la sua vendetta, venuta a sancire la sua vittoria In quel punto, allora, al cospetto di quel cadavere: la tentazione estrema, inimmaginabile, lunica tentazione a cui nemmeno Nerone os cedere: gli manc lanimo di cogliere quellattimo di assoluto, il numero mancante del catalogo ma, forse dipese, anche, perch cera gente. Tra i Romani, la privacy non si sapeva nemmeno cosa fosse Mia mamma. (fermate il disco! C Claudio Villa che ne ha approfittato per mettersi a cantare: Mamma. Ma, forse, il regista e linterprete non arriveranno a tanto). Viceversa, anche con regia incorporata, quella che non mi ha mai finito stata la mia morte. Squallida, poco motivata, tanto per tirar gi il sipario. Qualcosa non funzion: la sceneggiatura, il dialogo, la messinscena?... Io stesso troppo identificato col personaggio? Chi lo sa? Si pu essere attori consumati e sbagliare uninterpretazione, una scena, una battuta. Il teatro una bestia imprevedibile Non si sa mai come reagir Forse, ci sarebbe voluto Rossini a scuola da Wagner Bench, pensandoci, proprio nel suo sgangherato squallore, si potrebbe individuare la moderna originalit di una morte cos Gi non ho mai capito una cosa. Da un momento allaltro, licenziato e schiacciato come una cimice. La miseria, non si scaraventa sul lastrico uno, senza lasciargli nemmeno il tempo di infilarsi le scarpe! Perch, ho dovuto battermela a piedi nudi, delicati come li ho Non si pretende la fine impennacchiata e pontificale di un Luigi di Francia, presente ed ossequiente la Corte, persino quando fai i tuoi bisogni; ma nemmeno la caccia al lupo: minimo, lasciargli tempo che smettesse di piovere. Si danno gli otto giorni anche a una serva!... Io era dispostissimo a cedere il posto. In confidenza, ero anche un po stufo di quella parte. Cominciavo a sentirmi prigioniero della libert che mero data e non che ci avrei pianto su dovendo ritirarmi a vita privata. Cerano cos dei bei siti, sparsi darance e di limoni, tra cielo e mare, nei dintorni di Napoli, dove era vissuto quel misantropo di Virgilio E, oltre il mare, lEgitto: enigma, oro e lussuria io, pendolare del sesso. (molto discretamente e purch ad occuparsene fosse Beniamino Gigli, nulla osta il riascolto di Cielo e mar. Dopotutto, il suo leitmotiv. Il sogno: tradurre in prosa lopera seria trattata da opera buffa, amalgamata allopera buffa trattata da opera seria!) Che diamine, tra gente civile, ci si siede intorno a un tavolo e si discute. vero, mero fatto prender sul serio quando facevo per gioco, e per gioco quando facevo sul serio, ma si sarebbe pur dovuto considerare che li avevo fatti divertire per quattordici anni. Mah Io non ho mai avuto una testa politica e pu essere, come altri prima e altri dopo, che non mi sia reso conto che lo stromabazzato Impero Romano, in realt ipocritamente fu sempre una repubblica di facinorosi, provvisoriamente sospesa, data in appalto. Stufi di te, senza tanti complimenti, con una scusa o con laltra, o anche senza scuse, ti buttavano nella spazzatura come delle ciabatte usate, per indossarne un paio di nuove, senza accorgersi di aver sbagliato numero: o troppo larghe o troppo strette. Non di questo che mi lamento, ma della mancanza di fair-play, s Un tempo, poi!... Da polmonite. Vento, acqua, fango, buio pesto, un freddo boia; braccato, travestito, scalzo E ancora che Epafrodito, tanto perch, alla rappresentazione, non mancasse il personaggio obbligato del liberto fedele, si prest a nascondermi in quella sua catapecchia lurida, puzzolente, piena di cimici, oltre gli orti. Con tante porte amici, beneficati!... battute lungo la fuga, una che si fosse aperta! Tutti partiti per il week-end. Tigellino, che era Tigellino: lo scusassi ma stava a letto con trentanove di febbre Presenti soltanto i due che non avrebbero avuto niente da guadagnare e tutto da perdere ed esserci: due paria maltrattati: Atte dal cuore di luce; lavevo cercata, disperato, dopo la morte di Poppea. Dolce ma ferma, maveva pregato di dimenticarla quellultimo seme di amore verace avanzato nel mio animo - . Sera fatta cristiana e chiedeva solo oblio. Adesso, era l Atte e Sporo: lincomprensibile Sporo, eterno silenzioso; triste, fido e costante, con quello che gli avevo fatto subire, quando, sempre per via di somigliare, come una goccia dacqua, alla cretina-cigno di Poppea, coscia dalabastro, lavevo sposato, guadagnandomi, per tutta Roma, il nomignolo di vedovo allegro Solo loro, Atte e Sporo. Perch?... Son secoli che me lo domando. (prolungate da echi intrecciati, alonati di arcane risonanze, giungono, da distanze siderali, due voci, una femminile e una maschile: E stato il mio unico amore Gli ho voluto bene) Sempre pi impaziente, pentito della propria imprudenza, Epafrodito: dentro e fuori, avanti e indietro, non vedeva lora che la caccia finisse. Urgevano altri padroni da leccargli il culo. Io, gettato su quel lercio saccone imbottito di paglia, incerto forse questo fu lo sbaglio fra la sincerit di una morte da vigliacco la paura fu lamante stabile di tutta la mia vita e la finzione di una morte stoica, che potevo fare? Come tutti i cinici, aspettavo un miracolo. Quando non ne pot pi, fu Epafrodito a prendere liniziativa: Qui, bisogna decidersi, maest disse Lei chiude gli occhi ed questione di un momento. Non sentir niente. Meno di strappare un dente Le do una mano io, lei non ci pensi ci so fare. Accidenti, se ho sentito! Bene, anche su codesto particolare non ci crederanno sono rimasto con una curiosit. Quanto spinse lui, quanto spinsi io per far penetrare il gladio dove doveva penetrare la gola - , ho ancora da saperlo. Se hanno un momento di pazienza, gli faccio vedere. (azione duna gestualit accademica da manuale, col gladio opportunamente a portata di mano; mentre, si capisce, fuori continua a imperversare la tempesta. Fa venire in mente il temporale del Rigoletto. Una caduta teatrale con scenica scienza e batte clamorosamente la cervice sullimpiantito). Urca vacca, che male!... Il mare thalassa thalassa. E qui, immaginino un secchio di sangue. (giace immoto, per tornare subito, di scatto, a sedere e una gran sberla sulla fronte): E ci ho pensato tutta la vita! Domando scusa: Che artista perisce! (ma lo si indovina soddisfatto pi no che s. Ancora un momento soprappensiero). No Quale artista, perdi, o mondo!... Meglio cos, senzaltro, meglio cos. E fa agonizzare il punto esclamativo nei puntini. Non si mai finito di perfezionare una battuta fino allultimo: Quale artista, virgola pausa; perdi, altra virgola altra pausa meno lunga oh mondo! Col rantolo o no?... (onore al merito: lha detta stupendamente. Resta esanime, compianto dalla marcia funebre della morte di Sigfrido che, forse, sarebbe troppo; o da quella di Cavaradossi che, forse, sarebbe troppo poco. Ma il problema rimane insoluto per linterruzione del telefono). Fosse mai quel rompicoglioni del Galbusera!? (stanco ronzino sfiancato, si alza per recarsi allapparecchio, cominciando a sfilarsi tunica e parrucca, met personaggio e met interprete). Cavaliere, lei chiama sempre nei momenti meno opportuni Pardon. Che gaffe imperdonabile. Parla sul serio? Il bardo?!... In persona?... Sono confuso Dica, dica, son qui col cuore in gola, si figuri Allora?... Niente? Non lo interessa Ma, guardi che Come fa a dire che va bene cos?... E solo per bont Daccordo anche gli altri?... Scherza Parola donore?... Cos?!... Deve rimanere, dice, una liturgia tra istrioni?... Incomunicata?! Perch incomunicata?... Cio?... Una Come?... Unepifania del nume e dei suoi accoliti!? Un mistero glorioso, intendo una messa, insomma concelebrata, mi pare che si dica concelebrata. Vedo S, s, tutte le sere, una messa Per, non applaudono. Sente? Non applaudono Come, non importa? Lei lo sa meglio di tutti: il sipario che scende senza applausi, per un attore, la morte (e, accasciandosi, svuotato, ai piedi del telefono): S, s come vuole, sir come vuole il destino del grande teatro. (s estinto, mandato a letto, rassicurato, lautore, con un gemito del violoncello in calare, in cui ribadisce limpegno di rimanere sempre lumile ancella del genio creator. Cos, invia anche una cartolina ricordo al povero Cilea, tanto traboccante di buoni sentimenti, quanto trascurato; mentre strappa, per un momento, dalloblio, la sua collega Adriana Lecouvreur. Schegge di posterit distribuite gratis: concelebrate).

FINE

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