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william shakespeare

William Shakespeare

Amleto

Tragedia in 5 atti

Traduzione e note di Goffredo Raponi

Titolo originale: The tragic history of Hamlet,

prince of Denmark


NOTE PRELIMINARI

1) Il testo inglese adottato per la traduzione quello delledizione curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare, The Complete Works, Collins, London & Glasgow, 1951-60, pagg. XXXII - 1370), con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare quello della pi recente edizione dellOxford Shakespeare curata da G. Welles & G. Taylor per la Clarendon Press, New York, U.S.A., 1988 - 1994, pagg. XLIX, 1274; questultima comprende anche I due cugini (The Two Kinsmen) che manca nellAlexander.

2) Il traduttore ha aggiunto di sua iniziativa alcune didascalie e indicazioni sceniche (stage instructions) laddove le ha ritenute opportune per la migliore comprensione della azione scenica alla lettura, cui questa traduzione essenzialmente concepita ed ordinata, il traduttore essendo convinto della irrappresentabilit del teatro shakespeariano sulle ribalte del teatro moderno.

Si lasciata comunque invariata, allinizio e alla fine della scena, o allentrata ed uscita dei personaggi nel corso della stessa scena, la rituale indicazione Enter (Entra/Entrano) ed Exit/Exeunt (Esce/Escono); avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata/uscita, potendosi dare che i personaggi cui si riferisce si trovino gi in scena allapertura, o vi restino alla chiusura.

3) Il metro lendecasillabo sciolto, alternato da settenari. Altro metro si usato per citazioni, canzoni, cabalette e altro, quando, in accordo con il testo originale, sia stato richiesto uno stacco di stile.

4) I nomi dei personaggi che si prestano alla italianizzazione sono resi nella forma italiana; quando preceduti da sir sono lasciati comunque nella forma inglese. Per esigenze di metrica, i nomi inglesi di pi sillabe, che alla pronuncia inglese suonano sdruccioli, bisdruccioli e perfino trisdruccioli - come tutte le parole di questa lingua mono-bisillabica - possono essere diversamente accentati nel corpo del verso, secondo la cadenza del verso stesso.

5) Il traduttore riconosce dessersi avvalso di traduzioni precedenti, in particolare della prima versione poetica di Giulio Carcano, di quelle del Lodovici, del Baldini, del Melchiori, del Lombardo, del DAgostino e di altri, dalle quali ha preso in prestito, oltre allinterpretazione di passi controversi, intere frasi e costrutti, dandone opportuno credito in nota.


PERSONAGGI

CLAUDIO

re di Danimarca e zio di Amleto

GERTRUDE

sua regina e madre di Amleto

AMLETO

figlio del re defunto e nipote di Claudio

ORAZIO

suo amico e consigliere

FORTEBRACCIO

principe ereditario di Norvegia

POLONIO

ciambellano del regno di Danimarca

LAERTE

suo figlio

OFELIA

sua figlia

RINALDO

suo servitore

VOLTIMANDO

CORNELIO

ROSENCRANTZ

cortigiani

GUILDERSTERN

OSRICO

Un SACERDOTE

MARCELLO

BERNARDO

ufficiali dellesercito danese

FRANCESCO

soldato danese

Un CAPITANO dellesercito norvegese

Ambasciatori dInghilterra

Attori duna compagnia girovaga

Un BUFFONE

Due BECCHINI

Lo SPETTRO del padre di Amleto

Dame - Gentiluomini - Ufficiali - Soldati - Marinai - Messaggeri - Persone di servizio

SCENA: Il castello di Elsinore, in Danimarca.


ATTO PRIMO

SCENA I - Piazzola davanti al Castello di Elsinore

Notte fonda. FRANCESCO al suo posto di guardia; BERNARDO entra e gli va incontro.

BERNARDO - Chi vive l?

FRANCESCO - Di chi sei tu, piuttosto.

BERNARDO - Viva il re!

FRANCESCO - Sei Bernardo!

BERNARDO - Lui.

FRANCESCO - Puntuale.

Mezzanotte battuta proprio adesso.

BERNARDO - Va a letto, va.

FRANCESCO - Ti ringrazio del cambio.

Fa un freddo cane, rigido, pungente,

da fare male al cuore.

BERNARDO - Tutto calmo?

FRANCESCO - Non s sentito un sorcio.

BERNARDO - Allora buona notte.

FRANCESCO - Buona notte.

BERNARDO - Se incontri i miei compagni di vigilia,

Marcello e Orazio, di lor che saffrettino.

FRANCESCO - Mi par di udirli

Entrano ORAZIO e MARCELLO

Fermo! Chi va l?

ORAZIO - Amici, gente di questo paese

MARCELLO - e sudditi del re di Danimarca.

FRANCESCO - Dio vi conceda una felice notte.

MARCELLO - Lo stesso a te. Addio, bravo soldato.

Chi il compagno che tha dato il cambio?

FRANCESCO - Bernardo. gi al suo posto. Buona notte.

MARCELLO - Ol, Bernardo!

BERNARDO - Orazio l con te?

ORAZIO - (Alzando il braccio)

S, ecco, ce n un pezzo.

BERNARDO - Salve, Orazio!

BERNARDO - Salute, buon Marcello, e benvenuti!

ORAZIO - T apparsa ancora quella certa cosa,

questa notte?

BERNARDO - No, non ho visto nulla.

MARCELLO - Orazio dice che son fantasie,

e lui non si far suggestionare

da quella paurosa apparizione

venuta a noi due volte.

Lho convinto perci a restar con noi

per tutto il nostro turno di vigilia,

cos che se dovesse ancor tornare

quella visione, possa egli far fede

ai nostri occhi e parlarle

ORAZIO - Macch! Sciocchezze! Non ritorner.

BERNARDO - Orazio, intanto mettiti a sedere,

e lasciaci assaltare un altro po

gli orecchi tuoi cos ben corazzati

contro la nostra storia,

col descriverti quel che abbiam visto

due notti di seguito.

ORAZIO - E va bene,

sediamoci e ascoltiamo quel che dice

il nostro buon Bernardo. Allora, parla.

BERNARDO - Ecco, la scorsa notte,

quando la stella a occidente del polo

aveva ormai compiuto il suo percorso

in quella parte del cielo ove brilla,

la campana batteva il primo tocco,

Marcello ed io

Compare lo SPETTRO

MARCELLO - Silenzio! Eccolo, torna!

BERNARDO - lui! proprio lui! Il re defunto!

MARCELLO - Parlagli, Orazio, tu che sai il latino.([1])

BERNARDO - (A Orazio)

Guardalo bene: non tutto il re?

ORAZIO - Spiccicato! Mi sento raggelare

di stupore paura non lo so.

BERNARDO - Forse vorrebbe che alcuno gli parli.

MARCELLO - Parlagli, Orazio, su, parlagli tu!

ORAZIO - (Allo spettro)

Chi sei, che usurpi questora notturna

e quellaspetto imponente e marziale

in cui vedemmo tante volte incedere

il re di Danimarca ora sepolto?

Parla, in nome del cielo, te lo impongo!

(Lo spettro sallontana)

MARCELLO - S offeso.

BERNARDO - Infatti, vedi, se ne va.

ORAZIO - (c.s.)

No, resta! Parla, parla, te lo impongo!

(Lo spettro svanisce)

MARCELLO - Ecco, svanito. Non ti vuol rispondere.

BERNARDO - Ebbene, Orazio? Sei pallido e tremi

Che dici adesso? Ti sarai convinto

chera pi che una nostra fantasia.

ORAZIO - Giuraddio, non ci avrei creduto mai,

senza la prova fisica, palpabile,

dei miei occhi

MARCELLO - Non rassomiglia al re?

ORAZIO - Come tu a te stesso.

E la sua armatura era la stessa

che il re indossava quando si scontr

col Norvegia;([2]) ed il piglio minaccioso

era quello del re quando, infuriato,

scaracoll gi dalle loro slitte

i Polacchi, nel corso di una disputa

strano, molto strano.

MARCELLO - E son due volte che, in questora morta,

e con lo stesso incedere marziale,

trascorre qua, proprio davanti a noi.

ORAZIO - Che segno trarne, non lo so; ma in mente

mi vien, cos alla grossa, in prima idea,

che sia presagio dalcun turbamento

nel nostro Stato.

MARCELLO - Cos penso anchio.

Ma sediamoci ancora a ragionarne,

e vediamo se c tra noi qualcuno

che sappia dirmi per quale ragione

i sudditi del regno, da alcun tempo,

son vessati da s duri controlli,

e per quale ragione, tutti i giorni,

tanto fonder di bronzo a far cannoni

e tanto traffico dordigni bellici

con le nazioni estere;

perch questo reclutamento in massa

di calafati a costruire navi,

tanto impegnati allopra tutti i giorni,

da non distinguere pi la domenica

dagli altri giorni della settimana.

C qualcuno che me lo pu spiegare?

ORAZIO - Io, per quel tanto che ne sento in giro.

Come noto, il defunto nostro re,

la cui figura ci test comparsa,

fu dal re di Norvegia, Fortebraccio

- punto costui da smisurato orgoglio -

sfidato a battersi spada con spada;

ed in quella tenzone il nostro Amleto,

il valoroso, come era chiamato,

tal fama essendosi egli conquistata

in questa parte del nostro pianeta,

sopraffece ed uccise il Fortebraccio.

Questi, in forza dun precedente patto,

ratificato a lettera di legge

e degli usi della cavalleria,

sera impegnato a cedere, se vinto,

tutte le terre sotto il suo dominio;

contestualmente a ci il nostro re

aveva messo come sua scommessa

uneguale porzione di sue terre;

questa sarebbe andata a Fortebraccio,

se fosse stato lui il vincitore.

Con lo stesso strumento il nostro re

stabiliva che, in caso di vittoria,

la sua parte passasse al figlio Amleto.

Senonch adesso Fortebraccio il giovane

- testa calda, per quanto temeraria -

va assoldando qua e l per la Norvegia

branchi di disperati fuorilegge,

gente pronta, per un boccon di pane,

a macchiarsi di ogni nefandezza:

la qual cosa com chiaro e palese

a tutti i sudditi di questo regno,

un tentativo di quel giovin principe

di tornare in possesso, con la forza,

dei dominii perduti da suo padre

nel modo che vho gi specificato.

Ecco qual , per me, la causa prima

di tutti questi apprestamenti bellici,

dei rafforzati servizi di guardia

e del fermento che si nota in giro.

BERNARDO - Son dello stesso avviso. E, a mio giudizio,

tutto questo ci pu bene spiegare

il perch quella strana apparizione

trascorra armata innanzi al nostro posto

nello stesso sembiante di quel re

che stato ed la causa principale

di questa guerra che ci si prepara.

ORAZIO - Un bruscolo nellocchio della mente,

molesto. Al tempo dellantica Roma,

nellra sua pi illustre e pi gloriosa,

non molto prima che cadesse ucciso

lonnipotente Giulio,

si videro le tombe scoperchiate,

e i lor morti trascorrer per le strade

urlando, avvolti nei loro sudarii;

e attraversar tutto larco del cielo

stelle con lunghe code fiammeggianti,([3])

e sangue nelle stille di rugiada,([4])

e disastri nel sole; e lumido astro

sotto il cui influsso il regno di Nettuno,([5])

ammalarsi per causa dun eclisse,

come gi fosse il giorno del Giudizio.([6])

Spesse volte in passato cielo e terra

hanno offerto di simili prodigi

ai nostri climi ed alle nostre genti

come preavviso di crudeli eventi,

come tante avanguardie annunciatrici

dimminenti destini Ma silenzio!

Riappare lo SPETTRO

Eccolo che riappare l guardate!

Io laffronto, dovesse incenerirmi!

(Allo spettro)

Arrstati, illusione!

Shai suon di voce ed uso di parola,

parla! Se c da fare buona cosa

che possa a te recare alcun conforto

e grazia alla mia anima,([7]) favella!

Se tu del tuo paese sai il futuro

ed esso sia siffatto che, a saperlo,

si possa scongiurarlo, oh!, te ne prego,

parla! O se tu, da vivo,

hai nascosto nel seno della terra

tesori, per rapina od estorsione

a te venuti - ch per ci voi spiriti

si dice andiate spesso errando in morte -([8])

dillo! Fermati e parla!

Marcello, vedi tu come fermarlo.

MARCELLO - Devo colpirlo con la partigiana?

ORAZIO - S, se non vuol fermarsi.

(Marcello fa per colpire, ma colpisce aria: lo spettro svanisce)

BERNARDO - qui!

ORAZIO - l!

(Sode il canto dun gallo)

MARCELLO - sparito! Per facciamo male

a volerlo trattare con violenza,

con quel suo ciglio serio e maestoso;

del resto, come laria, invulnerabile,

e i nostri colpi son vana follia.

BERNARDO - M parso che volesse dir qualcosa,

nel punto che sud cantare il gallo.

ORAZIO - Infatti, ma lho visto trasalire

come uno che si senta clto in fallo

e accorra ad un terribile richiamo.

Dicon che il gallo, squilla del mattino,

con quel suo verso stridulo ed acuto

ridesti il dio del giorno; e a quel richiamo

gli spiriti vaganti nella notte

saffrettino a rientrar nei lor rifugi;

e la prova che questo sia credibile

ce lha data test quanto abbiam visto.([9])

MARCELLO - vero. Infatti, ad udire quel canto,

s dileguato. Dicono che il gallo,

questo pennuto araldo dellAurora,

nella stagion dellanno che sappressa

il Natale del nostro Salvatore,

non cessa di cantar tutta la notte,

e allora, dicono, nessuno spirito

osa andar pi vagando sulla terra;

in quel tempo le notti son salubri,

nessun pianeta emana mali influssi,

nessuna fata pratica incantesimi,

nessuna strega ordisce sortilegi,

tanto santificato e benedetto

quel tempo dellanno.

ORAZIO - Anchio lho udito, ed in parte ci credo.

Ma guardate il mattino

che, gi coperto dun manto vermiglio,

va sfiorando col piede le rugiade

di quel colle che svetta verso oriente.

Se volete seguire un mio consiglio,

interrompiamo il servizio di scolta,

e andiamo insieme dal giovane Amleto

a riferirgli per filo e per segno

quello che abbiamo visto questa notte;

perch, potrei giurarlo, quello spirito,

muto con noi, a lui dir qualcosa.

Siete daccordo che dobbiamo dirglielo,

cos come, del resto,

ce ne fa obbligati il nostro affetto,

e come si conviene al dover nostro?

MARCELLO - S, facciamolo, prego;

e stamattina io so dove trovarlo

e anche dove potergli parlare

nel massimo riserbo e discrezione.

(Escono)

SCENA II - Sala nel castello di Elsinore

Fanfara.([10]) Entrano il RE, la REGINA, AMLETO, POLONIO,

LAERTE, VOLTIMANDO, CORNELIO e seguito

RE - Bench sia vivo e verde ancora in noi

il ricordo del nostro buon fratello,

il caro Amleto, e meglio ai nostri cuori

ancor saddica andar vestiti a lutto,

e a tutto il nostro regno

contrarsi in un sol volto di dolore,

nondimeno ragione e sentimento,

hanno conflitto per s lungo tempo

dentro di noi, da far che a lui pensiamo

ora con pi rassegnato dolore,

senza pi trascurare tuttavia

di pensare a noi stessi.

Perci la nostra sorella di ieri,

ora nostra regina,

imperiale compagna nella guida

di questo stato guerriero, con gioia

sfigurata nel volto,

un occhio lieto un altro lacrimoso,

allimeneo mischiando un canto funebre,

gioia e dolore insieme bilanciando,

abbiamo tolta in moglie.

E nel farlo non siam stati chiusi

al vostro saggio avviso,

liberamente espresso in questo affare.

Del che desidero rendervi grazie.

Ora passiamo ad altro.([11])

Come sapete, il giovin Fortebraccio,

male stimando la nostra potenza

e pensando che questo nostro regno

con la scomparsa del fratello nostro

sia rimasto sconvolto e disgregato,

indotto a tal pensiero temerario

dal suo costante sogno di rivincita,

non ha cessato dallimportunarci

col reclamare la restituzione

delle terre perdute da suo padre

e passate, di pieno buon diritto,

al valentissimo fratello nostro.

Tanto basti di lui. Venendo a noi

e alloggetto di questa riunione

le cose stan cos: con questo scritto

(Mostrando una lettera)

noi chiediamo al sovrano di Norvegia,

zio del suddetto giovin Fortebraccio,([12])

che, trovandosi infermo ed allettato,

credo non sia nemmeno a conoscenza

dei disegni di questo suo nipote,

dinterdire a costui dandar pi oltre

nel porre in atto questi suoi disegni,

visto che arruolamenti e coscrizioni

sono da lui condotti fra i suoi sudditi;

e qui spediamo voi, mio buon Cornelio,

e Voltimando, dal vecchio Norvegia,

come latori di questo messaggio;

nessun altro potere conferendovi,

nel trattare col re, fuori dei limiti

specificati nel nostro mandato.

Buon viaggio, e sia la vostra diligenza

pari al vostro dovere.

CORNELIO E

VOLTIMANDO - Ve ne daremo prova, in questo e in tutto.

RE - Non ne ho mai dubitato. Addio, di cuore.

(Escono Cornelio e Voltimando)

Ed ora a te, Laerte. Che hai di nuovo?

Parlavi di una supplica. Che c?

Sai che non rischi di sprecare il fiato

se chiedi qualche cosa al re danese.([13])

Non c nulla che tu potresti chiedermi,

che, pi che una richiesta tua a me,

non sia una profferta mia a te:

non la testa pi legata al cuore,

n pi strumento la mano alla bocca,

di quanto sia tuo padre al nostro trono.

Che domandi, Laerte?

LAERTE - Mio temuto signore, il vostro assenso

e gradimento al mio ritorno in Francia.

Sebbene sia venuto in Danimarca

dassai buon grado a porgervi il mio omaggio

per lincoronazione,

tal dovere compiuto, devo dire

che in Francia sono pur sempre rivolti

i miei pensieri ed i miei desideri,

ed io li inchino alla vostra indulgenza

per ottenerne graziosa licenza.

RE - Ce lhai prima da parte di tuo padre?

Che ne dice Polonio?

POLONIO - Mio signore, sia pure a malavoglia,

non senza lunghe e stressanti insistenze,

ho dovuto alla fine sigillare

la sua richiesta con il mio consenso.

Ora vi supplico di dargli il vostro.

RE - Profitta della tua ora, Laerte;

sia tuo il tempo, e le tue buone grazie

se lo spendano pure a lor talento.

E adesso, Amleto, mio nipote e figlio

AMLETO - (A parte)

Un po pi che parente, e men che figlio.

RE - Perch sempre sospese tante nuvole

sulla tua fronte?

AMLETO - Nuvole, signore?

anzi, son troppo al sole.([14])

REGINA - Amleto, caro, togliti di dosso

quel colore notturno,([15])

ed il tuo occhio riguardi da amico

colui ch ora il re di Danimarca;

non andare cercando di continuo

con quelle palpebre sempre abbassate

il tuo nobile padre nella polvere.

legge di natura - lo sai bene -

che ci che vive deve pur morire,

dal mortale passando allimmortale.([16])

AMLETO - S, signora, di tutti.

REGINA - E se cos,

perch sembra che tocchi solo a te?

AMLETO - Sembra, signora? No, non sembra, ;

io non conosco sembra.

Non soltanto il mantello dinchiostro,

buona madre, n il mio vestir consueto,

sempre cos solennemente nero,

n il sospirar violento del mio petto,

n il copioso fluire dei miei occhi,

n laspetto contratto del mio volto

con gli altri segni e mostre del dolore,

ad esprimere il vero di me stesso.

Di tutto questo si pu dir che sembra,

perch questi son tutti atteggiamenti

che ciascuno potrebbe recitare.

Ma quel che ho dentro va oltre la mostra

queste esteriori son tutte gualdrappe,

e livree del dolore, nulla pi.

RE - dolce e commendevole,

Amleto, in te, il rendere a tuo padre

tutto questo tributo di cordoglio;

dovresti pur sapere tuttavia

che tuo padre perdette anchegli un padre,

e quel padre perdette anchegli il suo.

obbligo filiale del superstite

manifestare per un certo tempo

tutto il proprio cordoglio.

Ma incaponirsi in un lutto ostinato,

atteggiamento dempia testardaggine

un non virile modo di soffrire,

un segnale di volont restia

a sottostare ai voleri del cielo,

un cuore fiacco, un animo impaziente,

un intelletto semplice ed incolto.

Perch dovremmo consumarci il cuore

in tanta pervicace ostinazione

per cosa che sappiamo che cos,

e che cos per tutti,

come ogni altra sensibile esperienza?

Diamine! Questa colpa contro il cielo,

contro chi morto, contro la natura,

ma soprattutto contro la ragione,

cui la morte dei padri tema usuale,

e che sempre nel tempo ha proclamato,

dal primo morto allultimo di oggi:

Cos devessere, e cos sia!.

Ti preghiamo perci di gettar via

questo tuo vano ed infruttuoso affanno,

e di pensare a noi come ad un padre:

perch sei tu - ne prenda nota il mondo -

lerede pi diretto al nostro trono;

ed io sento per te lo stesso affetto,

la stessa nobilt di sentimenti

del pi tenero padre verso il figlio.

Quanto alla tua intenzione

di tornare a studiare a Wittemberga,([17])

essa contraria al nostro desiderio.

Perci ti supplichiamo ardentemente

dinchinarti a restare qui con noi,

per il conforto mio e di tua madre

e per il gradimento dei nostri occhi,

primo fra tutti i nostri cortigiani,

beneamato nipote e figlio nostro.

REGINA - Amleto, non lasciare inascoltate,

ti prego, le preghiere di tua madre:

stacon noi, non andare a Wittemberga.

AMLETO - Vobbedir, signora, del mio meglio.

RE - Ecco una chiara, amabile risposta!

Sii un altro noi stesso in Danimarca.

Venite, mia signora.

Questo grazioso e libero consenso

di Amleto mi rid un sorriso al cuore;

e grazie ad esso oggi

non vi sia brindisi del Danimarca

di cui non dia il cannone maggiore

fin su alle nuvole lannuncio, e i cieli

rimandandosi quel terrestre tuono

faccian eco al regal festino.([18]) Andiamo.

(Fanfara. Escono tutti, meno Amleto.)

AMLETO - Ah, se questa mia troppo, troppo solida

carne, potesse sciogliersi in rugiada!

Ah, se lEterno non avesse opposta

la sua legge al suicidio! O Dio! O Dio!

Come tediose, e insipide ed inutili

mappaiono le piatte convenzioni

di questo mondo! Che schifo! Che schifo!

Questo un orto coperto di gramigna

che va in seme; vi sanno verzicare

erbe rozze e selvatiche, nientaltro.

A tanto dunque si doveva giungere!

morto da appena due mesi oh, no, che dico,

nemmeno tanti un re cos eccellente,

confrontato a costui,

un Iperione a confronto di un satiro;([19])

e di lei a tal punto innamorato

da non permettere nemmeno ai venti

di sfiorarle con troppa forza il viso!

Ah, cielo e terra, come non pensarci!

E lei, che tutta sappendeva a lui,

come se lappetito di quel cibo

le crescesse mangiandone

Appena un mese Non voglio pensarci.

Ahim, fragilit, il tuo nome femmina.

Un mese appena non ancor consunte

le scarpe con le quali, tutta in lacrime,

novella Niobe,([20]) aveva seguito

il feretro del mio povero padre

Lei, s lei! O Dio Onnipotente!

Anche una bestia priva di ragione

avrebbe fatto pi lungo compianto

ed ora maritata con mio zio,

fratello di mio padre, ma a lui simile

non pi di quanto lo sia io ad Ercole

Un mese, appena un mese

prima che il sale delle false lacrime

abbia cessato darrossarle gli occhi,

ancora gonfi, s rimaritata!

Oh, lubrica precipite lascivia!

Scivolare con tanta leggerezza

tra incestuose lenzuola!

Non bene, n pu venirne bene!

Ma spzzati, mio cuore,

chio debbo ora frenar la lingua!

Entrano ORAZIO, MARCELLO e BERNARDO

ORAZIO - Salute a vostra signoria!

AMLETO - Salute!

Lieto che stiate tutti bene Orazio,

se non minganno?([21])

ORAZIO - Proprio lui, signore,

sempre lumile vostro servitore.

AMLETO - Servitore Di pure vostro amico,

cos dobbiamo chiamarci tra noi.

E che ci fai tu qui da Wittemberga,

Orazio?

(Vede Marcello)

Oh, Marcello!

MARCELLO - Mio signore!

AMLETO - Sono proprio felice di vederti.

(A Bernardo)

Ed anche voi, signore, buona sera.

(A Orazio)

Che tha portato qui da Wittemberga?

ORAZIO - Certa voglia dandar girovagando.

AMLETO - Oh, non vorrei sentire dire questo

da un tuo nemico; n farai violenza

al mio orecchio s da indurlo a crederti

quando parli cos contro te stesso:

so che non sei un chierico vagante.

E dunque, che ci fai ad Elsinore?

In ogni caso, prima che riparti,

tinsegneremo a tracannar di grosso.

ORAZIO - Son venuto, signore, per assistere

alle esequie del vostro genitore.

AMLETO - Ah, no, ti prego, caro condiscepolo,

non mi prendere in giro: sei venuto,

penso, a veder le nozze di mia madre.

ORAZIO - Sono seguite, infatti, molto presto.

AMLETO - Economia, Orazio, economia!

Gli arrosti del banchetto funerario

son serviti a guarnire, ancora caldi,

la tavolata di quello nuziale.

Ah, Orazio, ti giuro

che piuttosto che vivere un tal giorno,

avrei voluto confrontarmi in cielo

con il pi intimo dei miei nemici!

Mio padre mi par sempre di vederlo

ORAZIO - Dove, signore?

AMLETO - Riflesso nellocchio

della mia mente.

ORAZIO - Io lo vidi un giorno.

Era un bel re.

AMLETO - Era un uomo, un uomo vero,

in tutto, come non ne vedr pi.

ORAZIO - Io credo, monsignore,

daverlo visto ancor la scorsa notte.

AMLETO - Visto, chi?

ORAZIO - Il re, signore, vostro padre

AMLETO - Che dici? Il re mio padre!

ORAZIO - Frenate per un poco lo stupore

e prestatemi attentamente orecchio

chio possa rivelarvi, testimoni

questi due gentiluomini, un prodigio.

AMLETO - Spiegati meglio, Orazio, se Dio vuole!

ORAZIO - Per due notti di seguito,

questi signori, Marcello e Bernardo,

durante il loro turno di vigilia,

nellora morta della mezzanotte,

hanno fatto lincontro che or vi dico:

una figura come vostro padre,

da capo a pi di tutto punto armata,

appare loro, e con solenne passo,

lento e maestoso passa lor davanti.

Pass tre volte avanti agli occhi loro,

a distanza non pi di questa picca;

muti, atterriti, con il fiato in gola,

essi non riuscivano a parlargli.

Avendomi ci essi riferito

in segreto, ed ancor tutti sgomenti,

la terza notte volli anchio con loro

montar la scolta; ed ecco che a conferma

di quanto mavean essi riferito,

sia in merito allora che allaspetto,

quella figura appare nuovamente

a tutti e tre: ed era vostro padre.

Lho ben riconosciuto; queste mani

non potrebbero somigliarsi meglio.

AMLETO - E dove questo?

MARCELLO - L, sulla piazzola

dove noi tre si montava di scolta.

AMLETO - Nessuno gli ha parlato di voi tre?

ORAZIO - Io, signore, ma senza aver risposta.

Anche se m sembrato, a un certo punto,

che alzasse il capo ed accennasse appena,

quasi a volermi dire qualche cosa.

Ma proprio in quellistante

risuon il canto del gallo dellalba,

e in quella la figura si ritrasse

prestamente svanendo al nostro sguardo.

AMLETO - Molto strano, davvero.

ORAZIO - Eppure vero,

com vero chio vivo, mio signore;

tanto che abbiam pensato tutti e tre

esser nostro dovere dinformarvene.

AMLETO - Certo, certo, signori;

ma la cosa non senza turbarmi.

Siete ancora di guardia stanotte?

MARCELLO/

BERNARDO - S, monsignore.

AMLETO - Armato, avete detto?

I DUE - Completamente, dalla testa ai piedi.

AMLETO - La faccia, allora, non lavete vista.

MARCELLO - Oh, s, portava alzata la visiera.

AMLETO - Ah, e v parso fosse corrucciato?

ORAZIO - Aveva unespressione di dolore

pi che di collera.

AMLETO - Pallida o accesa?

ORAZIO - Molto pallida.

AMLETO - E vha guardati fisso?

ORAZIO - Per tutto il tempo.

AMLETO - Avrei voluto esserci.

ORAZIO - Ne sareste rimasto assai colpito.

AMLETO - Lo credo bene Ed rimasto a lungo?

ORAZIO - Il tempo di contare fino a cento,

lentamente.

MARCELLO/

BERNARDO - Eh, no, di pi, di pi!

ORAZIO - Non quando io lho visto.

MARCELLO - La barba brizzolata aveva no?

ORAZIO - S, come la ricordo di lui vivo,

nera con strie dargento.

AMLETO - Voglio vegliare anchio con voi stanotte.

Forse ripasser.

ORAZIO - Ne sono certo.

AMLETO - Se dovesse riassumere laspetto

del mio nobile padre, io gli parlo,

dovesse scoperchiarsi anche linferno

a impormi di star zitto. Ora vi prego,

poich avete serbato fino ad ora

il segreto di questa apparizione,

di tenerlo ancor chiuso nel silenzio.

E qualunque altra cosa

questa notte dovesse intervenire,

ritenetela nella vostra mente,

non sulla vostra lingua.

Di tanto affetto vi ricompenser.

Ed ora addio Vi raggiunger

stanotte alla piazzola del castello:

allora tra le undici e le dodici.

TUTTI - Il nostro ossequio a vostra signoria.

AMLETO - Il vostro affetto, come il mio a voi.

(Escono Orazio, Marcello e Bernardo)

Lo spirito del padre mio in armi!

Non pu essere buon segno

Ho il sospetto di qualche brutto gioco.

Come vorrei che fosse gi la notte!

Fino allora, sta cheta, anima mia!

Le azioni turpi verranno alla luce,

fosse la terra intera a ricoprirle!

(Esce)

SCENA III - Elsinore, stanza in casa di Polonio.

Entrano LAERTE e OFELIA

LAERTE - Il mio bagaglio a bordo. Addio, sorella.

E quando il vento sar favorevole,

e sia pronta una vela per salpare,

non dormire, ma dammi tue notizie.

OFELIA - Come puoi dubitarne?

LAERTE - Quanto ad Amleto ed alle frivolezze

di cui ti circuisce, fanne il conto

duna moda, dun gioco del suo sangue,

una viola di primaticcio sboccio,

precoce ma deffimera esistenza,

dolce ma non durevole,

il profumo e lo svago di un momento.

Nientaltro pi.

OFELIA - Nientaltro?

LAERTE - Non pensarci.

Luomo, nel suo sviluppo naturale,

non cresce solo di forza e statura,

ma a misura che il suo tempio sespande,([22])

saccrescono anche in esso le funzioni

che vi celebra lanimo e la mente.

Forse ora egli tama, ed in questora

nessuna macchia di riserva o calcolo

appanna lonest dei suoi propositi;

ma farai bene a star molto guardinga,

perch data laltezza del suo rango,

egli non pu disporre a suo talento

della sua volont, perch egli stesso

suddito dei suoi stessi natali,

non pu foggiarsi a suo modo la vita,

come pu un comune individuo;

e ci perch dalle sue decisioni

pu dipendere la salute e il bene

del regno; ogni sua scelta sottoposta

ai desideri ed al consentimento

di quel corpo del quale egli la testa.

Segli ora dunque ti professa amore,

sarai saggia se gliene farai credito

nei limiti che a lui son consentiti,

dalla particolarit del rango,

di porre in atto quanto possa dire;

perch non potr farlo oltre quel tanto

che possa consentirgli in generale

la pubblica opinione in Danimarca.

Rifletti dunque bene a quale perdita

potrebbe derivare allonor tuo

se tu prestassi alle sue serenate

troppo credulo orecchio, a cuor perduto,

o se schiudessi il tuo casto tesoro

alla sfrenata sua insistenza. Attenta,

Ofelia, attenta, cara mia sorella!

Tieniti sempre nella retroguardia

della passione, fuor dalla portata

e dai pericoli del desiderio.

Fa gi abbastanza dono di se stessa

la vergine pi schiva che alla luna

discopre le sue vereconde grazie.

Mai la virt sfuggita alla calunnia.

A primavera il verme rode i fiori

avanti che si schiudano dai bocci,

cos come la prima giovinezza,

come la rorida rugiada allalba,

si trova molto spesso minacciata

da effluvi contagiosi. Dunque, attenta!

La migliore difesa nel temere.

La giovent ribelle gi a se stessa,

anche senza bisogno di alleati!([23])

OFELIA - Custodir, a guardiana del mio cuore,

la morale di questo tuo consiglio.

Ma tu, per parte tua, fratello caro,

non fare come certi indegni preti

che, mentre additano la via del cielo

erta e spinosa, vanno poi calcando

da tronfi e ben pasciuti libertini

i sentieri fioriti del piacere,

dimentichi dei lor buoni precetti.

LAERTE - Oh, per me non temere!

Ma io mattardo. Ecco ancora mio padre.

Entra POLONIO

Il caso arride ad un secondo addio.

Doppia benedizione, doppia grazia.

POLONIO - Ancora qui, Laerte? A bordo, a bordo!

Il vento s gi assiso da padrone

in cima alla tua vela, e l taspettano.

Va, figlio, con la mia benedizione,

e imprimiti a caratteri di stampa

nella tua mente queste poche regole:([24])

mai non prestare lingua ai tuoi pensieri,

mai prestar mano a pensieri avventati;

gli amici di provata fedelt

aggrppateli saldamente al cuore

con uncini dacciaio; ma sta attento

a non scaldarti il cavo delle mani

trattenendovi nuovi uccelli implumi

schiusi appena dal guscio.

Gurdati dal mischiarti in tafferugli,

ma se taccada desservi coinvolto,

agisci in modo che il tuo contendente

abbia a guardarsi bene dai tuoi colpi.

A tutti porgi orecchio, a pochi voce.

Accogli sempre lopinione altrui,

ma pensa a modo tuo. Il tuo vestire,

per quanto pu permetterti la borsa,

sia di buon prezzo, ma non stravagante;

ricercato, ma non troppo fastoso,

ch labito rivela spesso luomo,

e in Francia le persone di buon ceto

sono assai ricercate nel vestire

ed hanno classe, specialmente in questo.

Non chiedere n dar danaro in prestito:

col prestito si perde, molto spesso,

il danaro e lamico, e il fare debiti

ottunde il senso della parsimonia.

Ma soprattutto tieni questo in mente:

sii sempre, e resta, fedele a te stesso;

ne seguir, come la notte al giorno,

che non sarai sleale con nessuno.

Addio, figlio. La mia benedizione

trapianti e faccia maturare in te

questi pochi precetti di tuo padre.

LAERTE - Umilissimamente, padre mio,

prendo da voi licenza.

POLONIO - Lora incalza.

Va, i servi aspettano.

LAERTE - Addio, Ofelia!

E non dimenticar le mie parole.

OFELIA - Stanno ben chiuse nella mia memoria,

e tu porti via con te la chiave.

LAERTE - Addio.

(Esce Laerte)

POLONIO - Che cos che tha detto?

OFELIA - Se vi piaccia,

cosa a riguardo del principe Amleto.

POLONIO - A proposito! Mi vien riferito

che in questi ultimi tempi molto spesso

tha dedicato in segreto il suo tempo,

e che tu gli hai concesso buon ascolto

con alquanta larghezza e compiacenza.

Se questo vero - come mhanno detto,

non senza mettermi ben sullavviso -

debbo dirti che non hai chiaro in mente

quel che saddice a te come mia figlia

ed al tuo onore. Che c fra voi due?

Voglio da te tutta la verit.

OFELIA - Signore, egli mha fatto, ultimamente,

ripetute profferte del suo affetto.

POLONIO - Affetto! Poh! Tu parli da bimbetta

alloscuro di simili pericoli.

Credi davvero a quelle sue profferte,

come le chiami tu?

OFELIA - Non so cosa pensarne, mio signore.

POLONIO - Ebbene, te lo insegno io, tuo padre:

pensa di te che sei una bamboccia

ad aver preso per oro zecchino

queste profferte, non di buona lega.

Offri te stessa a ben pi alto prezzo,

o, per cantarla sulla stessa musica,

offrirai me come un bellimbecille!([25])

OFELIA - Mio signore, egli mha sollecitato

damore in modo del tutto onorevole.

POLONIO - S, modo Chiamalo piuttosto moda

Va va

OFELIA - e ha confortato il suo parlare,

con quasi tutti i sacri giuramenti.

POLONIO - S, cappi buoni ad acchiappar beccacce!

Io so, quando a noi bolle dentro il sangue,

come lanimo nostro sia corrivo

a prestare alla lingua giuramenti.

Sono solo fiammate, figlia mia,

che producon pi luce che calore,

e, appena accese, subito si estinguono,

e nelluna e nellaltro. Dora in poi,

cerca di essergli piuttosto avara

della tua virginale compagnia;

metti ai colloqui tuoi pi caro prezzo

che dun semplice invito a conversare.

Quanto al principe Amleto,

devi pensar di lui non pi di tanto:

che giovane ed libero di muoversi

entro il raggio dun pi lungo guinzaglio

che non sia quello consentito a te.

In breve, Ofelia, a queste sue profferte

tu non devi prestare fede alcuna:

non sono che mezzani travestiti,

semplici intermediari damorazzi,([26])

che danno fiato a sacri e pii legami

per meglio accalappiare le fanciulle.

E questo valga per tutti e per sempre.

In termini pi chiari, dora innanzi

non voglio che tu renda scandaloso

alcun istante del tuo tempo libero

con lo scambiar parola

e con lintrattenerti in conversari

con il principe Amleto.

Bada che questo un ordine. Ora va.

OFELIA - Obbedir a questordine, signore.

(Escono da parti opposte)

SCENA IV - Elsinore, la piazzola del castello. Notte.

Entrano AMLETO, ORAZIO e MARCELLO

AMLETO - Laria morde maligna. Fa assai freddo.

ORAZIO - S, unariaccia pungente.

AMLETO - Che ora ?

ORAZIO - La mezzanotte, credo.

MARCELLO - gi battuta.

ORAZIO - Ah, s? Non lho sentita.

Allora siamo vicini al momento

in cui lo spirito usava passare.

(Da dentro, due squilli di tromba e due colpi di cannone)

Che significa questo, mio signore?

AMLETO - Che il re stanotte veglia e fa baldoria,

tracanna coppe e balla il saltins.([27])

E mentre manda gi nel gargarozzo

le sue sorsate di vino del Reno,

timpano e tromba abbaiano cos

alla pompa delle sue libagioni.

ORAZIO - unusanza?

AMLETO - Unusanza, s, purtroppo;

una di quelle usanze che, a mio genio,

con tutto chio sia nato in questa terra

e vi sia stato avvezzo dalla nascita,

sempre ho pensato fosse pi decente

far cessare che praticare ancora.

Queste sfrenate, rozze gozzoviglie

fanno di noi la favola e il ludibrio

di tutti gli stranieri:

ci chiaman ubriaconi e porci,

e macchiano di brutti appellativi

il nostro nome; e, per la verit,

c di che sminuir le nostre imprese,

pur se condotte nel modo migliore,

ledendoci nel nerbo e nel midollo

della reputazione.

Ed cos che uomini di pregio,

a cagione di un vizio di natura,

che si sono portati dalla nascita

e del quale non hanno alcuna colpa,

poich natura non fa distinzione

dorigine; o per leccessiva crescita

di qualche lor personale tendenza,

che abbatte quanti ostacoli e fortezze

possa loro frapporre la ragione;

o per certo lor abito di vita

che li porta ad esasperare al massimo

la forma di plausibili maniere,

cos, dico, che in questi individui,

segnati dellimpronta di un difetto

o da natura o da maligna stella,

tutte laltre loro buone qualit,

per pure e limpide che possan essere

fino allestremo della perfezione,

appaiono corrotte agli occhi altrui

per colpa di quellunico difetto.

Insomma, basta un briciolo di male

ad infettare della sua bassezza

tutta la nobile essenza dun dubbio.([28])

Entra lo SPETTRO

ORAZIO - Oh, guardate, signore, eccolo, viene!

AMLETO - O angeli e ministri della grazia,

difendeteci voi!

Spirito buono o diavolo dannato

che tu sia, o che porti tu con te

aure del cielo o lezzi dellinferno,

sian buone o male le intenzione tue,

tu vieni in tale dubitosa forma,

chio ti voglio parlare E mi rivolger

a te come ad Amleto re, mio padre,

re dei Danesi Oh, dammi una risposta!

Non mi far consumar nellignoranza!

Di perch le tue ossa consacrate,

composte e seppellite nella morte,

hanno rotto la cera del sudario;

perch il sepolcro dove in santa quiete

tabbiam visto giacere, ha spalancato

le sue possenti marmoree mascelle

per rigettarti nuovamente fuori.

Che vuol dire che tu, freddo cadavere,

di nuovo, tutto in completa armatura,

rivisiti i raggi della luna

e rendi s sinistra a noi la notte?

E noi, come zimbelli di natura,

siamo scrollati, per il raccapriccio,

da pensieri che vanno oltre i confini

della mente? Perch questo? A qual fine?

Parla. Che cosa vuoi che noi facciamo?

(Lo spettro fa cenno ad Amleto di avvicinarsi a lui)

ORAZIO - Ecco, vi accenna dandar con lui,

come a volervi parlare da solo.

MARCELLO - E guardate con che amorevol gesto

vinvita ad appartarvi insieme a lui!

Ma non ci andate.

ORAZIO - No, assolutamente.

AMLETO - Perch? Che cosa c da aver paura?

Io, di questa mia vita materiale,

non faccio maggior conto duno spillo,

e quanto alla mia anima,

che male mai pu farle,

s come lui immortale? Mi fa cenno.

Io vado.

ORAZIO - E se dovesse trascinarvi

verso i flutti del mare, mio signore,

oppure sullorribile strapiombo

di quel picco sullacque,([29]) e poi, l giunto,

si tramutasse in qualche orribil forma

che pu detronizzarvi la ragione

o sospingervi verso la follia?

Pensateci. Gi il luogo, per se stesso,

se non ci fosse nessunaltra causa,

mette al cervello brividi dorrore,

a guardare da quellaltezza il mare

e udir ruggire il flutto sottostante.

AMLETO - Insiste ad accennarmi di seguirlo.

(Allo spettro)

Va pure avanti, ti raggiunger.

MARCELLO - (Cercando di trattenerlo)

No, monsignore, no!

AMLETO - (Svincolandosi)

Via quelle mani!

ORAZIO - Non lo seguite. Siate ragionevole.

AMLETO - Il mio destino mi grida dandare,

e sento in me ogni fibra del corpo

farsi sempre pi dura e pi tenace

di quelle del leone di Nemea.([30])

(Lo spettro fa un altro cenno con la mano)

Ecco, mi chiama ancora. Via, lasciatemi,

o, giuraddio, fo di chi mi tiene

un altro spettro! Lasciatemi, dico!

(Allo spettro)

Va pure avanti, chio ti vengo dietro.

(Escono Amleto e lo spettro)

ORAZIO - La fantasia lo fa farneticare.

MARCELLO - Stiamogli dietro. Non siamo tenuti

davvero ad obbedirgli, in questo caso.

ORAZIO - S, seguiamolo. Come finir?

MARCELLO - C qualcosa di marcio in Danimarca.

ORAZIO - Lo guidi il cielo.

MARCELLO - S, per seguiamolo.

(Escono)

SCENA V - Elsinore, i bastioni del castello.

Entrano LO SPETTRO e AMLETO

AMLETO - Dove vuoi trascinarmi? Dimmi, parla.

Io pi oltre non vengo.

SPETTRO - Ascolta.

AMLETO - Ascolto.

SPETTRO - quasi lora per me di tornare

al tormento delle sulfuree fiamme.

AMLETO - Ahim, povero spettro!

SPETTRO - Non compiangermi,

ma ascolta bene quanto sto per dirti.

amleto - Son tuttorecchi, parla.

SPETTRO - E sarai pure, Amleto, tutto voglia

di far di me vendetta,

dopo che avrai ascoltato.

AMLETO - Che cosa?

SPETTRO - Io lo spirito sono di tuo padre,

condannato ad errare nella notte

per alcun tempo, e il giorno a digiunare

nel fuoco, fin che siano arsi e purgati

i peccati([31]) da me commessi in terra.

Se svelare i segreti del mio carcere

non mi fosse interdetto,

potrei fartene tale descrizione

chogni parola dessa, la pi blanda,

ti ferirebbe il cuore come un dardo,

ti gelerebbe il sangue nelle vene

e ti farebbe schizzar via dallorbite,

come stelle impazzite, le pupille,

e ti farebbe scompigliar sul capo

le ben composte ed annodate ciocche

facendoti drizzare ogni capello

come aculeo dun istrice infuriato.

Ma il racconto di questo eterno modo([32])

non si pu fare a orecchi in carne e sangue.

Dunque ascoltami attento, Amleto. Ascolta!

Se mai tu amasti il tuo diletto padre

AMLETO - Oh, Dio!

SPETTRO - tu devi vendicare, Amleto,

il turpe, innaturale([33]) suo assassinio.

AMLETO - Assassinio?

SPETTRO - Turpissimo assassinio,

qual in ogni caso anche il pi giusto;

ma questo fu di tutti il pi nefando,

il pi mostruoso ed il pi innaturale.

AMLETO - Ditemi tutto, presto, su, affrettatevi,

s chio possa volare alla vendetta

con ali rapide come unidea

o un pensiero damore.

SPETTRO - Ti trovo ben disposto; ma pi fiacco

dellerba grassa che ha pigre radici

sulle sponde del Lete tu saresti,

se questo non ti desse alcun sussulto.

Ascolta, Amleto: voce generale

chio sia morto pel morso dun serpente

mentre dormivo in terra nel giardino:

cos che gli orecchi dei Danesi

sono stati ingannati ignobilmente

da una falsa versione dellevento.

Sappi, invece, mio generoso giovane,

che il serpente che morse lesistenza

del padre tuo ne porta ora il diadema.

AMLETO - Mio zio! Oh, presaga anima mia!

SPETTRO - S, quelladultera, incestuosa bestia,

con la stregoneria della sua mente

e con fallaci doni - oh, maledetti

e mente e doni, che hanno tal potere

di seduzione! - ha vinto alle sue voglie

la volont della regina mia,

a tutti apparsa sempre s virtuosa.

Oh, Amleto, che caduta stata quella!

Da un amore s degno come il mio,

sempre andato la mano nella mano

col voto che le profferii sposandola,

alle braccia dun essere spregevole

i cui doni dellanima son zero

al confronto dei miei!

Ma cos come la virt corrotta

non sar mai, per quanto la libidine

la corteggi con modi celestiali,

la lascivia, per quanto accompagnata

a un angelo radioso,

si giacer su un letto celestiale

a far la sua pastura di lordure.

Ma sento gi il respiro del mattino.

Sar breve. Dormivo nel giardino,

come mera consueto al pomeriggio;

e in quel sonno pacifico e sicuro

mi sorprende tuo zio, con una fiala

piena dinfame succo di quisquiano,

e dentro il padiglione dellorecchio

mi versa quella lebbra distillata

deffetto s nemico al sangue umano

da serpeggiare come argento vivo

per tutti i suoi canali, arterie e vene,([34])

e far che con fulmineo vigore

il sangue fino e sano si rapprenda

e cagli, come in latte aceto a gocce.

Cos fece del mio quella mistura:

in un istante, una schifosa scabbia

incortecci tutto il mio liscio corpo

duna schifosa crosta, come Lazzaro.([35])

E fu cos che tuo padre, nel sonno,

fu spogliato, per mano dun fratello,

della vita, del trono e della sposa,

falciato proprio nel pieno rigoglio

dei suoi peccati: senza comunione,

impreparato, senza estrema unzione,

senza poter contrire la sua anima;

spedito a rendere il suo conto a Dio

col fardello di tutti i suoi peccati.

Orribile! Tremendamente orribile!

Se tu conservi in te natura duomo,

non devi tollerarlo. Non permettere

che il talamo del re di Danimarca

sia giaciglio dincesto e di lussuria.

Per ricrdati: qualunque piano

tu ordisca per raggiungere un tal fine,

attento a non macchiarti la coscienza:

non far che la tua anima

abbia a mai cospirar contro tua madre;

lascia al cielo e alle spine chella ha in petto

di pungerla e trafiggerla.

Ed ora forza chio ti lasci Addio.

La lucciola mha dato gi il segnale

che la luce dellalba savvicina,

perch vedo smorzare a poco a poco

leffimera sua fiamma. Addio, addio.

Ricordati, ricordati di me.

(Svanisce)

AMLETO - O voi, legioni del cielo! O tu, terra!

Che devo invocar pi, anche linferno?

Ah, che schifo, che schifo!

E tu, mio cuore, reggi! E voi, mie fibre,

non cedete un sol attimo. Tenetemi

Ricordarmi di te, povero spirito!

Ma s, finch avr spazio la memoria,

su questa sfera di terra impazzita!

Ricordarmi di te! Canceller

dalle pagine della mia memoria

tutti gli altri ricordi triti, frivoli,

le parole dei libri, le impressioni,

le forme che su essa hanno stampato

la giovinezza, lesperienza, tutto!

E solo il tuo comando,

nello spazio vivr del mio cervello,

non frammisto a pi vile altra materia.

S, perniciosa femmina, perdio!

S, furfante, grandissimo furfante!

Sorridente furfante, ma dannato!

Dov il mio taccuino

Questa voglio annotarmela: che un uomo

possa sempre sorridere, sorridere,

ed essere il peggiore dei ribaldi.

Almeno in Danimarca.

(Scrive qualcosa nel taccuino che ha cercato in tasca)

E cos sei servito, caro zio.

Dora innanzi la mia parola dordine

sia questa: Addio, ricordati di me!

Lho giurato.

LE VOCI DI ORAZIO

E MARCELLO

DA DENTRO - Signore! Monsignore!

Principe Amleto!

Il cielo vi protegga!

AMLETO - E cos sia.

Entrano ORAZIO e MARCELLO, ma nel buio non vedono

ancora Amleto

ORAZIO - (Fischiando)

Chi-chi,([36]) oh, oh, signore!

AMLETO - (Rispondendo al fischio)

Chi-chi, ragazzo! Vieni, uccello, vieni.

(Si trovano)

MARCELLO - Com andata, mio nobile signore?

ORAZIO - Che notizie, signore?

AMLETO - Oh, meraviglie!

ORAZIO - Mettetecene a parte, monsignore.

AMLETO - No, lo andreste a ridire.

ORAZIO - Non io, lo giuro al cielo, monsignore.

MARCELLO - N io, signore.

AMLETO - E sia, come volete;

ma chi avrebbe potuto immaginarlo?

Manterrete il segreto?

ORAZIO e MARCELLO - Certamente,

per il cielo giuriamo, monsignore!

AMLETO - Non c un pitocco in tutta Danimarca

che non sia una perla di furfante.

ORAZIO - Ah, non c proprio che uno spettro

uscisse dalla tomba, monsignore,

per dirci questo.

AMLETO - Gi, tu hai ragione.

Adesso, senza farci altri discorsi,

credo sia conveniente per noi tutti

darci la mano, qui, e separarci;

voi, dove vi conducano ciascuno

le vostre occupazioni e desideri

- per che occupazioni e desideri

ogni uomo ne ha, quali essi siano;

e io, per parte mia - pensate un po! -

andr a pregare.

ORAZIO - Queste, mio signore,

sono solo parole in libert,

senza costrutto.

AMLETO - Mi dispiace assai

se thanno offeso. Davvero, di cuore.

ORAZIO - Non c offesa, signore.

AMLETO - Eh, s, c offesa,

per San Patrizio, Orazio, grande offesa!([37])

Per quanto di questa apparizione,

s trattato, lasciatemelo dire,

dun onesto fantasma.

Abbandonate, perci, il desiderio

di conoscere quello che c stato

fra me e lui. Ed ora, cari amici,

poich amici mi siete tutti e due,

chi condiscepolo, chi camerata,([38])

chio vi rivolga unumile preghiera.

ORAZIO - Quale, signore? Noi laccoglieremo.

AMLETO - Questa: di non parlare con nessuno

di ci che avete visto qui stanotte.

ORAZIO/MARCELLO - Non lo faremo mai.

AMLETO - S, ma giuratelo solennemente.

ORAZIO - Parola mia, non lo far, signore.

MARCELLO - N io, parola mia.

AMLETO - Sulla mia spada.([39])

MARCELLO - Vi abbiamo gi giurato, monsignore.

AMLETO - Fatelo meglio, qui, sulla mia spada.

LA VOCE

DELLO SPETTRO - (Da dentro)

Giurate!

AMLETO - Ah, ah, ragazzo, ancora l?

Sei tu che parli, l, onesto amico?([40])

Ecco, lo avete udito: il nostro amico

in cantina. Accettate di giurare.

ORAZIO - Diteci voi la formula, signore.

AMLETO - Mai parlare di quel che avete visto.

Sulla mia spada giurate.

LA VOCE

DELLO SPETTRO - (Da dentro)

Giurate!

AMLETO - (Rispondendo allo spettro)

Hic et ubique?([41])Via, cambiamo posto.

Venite qua, stendete ancor la mano

sulla spada. Giurate su di essa

di mai parlar di ci che avete udito.

LA VOCE

DELLO SPETTRO - (c.s.)

Sulla spada!

AMLETO - Ben detto vecchia talpa!

Ma come fai a scavarti la terra

cos veloce? Un minatore in gamba.

Via, signori, spostiamoci di nuovo.

ORAZIO - Oh, giorno e notte insieme,([42])

quale straniera meraviglia questa!

AMLETO - E come tale dalle il benvenuto!([43])

Ci son pi cose in cielo e in terra, Orazio,

che non sogni la tua filosofia.

Ma sentite: qui, come mai innanzi,([44])

voi due - cos vi possa assistere la Grazia! -

per quanto stravagante e stralunato

possa apparirvi il mio comportamento

(e maccadr di stimare opportuno

di darmi unaria stralunata e sfatta),

non dovete far mostra, innanzi ad altri,

di saperne di pi di quel mio stato:

magari solo incrociando le braccia,

ecco, cos, oppur scuotendo il capo,

o bofonchiando frasi sospensive,

come questa: Eh, noi lo sapevamo,

o questa: Se volessimo, potremmo,

o anche: Se volessimo parlare

ed altre dello stesso ambiguo tono.

Ecco, giurate di non fare questo.

Cos la grazia e la piet del cielo

vi soccorrano in caso di bisogno.

LA VOCE

DELLO SPETTRO - (c.s.)

Giurate!

AMLETO - Pace, pace, inquieto spirito!

(Orazio e Marcello giurano imponendo le mani

sullelsa della spada di Amleto)

E cos, gentiluomini,

mi raccomando a voi con tutta lanima.

Quello che un poveruomo come me

potr fare per dirvi lamicizia

e laffetto che nutre per entrambi,

non mancher di farlo.

Adesso rientriamo tutti insieme;

ma, vi prego, col dito sulle labbra.

Il mondo fuor dei cardini;

ed un dannato scherzo della sorte

chio sia nato per riportarlo in sesto.

Ebbene, andiamo insieme.

(Escono)


ATTO SECONDO

SCENA I - Elsinore, stanza in casa di Polonio.

Entrano POLONIO e RINALDO

POLONIO - (Consegnando a Rinaldo un pacchetto)

Gli darai questi soldi e questi appunti.

RINALDO - Va bene, monsignore, sar fatto.

POLONIO - E, buon Rinaldo, prima dincontrarlo,

farai bene a cercare dinformarti

su come vive e come si comporta.

RINALDO - Ci avevo gi pensato, mio signore.

POLONIO - Ottimamente. Allora siamo intesi,

attento: vammi prima ad indagare

quali Danesi vivono a Parigi,

chi sono, come conducon la vita,

e con che mezzi, che genti frequentano,

che luoghi. E se tu, grazie a questa indagine

e a qualche tua domanda intenzionale,([45])

scoprissi che conoscono mio figlio,

taccosterai pian piano allargomento

con domandine vieppi pertinenti,

comech fossi tu, tanto per dire,

uno che lo conosca di persona,

ma non troppo, diciamo, un po alla larga.

Per esempio: Conosco bene il padre,

gli amici e un po, ma solo un po, anche lui

Mi segui?

RINALDO - Oh, certo, signore, benissimo.

POLONIO - e solo un po anche lui- puoi azzardare,

ma non troppo; per se quel giovane

di cui stiamo parlando, posso dire

ch persona piuttosto scapestrata,

un tipo dedito a questo, a questaltro;

e l gli attribuisci, a tuo capriccio,

ogni sorta di piccoli difetti,

nessuno, per - bada! - tanto spinto

da macchiarne lonore: attento a questo!

Insomma, le consuete scappatelle,

un po sfrenate, un tantino lascive,

che son la risaputa compagnia

di giovent sbrigliata in libert.

RINALDO - Come ad esempio il gioco, monsignore.

POLONIO - Appunto; o come il bere, il duellare,

bestemmiare, rissare, andare a donne

Puoi spingerti fin l

RINALDO - Eh, monsignore,

questo potr disonorarlo.

POLONIO - No,

in fede mia, se saprai temperarlo

nello stesso momento in cui lo insinui.

Cio, nel dirlo incline alla bisboccia,

non devi caricarlo daltre mende.

Non questo che intendo: i suoi difetti

li devi sussurrare accortamente,

s da farli apparire, tuttal pi,

come macchie della sua libert,

vampate duno spirito bollente,

duna selvatichezza ancora acerba,

non mansuefatta, propria dellet.

RINALDO - Per, mio buon signore

POLONIO - Ti capisco:

vuoi sapere perch ti chiedo tanto.

RINALDO - Infatti, quello che vorrei sapere.

POLONIO - Allora qua, stammi bene a sentire.

La mia tattica questa (e tassicuro

ch garantita, non fallisce mai):

mentre tu spargi queste macchioline

sopra mio figlio, come un oggettino

che sinsudicia mentre si lavora,

ti vai studiando quello con cui parli

e che vuoi scandagliare su di lui:

se ti dice daver sorpreso il giovane

oggetto delle tue blande censure

in una o laltra delle intemperanze

che sopra ho menzionato, sta sicuro

che alla fine saccorder con te,

chiamandoti, in perfetta confidenza,

caro signore, o simil altro titolo,

quando non anche amico o cavaliere,

a seconda del giro del discorso

e del rango delluomo, o del paese.([46])

RINALDO - Molto bene, signore.

POLONIO - E a questo punto,

a questo punto, allora, lui che fa?

Che ti stavo dicendo, per la Messa?

Che ti dicevo? Dovero rimasto?

RINALDO - Alla fine saccorder con te

Amico cavaliere

POLONIO - Ah, s, perbacco!

Dunque, alla fine, daccordo con te,

magari ti dir: S, lo conosco,

lho visto appunto ieri, il giovanotto,

e laltro ieri pure, e dopo, e prima,

in compagnia del tale e del tal altro,

che giocava, cos come voi dite,

o, che so io, faceva gozzoviglia,

o si stava azzuffando con qualcuno

giocando al pallamaglio; oppure questo:

Lho visto entrare in una certa casa

s, con licenza, proprio un lupanare,

e cos via. E guarda che succede:

che usando lesca della falsit,

peschi la carpa della verit.

cos che noi, gente di giudizio,

si riesce a trovar, per vie traverse,

la direzione giusta. E cos tu,

seguendo queste mie indicazioni,

dovrai far con mio figlio. Hai bene inteso?

RINALDO - Bene, signore.

POLONIO - E allora va con Dio.

RINALDO - Grazie, signore.

POLONIO - Ma mi raccomando,

osserva bene il suo comportamento,

personalmente.

RINALDO - Lo far, signore.

POLONIO - E lascialo suonare la sua musica.

RINALDO - Bene, far cos.

POLONIO - Va pure, addio.

(Esce Rinaldo)

Entra, di corsa, OFELIA, come spaventata.

Ehi, Ofelia, che c?

OFELIA - Oh, padre mio,

che paura, signore! Che paura!

POLONIO - Di che, paura, nel nome di Dio?

Di che?

OFELIA - Signore, stavo tutta sola

a ricamare nel mio gabinetto,

quando il principe Amleto,

col giustacuore tutto sbottonato,

senza cappello, le calze slacciate,

ricadenti sui piedi come ceppi,

pallido in viso, come la camicia,

le ginocchia che battono tra loro,

e uno sguardo cos compassionevole,

che pareva sortito dallinferno

per venire a spiegarmene gli orrori,

mi viene innanzi

POLONIO - Pazzo per amore?

OFELIA - Non so, signore, ma lo temo proprio.

POLONIO - E che tha detto?

OFELIA - Mha afferrato il polso,

e, stringendolo forte, s scostato

per tutta la lunghezza del mio braccio,

e, postasi una mano sulla fronte,

cos

(Fa il gesto di mettersi la mano a visiera)

s messo a scrutarmi la faccia

come uno che volesse disegnarla.

stato a lungo in quella posizione,

poi, di colpo, mi scuote ancora il braccio

e, accennando col capo in su e in gi,

tre volte, emette un s cupo sospiro,

s pietoso, da dare limpressione

che dovesse squassarlo

e porre fine l stesso alla sua vita.

Poi mi lascia e savvia verso la porta,

con la testa girata sulle spalle,

quasi a trovar la strada senza gli occhi;

perch di fatto senza il loro aiuto

se n andato, tenendo fino allultimo,

rivolta indietro a me la loro luce,

finch ha trovato luscio ed sparito.

POLONIO - Vieni con me, voglio parlarne al re.

Questa la tipica follia damore,

la cui cieca irruenza, tante volte,

non solo pu distruggere se stessa,

ma trascinare a gesti disperati

come ogni altro violento sentimento

che opprime luomo sotto questo cielo.

Mi dispiace Non sarai stata tu,

a dirgli aspre parole, ultimamente?

OFELIA - Non io, mio buon signore;

ma, come voi mavete comandato,

gli ho rimandato indietro le sue lettere

e mi sono negata ad ogni incontro.

POLONIO - Allora questo che lha reso pazzo.

Mi debbo dispiacere con me stesso

per non aver saputo giudicare

con pi discernimento la faccenda;

ma pensavo trattarsi dun capriccio,

e chegli non avesse su di te

altro intento che indurti alla rovina.

Ma maledetto questo mio sospetto!

Purtroppo proprio della nostra et

smarrirci per eccesso di cautela,

cos com di quella giovanile

una certa mancanza di giudizio.

Ma vieni, andiamo subito dal re:

bisogna chegli ne sia messo a parte;

se tenuto segreto, questo affare,

pu procurarci pi guai a nasconderlo

che rancore a svelarlo. Vieni, andiamo.

(Escono)

SCENA II - Elsinore, stanza nel castello.

Squillo di tromba. Entrano il RE, la REGINA, ROSENCRANTZ,

GUILDENSTERN e seguito

RE - Benvenuti fra noi, miei cari giovani.

A parte il desiderio di vedervi,

fu il bisogno dei vostri buoni uffici

la causa vera del vostro richiamo,

ricercato da noi con tanta urgenza.

Avrete forse udito gi qualcosa

circa la metamorfosi di Amleto:

e la chiamo cos perch, credetemi,

tanto nel suo comportamento esterno

come nei modi interiori dellanimo

luomo non assomiglia pi a se stesso.

Che cosa, oltre alla morte di suo padre,

abbia potuto estraniarlo da s

fino a tal punto, non so immaginare.

Io vi supplico entrambi,

che gli siete cresciuti sempre insieme

e siete stati sempre s vicini

alla sua giovinezza e alla sua indole,

di trattenervi qui alla nostra corte

per un po; che la vostra compagnia

possa ridargli il gusto della vita,

e che possiate voi stessi scoprire,

per quel che vi sia dato dindagare

con loccasione, se vi sia qualcosa

a noi ignota ad affliggerlo tanto,

che, una volta scoperta,

sia in nostro potere di sanare.

REGINA - Egli ha molto parlato di voi due,

miei cortesi signori, e sono certa

che non vi sono due persone al mondo

cui sia pi affezionato il nostro Amleto.

Se vi piaccia mostrarvi ben disposti

a trascorrere qui, presso di noi,

un po del vostro tempo,

a sostegno e possibile profitto

delle nostre speranze, questa visita

vi sar ricambiata con un grazie

pari alla gratitudine dun re.

ROSENCRANTZ - Le vostre maest,

per la loro sovrana potest

sovra di noi, sarebbero padrone

di formulare, pi che in una supplica,

in un comando i loro desideri.

GUILDENSTERN - E noi due non possiamo che obbedire,

e dedicarvi, in tutta riverenza,

noi stessi e gli umili nostri servigi.

RE - Grazie, miei cari Rosencrantz e Guildenstern.

REGINA - E lasciate che vi ringrazi anchio,

gentili miei signori,

e che vi preghi di recarvi subito

da questo mio tanto mutato figlio.

(A quelli del seguito)

Qualcuno vada con questi signori,

e li accompagni dal principe Amleto.

GUILDENSTERN - Che la nostra presenza e il nostro zelo,

voglia il cielo gli sian di giovamento,

e lo confortino.

REGINA - Lo voglia il cielo!

(Escono Rosencrantz e Guildenstern)

Entra POLONIO

POLONIO - Gli ambasciatori di vostra maest

sono felicemente rientrati

dalla Norvegia.

RE - Tu sei sempre stato,

Polonio, padre di buone notizie.

POLONIO - Godo, signore, a sentirvelo dire.

Oh, pu star certo, il mio grazioso re,

che i miei servigi appartengono a lui

come appartiene a Dio lanima mia.

Ed io penso - o altrimenti il mio cervello

non segue pi sicuro il proprio fiuto -,

daver scoperto la vera ragione

della pazzia dAmleto.

RE - Oh, parlane, mi tarda dascoltarlo.

POLONIO - Ricevete gli ambasciatori prima:

la mia informazione

sar la frutta del grande banchetto.

RE - Va tu stesso a incontrarli ed introducili.

(Esce Polonio)

Egli dice, Gertrude mia diletta,

daver scoperto origine e motivo

di tutto il turbamento di tuo figlio.

REGINA - Dubito non sia altro

che quel ch dato a tutti immaginare,([47])

la morte di suo padre,

e le precipitose nostre nozze.

RE - quel che cercheremo di appurare.

Rientra POLONIO con VOLTIMANDO e CORNELIO

Bentornati, miei buoni e bravi amici!

Quali notizie dal fratello nostro

di Norvegia?

VOLTIMANDO - Il ricambio pi cordiale

di voti e buoni auspici a vostra altezza.

Subito al nostro primo abboccamento,

ha mandato a bloccar gli arruolamenti

in corso ad opera di suo nipote,

a lui sembrati, in prima, in verit,

preparativi contro il re polacco;

ma poi s accorto, guardandoci meglio,

cheran diretti contro vostra altezza;

ondegli, assai turbato e dispiaciuto

che si abusasse s dolosamente

e del suo male e della sua impotenza,

fece trarre in arresto Fortebraccio;

il quale, a farla breve, gli obbedisce,

accetta la rampogna dello zio,

e simpegna, in solenne giuramento,

a rinunciar per sempre ad ogni mira

armata contro vostra maest.

Al che il vecchio Norvegia,

non stando pi nei panni dalla gioia,

decide di assegnargli unannua retta

di tremila corone ed il comando

delle forze da lui prima assoldate

contro il Polonia; mentre chiede a voi,

col messaggio di cui siamo latori,

di concedergli il libero passaggio

su vostri territori, per limpresa,

con le modalit e le guarentigie

quali son qui indicate nel dettaglio.

(Gli consegna il messaggio)

RE - Bene, le leggeremo a miglior agio,

e daremo al Norvegia la risposta

dopo aver riflettuto attentamente

su questo affare. Intanto vi ringrazio

per le vostre fatiche bene spese.

Concedetevi adesso un buon riposo:

questa sera banchetteremo insieme.

E ben tornati in patria!

(Escono Voltimando e Cornelio)

POLONIO - Ecco dunque un affare ben concluso.

Mio sovrano e signora,

a disquisir sulla sovranit,

sui suoi doveri, perch il giorno giorno,

la notte notte, perch il tempo tempo,

non sarebbe che perdere la notte

ed il giorno ed il tempo.

Perci se vero che la brevit

lanima del senno,

e il parlar troppo un fronzolo esteriore,

il mio discorso sar molto breve.

Il vostro nobile figliolo pazzo:

e dico pazzo, perch definire

in che consista ogni vera pazzia

chaltro sarebbe, se non esser pazzi?

Ma via, lasciamo andare.

REGINA - Meno forma, Polonio, e pi sostanza.

POLONIO - Signora, vassicuro, a giuramento,

chio non uso artifici di retorica:

chegli sia pazzo, vero;

ed vero che ci gran peccato;

e che un peccato sia, anche vero.

Un bel concetto! Ma lasciamo andare,

chio non voglio far uso di retorica.

Concediamoci allora che sia pazzo:

ci rimane da ricercar la causa

di questo effetto, o di questo difetto,

a dir meglio, per via che da una causa

proviene questo effetto difettoso.

Tale esso resta, e tale resta il resto.

Vogliate ponderare. Io ho una figlia

- e dico ho perchella mi appartiene -

la quale in suo dovere dobbedienza,

notate, poco fa mha dato questo:

udite e deducete.

(Legge)

Al celestiale e di mia anima idolo,

molto imbellita Ofelia

Brutta frase,

di basso conio Imbellita banale

Ma state ancora a sentire. Ecco qui:

(Legge)

Nel suo squisito bianco seno eccetera

REGINA - Ed Amleto che scrive a lei cos?

POLONIO - Un momento. Vi leggo testualmente:

(Legge)

Dubita che le stelle siano ardore,

che il sole ruoti intorno alla sua sfera,

dubita che la verit sia vera,

ma dubbio non avere del mio amore.

Mia cara Ofelia, io non so rimare,

mi manca larte di dir verseggiando

i miei sospiri; ma chio tami tanto,

eccelsa, tu non devi dubitare.

Addio, carissima, sempre pi tuo,

fino allultimo d che sar suo

questo mortale suo congegno. AMLETO

Questo me lha mostrato, in sua obbedienza,

mia figlia, confessandomi altres

tutto sulle pressanti assiduit

di lui, e loro tempi e modi e luoghi.

RE - Ed ella che risponde a questo amore?

POLONIO - Che pensano di me le altezze vostre?

RE - Che sei persona fida ed onorata.

POLONIO - E tale ho lambizione di mostrarmi.

Ma che potreste voi pensar di me

se, clto quasi a volo questo amore

(giacch me nero accorto - debbo dirlo -

gi prima che mia figlia ne parlasse),

che potreste pensare voi, mio sire,

o la cara maest della regina,

se avessi confinato la mia parte

a fare da scrittoio o da leggo,

o se, strizzando locchiolino al cuore,

me ne fossi rimasto sordo e muto

o avessi riguardato questo amore

con occhio indifferente? E invece no.

Mi sono subito dato daffare,

ho parlato a mia figlia in questi termini:

In quanto principe, il nobile Amleto,

fuor dellambito della tua sfera,

e questo non devessere!

E le ho prescritto di tenersi chiusa

dai luoghi chei frequenta,

di non ricevere suoi messaggeri,

n accettar da lui doni. Fatto ci,

ella del mio consiglio colse i frutti,

e lui, vedendosi cos respinto,

in breve sprofond nella tristezza,

donde digiuno, insonnia, prostrazione,

donde il delirio, e poi, per questa china,

la follia per la quale ora vaneggia,

per la luttuosa angustia di noi tutti.

RE - (Alla regina)

Pensi tu che sia questa la ragione?

REGINA - Pu essere; molto verosimile.

POLONIO - C mai stata una volta

- vorrei proprio sentirlo dir da voi -

chio abbia detto in modo positivo:

Cos !, e cos non stato?

RE - No, chio sappia.

POLONIO - (Facendo il gesto di staccarsi la testa dal tronco)

Staccate pure via

questa da questo, se cos non fosse.

Io, se mi guidino le circostanze,

su questo scoprir la verit

fosse nascosta al centro della terra.

RE - Come potremo poi verificarla?

POLONIO - Voi sapete che a volte

egli passeggia qui, in questa sala,

per ore ed ore.

REGINA - Cos fa, difatti.

POLONIO - Ebbene, in quel momento,

io gli sguinzaglio libera mia figlia:

voi ed io staremo ad osservare

dietro un arazzo, attenti a quel che dicono:

segli non lama, e se non per questo

chegli caduto fuor di sua ragione,

chio non sia consigliere duno Stato,

ma vil bifolco o capo carrettiere.

RE - Bene, faremo allora questa prova.

Entra AMLETO, intento a leggere un libro.

REGINA - Ma guardatelo, con che triste cera

se ne viene leggendo, il poverino!

POLONIO - Via, vi scongiuro entrambi, allontanatevi!

Voglio abbordarlo prima io. Scusate.

(Escono il re e la regina)

Come sta il mio buon principe Amleto?

AMLETO - Bene, deograzia.

POLONIO - Mi riconoscete?

AMLETO - Perfettamente. Siete un pescivendolo.([48])

POLONIO - No, signore.

AMLETO - Peccato.

Avrei voluto foste cos onesto.

POLONIO - Onesto, monsignore?

AMLETO - S, signore;

perch come va il mondo al giorno doggi,

essere onesto, come dir dun uomo

ch stato estratto in mezzo a diecimila.

POLONIO - Verit sacrosanta, monsignore.

AMLETO - Perch se il sole fa nascere i vermi

nella carogna duna cane, baciandola

Voi avete una figlia?

POLONIO - S, signore.

AMLETO - Non la lasciate passeggiare al sole

La concezione una benedizione.

Ma siccome codesta vostra figlia

potrebbe concepire attento, amico.

POLONIO - (A parte)

Che vuoi dire con questo?

E di che batte sempre su mia figlia!

Eppure ha detto di non riconoscermi

maveva preso per un pescivendolo

svampito, svampito veramente!

Del resto, in giovent, posso ben dirlo,

ho anchio sofferto il tormento damore

da ridurmi allincirca in quello stato

Ma parliamogli ancora([49])

(Forte)

Monsignore,

posso sapere che state leggendo?

AMLETO - Parole, parole, parole.([50])

POLONIO - Di che questione, signore?

AMLETO - Questione?

Fra chi?

POLONIO - Volevo dire largomento,

largomento del libro che leggete.

AMLETO - Calunnie, signor mio.

Perch questa canaglia di satirico

scrive che i vecchi hanno la barba grigia,

la faccia scanalata dalle rughe

e gli occhi secernenti un certo umore

denso come la gomma di susino;

che abbondano di carestia di senno,

insieme a debolissimi garretti

tutte cose di cui, signore mio,

per quanto possa io esser convinto

nella maniera pi forte e potente,

non penso tuttavia che sia decenza

spiattellarle cos; perch anche voi,

signore, avreste la mia stessa et,

se, simile ad un gambero,

poteste camminare a retromarcia.

POLONIO - (A parte)

Questa follia, se pure c del nesso.

(Forte)

Non vorreste, signore, passeggiare

al riparo dallaria?

AMLETO - Dove, nella mia tomba?

POLONIO - (Ridendo)

Oh, questo s,

sarebbe un vero cambiamento daria

(A parte)

Come sono pregnanti qualche volta

le sue risposte! Battute felici

in cui sovente imbrocca la pazzia,

e che n mente sana n ragione

saprebbero altrettanto bene esprimere

Ora lo lascio, e vado a predisporre

come farlo incontrare con mia figlia.

(Forte)

Mio signore, da voi prendo congedo.

AMLETO - Voi non sapreste prendermi, signore,

altra cosa da cui pi volentieri

mi vorrei separare; tranne, chiaro,

la mia vita, s, tranne la mia vita.

POLONIO - Allora con licenza, mio signore

(Mentre sta per uscire, sulla porta incontra ROSENCRANTZ

e GUILDENSTERN)

AMLETO - (A parte)

Questi noiosi vecchi incitrulliti!

POLONIO - (Ai due)

Cercate il principe Amleto; egli qui.

ROSENCRANTZ - (A Polonio)

Salute a voi, signore.

(Esce Polonio)

GIULDENSTERN - (Ad Amleto)

Mio onorato signore!

ROSENCRANTZ - Caro principe!

AMLETO - Salve, miei buoni ed eccellenti amici!

Come va, Guildenstern? Eh, Rosencrantz?

Come state, ragazzi, come state?

ROSENCRANTZ - Da comuni rampolli della terra.

GUILDENSTERN - Felici di non essere felici

oltre misura; non siamo il pennacchio

della berretta della dea Fortuna.

AMLETO - N la suola di sotto ai suoi calzari?

ROSENCRANTZ - Nemmeno, monsignore.

AMLETO - Allora voi vivete alla sua cintola,

o in mezzo ai suoi favori.([51])

GUILDENSTERN - Un poco addentro, s, in fede mia.

AMLETO - Ah, proprio addentro alle segrete parti,

della Fortuna?([52]) Eh, gi, una baldracca.

Che nuove in giro?

ROSENCRANTZ - Nessuna, signore,

se non che il mondo diventato onesto.

AMLETO - Allora il giorno del Giudizio prossimo.

Ma la notizia falsa.

Piuttosto, ditemi, miei buoni amici,

che male avete fatto alla Fortuna,

che vi manda in prigione qui?

GUILDENSTERN - In prigione!

AMLETO - La Danimarca tutta una prigione.

ROSENCRANTZ - Tutto il mondo n una, allora.

AMLETO - Infatti,

come si deve; in cui son molte celle,

molti posti di guardia, molti masti.

La Danimarca fra le sue peggiori.

ROSENCRANTZ - A noi non pare affatto, monsignore.

AMLETO - Si vede allora che non lo per voi:

niente buono o cattivo

se non tale nel nostro pensiero.

Per me una prigione.

ROSENCRANTZ - lambizione che ve la fa tale.

La Danimarca troppo angusto spazio

per una mente come quella vostra.

AMLETO - Oh, Dio! Io potrei viver confinato

in un guscio di noce, e tuttavia

ritenermi signore duno spazio

sconfinato, non fossero i miei sogni.

GUILDENSTERN - E questi sono appunto lambizione,

perch nientaltro che lombra dun sogno

la sostanza delluomo ambizioso.

AMLETO - Il sogno gi in se stesso solo unombra.

ROSENCRANTZ - Infatti, ed io ritengo lambizione

qualit s volatile e leggera,

da esser solo lombra di unaltrombra.

AMLETO - Allora i corpi sono i mendicanti,

e i re e i nostri celebrati eroi

lombre dei mendicanti.([53])

Ma non vogliamo rientrare a corte?

Perch, in coscienza, non ragiono pi.

I DUE - Siamo agli ordini vostri, monsignore.

AMLETO - Ordini No, non ditelo.

Non vi voglio confondere davvero

col resto dei miei servi;

perch, a parlarvi franco, son servito

terribilmente bene. Per ditemi,

in via di sacratissima amicizia,

che ci fate a Elsinore?

ROSENCRANTZ - Siamo venuti a visitare voi,

monsignore; nessun altro motivo.

AMLETO - Mendicante qual sono,([54])

sono povero di ringraziamenti;

e i miei ringraziamenti, cari amici,

sono sinceramente troppo cari

anche a pagarli un soldo.

Ma siete qui di vostra iniziativa?

Non chiamati? Una visita spontanea?

Siate sinceri, via, scopriamo il gioco.

Su, su, avanti, parlate.

GUILDENSTERN - Che vi dobbiamo dire, monsignore?

AMLETO - Qualunque cosa. Ma veniamo al punto:

siete stati chiamati; nei vostri occhi

c una sorta di muta confessione

che la vostra comune riluttanza

non capace di tener nascosta.

Vhan mandato a chiamare

- lo so - il buon re e la buona regina.

rosencrantz - A che scopo, signore?

AMLETO - Sta a voi di dirlo a me. Ma vi scongiuro

per la nostra amicizia, e per i vincoli

con cui ci lega il nostro antico affetto,

e nel nome di quanto di pi caro

potrebbe chiedervi un postulante

pi efficace di me, siate leali

e sinceri con me:

foste chiamati, a venir qui, o no?

ROSENCRANTZ - (A parte a Guildenstern)

Che gli dobbiamo dire?

AMLETO - (A parte)

Ho capito, dovr tenervi docchio.

(Forte)

Se mi volete bene, non mentite.

guildenstern - S, mio signore, ci han fatto chiamare.

AMLETO - E vi dir perch; cos io stesso

anticipo la vostra confessione,

e cos la promessa di segreto

fatta da voi al re e alla regina

non perder una penna.

un po di tempo che, non so perch,

ho perso tutto il mio brioso umore,

tralasciato ogni usata occupazione;

e ci grava a tal punto sul mio spirito

che questa bella struttura, la terra,

mi sembra un promontorio senza vita,

questo stupendo baldacchino, il cielo,

questa splendida volta, il firmamento,

questo tetto maestoso,

ingemmato di fuochi doro ebbene,

per me non nientaltro che un odiato

pestilenziale ammasso di vapori.

Che sublime capolavoro luomo!

Quanto nobile nella sua ragione!

Quanto infinito nelle sue risorse!

Quanto espressivo nelle sue movenze,

mirabile: un angelo negli atti,

un dio nellintelletto!

La bellezza delluniverso mondo!

La perfezione del regno animale!

Eppure che cos agli occhi miei

questo conglomerato di terriccio?

Luomo per me non ha alcuna attrattiva

e nemmeno la donna, anche se voi

con quel vostro sarcastico sorriso

sembrate dire che non cos.

ROSENCRANTZ - Oh, signore, ero lungi da pensarlo.

AMLETO - Perch allora hai sorriso,

quando ho detto che luomo non mattrae?

ROSENCRANTZ - Pensavo, mio signore,

che se niente delluomo vi diletta,

quale mai accoglienza da Quaresima([55])

trover qui la compagnia di attori

che abbiamo sorpassato per la strada,

e che vengono a offrirvi i lor servizi.

AMLETO - Ah, quanto a questo([56]) Sia pur bene accolto

colui che recita del re la parte:

la sua maest potr levar tributi

da me; il cavaliere avventuroso

usi pure a suo agio e spada e scudo;

lamoroso non sospirer gratis;

al comico sar sempre permesso

di terminare in pace la sua parte;

il buffone potr far sbellicare

coloro i cui polmoni sono facili

alle risate e agli scatarramenti;

la prima donna dir il suo pensiero

apertamente, senza che per questo

il verso sciolto debba zoppicare.

Che attori sono?

rosencrantz - Della compagnia

che voi ben amavate di ascoltare:

quella dei tragici della citt.

AMLETO - E com che si sono messi in viaggio?

Starsene a recitare in sede stabile

era per loro assai pi vantaggioso,

sia per il nome che per la cassetta.

ROSENCRANTZ - Glielo vietano, penso,

le riforme emanate di recente.([57])

AMLETO - Godono sempre dello stesso credito

di quandero in citt? Li segue il pubblico?

ROSENCRANTZ - No davvero.

AMLETO - Com? Son peggiorati?

ROSENCRANTZ - Tuttaltro. Cercan di tenersi al passo;

ma c, signore, tutta una nidiata

di giovinetti, falconcelli implumi,

che sanno solo recitare urlando

e riscuotono applausi strepitosi.

Sono loro che adesso van di moda;

e coprono di tanti e tali insulti

e di sberleffi i teatri comuni

(cos essi li chiamano), che molti

che veston spada e tocco hanno paura

delle lor penne doca,([58])

e se ne tengono bene alla larga.

AMLETO - Che! Davvero fanciulli?

Chi li mantiene? Come son pagati?

Potranno seguitare a recitare

quando, cogli anni, avran cambiato voce?

E pi tardi nel tempo,

se diverranno attori come gli altri

- com molto probabile che sia,

se proprio non sapranno far di meglio -,

non se la prenderanno malamente

con gli autori dei testi chessi recitano,

con laccusa di averli rovinati

mettendo loro in bocca tante ingiurie

contro quello che poi son diventati?

ROSENCRANTZ - In verit c stato un gran daffare

dalluna parte e dallaltra; e la gente

ritiene di far bene ad aizzarli

ed indurli a beccarsi lun con laltro.

C stato un tempo in cui trovar denaro

per un copione da mettere in scena,

era difficile, se nella trama

non ci fosse pretesto per riaccendere

la guerra tra autori e commedianti.([59])

AMLETO - Possibile?

ROSENCRANTZ - Oh! sera messo in moto

una grande carosello di cervelli.

AMLETO - E i fanciulli la vincono?

ROSENCRANTZ - Altroch!

Quelli, signore, si trascinan dietro

Ercole col suo globo sulle spalle.([60])

AMLETO - Niente di cos strano,

perch mio zio re di Danimarca,

e tutti quelli che, vivo mio padre,

gli avrebbero ben fatto gli sberleffi,

ora dan venti, quaranta, cinquanta

cento ducati per avere, in piccolo,

un suo ritratto. E c qualcosa in questo,

sangue di Dio, che passa la natura,

se la filosofia pu mai scoprirlo.

(Tromba di postiglione allinterno)

GUILDENSTERN - Questi sono gli attori.

AMLETO - Miei signori,

voi siete i benvenuti ad Elsinore;

qua la mano, venite.

I bei modi e unamabile accoglienza

son doveri dellospitalit;

permettete chio usi anche con voi

questo garbo, altrimenti laccoglienza

che sto per riservare a questi attori,

e che, vi anticipo, dovr mostrarsi

in bellezza, non abbia ad apparire

pi sentita che quella fatta a voi.

Voi siete benvenuti.

Ma mio zio-padre e mia zia-madre sbagliano.

GUILDENSTERN - In che, signore?

AMLETO - Nel credermi pazzo.

Io son pazzo col vento di maestro;

quando spira da sud, distinguo bene

un airone da un falco.

Entra POLONIO

POLONIO - Sia pace e bene a questi gentiluomini!

AMLETO - Sentite Guildenstern e Rosencrantz,

ve lo dico a ciascuno in un orecchio:([61])

quel gran bamboccio che vedete l

non ancora sgusciato dalle fasce.

ROSENCRANTZ - O forse c rientrato: quando vecchio,

luomo, si dice, due volte bamboccio.

AMLETO - Mi butto a indovinare: viene qui

ad annunciar larrivo degli attori

state attenti.

(Fingendo di non aver visto Polonio e di parlare

a qualcuno)

Ah, s, ora ricordo,

stato allora, un luned mattina

POLONIO - (Ad Amleto)

Ho notizie da darvi, monsignore.

AMLETO - (Rifacendogli il verso)

Ho notizie da darvi, monsignore

Eh, quando a Roma recitava Roscio([62])

POLONIO - Gli attori sono giunti, monsignore.

AMLETO - Ma no!

POLONIO - Sul mio onore.

AMLETO - Allora sono giunti in groppa a un asino.([63])

POLONIO - I migliori del mondo per tragedia,

commedia, storia, dramma pastorale,

comico-pastorale, tragistorico,

scena unica a verso e filastrocca.

Seneca non sa esser troppo grave,

n Plauto troppo leggero, per loro.

Per testi scritti od improvvisazioni,

sono davvero unici, signore.

AMLETO - O Gefte, qual tesoro avevi tu,

giudice dIsraele!([64])

POLONIO - Quale tesoro aveva, monsignore?

AMLETO - Sola una figlia aveva

chegli oltremodo amava.

POLONIO - (Tra s)

E dlli che ribatte su mia figlia!

AMLETO - Non ho forse ragione, vecchio Gefte?

POLONIO - Se mi chiamate Gefte, monsignore,

ho pur io una figlia, che amo tanto.

AMLETO - No, no, non seguita per cos.

POLONIO - Come seguita allora, monsignore?([65])

AMLETO - Cos:

come per sorte, Iddio lo sa.

Eppoi, attento:

E allora ne segu

quel che doveva, ahim, finir cos.

La prima strofa della pia ballata

vi dir il seguito, perch, vedete,

ecco che arriva chi mi fa interrompere.

Entrano gli ATTORI

Benvenuti, maestri, benvenuti!

(A uno di loro)

Son lieto di vedervi in bella forma.

A tutti, benvenuti, cari amici!

(A un altro, alludendo alla barba)

Oh, vecchio mio, constato che il tuo volto

s ombreggiato, da che non tho pi visto!

Vieni a far crescere anche a me la barba

in Danimarca? Oh, la prima donna,

la nostra giovane e bella amorosa?([66])

Per la Vergine, vostra signoria

s avvicinata al cielo dun cioppino([67])

da quellultima volta che lho vista.

Voglio pregare Iddio

che la tua voce non si sia squadrata

al tondo come una moneta fessa.

Maestri, siate tutti benvenuti!

Faremo come i falconieri in Francia,

che avventano luccello

su tutto quel che viene loro a tiro.([68])

Una scenetta, subito!

Dateci un saggio del vostro mestiere:

una tirata piena di passione.

PRIMO ATTORE - Che tirata volete, mio signore?

AMLETO - Tho udito declamarne una, una volta,

che non fu pi portata sulla scena,

o, se lo fu, non fu pi duna volta,

perch il dramma non piacque, mi ricordo,

ai pi: era il caviale per il volgo.

Eppure si trattava, a parer mio

e daltri pi competenti di me,

dun lavoro eccellente, ben costrutto,

drammatizzato senza troppi fronzoli,

ma con un buon mestiere.

Ci fu chi disse che non cera nulla

nel verso delle abituali spezie

mescolate a condire la vicenda,

e nulla cera nel suo periodare

che potesse accusar daffettazione

il suo autore; ne lod, al contrario,

la linearit della vicenda,

agile, senza sofisticazioni.

Un passo soprattutto mi colp:

il racconto dEnea fatto a Didone,

e specialmente l dove descrive

luccisione di Priamo.

Se lavete a memoria, cominciate

da questo verso vediamo, vediamo

(Si sforza di ricordare)

Come lircana belva,([69]) il diro Pirro([70])

No, non cos; cominciava con Pirro:

Il diro Pirro, il cui brunito acciaio,

nero come il suo cuore, somigliante

lo faceva alla notte, allor che steso

giaceva dentro il funesto cavallo,

ora ha imbrattato questo suo colore

pauroso e tetro con pi cupa araldica:

tutto vermiglio egli da capo a piedi,

atrocemente tinto con il sangue

di padri e madri, di figli e di figlie,

cotto e impastato su di lui dalle arse

vie che una luce tirannica e trista

prestano allassassino di colui

chera il loro signore. Abbrustolito

dal fuoco e dal furore, ed incrostato

di sangue raggrumato, gli occhi accesi

come carbonchi, linfernale Pirro

il vecchio Priamo cerca

Continuate voi.

POLONIO - Aff di Dio,

mio signore, egregiamente detto,

con buon accento ed ottima scansione!

PRIMO ATTORE - (Recitando)

Subito lo rintraccia,

che invano tenta di colpire i Greci;

lantico brando, al suo braccio ribelle,

resta ove batte, restio al comando.

Pirro su Priamo in impari certame

savventa, nel furore stocca a vuoto,

ma al solo sibilo dellempio ferro

cade lesausto vecchio. In quel momento

sembra avvertir linanimata Ilio

il colpo e dalle sue ardenti altezze

rovina in fiamme, e lorribile crollo

del diro Pirro fa prigion lorecchio,

e la sua spada, gi levata in alto

per abbattersi sulla bianca testa

del venerando Priamo, resta in aria

sospesa, e Pirro immobile nel gesto,

simile ad un tiranno ritrattato,

e indifferente alla sua volont

come alla realt, non fa pi nulla

Ma come spesso allappressar dun turbine

silenzio nei cieli, nere e immobili

sono le nubi, senza voce i venti

e muto, come morto, lorbe sotto,

e di repente un tuono

cupo latrando squassa latmosfera,

cos, dopo quellattimo di pausa

nuova vendetta sprona Pirro allopra:

e mai caddero i magli dei Ciclopi

sulla ferrigna armatura di Marte

per temprarla a durare eternamente,([71])

con tal violenza, come sopra Priamo

cade di Pirro il sanguinoso ferro.

Fuori, fuori, Fortuna meretrice!

E voi, di tutti, in snodo riuniti,

destituitela del suo potere,

scardinate della sua ruota i raggi

e il cerchio, e fate rotolare il mozzo

per la pi ripida china del cielo,

gi fino ai diavoli.

POLONIO - Uhm, un po lungo.

AMLETO - Vedremo di mandarlo dal barbiere,

insieme con la vostra barba

(Allattore)

Avanti,

prosegui, prego. A lui piace una farsa

o un pezzo da bordello, o saddormenta.

Prosegui, vieni a Ecba.([72])

PRIMO ATTORE - (Recitando)

Ma, oh!, chi avesse visto la regina

correre imbacuccata, a piedi nudi

AMLETO - (Interrompendolo)

Dice proprio cos: imbacuccata?

POLONIO - Eccellente! Va bene imbacuccata!

PRIMO ATTORE - affrontare con accecanti lacrime

le fiamme, cinta il capo duno straccio,

quel capo che conobbe il diadema,

e per veste, a coprir gli scarni fianchi

disfatti dalle molte gravidanze,

un lino preso a caso nel terrore:

chi avesse visto questo, condannato

per tradimento avrebbe la Fortuna,

con lingua stemperata nel veleno.

Gli stessi di, se lavessero vista

quando ella scorse Pirro abbandonarsi

al satanico spasso di tranciarle

con la spada lo sposo membro a membro,

se pur fossero essi indifferenti

del tutto alle vicende dei mortali,

lurlo in cui ella subito proruppe

avrebbe inumidito glinfiammati

occhi del cielo, e tutti intenerito!

POLONIO - Guardate se non s tutto sbiancato,

e ha gli occhi in lacrime Basta, vi prego.

AMLETO - (Al primo attore)

Bene. Fra poco ti richieder

di recitarmi il seguito.

(A Polonio)

Signore,

vogliate provvedere a che gli attori

siano trattati bene. Avete inteso?

Che sabbia qui per loro ogni riguardo,

perchessi sono il succo concentrato,

e le succinte cronache del tempo;

sarebbe per voi meglio, dopo morto,

aver un maldicevole epitaffio,

che da vivo le loro male lingue.

POLONIO - Mio signore, far che sian trattati

secondo il loro merito.

AMLETO - Di pi,

per il corpo di Cristo, assai di pi!

A trattar gli uomini secondo il merito,

chi mai si salver dalle frustate?

Trattateli conforme al vostro onore

e dignit: meno ne saran degni,

tanto pi merito al vostro buon cuore.

Fateli entrare.

POLONIO - Venite, signori.

AMLETO - Cari amici, vogliate andar con lui.

Domani vi faremo recitare.

(Esce Polonio con gli attori, tranne il primo attore)

Ascolta, vecchio amico:

non avresti per caso in repertorio

quel dramma Lassassinio del Gonzaga ?

PRIMO ATTORE - S, labbiamo, signore.

AMLETO - Ottimamente.

Tienilo pronto per domani sera.

Potresti, al caso, mandare a memoria

una breve battuta,

non pi di dodici, sedici righe,

scritte da me, da inserire nel testo?

possibile?

PRIMO ATTORE - Certo, monsignore.

AMLETO - Benissimo. Ora segui quel signore,

e tieniti dal ridere di lui.

(Esce il primo attore)

Miei buoni amici, fino a questa sera

vi lascio. Benvenuti ad Elsinore!

ROSENCRANTZ - Mio buon signore

AMLETO - (Come avendo fretta di licenziarli)

Andate, andate, addio.

(Escono Rosencrantz e Guildenstern)

Ora son solo Oh, quale canaglia

e vil servo son io! Non mostruoso

che un attore, soltanto per finzione,

nientaltro che in un sogno di passione,

possa piegare lanima a un concetto,

cos che, per effetto di quel sogno,

il volto gli si copra di pallore;

occhi in lacrime, aspetto stralunato,

voce rotta, e lintero suo gestire

in perfetta aderenza a quel concetto?

E tutto ci per nulla! Per Ecuba!

Che cos Ecuba a lui, e lui a Ecuba,

perchegli possa piangere cos?

E che farebbe allora, questo attore,

se avesse quel che ho io

come motivo di straziarsi lanima?

Inonderebbe la scena di lacrime,

intronerebbe le orecchie del pubblico

di roboanti orribili parole,

da sconvolgere fino alla pazzia

la mente di chi si sentisse in colpa;

da far impallidire gli innocenti;

da confonder gli ignari e sbigottire

vista e udito del pubblico?

Ed io, balordo impastato di fango,

inerte come un Zanni-tuttisogni, [73])

mi consumo cos

nella sterilit della mia causa,

senza dir nulla a difesa di un re

cui dalla mano di un bieco assassino

furono tolti la vita e gli averi!

Son dunque un tal codardo?

E non c un cane che mi prenda a schiaffi,

mi chiami vile, mi fracassi il capo,

che mi strappi la barba,

e me la sbatta ontosamente in faccia,([74])

e mi tiri pel naso,

e mi ricacci in gola la menzogna

gi gi fino ai polmoni no? Nessuno?

Ah, chio mi prenderei tutto da tutti,

sangue di Cristo! Perch cos :

che ho il fegato duna colomba,

senza il fiele che rende amaro il torto:

se no, di quanto avrei dovuto gi

ingozzar gli avvoltoi della regione

con la carogna di questo ribaldo,

sanguinario ed immondo delinquente,

crudele, traditore, lussurioso,

ignobile, villano! O mia vendetta!

che asino son io! Che bel coraggio!

Figlio dun caro padre assassinato,

che cielo e inferno chiamano a vendetta

sono qui a gravarmi il cuore con le chiacchiere,

e bestemmiare come una sgualdrina

o un lavapiatti! Infamia! Puh! Vergogna!

Svegliati mio cervello!

Ho inteso che talora criminali,

stando a teatro, tanto impressionati

siano rimasti dalla realt

a bella posta messa sulla scena,

da spiattellar l stesso i loro crimini.

Perch il delitto, se pur non ha lingua,

ha una sua voce, che sa di miracolo.

Devo far recitar da questi attori

qualcosa che, in presenza di mio zio,

richiami lassassinio di mio padre.

Star poi a spiar la sua reazione.

Lo voglio scandagliare fino in fondo.

Se appena accenna a un minimo sussulto,

so quel che fare. Il fantasma che ho visto

potrebbessere un diavolo; e il diavolo

ha il potere di comparire agli uomini

in forme seducenti e ingannatorie;

e chiss che non voglia profittare

della mia debolezza

e del mio stato di malinconia

- due umori su cui ha gran potere -

per ingannarmi e indurmi a dannazione.

Voglio avere pi positive prove.

E il dramma recitato sar il mezzo

per catturar la coscienza del re.

(Esce)


ATTO TERZO

SCENA I - Elsinore, una stanza nel castello.

Entrano il RE, la REGINA, POLONIO, OFELIA,

ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN

RE - E non potreste voi,

con velate domande, fargli dire([75])

qualche cosa di quel suo turbamento

che inasprisce la pace dei suoi giorni

in una torbida, insidiosa insania?

ROSENCRANTZ - Ammette di non esser pi se stesso,

ma si rifiuta di dirne la causa.

GUILDENSTERN - N lo troviamo aperto e ben disposto

a lasciarsi sondare da noi due.

Quanto appena tentiamo dinvogliarlo

a dir qualcosa sul suo vero stato,

svicola, con astuta stravaganza.

REGINA - Vha bene accolto?

ROSENCRANTZ - Da gran gentiluomo.

GUILDENSTERN - Facendo per assai forza a se stesso.

ROSENCRANTZ - Avaro di domande,

ma alle nostre scioltissimo a rispondere.

REGINA - Non avete tentato dinvogliarlo

a darsi qualche distrazione?

ROSENCRANTZ - Infatti,

signora, si d il caso che per via

ci sia occorso di lasciarci dietro

alcuni commedianti qui diretti.

Gliene abbiamo parlato,

e ci sembr che avesse un certo gusto

a udirne. Quelli sono ora a corte,

in qualche luogo, e credo abbian gi lordine

di recitare innanzi a lui stasera.

POLONIO - Proprio cos; stato anzi lui stesso

a dirmi di pregar le vostre altezze

di assistere anche loro allo spettacolo.

RE - Ma certo! Come no! Con tutto il cuore!

E non sapete quanto mi consola

apprendere chegli s ben disposto!

A voi, signori miei, di stimolarlo

ancora, indirizzandone lo spirito

a questo genere di distrazioni.

ROSENCRANTZ - Va bene, vostra altezza, lo faremo.

(Escono Rosencrantz e Guildenstern)

RE - Andate pure voi, dolce Gertrude.

Abbiamo fatto, in tutta discrezione,

che Amleto venga qui,

s che possa incontrarsi con Ofelia,

come fosse per caso:

il di lei padre ed io ci disporremo

da legittime spie, in modo tale

che potremo, vedendo non veduti,

dedurre dallincontro miglior causa

di conoscenza della sua condotta,

e sapere s per la sua passione

o no, chegli si strugge in questo modo.

REGINA - Far come voi dite. In quanto a te,

Ofelia, mauguro che le tue grazie

siano esse solo la felice causa

della stranezza che pervade Amleto,

sperando che le tue virt squisite

lo rendano alle forme sue consuete,

per lonore di entrambi.

OFELIA - Dio lo voglia.

(Esce la regina)

POLONIA - Ofelia, qui: comincia a passeggiare.

(Al re)

E noi, se non dispiace a vostra grazia,

andiamo intanto ad appostarci l.

(A Ofelia)

Mentre passeggi, leggi questo libro.

Lostentazione dun tale esercizio

pu dar colore alla tua solitudine

Troppo spesso noi siamo biasimati

in questo, ma provato, arciprovato:

viso compunto e atteggiamento pio

riescono ad addolcire il diavolo.

RE - (A parte)

Troppo vero, ahim! Ma che frustata,

queste parole per la mia coscienza!

La guancia duna avvizzita puttana

non pi brutta dellimmonda ptina

che la copre, di quanto sia pi sporco

dellurbano e compunto mio parlare

il mio modo dagire sotterraneo.

POLONIO - Eccolo, monsignore. Ritiriamoci.

(Escono il re e Polonio)

Entra AMLETO

AMLETO - Essere, o non essere

questo il nodo:([76]) se sia pi nobil animo

sopportar le fiondate e le frecciate

duna sorte oltraggiosa,

o armarsi contro un mare di sciagure,

e contrastandole finir con esse.

Morire addormentarsi: nulla pi.

E con un sonno dirsi di por fine

alle doglie del cuore e ai mille mali

che da natura eredita la carne.

Questa la conclusione

che dovremmo augurarci a mani giunte.

Morir dormire, e poi sognare, forse

Gi, ma qui si dismaga lintelletto:

perch dentro quel sonno della morte

quali sogni ci possono venire,

quando ci fossimo scrollati via

da questo nostro fastidioso involucro?

Ecco il pensiero che deve arrestarci.

Ecco il dubbio che fa cos longevo

il nostro vivere in tal miseria.

Se no, chi sindurrebbe a sopportare

le frustate e i malanni della vita,

le angherie dei tiranni,

il borioso linguaggio dei superbi,

le pene dellamore disprezzato,

le remore nellapplicar le leggi,

larroganza dei pubblici poteri,

gli oltraggi fatti dagli immeritevoli

al merito paziente,

quanduno, di sua mano, dun solo colpo

potrebbe firmar subito alla vita

la quietanza, sul filo dun pugnale?

E chi vorrebbe trascinarsi dietro

questi fardelli, e gemere e sudare

sotto il peso dunesistenza grama,

se il timore di un che dopo la morte

- quella regione oscura, inesplorata,

dai cui confini non v viaggiatore

che ritorni - non intrigasse tanto

la volont, da indurci a sopportare

quei mali che gi abbiamo,

piuttosto che a volar, nellaldil,

incontro ad altri mali sconosciuti?

Ed cos che la nostra coscienza

ci fa vili; cos che si scolora

al pallido riflesso del pensiero

il nativo colore del coraggio,

ed alte imprese e di grande momento,

a cagione di questo, si disviano

e perdono anche il nome dellazione.

(Vede Ofelia)

Ma zitto, adesso! La leggiadra Ofelia!

Ninfa, nelle tue preci

rammemorti siano i miei peccati.

OFELIA - Mio buon signore, come s sentito

vostro onore, durante questi giorni?

AMLETO - Oh, bene, bene, bene, umili grazie!

OFELIA - Signore, ho qui con me vostri ricordi

che da tempo volevo ritornarvi.

Vi prego, riprendeteli.

AMLETO - Non io.

Non vho dato mai niente.

OFELIA - Vostro onore,

voi ben sapete di avermeli dati;

e accompagnati pure da parole

spiranti tal profumo di dolcezza

da renderli oltremodo pi preziosi.

Quel profumo svanito. Riprendeteli.

A cuor gentile anche i doni pi ricchi

si fan povera cosa,

se chi li dona si mostra crudele.

Eccoli, mio signore.

(Gli porge un pacchetto)

AMLETO - (Ridendo)

Ah, ah! Voi siete onesta?

OFELIA - Monsignore?

AMLETO - Siete bella?

OFELIA - Che intende vostra altezza?

AMLETO - Che essendo onesta e bella, come siete,

mai la vostra onest dovrebbe ammettere

che si parli della bellezza vostra.

OFELIA - Con chi potrebbe meglio accompagnarsi

la bellezza, se non con lonest?

AMLETO - Oh, s! Ma la bellezza ha tal potere

da far dellonest la sua ruffiana,

pi di quanto non possa lonest

fare a sua somiglianza la bellezza.

Questo un tempo pareva un paradosso,

ma ora i tempi provano che vero.

Una volta vi amavo.

OFELIA - Mio signore,

confesso, me lavete dato credere.

AMLETO - Non mavresti dovuto prestar fede;

ch non si pu innestare la virt

sul nostro vecchio tronco

e fargli perdere la sua natura.

Io non tho mai amata.

OFELIA - Tanto pi mi considero ingannata.

AMLETO - Va in un convento. Perch ti vuoi fare

procreatrice di peccatori? Anchio

son virtuoso abbastanza, e tuttavia

mi potrei incolpar di tali cose,

da pensar che sarebbe stato meglio

mia madre non mavesse partorito.

Sono molto superbo,

vendicativo, pieno dambizione,

con pi peccati pronti ad un mio cenno

che pensieri nei quali riversarli,

o fantasia con cui dar loro forma,

o tempo sufficiente a consumarli.

Che ci fa al mondo un essere cos?

Sempre a strisciare qui, tra cielo e terra?

Siamo grandi canaglie, tutti quanti:

farai bene a non credere a nessuno.

Va, va in convento Tuo padre dov?

OFELIA - A casa, mio signore.

AMLETO - Bada che sian serrate a lui le porte,

chegli non esca a far lo scemo. Addio.

(Fa per andarsene, poi torna indietro)

OFELIA - (Tra s)

O potenze celesti, soccorretelo!

AMLETO - Se ti mariti, voglio darti in dote

questo pestilenziale ammonimento:

puoi rimanere casta come ghiaccio,

candida e pura come fior di neve,

ma non potrai sfuggire alla calunnia.

Perci ti dico: vattene in convento.

O, se proprio hai bisogno di sposarti,

prenditi un gonzo, perch quelli dritti

sanno fin troppo bene

quali mostri sapete far di loro.([77])

Va, chiuditi in convento. E presto. Addio.

(Fa ancora per andarsene, ed ancora torna indietro)

OFELIA - (Tra s)

O potenze celesti, risanatelo!

AMLETO - Ho sentito che usi imbellettarti

Dio tha dato una faccia, e tu ti mascheri.

Quando cammini vai ballonzolando,

sculetti, bamboleggi a destra e a manca,

chiamando coi nomignoli pi strani

le creature di Dio

e fai passare la tua sfrontatezza

per ignoranza Va, ce nho abbastanza.

questo che mha fatto uscir di senno.

Sai che ti dico? Che passato il tempo

dei matrimoni; quelli gi sposati,

tranne uno,([78]) proseguano a campare;

ma gli altri resteranno come sono.

Va, vattene in convento.

(Esce)

OFELIA - Oh, qual nobile mente qui sconvolta!

Occhio di cortigiano,

lingua di dotto, spada di soldato;

la speranza e la rosa del giardino

del nostro regno, specchio della moda,

modello deleganza,

ammirazione del genere umano,

tutto, e per tutto, in lui cos svanito!

Ed io, la pi infelice e derelitta

delle donne, chho assaporato il miele

degli armoniosi voti del suo cuore,

debbo mirare adesso, desolata,

questo sublime, nobile intelletto

risuonare dun suono fesso, stridulo,

come una bella campana stonata;

lineguagliata sua forma, e laspetto

fiorente di bellezza giovanile

guaste da questa specie di delirio!

Me misera, che ho visto quel che ho visto,

e vedo quel che seguito a vedere!

Entrano il RE e POLONIO. Ofelia resta in disparte.

RE - Amore, quello? No, non di l

che spira il vento.([79]) N quel suo parlare,

bench scucito, era un parlare pazzo.

C qualche cosa in lui

su cui la sua tristezza sta covando,

ed ho una gran paura

che la covata sia pericolosa.

Perci, per precauzione, ho gi disposto

di spedirlo senzaltro in Inghilterra

a reclamare il tributo arretrato.

Altri mari, altre terre,

con le lor varie e diverse atmosfere

pu darsi che riescano a fugargli

quel qualcosa che gli sta fitto in mente,

su cui batte e ribatte il suo cervello,

estraniandolo tanto da se stesso.

Che ne pensate?

POLONIO - Che lidea buona;

ma io persisto a credere, signore,

che al fondo ed al principio del suo male,

a renderlo cos angosciato e triste,

questo amore non contraccambiato.

Ebbene, Ofelia, non necessario

che tu ci dica quello che tha detto

il principe. Abbiamo udito tutto.

(Esce Ofelia)

Signore, agite come pi vi aggrada.

Per, se non vi sembri inopportuno,

sarebbe bene che, dopo la recita,

la regina sua madre

sintrattenga con lui, da solo a sola,

e gli chieda di dirle la sua ambascia:

e che sia un parlare ben deciso.

Io, se non vi dispiace,

andr a piazzarmi in luogo ove origliare

potr il lor colloquio.

Se poi nemmeno lei ne viene a capo,

inviatelo pure in Inghilterra,

o confinatelo dove parr

alla vostra saggezza.

RE - Questo, questo!

Cos sar. Ch la pazzia dei grandi

non deve rimanere incustodita.

(Escono)

SCENA II - Elsinore, sala nel castello.

Entra AMLETO con tre ATTORI

AMLETO - (Al primo attore)

La tirata, ti prego, devi dirla

come lho pronunziata io a te,

sciolta, in punta di lingua. Se la urli,

come fan tanti nostri attori doggi,

sarebbe come affidare i miei versi

alla bocca del banditore pubblico.

Non trinciar troppo laria con la mano,

cos, gesticola invece con garbo;

giacch pure nel mezzo della piena,

della tempesta, e potrei dir nel vortice

della passione devi mantenere

sempre quel tanto di moderazione

che le dia una certa compostezza.

Ah, mi ferisce fino in fondo allanima

quando ascolto un robusto giovanotto

imparruccato che riduce a brani

un discorso damore, lacerandolo,

per rintronar gli orecchi alla platea,

che capisce soltanto, la pi parte,

oscure pantomime e gran baccano.

Metterei alla frusta quel gaglioffo

che ti fa un forzato Termagante,([80])

e un Erode pi Erode del reale.([81])

Evitalo, ti prego.

PRIMO ATTORE - S, vostro onore, ve lo garantisco.

AMLETO - Per non esser troppo in sottotono,

ma lsciati guidare dal mestiere

e dalla personale discrezione.

Il gesto sia accordato alla parola

e la parola al gesto, avendo cura

soprattutto di mai travalicare

i limiti della naturalezza;

ch lesagerazione, in queste cose,

contraria allo scopo del teatro;

il cui fine, da quando nato ad oggi,

di regger lo specchio alla natura,

di palesare alla virt il suo volto,

al vizio la sua immagine,

ed al tempo e allet la loro impronta.

Se tutto questo dallazione scenica

riesce esagerato o impicciolito,

potr far ridere lincompetente,

ma non potr che urtare il competente

il cui giudizio deve aver per voi,

che siete del mestiere, pi importanza

di unintera platea di tutti gli altri.

Ho visto e udito attori

(e udito anche lodarli e stralodarli,

per non dire di pi, quantunque privi

daccento e di movenze nel gestire

non dico da cristiani o da pagani

ma nemmeno da uomini comuni),

recitare gonfiandosi,

sbuffando e urlando in modo s scomposto

da far pensare che madre natura

abbia commesso a fabbricare uomini

a qualche manovale da strapazzo,

che li abbia impastati malamente,

tal era la maniera abominevole

con la quale imitavano il reale.

PRIMO ATTORE - Spero che tutto questo in mezzo a noi

si sia corretto sufficientemente.

AMLETO - Giova per correggerlo del tutto,

s che chi fa la parte del buffone

badi a non dire pi di quel che scritto;

perch ci son di quelli che sghignazzano

per tutto il tempo gi per conto loro,

sol per suscitare le risate

dun certo numero di spettatori

ignoranti, ed a volte proprio l

quando dovrebbe farsi risaltare

qualche passaggio essenziale del dramma.

Questa davvero roba da villani,

che dimostra una misera ambizione

in quello stolto che vi fa ricorso.

Ed ora andate pure a prepararvi.

(Escono gli attori)

(A Polonio)

Ebbene, signor mio, si degna il re

di assistere alla rappresentazione?

POLONIO - S, mio signore, ed anche la regina.

Saranno qui tra poco.

AMLETO - Ottimamente.

Ordinate agli attori di affrettarsi.

(Esce Polonio)

(A Rosencrantz e Guildenstern)

Non vorreste anche voi sollecitarli?

I DUE - Va bene, monsignore.

(Escono)

Entra ORAZIO

AMLETO - Ehi, l, Orazio!

ORAZIO - Eccomi, monsignore, per servirvi.

AMLETO - Orazio, tu sei proprio luomo giusto

col quale mi sia occorso fino ad ora

di scambiare parola.

ORAZIO - Mio signore!

AMLETO - Non creder chabbia voglia di adularti.

Che guadagno potrei sperar da te

che non hai, per mangiare e per vestire,

altra rendita fuori del tuo ingegno?

A che pro adulare uno che povero?

Lecchi pure, la lingua tutto zucchero

lassurda pompa, il ridicolo sfarzo;

e le rotelle dei pingui ginocchi

si pieghino l dove il vile ossequio

pu ritrarne profitto. Tu mintendi.

Da quando questa cara anima mia

fu padrona di fare le sue scelte

e fu in grado di scegliere tra gli uomini,

essa ha marcato te del suo sigillo;

per che tu sei uno

che, di tutto soffrendo, sei capace

di non soffrir di nulla; sei un uomo

che ha saputo ricever dalla sorte

gli schiaffi e le carezze,

con pari spirito di gradimento.

E fortunati quelli in cui listinto

cos ben commisto al raziocinio

da non esser per la Fortuna un piffero

chella possa suonare a suo talento

diteggiandolo come pi le piace.

Portatemi quelluomo

che non sia schiavo delle sue passioni

e io me lo terr stretto sul cuore,

come faccio con te. Ma di ci basta.

Stasera qui si rappresenta un dramma

innanzi al re; una scena del lavoro

molto simile alle circostanze

chho avuto gi occasione di accennarti

in riguardi alla morte di mio padre.

Ti prego dosservare attentamente,

durante tutto il corso dellazione,

laspetto di mio zio: se a un certo punto

il rimorso della sua colpa occulta

non vien fuori da solo dalla tana,

quella che abbiam veduto laltra sera

lombra duno spirito dannato,

e le mie sono solo fantasie

pi annebbiate dellantro di Vulcano.

Scrutalo attentamente; per mia parte,

io gli terr piantati gli occhi in faccia.

Confronteremo poi i due giudizi

su quello chegli avr fatto apparire

alla vista dentrambi.

ORAZIO - Daccordo, mio signore. Sei dovesse,

nel corso della rappresentazione,

tentar di trafugarci qualche cosa

e io non lo scoprissi,

sar disposto a risarcire il furto.

Trombe. Marcia danese.

Entrano il RE, la REGINA, OFELIA, POLONIO.

ROSENCRANTZ, GUILDENSTERN, gentiluomini

di corte, guardie che recano torce.

AMLETO - Vengono per il dramma;

il momento per me di fare il tonto.

Tu vatti a scegliere un posto a sedere.

(Orazio si allontana)

RE - Beh, come sta nostro nipote Amleto?([82])

AMLETO - In maniera eccellente,

faccio la dieta del camaleonte;([83])

mangio aria farcita di promesse,

nemmeno buona ad ingrassar capponi.

RE - Questa risposta tua non mi riguarda,

Amleto: son parole non per me.

AMLETO - E neppure per me.

(A Polonio)

Sicch, signore,

un tempo avete anche voi recitato

alluniversit. Non cos?

POLONIO - Infatti, monsignore,

ed ero reputato un buon attore.

AMLETO - E che parte faceste?

POLONIO - Giulio Cesare.([84])

Venivo pugnalato in Campidoglio.

Era Bruto ad uccidermi.

AMLETO - E devessere stato un vero bruto

per uccidere un tale vitellone!

(Va a sedersi a fianco di Ofelia)

Sono pronti gli attori?

ROSENCRANTZ - S, signore,

aspettano soltanto un vostro cenno.

REGINA - Vieni, mio buon Amleto,

vieni a sederti qui, vicino a me.

AMLETO - Vogliate perdonarmi, buona madre:

ho qui una pi attirante calamita.

POLONIO - (A parte al re)

Oh, oh, avete visto?

AMLETO - Posso giacermi in seno a voi, signora?([85])

OFELIA - No, questo no, signore.

AMLETO - La testa, intendo, sopra al vostro grembo.

OFELIA - Oh, questo s, signore, accomodatevi.

AMLETO - Pensavate che avessi per la mente

pensieri da villano?

OFELIA - Non ho pensato a nulla, mio signore.

AMLETO - un pensiero gentile dopotutto

sdraiarsi tra le gambe di ragazze.

OFELIA - Che dite, monsignore?

AMLETO - Niente, niente.

OFELIA - Siete allegro, signore.

AMLETO - Allegro, io?

OFELIA - Cos mi sembra, mio signore.

AMLETO - Oh Dio,

il vostro comico intrattenitore.([86])

Perch non si dovrebbe stare allegri?

Guardate un po com allegra mia madre,

col marito ch morto da due ore.

OFELIA - Da due ore? Che dite, monsignore?

Son quattro mesi.

AMLETO - Ah, s? Gi tanto tempo?

Allora che si vesta a lutto il diavolo;

io mi voglio vestir di zibellino!([87])

Santo cielo! Morir due mesi fa,

e non essere ancor dimenticato!

Allora c speranza, per un grande,

che il suo ricordo possa sopravvivergli

almeno per lo spazio di mezzo anno;

ma devessere uno, per la Vergine,

che in vita sua ha costruito chiese;

altrimenti si deve rassegnare

alla sorte toccata al cavalluccio

in petto ai danzatori di moresca,([88])

lepitaffio del quale porta scritto:

Cuc, cuc, chi ti ricorda pi?

Trombe che annunciano linizio della pantomima.

Entrano due attori, uno vestito da re, laltro da regina: lei singinocchia a lui, come a dimostrargli la sua devozione. Lui si pone a giacere su unaiuola fiorita, e saddormenta. Ella, vedendolo addormentato, sallontana. Subito dopo entra un altro attore-uomo, toglie dal capo del re che dorme la corona, la bacia, versa da una fiala del liquido nellorecchio del dormiente, e se ne va. Rientra la regina, vede il re morto, fa gesti di disperazione. Lavvelenatore, accompagnato da altri quattro, rientra, si avvicina alla regina, mostra di condividere il suo cordoglio. Il corpo del re morto portato via dai quattro. Lavvelenatore corteggia la regina, porgendole doni. Ella sembra sul principio restia, ma poi accetta le profferte amorose di lui. Finita la pantomima, gli attori escono.

OFELIA - (Ad Amleto)

Che vuol dire, signore, tutto questo?

AMLETO - Maria Vergine, un maledetto intrigo;

vuol dire maleficio.

OFELIA - Forse la pantomima

riguarda largomento del lavoro?

Entra il PROLOGO

AMLETO - Ce lo dir costui: i commedianti

non son capaci di tener segreti;

dicono tutto.

OFELIA - Ce lo dir lui,

allora, il senso della pantomima?

AMLETO - Oh, s, e anche di qualsiasi altra

che gli possiate sciorinar davanti.

Non abbiate vergogna a sciorinargliela,

lui non avr vergogna a dirvi il senso.

OFELIA - Siete maligno voi, siete maligno.

Ma ora voglio stare attenta al dramma.

PROLOGO - Chinati innanzi alla vostra clemenza,

per noi, per la tragedia, con licenza,

chiediam che ci ascoltiate con pazienza.

(Esce)

AMLETO - un prologo, o il motto di un anello?

OFELIA - stato breve.

AMLETO - Come amor di donna.

Entrano gli attori RE e REGINA

RE - Ben trenta volte gi di Febo il cocchio

ha compiuto il suo viaggio

intorno ai salsi lidi di Nettuno

ed al rotondo suolo della Terra;

ben trenta volte gi dodici lune

hanno, coi lor riflessi presi in prestito,

compiuto il loro giro intorno al mondo,

da quando Amore ha unito i nostri cuori

e in santissimi nodi ha stretto Imene

le nostre mani.

REGINA - E possan sole e luna

farci cos contare tanti viaggi,

prima che Amore ci possa disgiungere!

Ma voi, da qualche tempo - me infelice! -

siete malfermo, stanco, s e mutato

a tal punto da quello che eravate,

che ho paura per voi. Ma, mio signore,

malgrado i miei timori, non turbatevi,

ch timore e amore nelle donne

son di eguale misura: o sono niente,

o tutto. Quanto sia lamore mio,

lo sapete per prova; e a sua misura

sono le mie paure; e a grande amore

i pi lievi sospetti son paure;

e l dove le piccole paure

si fanno grandi, cresce anche lamore.

RE - Io ti debbo lasciare, amore mio,

e sar presto; ch io sono al termine

delle mie forze; e tu, dopo di me,

dovrai vivere, amata ed onorata,

nel dolce mondo, e forse un altro sposo

potrai, non meno degno

REGINA - Oh, mio signore,

tutto il resto degli uomini in malora!

Un nuovo amore dentro questo petto

sarebbe tradimento. Me dannata,

se mi togliessi un secondo marito!

Non tolse mai il secondo

se non la donna che uccise il suo primo.

AMLETO - (Tra s)

Assenzio! Assenzio questo!([89])

REGINA - Amor non , ma basso mercimonio

quel che ispira un secondo matrimonio.

Ucciderei di nuovo il mio diletto

se nuovi amplessi concedessi a letto.

RE - Son certo che pensate quel che dite;

ma troppo spesso furono tradite

le promesse da prima stabilite:

schiava della memoria la promessa,

violenta a nascere, ad agir dimessa;

sul ramo resta il frutto finch acerbo,

maturo, cade, senzuopo di nerbo.

Scordiamo per natura troppo spesso

quel che ciascuno di noi deve a se stesso.

E ci di cui nellempito damore

facciam promessa, morto quello, muore.

Dolore e gioia, se non son discreti,

distruggono a vicenda i lor decreti;

dove gioia pi ride, di repente

il dolore pi geme;

gioia e dolore insieme

si mutan lun nellaltro per un niente.

Il mondo non immobile

e non strano che pur sia mutabile

il nostro amor con la nostra fortuna.

Per che il punto da provare questo:

se sia lAmore a guidar la Fortuna,

o la Fortuna a guidare lAmore.

Cade luomo potente,

e fuggire vedrai da lui la gente

sua favorita; sale il mendicante,

si fa amici i nemici; e fino qui

Amore fu che Fortuna segu;

perch chi non stretto da indigenza

amici ne avr sempre in abbondanza;

e chi vuole provare un falso amico

nel bisogno, ne fa tosto un nemico.

Ma per tornare a dove ho cominciato

le nostre volont e i nostri fati

corron s separati

che ogni nostro disegno n frustrato.

Nostri sono i pensieri,

i loro fini sono a noi stranieri.

Tu potrai pur pensare

di non volere un secondo marito;

un tal pensiero ti pu abbandonare

quando il tuo primo fosse dipartito.

REGINA - Luce mi neghi il sole e pan la terra

e sian chiusi al mio svago! E sempre in guerra

col mio riposo sian le notti e i giorni!

Ed in disperazione mi ritorni

fede e speranza! Mia sola ambizione

rimanga leremo duna prigione.

Sperda e distrugga tutte le mie voglie

ogni contrario che la gioia toglie

di raggiungerle; e vita tormentosa

mi mandi Iddio se mi rifaccio sposa.

AMLETO - (Tra s)

Sella adesso rompesse il giuramento!

RE - un forte giuramento.

Diletta, lasciami qui per un poco;

mi sento intorpidito, e vorrei tanto

sedar nel sonno il tedio di questora.

(Saddormenta sdraiato sullaiuola fiorita)

REGINA - Culli il sonno la tua mente, e sciagura

mai tra noi veda la vita futura.

AMLETO - (Alla regina)

Madre, come vi sembra questa recita?

REGINA - La dama si sbilancia, penso, troppo

a promettere.

AMLETO - Oh, ma manterr!

REGINA - Conosci gi la trama del lavoro?

Non c nulla che possa urtare alcuno?

AMLETO - No, no, costoro fan tutto per gioco;

avvelenano, s, ma per ischerzo.

Non c davvero nulla di offensivo.

RE - Il titolo?

AMLETO - La trappola per topi

Naturalmente in senso figurato.

Il dramma rappresenta un assassinio

avvenuto davvero in quel di Vienna.([90])

Gonzago il duca, Battista la moglie

i loro nomi. Vedrete tra poco.

Un atto infame da capolavoro.

Ma a noi che fa? Le vostre maest

ed io abbiamo la coscienza libera,

non ci tocca. Che scalci pur la rozza

ricoperta di piaghe purulente:

noi i garresi ce li abbiamo sani!

Entra un attore, come LUCIANO

Questo Luciano, nipote del duca([91]).

OFELIA - Come coro, signore, siete bravo.([92])

AMLETO - Saprei cavarmela anche da interprete

fra voi e il vostro amante,

se potessi veder amoreggiare

le vostre marionette.([93])

OFELIA - Siete pungente, signore, pungente.

AMLETO - Vi costerebbe un gemito

se mai cercaste smussarmi la punta.

OFELIA - Sempre di meglio in peggio!

AMLETO - Cos voi donne ingannate i mariti.([94])

(A Luciano)

Assassino, incomincia! Tocca a te!

Licenzia quelle tue dannate smorfie,

e attacca. Avanti! Il corvo crocidante

qua che gracchia e domanda vendetta!

LUCIANO - Foschi pensieri, mani pronte, droga

ad effetto sicuro, ora propizia

e complice, e nessuno che mi veda.

A te, atra mistura

derbacce raccattate a mezzanotte,

da Ecate tre volte avvelenata,

tre volte infetta: mostra il tuo potere,

la tua virt capace di usurpare

dun sol colpo una vita alla natura.

(Versa il veleno nellorecchio del duca che dorme)

AMLETO - (A Ofelia)

Lo avvelena in giardino, mentre dorme,

perch vuole carpirgli i suoi dominii.

Il suo nome Gonzago. storia vera,

e scritta in italiano, in bello stile.

Ora vedrete come lassassino

si conquista lamore della moglie

di quel Gonzago.

OFELIA - Il re s alzato in piedi.

AMLETO - Che! Spaventato da uno sparo a salve?

REGINA - (Al re)

Che avete, mio signore? State male?

POLONIO - Sinterrompa la rappresentazione!

RE - (A Polonio)

Fatemi luce. Andiamo.

POLONIO - Luce! Luce!

(Escono tutti, meno Amleto e Orazio)

AMLETO - Pianga il cervo ferito,

ed il cervo scampato salti in tondo,

perch c chi sta sveglio e chi assopito,

e cos gira il mondo.

Che te ne pare, Orazio? Andasse al Turco

ogni altra mia fortuna nella vita,

non pensi che mi basterebbe questo([95])

ed un ciuffo di piume sulla testa,

con paio di rose di Provenza

cucite sui calzari traforati

a ottenermi dentrare in societ

con una compagnia di commedianti?

ORAZIO - A mezza quota.([96])

AMLETO - No, a quota intera.

(Recitando)

Perch tu sai, Damone,

questo regno in frantumi che cosera:

un Giove vi regnava, ed or vimpera

un pavone.([97])

ORAZIO - Maspettavo una rima pi calzante.([98])

AMLETO - Ah, buon Orazio, son pronto a puntare

mille sterline sulla verit

delle parole dello spettro. Hai visto?

ORAZIO - Benissimo, signore.

AMLETO - Quando lattore parl del veleno

ORAZIO - Non m sfuggito nulla.

AMLETO - Ah, ah, ah!

Un po di musica! Su dunque i flauti!

Perch se al re la commedia non piace,

beh, vuol dire, perdio, che gli dispiace!

Su, su, un po di musica!

Entrano ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN.

GUILDENSTERN - Buon signor mio, vorrei, se m permesso,

scambiar con voi una parola.

AMLETO - Oh, certo,

un intero discorso!

GUILDENSTERN - Il re, signore

AMLETO - Gi, il re; che n di lui?

GUILDENSTERN - di l, ritirato, assai indisposto.

AMLETO - Dal vino?

GUILDENSTERN - No, signore, dalla collera.

AMLETO - La tua saggezza si dimostrerebbe

pi ricca se tu andassi ad informare

di questo il suo dottore:

dovessi io prescrivergli la purga,

probabilmente lo sprofonderei

in una collera anche peggiore.

GUILDENSTERN - Signore mio cortese,

cercate di connettere il discorso

senza sviarlo s selvaggiamente

dallargomento che mi mena qui.

AMLETO - Sono addomesticato.([99]) Parla pure.

GUILDENSTERN - Mi manda vostra madre, la regina.

in grandissima pena.

AMLETO - Benvenuto!

GUILDENSTERN - Eh, no, mio buon signore,

non una cortesia di buona lega

la vostra. Se vorrete compiacervi

di favorirmi una risposta a modo,

sar in grado di adempiere allincarico

che mha commissionato vostra madre;

se no, con tante scuse,

la mia missione chiusa, e me ne torno.

AMLETO - Non posso, amico.

rosencrantz - Che cosa, signore?

AMLETO - Darti una ragionevole risposta.

Il mio spirito infermo.

Ma se ti pu bastare una risposta

qual posso farti, essa ai tuoi comandi;

o piuttosto, come mi dici tu,

a quelli della mia signora madre.

Non pi di tanto. Ma veniamo al punto.

Mia madre, mi dicevi

rosencrantz - Dice questo:

che la vostra condotta lha colpita

di profonda sorpresa e di stupore.

AMLETO - O portentoso figlio, che tua madre

sai stupire cos! Ma quale strascico

c alle calcagna di questo stupore?

Sarei proprio curioso di saperlo.

ROSENCRANTZ - Ella desidera parlar con voi

da solo a solo nel suo gabinetto,

prima che andiate a letto.

AMLETO - Obbediremo,

fossella nostra madre dieci volte.

Hai nientaltro da dirmi?

ROSENCRANTZ - Mio signore,

un tempo voi mi volevate bene.

AMLETO - E te ne voglio ancora, te lo giuro,

su queste mani ladre e borsaiole.([100])

ROSENCRANTZ - Buon signor mio, perch cos smarrito?

Qual la causa? Sbarrate voi stesso

la porta al vostro libero esternarvi,

nascondendo le pene ad un amico.

AMLETO - Non faccio pi carriera, amico mio.

ROSENCRANTZ - Come potete dirlo, se il re stesso

vindica come erede e successore

in Danimarca?

AMLETO - S, campa cavallo([101])

Lantico adagio piuttosto ammuffito.

Entrano gli attori con flauti e zampogne

Oh, ecco i flauti. Datemene uno

(Prende un piffero dalle mani di un attore)

(A Rosencrantz e Guildenstern)

Per finirla con voi: perch cercate

di venirmi di contro sopravvento,

come a volermi trarre nella rete?([102])

GUILDENSTERN - Signore, se il mio zelo troppo ardito,

la mia devozione ch importuna.

AMLETO - Questa non lho capita bene, amico.

Non vorresti suonare questo piffero?

GUILDENSTERN - Non son capace.

AMLETO - Suonalo, ti prego.

GUILDENSTERN - Credetemi, non so

AMLETO - Suvvia, ti supplico.

GUILDENSTERN - Non so dove toccarlo, monsignore.

AMLETO - facilissimo. Come mentire.

Governi con le dita questi buchi,

questaltro qui col pollice,

e poi qui, con la bocca, gli di fiato:

ne sortir una musica parlante.

Eccoli, guarda, questi sono i buchi.

GUILDENSTERN - Ma non saprei come trarne una musica;

non so la tecnica dello strumento.

AMLETO - Ebbene, vedi quanta poca stima

tu hai di me: pretendi di suonarmi,

pretendi di conoscere i miei tasti,

sradicarmi dal cuore il mio segreto,

vorresti farmi tutto risuonare

dalla nota pi bassa fino al culmine

del mio registro In questo strumentino

c tanta musica, suono eccellente,

eppure vedi, tu non sei capace

di trarlo fuori. Ma, sangue di Dio!,

credi chio sia pi facile a suonare

duna cannuccia? Tu mi potrai prendere

per qualunque strumento che vorrai,

tastarmi quanto vuoi: non puoi sonarmi.

Entra POLONIO

Che Dio vi benedica, monsignore!

POLONIO - Signore, la regina vostra madre

vuole parlarvi, al pi presto possibile.

AMLETO - Vedete quella nuvola laggi?([103])

Non ha quasi la forma dun cammello?

POLONIO - Cspita! Ci somiglia veramente!

AMLETO - O piuttosto, direi, ad un donnola.

POLONIO - Dal dorso, infatti, s, sembra una donnola

AMLETO - O una balena

POLONIO - Proprio, una balena.

AMLETO - Allora vado da mia madre, subito.

(Tra s)

Tendono larco della mia ragione

fino a spezzarlo!

(Forte)

S, ci vado, subito.

POLONIO - Bene, signore. Vado ad annunziarglielo.

(Esce)

AMLETO - (Tra s)

Subito presto detto.

(Forte)

Amici, ora lasciatemi, vi prego.

(Escono tutti, Rosencrantz, Guildenstern e suonatori)

lora pi stregata della notte,

quando sbadigliano i cimiteri

ed esala linferno il suo contagio

sul mondo. Potrei bere caldo sangue,

ora, e compiere azioni cos turpi

che a vederle si scrollerebbe il mondo.

Ma calma: ora vado da mia madre.

Cuore, non perdere la tua natura;

che mai non entri in questo saldo petto

lanima di Nerone.([104]) Che con lei

io sia crudele, ma non snaturato.

Con lei vorr parlare di pugnali,

ma non usarne; in questa ipocrisia

salleino tra loro lingua e anima:

qualunque suoni nelle mie parole

rampogna atroce a lei, anima mia,

non voler dare ad essa alcun suggello.([105])

(Esce)

SCENA III - Elsinore, una sala nel castello.

Entrano il RE, ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN

RE - Non mi piace, com.

Non c pi sicurezza qui per noi,

a lasciar che la sua pazzia si sfreni.

Perci restate pronti:

io faccio preparare immantinente

le credenziali per il vostro incarico,

ed egli partir per lInghilterra

insieme a voi. Non pu il nostro regno

rassegnarsi ad un rischio s incombente

come quello che cresce dora in ora

nel suo cervello.

GUILDENSTERN - Ci terremo pronti.

santo e sacrosanto il vostro scrupolo

di vigilare allincolumit

dei tanti e tanti che in vostra maest

trovan ragion di vita e di sostegno.

Ogni umano individuo, nel suo singolo,

deve cercare di evitar disgrazie

mettendo in opera tutta la forza

e la corazzatura del suo animo;

tanto pi vi tenuta quella mente

dal cui stato di sanit dipende

e riposa la vita di molti altri.

La maest non muore mai da sola;

essa, cadendo, come un grande gorgo

risucchia tutto quello che ha dattorno;

come una massiccia, enorme ruota

fissata in cima alla pi alta vetta

nei cui giro di razzi sono appesi

diecimila altri pezzi pi leggeri;

quando rovina, tutti quei frammenti

rovinano con lei, paurosamente,

travolti nel fragore del disastro.

Non c pianto di re

che non si muti in general lamento.

RE - Preparatevi dunque in tutta fretta,

vi prego, a questo viaggio;

vogliamo porre ceppi a una minaccia

che ora corre troppo a piede libero.

I DUE - Ci affretteremo al massimo, signore.

(Escono Rosencrantz e Guildenstern)

Entra POLONIO

POLONIO - Mio signore, sta andando da sua madre,

nello studio di lei;

ed io mi acquatter dietro un arazzo

per udire il colloquio. Son sicuro

che gli dar una buona strigliata;

giover tuttavia, come voi dite,

e saggiamente, che qualche altro orecchio

oltre quello materno, per natura

troppo parziale, stia ad origliare

in luogo adatto quello che si dicono.

A presto, mio sovrano.

Torner prima che andiate a dormire

a riferirvi quel che avr sentito.

RE - Grazie, mio buon signore.

(Esce Polonio)

Il mio delitto putrido!

Fa sentire il suo lezzo fino al cielo!

E porta il segno delloriginaria

prima maledizione il fratricidio!

Vorrei tanto pregare, ma non posso;

la mia colpa pi forte

della mia volont, e la soverchia.

Son come uno che, a due opre intento,

indeciso da dove cominciare,

e le abbandona entrambe.

E che, dunque, se pur questa mia mano

fosse tutta ingommata a doppio strato

del sangue dun fratello,

non ha pioggia bastante il dolce cielo

a rendermela bianca come neve?

A che serve la grazia

se non ad affrontare faccia a faccia

il peccato? E che forza ha la preghiera

se non di trattenerci dal cadere,

e, se caduti, farci perdonare?

Posso dunque levare gli occhi in alto:

la mia colpa passata.

Ma quale forma dare alla preghiera

nel mio stato: Perdona il mio delitto?

Non pu giovarmi; ch posseggo ancora

le cose per le quali ho assassinato:

il trono, la corona, la regina,

la mia ambizione cos soddisfatta.

Si pu ottener perdono

conservando gli effetti della colpa?

Nelle corrotte vie di questo mondo

la mano delittuosa, se dorata,

pu scampare al rigore della legge;

e non di rado s vista la legge

farsi comprar dai frutti del delitto.

Ma lass diverso. Non si scappa.

Lass lazione si mostra com,

e noi l siamo posti faccia a faccia

con i nostri peccati, naso a naso,

chiamati a renderne il dovuto conto.

Allora che mi resta? Il pentimento?

Che non pu il pentimento? Ma che pu

per uno che non sa come pentirsi?

O sciagurata condizione! O cuore,

nero come la morte!

O tu, avviluppata anima mia,

che pi taffanni e lotti a liberarti,

pi rimani intricata! Angeli, aiuto!

Accorrete a far impeto su me!

Piegatevi, proterve mie ginocchia!

E tu, cuore, la tua fibra dacciaio

come nervo dinfante rendi molle.

Tutto pu esser bene.

(Si allontana e singinocchia)

Entra AMLETO

AMLETO - (Vedendo lo zio in preghiera)

Sarebbe ora il momento, mentre prega

ed ora lo far cos va in cielo,([106])

ed io son vendicato Vendicato?

Questo merita desser riflettuto.

Qui c un ribaldo che uccide mio padre;

ed io, unico figlio di quel padre,

spedisco quel ribaldo dritto in cielo?

Questa non vendetta, dargli un premio,

una mercede per servizio reso!

Egli colse mio padre appena sazio

di cibo, impreparato innanzi a Dio,

in un momento in cui i suoi peccati

erano ancora in piena fioritura,

freschi al pari di un maggio; e chi lo sa

qual ne sia stato il conto innanzi al cielo?

Per quello che ci dato di pensare,

considerati tempo e circostanze,

il carico doveva essere grave.

Eppoi, sarei io dunque vendicato

a colpirlo cos, proprio nellatto

in cui si purga dai peccati lanima,

pronto e maturo al suo trapasso? No,

ferma, mia spada, tu devi conoscere

per ci ben pi terribile momento:

quandegli sar ebbro addormentato,

o in preda alla sua rabbia, o tutto immerso

nel piacere incestuoso del suo letto,

o fra le sue bestemmie mentre gioca,

e insomma in qualche azione, qual che sia,

ma che non abbia sapor di salvezza:

l che devi dargli lo sgambetto,

s che con le calcagna scalci il cielo

ed abbia lanima dannata e nera

come linferno, dove dovr andare!

Ma maspetta mia madre: questo farmaco

non far che protrar la tua condanna.([107])

(Esce)

RE - (Rialzandosi)

Le mie parole volano,

e i miei pensieri sempre in terra stanno;

ma senza questi, quelle in ciel non vanno.

(Esce)

SCENA IV - Lappartamento della regina

Entrano la REGINA e POLONIO

POLONIO - Sta arrivando. Toccatelo sul vivo.

Ditegli che con le sue stravaganze

andato veramente oltre ogni limite

perch si possa ancora tollerarle;

che stata vostra grazia ad interporsi

per proteggerlo da una grande collera.

Io star qui in silenzio ad ascoltare.

Siate con lui risoluta, vi prego.

AMLETO - (Da dentro)

Madre! Madre!

REGINA - (Rispondendo a Polonio)

Potete star sicuro.

Ma ritiratevi. Sento che arriva.

(Si siede. Polonio va a nascondersi dietro il tendaggio)

Entra AMLETO

AMLETO - Ebbene, madre, che c?

REGINA - C, Amleto,

chhai molto offeso tuo padre.

AMLETO - Anche voi,

avete molto offeso il padre mio.

REGINA - Evvia, su, queste son risposte oziose.

AMLETO - E le vostre domande maliziose.

REGINA - Ehi, come parli Amleto?

AMLETO - Come parlo

REGINA - Ti dimentichi forse chi son io?

AMLETO - No, per la Croce! Siete la regina,

moglie al fratello del vostro marito

nonch - cos non fosse! - madre a me.

REGINA - Ah, cos? Ti trover qualcuno

allora che sapr come parlarti.

(Fa per alzarsi)

AMLETO - Oh, no, sedetevi, non vi muovete

prima chio vabbia messo avanti agli occhi

uno specchio nel quale rimirare

la parte pi segreta di voi stessa.

REGINA - Che mai vorresti fare? Forse uccidermi?

Soccorso, gente!

POLONIO - (Da dietro il tendaggio)

Aiuto! Aiuto! Aiuto!

AMLETO - (Sguainando la spada)

Che c l dietro, un sorcio?

(Affonda la spada nel tendaggio)

Morto! Mezzo ducato che lho preso!

POLONIO - (c.s.)

Ohi, ohi, io sono ucciso! Son finito!

(Stramazza dal tendaggio e muore)

REGINA - Ahim, che hai fatto?

AMLETO - Non lo so. il re?

REGINA - Oh, quale azione truce e sanguinosa

mai questa!

AMLETO - Unazione sanguinosa!

Quasi cos cattiva, buona madre,

come quella di assassinare un re

e sposarne il fratello.

REGINA - Assassinare un re?

AMLETO - Cos ho detto.

(Solleva il tendaggio e scopre il corpo di Polonio)

Addio, tu, miserabile balordo,

temerario e indiscreto ficcananso!

Tavevo preso per uno pi alto.([108])

Avrai imparato una volta per tutte

quant pericoloso il troppo zelo.

In ogni caso, hai quello che ti spetta.

(Alla madre)

E smettete di torcervi le mani!

Sedete e zitta, chio vi torca il cuore:

perch questo far,

se fatto di materia penetrabile,

e se luso dannato che ne fate

non ve lha reso duro come bronzo,

tanto da farlo diventar coriaceo

e refrattario ad ogni sentimento.

REGINA - Che ho fatto perch ardisca la tua lingua

dimenarsi con tanta villania

contro di me?

AMLETO - Unazione

che sfigura la faccia della grazia

e che fa arrossir la verecondia,

unazione che strappa via la rosa

dal volto dellamore genuino

per deporvi un bubbone purulento;

unazione che rende falsi e nulli

i voti delle nozze

come quelli dun giocator di dadi;

Oh, unazione tale

come se strappasse via dal corpo

dun contratto in comune stabilito

lanima stessa, e fa dun sacro rito

una vana accozzaglia di parole!

Il cielo stesso avvampa di rossore

nel volger la sua faccia

su questa massa solida e compatta,

come di fronte al Giudizio finale

nauseato dallatto.

REGINA - Ohim, che atto

sar mai questo che ruggisce e tuona

cos, avanti desser nominato?([109])

AMLETO - Guardate questo ritratto, e questaltro:

sono le immagini di due fratelli.

Osservate la grazia chera assisa

su questo volto: ricci dIperione,([110])

fronte degna di Giove, occhio di Marte

sempre pronto alla sfida ed al comando;

atteggiamento di Mercurio Araldo

nellatto in cui si posa sopra un colle

che bacia il cielo: unarmonia di forme

nella quale sembrava che ogni dio

avesse impresso il suo proprio suggello

per dare al mondo la perfetta immagine

dun uomo. Questo era il vostro sposo.

Attenta adesso a quel che viene dopo.

Questo vostro marito:

una spiga infettata dalla ruggine,

chha infettato e corrotto il seme sano

di suo fratello Ma gli occhi, li avete?

Come avete potuto abbandonare

i pascoli di questo monte aprico

per grufolare in questo immondezzaio?

Avete occhi, dico? Non mi dite,

per carit, che stato per amore!

Allet vostra ogni bollor di sangue

saddolcisce e saccorda alla ragione;

ma qual ragione potrebbe decidere

di passare cos, da questo a quello?

Discernimento, certo, voi ne avete,([111])

ch non potreste avere volont,

ma questo senso in voi paralizzato

sicuramente, perch la follia

non peccherebbe; n il discernimento

fu mai tanto asservito al vaneggiare

da non sapere conservare in s

un minimo di facolt di scelta

di fronte ad un s chiaro paragone.

Qual stato il demonio

che vha presa cos a mosca cieca?([112])

Occhi che fossero privi del tatto,

tatto che fosse privo della vista,

orecchi senza mani e senza occhi;

odorato da solo, senza gli altri,

o anche solo una parte malata

dun solo senso, non avrebbe agito

in un modo cos sconsiderato.

O Vergogna, dov il tuo rossore!

Dannata ribellione della carne,

che puoi ancor destare la tua vampa

nel cuore duna femmina matura!

Allora per lardente giovinezza

sia cera la virt, e si liquefaccia

con lardore della sua stessa fiamma!

N si gridi vergogna

se un impulsivo ardore ci assalisca,

ch pure il ghiaccio si fa fuoco vivo

se alla voglia mezzana la ragione.

REGINA - Oh, basta, finalmente, Amleto! Basta!

Tu mi fai volger gli occhi in fondo allanima,

e l io vedo s macchie nere

e s tenaci, che nessun lavacro

sar capace pi di cancellare.

AMLETO - No, certo, ma seguiteranno a vivere

nel fetore dun talamo lardoso,

crogiuolandosi nella corruzione,

tra carezze ed amplessi, e a far lamore

in un sudicio brago

REGINA - Amleto, basta!

Le tue parole mentran negli orecchi

come pugnali. Basta, dolce Amleto!

AMLETO - Un assassino ed un vile! Uno sguattero

che non vale il ventesimo dun decimo

del vostro primo sposo, un re da ridere,

un ladrone del regno e del governo,

che ha trafugato il prezioso diadema

da uno scaffale, e se l messo in testa

REGINA - Oh, basta!

AMLETO - un re di toppe e sovrattoppe!

Entra lo SPETTRO

(Allo spettro)

O angeli del cielo, miei custodi,

proteggetemi con le vostre ali!([113])

Che chiede la tua nobile figura?

REGINA - O me infelice! veramente pazzo!([114])

AMLETO - Vieni forse a coprire di rampogne

la negligenza di questo tuo figlio

che, consunto dal tempo e dalla rabbia,

trascura di eseguire il tuo comando,

importante e terribile? Su, parla.

SPETTRO - Non ti dimenticare. Questa visita

vuole solo aguzzare il tuo proposito

ormai quasi smussato. Ma tua madre

guarda, lo smarrimento sul suo volto.

Oh, mettiti fra lei e la sua anima

s combattuta: in pi debole corpo

pi forte agisce limmaginazione.

Parlale dunque, Amleto.

AMLETO - Che cos che vi turba, mia signora?

REGINA - Ahim, dimmelo tu quel che ti turba,

che fissi gli occhi al vuoto,

e discorri con letere incorporeo.

Quasi ti schizza lanima dagli occhi,

i tuoi lisci capelli stanno ritti

come soldati desti dallallarme,

quasi animate escrescenze del capo.

Diletto figlio, spruzza qualche goccia

di serena pazienza sul bruciore

del tuo malessere Ma dove guardi?

AMLETO - A lui! A lui! A lui!

Guardate come splende il suo pallore!

Se quella sua figura e la sua causa

parlassero alle pietre,

farebbero sensibili anche quelle!

(Allo spettro)

Non guardarmi cos,

che tutta la piet dun tal tuo gesto

non muti la mia fredda decisione:

se quello che ho da fare si scolora,

saranno solo lacrime e non sangue.

REGINA - Ma a chi parli?

AMLETO - Laggi, vedete nulla?

REGINA - Nulla; e pur vedo tutto ci che .

AMLETO - E non avete nulla udito?

REGINA - Nulla,

allinfuori di noi.

AMLETO - Guardate l.

Guardate come se ne fugge via

Mio padre, nei suoi abiti da vivo.

Eccolo l, sta uscendo dalla porta.

(Esce lo spettro)

REGINA - Son tutte fantasie del tuo cervello.

Il delirio maestro

nel crearsi queste incorporee forme.

AMLETO - Delirio! Il polso mio pulsa normale,

un battito scandito, come il vostro,

una musica sana, come il vostro.

Non follia quel che ho detto pocanzi;

mettetemi alla prova:

lo ripeto parola per parola.

La follia se nandrebbe divagando

a caracollo. Per amor di Dio,

madre, non vi spalmate adesso il cuore

col dolce balsamo dellillusione

che a spingermi a parlarvi in questo modo

di queste cose sia la mia follia

e non la vostra colpa.

Sarebbe come stendere su unulcera,

per coprirla, una sorta di pellicola

quando la corruzione cancrenosa

va sotto sotto tutto imputridendo.

Confessatevi al cielo,

pentitevi di quel che avete fatto,

cercate di schivare il da venire,

e di non concimare la malerba

perch non cresca ancor pi rigogliosa.

E perdonate a me la mia virt,

giacch in tempi di grascia come questi,

in mezzo a tanto grasso, la virt

costretta a implorar perdono al vizio

e a chiedergli in ginocchio,

il permesso di procurargli bene.

REGINA - Amleto, mhai spaccato il cuore in due.

AMLETO - Gettate via la parte desso guasta,

e vivete pi pura con quellaltra

E cos, buonanotte

Ma non tornate al letto di mio zio.

Assumete su voi una virt

se proprio non lavete: labitudine,

questo mostro che ci divora sensi,

diavolo delle usanze, in questo un angelo

che allesercizio datti onesti e puri

fornisce una divisa, una livrea

che ci si adatta addosso facilmente.

Fate astinenza, almeno questa notte;

questo vi render pi tollerabile

la prossima, e ancor pi le seguenti:

labitudine pu quasi cambiare

limpronta dataci dalla natura,

piegare il diavolo, o cacciarlo via

del tutto, con meravigliosa forza.

Ancora, buona notte.

E quando sentirete il desiderio

duna benedizione,

sar io ad implorar la vostra.

(Indicando il corpo di Polonio)

Quanto a questo messere, io mi pento.

Ma piaciuto alla volont del cielo

di punir me con lui, e lui con me,

facendo s chio fossi suo flagello

e ministro.([115]) Vedr di sistemarlo

e son pronto a risponder di persona

della sua morte. Ancora buona notte.

Sono costretto ad essere crudele

per essere pietoso Malo inizio,

e il peggio resta ancora da venire.

Buona signora, unultima parola.

REGINA - Che vuoi che faccia?

AMLETO - Nulla,

di quello che vho chiesto che faceste.

Che il tronfio re vi tenti nel suo letto,

dandovi pizzicotti sulle guance,

con scherzosa lascivia,

e chiamandovi topolino mio

tra un bacio e laltro; e tastandovi il collo

con quelle dita che sanno di rancido,

vi spinga a dirgli tutta la faccenda:

cio che non vero chio son pazzo,

ma che lo son soltanto per astuzia.

Bello davvero, se glielo direte!

Perch chi altro se non la regina

che voi siete, leggiadra, sobria, saggia,

potrebbe mai tener celato a un rospo,

a un pipistrello, ad un gatto bastardo

un s prezioso segreto? Chi altro?

No, sia pure a dispetto dogni logica,

dogni prudenza e dogni discrezione,

scoperchiate il paniere ch sul tetto,

fatene volar via tutti gli uccelli,

e poi, come la scimmia della favola,

saltate nel paniere,

per vedere anche voi quel che succede,

e gi, rompetevi il collo cadendo.([116])

REGINA - Sta sicuro: se la parola fiato

e il fiato vita, io non ho pi vita

per dare fiato a quanto tu mhai detto.

AMLETO - Pare chio debba andare in Inghilterra.

Lo sapevate?

REGINA - Ahim, mera sfuggito.

stato ufficialmente decretato.

AMLETO - Le credenziali sono gi stilate

e sigillate; i miei bravi compagni

dei quali, in verit, mi fido tanto

quanto di due serpenti velenosi,

hanno gi ricevuto il lor mandato.

Spetter a loro spazzarmi il cammino

che mi deve menare al trabocchetto.

Saccomodino. Sar un bello spasso

veder saltare in aria il bombarolo

per lo scoppio del suo stesso petardo;

e non mi sar facile,

ma scaver di sotto alle lor mine

tanto da farci scoppiare la mia

e da scaraventarli sulla luna.

Sapeste che delizia

quando due trame di senso contrario

vanno a scontrarsi sulla stessa pista!

(Cercando di rialzare il corpo di Polonio)

Questo signore mi fa far bagaglio.

Vedr di trascinar questa trippaglia

nella stanza vicina. Buona notte.

Beh, madre, questo vostro consigliere

finalmente mi pare assai tranquillo,

composto, riservato, anche solenne.

E dire che da vivo era un gaglioffo,

non si sa se pi stolto o chiacchierone.

Di nuovo buona notte, madre mia.

(Esce trascinandosi il corpo di Polonio)


ATTO QUARTO

SCENA I - Elsinore, stanza nel castello.

Entrano il RE, la REGINA, ROSENCRANTZ,

e GUILDENSTERN.

RE - (Alla regina)

Questi vostri sospiri,

questi vostri sussulti hanno un perch?

Voi dovete tradurli; bene intenderli.

Vostro figlio dov?

REGINA - (A Rosencrantz e Guildenstern)

Per cortesia, lasciateci un momento.

(Escono i due)

Ah, mio signore, che ho visto stanotte!

RE - Che mai, Gertrude? Amleto?

REGINA - Pazzo, furioso come il mare e il vento

quando lottan fra loro a chi pi forte!

In uno dei suoi scatti incontrollati,

nelludire qualcosa in movimento

dietro larazzo, sfoder la spada

gridando: Un sorcio, un sorcio!

e nel suo cieco turbamento ha ucciso,

senza vederlo, quel povero vecchio.

RE - Ah, questo grave! Fossi stato io

a quel posto, per me era finita!

Ah, la sua libert una minaccia

per tutti noi, voi, chiunque altro.

Ahim, come rispondere

ora di un atto cos sanguinoso?

Sar dedotto certo a nostro carico

con laccusa che fummo imprevidenti,

che non sapemmo tenere al guinzaglio

questo giovane pazzo,

relegandolo fuori dogni contatto.

Il nostro affetto non ci fe connettere

il da farsi; ed abbiam cos lasciato,

come chi sia da sconcio morbo affetto,

che il male si nutrisse alimentandosi

del suo stesso midollo Dov ora?

REGINA - A trar da parte il corpo dellucciso;

ch in ci la sua follia

si mostra pura come vena doro

tra una miniera di metalli vili.

Piange per ci che ha fatto.

RE - Ebbene, andiamo,

Gertrude. Il sole non avr toccato

le montagne, che noi lo imbarcheremo.

Sar questione adesso, per noi due,

di coprire e scusare in faccia a tutti,

con la nostra maest e abilit,

questo vile misfatto.

(Chiamando)

Guildenstern!

Rientrano ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN

Amici, andate entrambi uniti ad altri

daiuto: Amleto nella sua pazzia

ha trucidato il povero Polonio,

e lui stesso lha trascinato via

fuori dal gabinetto di sua madre.

Cercatelo, ammansitelo,

e portate il cadavere in cappella.

Fate presto, vi prego, non c tempo!

(Escono Rosencrantz e Guildenstern)

Vieni, Gertrude, riuniamo subito

i pi assennati nostri cortigiani

per informarli di quanto successo

e di come intendiamo contenerci;

sperando di far s che la calunnia,

il cui bisbiglio corre intorno al mondo

come un proiettile verso il bersaglio

caricato a veleno

potr forse mancare il nostro nome

andando a colpir laria invulnerabile.

Venite. Ho lanimo scombussolato,

traboccante dangoscia e di stupore.

(Escono)

SCENA II - Elsinore, altra stanza nel castello.

Entra AMLETO

AMLETO - Sistemato al sicuro.

VOCI DUOMO - (Da dentro)

Principe Amleto!

AMLETO - Sssst! Chi che chiama?

Chi chiama Amleto? Oh, sono quei due!

Entrano ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN

rosencrantz - Che avete fatto del morto, signore?

AMLETO - Mescolato alla polvere,

un suo affine.

ROSENCRANTZ - Diteci dov;

lo dobbiamo portar nella cappella.

AMLETO - Non crediatelo.

ROSENCRANTZ - Credere? Che cosa?

AMLETO - Che il segreto io sappia mantenerlo

per voi e non per me. E per soverchio,

essere interrogato da una spugna

Che pu rispondergli un figlio di re?

ROSENCRANTZ - Mi date della spugna, monsignore?

AMLETO - Signors, una spugna, che del re

assorbisce i favori, le prebende,

le pappatoie. Ma, alla fin dei conti,

uomini come voi

servono meglio al re: vi tiene in serbo,

come la scimmia tiene la nocciola

in un angolo della sua mascella:([117])

primi imboccati, ultimi ingoiati.

E quando avr bisogno di sapere

quello che siete andati spigolando,

gli baster strizzarvi e, come spugne,

ritornerete asciutti come prima.

ROSENCRANTZ - Non vi capisco proprio, monsignore.

AMLETO - Meglio cos: discorso canagliesco

in stolto orecchio dorme.([118])

ROSENCRANTZ - Mio signore,

diteci il luogo dove sta quel corpo,

e poi venite insieme a noi dal re.

AMLETO - Il corpo con il re,

ma il re non col corpo.([119]) Il re una cosa

GUILDENSTERN - Una cosa, signore?

AMLETO - S, da nulla.

Portatemi da lui.

(Tra s)

Volpe, nasconditi,

ed avvenga che pu.

(Escono)

SCENA III - La stessa

Entra il RE con alcuni cortigiani

RE - Ho mandato a cercarlo,

e a trovare il cadavere. Questuomo

un pericolo, se lasciato libero!

E tuttavia dobbiamo stare attenti

a non gravar la mano su di lui:

troppo amato dal volgo balordo

che segue, nelle sue predilezioni,

il suo occhio piuttosto che il suo senno,

e in casi come questo,

si d peso al castigo del colpevole,

ma mai alla sua colpa.

Perch tutto si svolga dolce e piano,

questo improvviso suo allontanamento

deve sembrare a tutti il risultato

di una ben ponderata decisione.

A male estremo, estrema medicina.

Se no, meglio lasciarlo star cos.

Entrano ROSENCRANTZ e altri

Ebbene, che successo?

ROSENCRANTZ - Mio sovrano,

non c verso di fargli uscir di bocca

dove ha messo il cadavere.

RE - Dov?

ROSENCRANTZ - Fuori, signore, sotto buona guardia,

in attesa di vostre decisioni.

RE - Conducetelo qui.

ROSENCRANTZ - (Chiamando)

Ehi, Guildenstern!

Per favore, introduci monsignore.

Entra GUILDENSTERN con AMLETO

RE - Ebbene, Amleto, Polonio dov?

AMLETO - A cena.

RE - A cena, dove?

AMLETO - Non dove mangia, ma dove mangiato;

ha tutta unadunata intorno a s

di politici vermi. Per la dieta

il verme il nostro solo imperatore:

noi uomini mettiamo ad ingrassare

tutte laltre creature della terra

per ingrassarci, e noi ingrassiamo i vermi.

Un grasso re ed un magro mendicante

non sono che due piatti,

due portate dun unico banchetto.

Finisce tutto l.

RE - Ahim! Ahim!

AMLETO - Un uomo pu pescare con un verme

che s mangiato un re, e mangiare il pesce

che ha mangiato quel verme.

RE - Che vuoi dire?

AMLETO - Nullaltro che spiegarvi come un re

possa trovarsi ufficialmente in viaggio

nelle budella dun povero diavolo.

RE - Beh, insomma, dove sta Polonio?

AMLETO - In cielo.

Mandate alcuno a rintracciarlo l.

E se il vostro inviato non lo trova,

cercatelo da voi nellaltro posto.

Se poi non lo trovate in capo a un mese,

ne potrete annusare la presenza

nel salire le scale della loggia.

RE - (Ad alcuni del seguito)

Cercatelo lass.

AMLETO - Senza premura.

Tanto vaspetta, non si muove pi.

RE - Amleto, questa azione,

per la tua personale sicurezza

- che ci sta a cuore, pur se ci addolora

quello chhai fatto - esige che tu parta

da qui con la rapidit del fuoco.

Perci preprati senza indugiare:

la nave pronta, il vento favorevole,

i tuoi compagni sono qui che aspettano,

tutto disposto per levar le vele

per lInghilterra.

AMLETO - Ah, per lInghilterra?

RE - S, Amleto.

AMLETO - Bene, bene.

RE - Bene, s,

se ben comprendi le nostre intenzioni.

AMLETO - Io vedo un cherubino che le vede.

Ma via! Andiamo pure in Inghilterra!

Addio, mia cara madre.

RE - Io son tuo padre,

Amleto, che ti vuole tanto bene.

AMLETO - Mia madre. Padre e madre son tuttuno,

marito e moglie son tuttuna carne.

Perci mia madre Avanti, in Inghilterra!

(Esce)

RE - (A Rosencrantz e Guildenstern)

Stategli a fianco. Affrettate limbarco.

Voglio che gi stanotte sia lontano.

Andate: tutto sigillato e pronto

per questo affare. Vi prego, affrettatevi.

(Escono tutti meno il re)

E tu, Inghilterra, se del mio favore

fai alcun conto, come consigliare

ti dovrebbe la mia grande potenza,

dacch la tua ferita ancora sanguina

della spada danese,

e la libera tua sottomissione

ci rende il suo tributo,

non potrai rimanere indifferente

alla nostra sovrana decisione;

che ti chiede, con lettere pressanti,

di Amleto limmediata morte. Fallo,

Inghilterra, perchei mi brucia il sangue

come la tisi, e tu devi guarirmi.

Fino a che non sapr che sar fatto,

non spunter per me nessuna gioia,

qualsiasi cosa mi possa accadere.

(Esce)

SCENA IV - Danimarca, un pianoro.

Entrano FORTEBRACCIO, un CAPITANO del suo esercito

e alcuni soldati

FORTEBRACCIO - Va, capitano, porta al re danese

il mio saluto insieme con lannuncio

che Fortebraccio, con il suo permesso,

chiede il passaggio in armi, gi promesso,

attraverso le terre del suo regno.

Tu sai dove trovarmi al tuo ritorno.

Se sua maest volesse altro da noi,

andremo a fargli omaggio di persona.

Che lo sappia.

CAPITANO - Va bene, mio signore.

FORTEBRACCIO - Soldati, in marcia. Avanti senza strepito.

(Escono tutti meno il capitano)

Entrano AMLETO, ROSENCRANTZ e GUILDENSTERN

AMLETO - (Al capitano)

Signore, di chi sono quei soldati?

CAPITANO - Son del re di Norvegia, monsignore.

AMLETO - E dove vanno, signore, se lecito?

CAPITANO - In Polonia, a combattere.

AMLETO - Chi li comanda?

CAPITANO - Il giovin Fortebraccio,

nipote del sovrano di Norvegia.

AMLETO - Per soggiogare lintera Polonia,

o per qualche questione di confini?

CAPITANO - A dirla franca e senza troppi fronzoli,

a conquistare un pezzetto di terra

che dimportante non ha pi che il nome.

A pagarlo cinque ducati, cinque

in affitto, nemmeno lo vorrei;

n credo possa render pi di tanto

al Norvegia o al Polonia,

qualora fosse rivenduto in blocco.

AMLETO - C da credere allora che i Polacchi

manco si cureranno di difenderlo.

CAPITANO - Oh, s, la zona tutta presidiata.

AMLETO - Ma non vi basteran duemila anime

e ventimila ducati a sistemare

la pagliuzza di una questione simile!

Ecco il cancro prodotto negli Stati

dalleccesso di pace e di benessere:

corrode dentro chi ce lha e luccide,

senza mostrare alcun segno allesterno.

Vi ringrazio, signore.

CAPITANO - Iddio vi salvi.

(Esce)

ROSENCRANTZ - Signore, se vi piace di seguirci

AMLETO - Andate avanti. Vi raggiungo subito.

(Escono tutti)

Come maccusan tutte le occasioni

che spronano la mia tarda vendetta!

Che cos mai un uomo

se del suo tempo non sa far altruso

che per mangiare e dormire? Una bestia.

Colui che ci ha dotati di una mente

s vasta da vedere il prima e il dopo,

non ci larg questa capacit,

ed il divino don della ragione,

perch ammuffisca senzessere usata.

Sia letargo bestiale o vile scrupolo

a farci pensar troppo sulle cose

(un pensare che, se diviso in quattro,

saggezza soltanto per un quarto

e bassa codardia per gli altri tre),

io mi chiedo perch passo la vita

a ripetermi: Questo sha da fare,

quando per farlo ho causa, volont,

e forza e mezzi. Ed a spronarmi a tanto

ci sono esempi grandi come il mondo:

ne sia testimonianza questo esercito,

massiccio duomini e darmamenti,

guidato da un gentil giovine principe

che tutto gonfio di sacra ambizione

fa le boccacce allinvisibil fato,

esponendo ci ch mortale e incerto

a tutto quello che Fortuna e Morte

ardiscono arrischiar contro di lui.

E tutto questo per un guscio duovo!

Vera grandezza non fu mai combattere

senza grandi motivi;

ma pur grande trovar causa di lite

in una paglia, s in gioco lonore.

Ed io qui, con un padre assassinato

e una madre insozzata, che sto a fare?

A lasciar sprofondati nel letargo

questi impulsi del sangue e della mente

e, a mia vergogna, riguardar la morte

sulla testa di ventimila uomini

che per capriccio o ricerca di gloria,([120])

vanno alla tomba come al loro letto,

per un palmo di terra, insufficiente

puranche a contenerli tutti sopra,

o a ricoprirli quando saran morti.

Ah, siano sol di sangue i miei pensieri

dora innanzi, o non sian pensieri degni!

(Esce)

SCENA V - Elsinore, stanza nel castello.

Entrano la REGINA, ORAZIO e un GENTILUOMO

REGINA - Non la voglio vedere.

GENTILUOMO - Ma ella insiste, proprio fuor di s.

in uno stato assai compassionevole.

REGINA - Che vuole, dunque?

GENTILUOMO - Parla di suo padre,

continuamente, dicendo che il mondo

tutto ciurmeria;

e sospira, e si va battendo il petto,

e pesta i piedi con rabbia per niente;

pronuncia frasi che hanno poco senso,

un parlare che non vuol dire nulla,

eppure muove chiunque lascolti

a raccoglierlo, ad associarne il senso,

a cucirne le frasi e le parole,

che accompagnate al suo batter le ciglia,

al tentennar del capo e agli altri gesti,

fanno pensare dessere animate

da un pensiero, che se pur confuso,

duna sofferenza disperata.

ORAZIO - Sarebbe bene che voi le parlaste;

il suo stato potrebbe dare esca

a chi sa quali male congetture

nella mente dei malintenzionati.

REGINA - Fatela pur venire.

(Esce il gentiluomo)

Al mio spirito in colpa ogni sciocchezza

sembra preludio ad una gran disgrazia.

Tale la vera essenza del peccato:

che la colpa s piena di sospetti,

che si scopre da s,

per la paura dessere scoperta.

Entra OFELIA, pazza

OFELIA - Dov sua graziosissima maest

di Danimarca?

REGINA - Ofelia, come va?

OFELIA - (Cantando)

Come far fra tanti

a distinguere il mio innamorato?

dal bordone, dai sandali,

o dal cappello di conchiglie ornato?([121])

REGINA - Ahim, dolce fanciulla, che vuol dire

questa canzone?

OFELIA - Ah, dite cos?

Sentite questa allora.

(Canta)

morto e se n andato,

signora, egli morto ed partito,

un sasso ai piedi ed il capo poggiato

sopra una zolla di terren fiorito.

REGINA - Ma via, Ofelia!

OFELIA - Di grazia, ascoltate.

(Canta)

Bianco come la neve il suo lenzuolo

Entra il RE

REGINA - Ah, guardate, guardate, mio signore!

OFELIA - (Cantando)

di fior tutto ammantato,

di lacrime damor non innaffiato.

RE - Ti senti bene, vezzosa fanciulla?

OFELIA - Bene, Dio vi rimeriti, signore.

Il gufo - cos dicono, signore -

era un giorno la figlia dun fornaio.([122])

Sappiamo quel che siamo,

ma non quel che possiamo diventare.

Dio sia alla vostra tavola!

RE - Ella farnetica intorno a suo padre.

OFELIA - Di questo non parliamo, ve ne prego;

ma quando vi dovessero richiedere

di che si tratta, ditegli cos:

Sar domani San Valentino,

ci leveremo di buon mattino,

alla finestra tua busser,

la Valentina tua diventer.

Allora egli si alz,

delle sue robe tutto si vest,

la porta della camera le apr,

ed ella non pi vergine ne usc.

RE - Graziosa Ofelia!

OFELIA - Ma voglio finirla;

s, s, finirla, e senza una bestemmia.

(Canta)

Per Ges, per la Santa Carit,

ahim, quanta vergogna ci verr!

I giovani lo fanno,

incuranti del danno,

e del biasmo che gliene verr.([123])

Dice lei: promettesti di sposarmi,

prima di rovesciarmi.

Dice lui: Avrei fatto quel che ho detto,

se non fossi venuta nel mio letto.

RE - Da quanto tempo ella in questo stato?

OFELIA - Spero che tutto andr per il suo meglio.

Dobbiamo aver pazienza;

ma non posso che piangere a pensare

che lhanno messo nella terra fredda.

Mio fratello dovr ora saperlo

Vi ringrazio del vostro buon consiglio

Vieni, mio cocchio! Dame, buonanotte!

Gentili dame, a tutte buonanotte!

(Esce)

RE - (A Orazio)

Stalle dietro, sorvegliala.

(Esce Orazio)

Questo il veleno dellacerba angoscia

che sgorga dalla morte di suo padre.

Ah, Gertrude, Gertrude,

le sciagure non vengon mai sole,

simili ad avanguardie solitarie,

ma ad intere legioni!

In prima luccisione di suo padre;

poi la partenza del vostro figliolo,

egli stesso cagione violentissima

del proprio giusto esilio;

il popolo in subbuglio, frastornato

da malsani pensieri e dalle voci

che corron sulla morte di Polonio

(e noi, in sovrappi, s scervellati

dandarlo a sotterrare di nascosto!);

la poveretta Ofelia

divisa fra se stessa e il suo bel senno,

senza il quale noi siamo mere immagini

dumana specie, o bestie addirittura;

ultima, ma pi gravida dangoscia

dogni altra, suo fratello che ritorna

dalla Francia in segreto,

e che si pasce della sua incertezza,

fra le nuvole, mentre intorno a lui

ronzan mosconi a infettargli lorecchio

con pestifere velenose storie

sulla morte del padre: tutta gente

il cui cieco bisogno di ronzare

finir per toccare fatalmente,

da orecchio a orecchio, le nostre persone.

Tutto questo minfligge, o mia Gertrude,

tante ferite, come una mitraglia,([124])

ciascuna sufficiente a darmi morte.

(Rumori di dentro)

Ma che frastuono questo?

Dove sono i miei Svizzeri?([125]) Le porte,

che guardino le porte!

Entra un SERVO

Che succede?

SERVO - Salvatevi maest! Il grande oceano

che prorompe violento dai suoi argini

non inghiotte la terra con pi furia

del giovane Laerte,

che in testa ad una turba sediziosa

travolge e sopraff le vostre guardie.

La folla lo proclama suo signore,

e, come fosse oggi il primo giorno

del mondo, dogni usanza e tradizione

dimentica, sconoscendo ogni costume,

grida: Laerte re! Abbiamo scelto!

E al grido di Laerte sar re!,

Laerte re!, sollevan fino al cielo

acclamando berretti, mani, voci.

REGINA - Come abbaiano allegri tutti quanti

sopra una falsa traccia!

(Altri rumori da dentro)

Cani danesi, siete fuori strada!

Irrompe LAERTE con altri

RE - Hanno rotto le porte!

LAERTE - Dov il re?

(Alla folla che saccalca sulla porta)

Signori, rimanete tutti fuori.

TUTTI - Vogliamo entrare.

LAERTE - Lasciatemi solo.

TUTTI - Va bene.

LAERTE - Grazie. State sulla porta.

(La folla si ritira)

Re scellerato, rendimi mio padre!

REGINA - Con calma, buon Laerte.

LAERTE - Quella goccia del mio sangue che calma

rimanesse, proclamerebbe me

un bastardo e cornuto il padre mio,

ed apporrebbe il marchio di baldracca

proprio qui, sulla fronte immacolata

della casta e fedele madre mia.

RE - Qual la causa che alla tua rivolta

Laerte, d s grandi proporzioni?

(Alla regina che tenta di interporsi tra Laerte e il re)

Lasciatelo Gertrude.

Non temete per me: la maest

avvolta da tal sacra protezione,

che il tradimento pu solo adocchiare

le proprie mire, mai tradurle in atto.

Laerte, che ti fa s furibondo?

Lasciatelo, Gertrude. Parla, dunque.

LAERTE - Dov mio padre?

RE - Morto.

LAERTE - Non di sua mano.

RE - Lasciatelo dire,

e domandare tutto ci che vuole.

LAERTE - Com morto? Non voglio esser giocato.

Al diavolo la fedelt di suddito!

Al pi nero demonio i giuramenti!

Coscienza e grazia al pi profondo pozzo!

Sfido la dannazione!

Sono al punto che non mimporta pi

di questo mondo come di quellaltro.

Succeda quel che pu.

Voglio solo vendetta per mio padre,

vendetta piena.

RE - E chi vorr impedirtelo?

LAERTE - Nessuno al mondo, tranne il mio volere.

Quanto ai mezzi, dei miei, per quanto scarsi,

far tal uso da arrivar lontano.

RE - Buon Laerte, se vuoi la verit

sulla morte del tuo diletto padre,

sta forse scritto sulla tua vendetta

che tu debba spazzar via dun sol colpo,

nemici e amici, come a piglia-tutto?([126])

In un sol fascio il vincitore e il vinto?

LAERTE - No, solo i suoi nemici.

RE - E li conosci?

LAERTE - Agli amici spalancher le braccia,

e, come il generoso pellicano

che muore per donare altrui la vita,([127])

li nutrir con il mio stesso sangue.

RE - Oh, se Dio vuole! Questi son discorsi

da bravo giovane e da gentiluomo!

Chio della morte del tuo genitore

sia del tutto innocente e molto afflitto,

verit che andr dritta ad infiggersi

contro il bersaglio della tua ragione,

come la luce del giorno ai tuoi occhi.

(Rumori di dentro)

VOCE DI DENTRO - Lasciatela passare!

LAERTE - Che succede?

Entra OFELIA

Oh, febbre, inaridiscimi il cervello!

Lacrime mie, sette volte salate,

bruciate dei miei occhi tutto il senso,

tutto il potere! Questa tua pazzia,

per Dio!, sar pagata a giusto peso,

fin che la nostra bilancia si schianti!

O tu, rosa di maggio!

Cara, buona sorella, dolce Ofelia!

Cielo, dunque possibile

che il senno duna giovane fanciulla

perisca come la vita dun vecchio?

La natura saffina nellamore,

e invia di s qualche preziosa parte

alla cosa ch oggetto del suo amore.

OFELIA - (Cantando)

Nella bara a volto nudo

lhan disteso, ninna oh([128])

Sulla tomba sua caduto

assai pianto, ninna oh

Addio, mio piccioncino!

LAERTE - Se tu avessi quel senno chera tuo,

e potessi incitarmi alla vendetta,

non potresti commuovermi di pi!

OFELIA - Voi dovete cantare: In gi, in gi,

come se lo chiamaste da sotterra.

Oh, come gira bene larcolaio!

stato il maggiordomo, il traditore,

a rubare la figlia del padrone.

LAERTE - Questo nulla che dice pi che tutto.

OFELIA - Ecco del rosmarino; per memoria.

Non ti scordare, amore;

e qui le viole, per i tuoi pensieri.

LAERTE - Una lezione, pur nella pazzia:

i pensieri e i ricordi bene uniti.

OFELIA - Ecco per te il finocchio, e le verbene,

e la ruta, ed un poco anche per me:

la possiamo chiamare lerba grazia

della domenica; ma la tua ruta

devi portarla addosso in altro modo

Ecco una margherita E le violette

ti vorrei dare, ma appassiron tutte

quando mor mio padre.

Mhanno detto che ha fatto buona fine

(Canta)

Perch il mio dolce Robin

tutta la mia gioia

LAERTE - Pensiero ed afflizione, ambascia, inferno,

ella converte tutto nellincanto

della sua leggiadria.

OFELIA - (Canta)

Dunque non torna pi?

No, morto il mio diletto,

riposa nel suo letto,

e pi non torner

Bianca era la barba,

bianca come la neve,

e lino la sua testa.

Se n andato, e quaggi

solo il pianto ci resta.

Della sua anima, mio Dio, piet!

Per lui e tutte le anime cristiane

io prego Iddio. E che Dio sia con voi.

(Esce)

LAERTE - Dio, hai occhi per questo?

RE - Laerte, io debbo allearmi con te

in questo tuo dolore; un mio diritto,

che tu non puoi negarmi. A parte tutto,

scegli quelli che vuoi tra i tuoi amici

che reputi pi saggi ed assennati,

e fa chessi odano e siano giudici

fra me e te: se mai essi mi trovino

in qualche modo, diretto o indiretto,

responsabile, a tua soddisfazione

ti ceder il regno, la corona,

la vita e tutto ci che chiamo mio.

Ma se cos non , non ti dispiaccia

di prestarmi la tua sopportazione,

perchio possa adoprarmi, insieme a te,

per dare soddisfazione alla tua anima.

LAERTE - E sia. Le circostanze della morte,

la segretezza del suo funerale -

senza stendardo funebre, n spada,

n insegna alcuna sovra le sue ossa,

n nobil rito, n pompa ufficiale

tutto ci grida alto a cielo e terra

ch mio dovere chiederne ragione.

RE - Cos farai. E l dov la colpa

piombi la grande scure. Vieni, seguimi.

(Escono)

SCENA VI - Elsinore, stanza nel castello.

Entrano ORAZIO e un SERVO

ORAZIO - Chi son questi che chiedon di parlarmi?

SERVO - Marinai. Hanno lettere per voi,

cos dicono.

ORAZIO - Bene, falli entrare.

(Esce il servo)

Non so da quale angolo del mondo

mi si possa mandare a salutare

se non da parte del principe Amleto.

Entrano alcuni MARINAI

PRIMO MARINAIO - Dio vi salvi, signore.

ORAZIO - Cos te.

PRIMO MARINAIO - Lo far, monsignore, se gli piaccia.

Ho qui una lettera per voi, signore;

viene da parte dellambasciatore

chera in viaggio alla volta dInghilterra

se Orazio il vostro nome,

come m stato dato di sapere.

ORAZIO - (Legge)

Orazio, quando avrai scorso questa mia,

d a questi uomini il modo di arrivare al re.

Essi recano una lettera per lui.

Eravamo in mare da appena due giorni,

quando una nave corsara,

in armamento di guerra, ci ha dato la caccia.

Trovandoci troppo lenti di vela,

ci siamo armati di coraggio

e li abbiamo abbordati.

Ma ero appena saltato sul ponte della loro nave,

che essi si scostavano dalla nostra,

ed io rimasi loro prigioniero.

Mhan trattato da buoni ladroni,

ch ben sapevano quel che facevano:

io ero per loro una preda preziosa.

Fa che il re abbia la lettera che gli mando,

e poi corri da me,

pi presto che se fuggissi la morte:

ho da dirti allorecchio parole

che ti faran restare ammutolito,

seppure ancora troppo inadeguate

al calibro della questione.

Questa brava gente

ti condurr al luogo ovio mi trovo.

Rosencrantz e Guildenstern proseguono

la loro navigazione per lInghilterra.

Di loro ho molto da dirti. A presto.

Colui che sai essere sempre il tuo AMLETO.

(Ai marinai)

Seguitemi, vi faccio strada al re,

perch possiate recargli la lettera;

ma in fretta, ch dovete poi condurmi

dalla persona che ve lha affidata.

(Escono)

SCENA VII - La stessa

Entrano il RE e LAERTE

RE - La tua coscienza ormai mi deve assolvere,

e tu devi ridarmi nel tuo cuore

il posto dellamico,

ch hai udito, con cosciente orecchio

che chi ha ucciso il tuo nobile padre,

mirava alla mia vita.

LAERTE - Cos sembra.

Ma ditemi, perch non procedeste

contro fatti s delittuosi e gravi,

da attentare alla vostra stessa vita,

nel modo che la vostra sicurezza,

il vostro senno ed ogni altra ragione

avrebbero richiesto che faceste?

RE - Oh, per due buone e precise ragioni,

che possono sembrare poco solide

al tuo giudizio, ma son forti al mio.

La regina sua madre

non vive che per gli occhi di suo figlio,

e quanto a me - non so se per fortuna

o per disgrazia mia, o luna e laltra -,

ella cos legata alla mia vita

e alla mia anima, chio come un astro

che non si pu staccar dalla sua orbita,

non posso che seguire il di lei moto.

Laltra ragione che mi fa esitante

a venire con lui pubblicamente

alla resa dei conti, il grande amore

che gli dimostra il popolo;

che, pronto ad inzuppar nel proprio affetto

ogni sua colpa, come polla dacqua

che riesce a mutare il legno in pietra,

muterebbe le sue catene in grazie;([129])

e allora le mie frecce,

troppo leggere per quel forte vento,

respinte, tornerebbero al mio arco,

senza poter raggiungere il bersaglio.

LAERTE - Ed io cos ho perduto un padre nobile,

e vedo indotta in stato disperato

una sorella che per le sue doti

- se val la lode a ci che non c pi -

sergeva alta, sfida allet nostra.

Ma verr lora della mia vendetta.

RE - Non devi perdere il sonno per questo.

Non crederci di stoffa cos flaccida

e fiacca da lasciare che il pericolo

si prenda spasso a scuoterci la barba.

Fra non molto tu ne saprai di pi.

Tuo padre mera caro,

ed io son caro a me e questa, spero,

cosa che ti far ben pensare

Entra un servo con una lettera

Ehi, che notizie?

SERVO - Lettere, signore,

da Amleto: questa per vostra maest,

questa per la regina.

RE - Da Amleto! Chi pu averle mai recate?

SERVO - Dei marinai, mhan detto, mio signore;

io non li ho visti; a me le ha date Claudio

che lha avute da chi le ha qui portate.

RE - Devi udirle, Laerte.

(Al servo)

Tu, va pure.

(Esce il servo)

(Legge)

Alto e possente,

sappiate che io, nudo,

ho rimesso sul vostro regno piede.

Domani vi domander licenza

di rivedere i vostri occhi regali;

dopodich - ma non prima di averne ottenuto

da voi il permesso - vi racconter

le ragioni del mio strano

e inopinato ritorno. AMLETO

Che vuol dir ci? Son tornati anche gli altri?

O solo un trucco, e non vero niente?

LAERTE - Riconoscete la calligrafia?

RE - proprio il suo carattere, di Amleto.

Nudo ed in un poscritto aggiunge solo.

Che ne pensi?

LAERTE - Signore, io mi ci perdo.

Ma ben venga! Il mio cuore tribolato

si sente riscaldato al sol pensiero

di potergli gridare sotto i denti

Sei stato tu!.

RE - Quand cos, Laerte

(e come potrebbessere altrimenti?),

ti lascerai guidare poi da me?

LAERTE - Certo, sire, ma ad una condizione:

che non mi forzerete ad una pace.

RE - Alla tua pace, s. Segli tornato

come a voler desistere dal viaggio

e con lintento di non pi riprenderlo,

io lo tirer dentro ad unimpresa

che ho gi ben maturata nella mente,

e tale che non potr non soccombere

senza che spiri alcun vento di colpa

per la sua morte: perfino sua madre

assolver il sagace stratagemma,

e lo dir una semplice disgrazia.

LAERTE - Mi lascer guidare, mio signore;

e tanto pi se voi farete in modo

che sia io lo strumento dellimpresa.

RE - Appunto questo. S parlato assai

di te alla corte, in presenza di Amleto,

da quando sei partito per la Francia,

riguardo a certa tua specialit

nella quale si dice che tu brilli.

Tutte le doti tue, sommate insieme,

non suscitaron tanta invidia in lui

quanto quella che, pure, a parer mio,

un tuo pregio minore.

LAERTE - Di che dote parlate, mio signore?

RE - Di niente pi che un semplice nastrino

sul cappello della tua giovinezza;

ad esso necessario tuttavia;

perch tanto saddice allet giovane

la sua livrea di spensieratezza

quanto saddicono allet matura

il vestire di nero e le pellicce,

segni di contegnosa austerit.

Or son due mesi stato qui da noi

un gentiluomo della Normandia.

Io stesso ho avuto modo di osservare,

durante i nostri scontri coi Francesi,

la loro maestria nel cavalcare;

ma questo cavaliere aveva in s

un qualche cosa come una magia:

si faceva tuttuno con la sella

e portava il cavallo a movimenti

cos meravigliosi e strabilianti

da sembrare un sol corpo con la bestia

fino a farne una sua mezza natura;

e soverchi di tanto il mio concetto,

che per quanto riesca ad inventare

figure e accorgimenti ed esercizi,

resto sempre inferiore a tal bravura.

LAERTE - Era un Normanno?

RE - S, proprio un Normanno.

LAERTE - Per la mia vita! Allora era Lamord!

RE - Proprio lui.

LAERTE - Eh, perbacco, lo conosco!

il gioiello, la gemma della Francia.

RE - Infatti mi parl di te elogiandoti

cos altamente per la tua maestria

nellarte e lesercizio della scherma,

e specie nel maneggio dello stocco,

che grid: Che spettacolo sarebbe

se qualcuno potesse stargli a pari!

Di fronte a un avversario come te

gli schermidori della sua nazione,

giurava, non avevano n guardia,

n affondo, n difesa sufficienti.

Ebbene, amico, queste sue parole

avvelenarono dinvidia Amleto

al punto chegli non faceva altro

che augurarsi e pregare il tuo ritorno

al pi presto, per battersi con te.

Ora, da ci

LAERTE - Che cosa, mio signore?

RE - Laerte, ti fu caro il padre tuo?

O tu sei solo come una pittura

dellafflizione, un volto senza cuore?

LAERTE - Perch me lo chiedete?

RE - Non chio pensi che non ti fosse caro

tuo padre, ma io so per esperienza,

come lamore nasca con il tempo

e come, in molto casi, il tempo stesso

ne modifichi il fuoco e la scintilla.

Dentro la fiamma stessa dellamore

vive un certo stoppino che pian piano

la smorzer. Del resto, non v nulla

che conservi la stessa sua bont;

ch la bont, diventando soverchia,

finisce per morire del suo eccesso.

Quello che noi vogliamo

dobbiamo farlo allatto del volerlo;

perch questo vogliamo assai mutevole

ed soggetto a tanti cali e indugi

quante son lingue, e mani, e circostanze.

E allora quel dobbiamo un desiderio

che, simile a benevolo sospiro,

ci affligge e insieme ci reca sollievo.

Ma ritorniamo al vivo della piaga.

Amleto torna a corte.

Quale azione saresti pronto a fare

per dimostrarti figlio di tuo padre,

nei suoi riguardi, a fatti e non parole?

LAERTE - A tagliargli la gola in una chiesa.

RE - Nessuna chiesa, infatti, o luogo santo

dovrebbe offrire asilo allassassinio:

nulla deve impedire la vendetta.

Per per ora meglio, buon Laerte,

che tu te ne rimanga chiuso in camera.

Amleto avr notizia, al suo ritorno,

che anche tu sei ritornato in patria;

e noi porremo gente intorno a lui

a far le lodi della tua maestria

nel duellare, e a far due volte lustra

la fama che tha dato quel Francese.

Combineremo quindi un vostro scontro

e faremo scommesse su chi vince.

Trascurato com, e generoso,

e sprovveduto dogni furberia,

Amleto non far caso alle spade,

cos che tu potrai agevolmente

e con facile mossa della mano

scegliere quella priva di bottone:

un colpo di destrezza messo a segno,

e avrai saldato il conto di tuo padre.

LAERTE - Far cos. E a maggior sicurezza

unger la mia spada: un ciarlatano

mha venduto un unguento s mortale

cha intingervi la punta dun coltello

nel punto dove questa cava sangue

non c infuso tra i pi sofisticati

derbe raccolte al lume della luna

che riesca a salvare dalla morte

se appena sia scalfito.

Intinger la punta della spada

in questo unguento: baster uno sgraffio

e per lui sar morte.

RE - Riflettiamoci ancora un altro poco.

Pesiamo bene i mezzi ed il momento

che pi convengono al nostro scopo.

Ch se questo fallisse, e il nostro piano

si rivelasse senza accorgimento,

meglio varrebbe non tentare affatto.

Perci bisogna dare a questa trama

lappoggio di una trama di riserva

cui far ricorso se questa va allaria

nel corso della sua esecuzione.

Vediamo un po: potrei essere io

a scommettere sulle vostre teste

Ecco, ce lho: nel corso dello scontro,

quando, nellimpeto dei vostri assalti,

avrete caldo e sete (a questo effetto

attaccherai con sempre pi violenza)

lui certamente chieder da bere;

allora io terr pronta una coppa:

baster che ne faccia una sorsata

e, se pur sia scampato alla stoccata

della tua spada intrisa di veleno,

il nostro scopo ugualmente raggiunto.

(Clamori allinterno)

Ma, un momento Che son questi clamori?

Entra la REGINA

REGINA - Una disgrazia incalza alle calcagna

unaltra, tanto presto si succedono.

Laerte, tua sorella s annegata.

LAERTE - Annegata! Ah, dove?

REGINA - C un salice che cresce di traverso

ad un ruscello e specchia le sue foglie

nella vitrea corrente;([130]) qui ella venne,

il capo adorno di strane ghirlande

di ranuncoli, ortiche, margherite

e di quei lunghi fiori color porpora([131])

che i licenziosi poeti bucolici

designano con pi corrivo nome([132])

ma che le nostre ritrose fanciulle

chiaman dita di morto; ella lass,

mentre si arrampicava per appendere

lerboree sue ghirlande ai rami penduli,

un ramo, invidioso, s spezzato

e gli erbosi trofei ed ella stessa

sono caduti nel piangente fiume.

Le sue vesti, gonfiandosi sullacqua,

lhan sostenuta per un poco a galla,

nel mentre chella, come una sirena,

cantava spunti dantiche canzoni,

come incosciente della sua sciagura

o come una creatura daltro regno

e familiare con quellelemento.

Ma non per molto, perch le sue vesti

appesantite dallacqua assorbita,

trascinaron la misera dal letto

del suo canto ad una fangosa morte.

LAERTE - Ohim, dunque annegata?

REGINA - S, Laerte.

LAERTE - Troppacqua su di te, povera Ofelia,

ed io perci mi interdico le lacrime;

ma siam fatti cos, e la natura

reclama i suoi diritti,

pure se la vergogna vi si opponga.

(Piange)

Quando saran passate queste lacrime

non avr in me pi nulla di femmineo.

Adieu, mio sire. Ho parole di fuoco

che vorrebbero tanto fiammeggiare,

ma questa folle sciagura le smorza.

(Esce)

RE - Seguiamolo, Gertrude. Quanto ha fatto

finora per calmare la sua rabbia!

Ma ho gran paura che quanto accaduto

gliela scateni ancora.

Sar meglio che lo teniamo docchio.

(Escono)


ATTO QUINTO

SCENA I - Un cimitero presso una chiesa

Entrano DUE BECCHINI

PRIMO BECCHINO - Sha da dare cristiana sepoltura

ad una che ha voluto anticiparsi

lora della salvezza?

SECONDO BECCHINO - S, ti dico;

perci prepara subito la fossa.

Il magistrato ha esaminato il caso

ed ha deciso che sia da concedersi

cristiana sepoltura.

PRIMO BECCHINO - Com possibile? Ammenoch

non si sia annegata per difendersi.

SECONDO BECCHINO - Infatti, stato accertato cos.

PRIMO BECCHINO - Gi, devessere stato se offendendo,([133])

non altrimenti. Perch il punto questo:

se io annego di mia volont,

questo un atto, ed un atto ha tre momenti:

agire, fare, consumare; argal([134])

lei s annegata di sua volont.

SECONDO BECCHINO - Ma no, senti, mio bravo zappatore

PRIMO BECCHINO - Permetti: qui c lacqua, e qui c luomo.

Bene. Se ora luomo va nellacqua

e, volente o nolente, ci si annega,

stato lui ad andarci sta attento;

se invece lacqua ad andare dalluomo,

e lo annega, non lui che sannega.

Argal la propria vita non accorcia

chi della propria morte non ha colpa.

SECONDO BECCHINO - Cos la legge?

PRIMO BECCHINO - S, perdio, cos;

cos almeno lha interpretata il giudice.

SECONDO BECCHINO - Bah, devo dirti come me la sento?

Non fosse stata costei nobildonna

sarebbe stata seppellita fuori

da cristian cimitero.

PRIMO BECCHINO - Ah, lhai capita?

una grande ingiustizia

che a questo mondo le persone bene

abbiano pi diritto di annegarsi

o dimpiccarsi che gli altri cristiani.

(Comincia a scavare)

Affonda, vanga! Non c nobilt

a questo mondo di pi antica data

dei giardinieri, degli affossatori

e dei becchini, la cui professione

continua quella che faceva Adamo.

SECONDO BECCHINO - Perch, Adamo era nobile?

PRIMO BECCHINO - stato lui il primo a portar armi.

SECONDO BECCHINO - Ma va! Se non ne aveva!

PRIMO BECCHINO - Che dici! Non sarai mica un eretico?

Come la interpreti tu la Scrittura?

Secondo la Scrittura, egli zappava;

poteva egli zappare senza larma

delle braccia?([135]) Ti faccio altra domanda,

adesso, e se non mi rispondi giusto,

confssati per un

SECONDO BECCHINO - Di, tira avanti!

PRIMO BECCHINO - Ecco: chi che fabbrica pi solido

del muratore, oppur del carpentiere,

oppur pi del falegname.

SECONDO BECCHINO - Chi fa forche.

Perch fa qualche cosa

che vive pi di mille suoi inquilini.

PRIMO BECCHINO - Azzeccata. Il tuo spirito mi piace.

Le forche vanno bene, ma per chi?

Per quelli che fan male;

e tu fai male a dire che una forca

pi solida duna chiesa, rgal,

la forca cosa che va bene a te.

Avanti, prova ancora.

SECONDO BECCHINO - (Ripetendo la prima domanda del primo becchino)

Chi che costruisce pi robusto

del muratore, oppur del carpentiere,

oppur del falegname?

PRIMO BECCHINO - Dimmi questo, e poi basta.

SECONDO BECCHINO - Dunque, vediamo un po aspetta, aspetta

Ce lho in punta di lingua

PRIMO BECCHINO - Allora sputalo.

SECONDO BECCHINO - Macch, perdincibacco, non mi viene!

Entrano, dal fondo, AMLETO e ORAZIO

PRIMO BECCHINO - Beh, via, non lambiccarti pi il cervello.

Lasino tardo non aggiusta il passo

sotto le bastonate. Unaltra volta,

se ti faranno la stessa domanda,

rispondi: il beccamorto; le sue case

durano fino al giorno del Giudizio.

Adesso, per favore, va da Yaughan([136])

e fatti dare una pinta di birra.

(Esce il secondo becchino)

(Cantando mentre zappa)

Da ragazzo far lamore

mi sembrava un dolce gioco

per trascorrer le mie ore,

ma nho ricavato poco

AMLETO - Non ha costui coscienza del mestiere,

se pu cantare scavando una fossa?

ORAZIO - Lo rende indifferente labitudine.

AMLETO - Proprio cos; man che poco lavora,

ha pi sensibile il senso del tatto.([137])

PRIMO BECCHINO - (Sempre cantando)

Ma col passo suo felpato

la vecchiaia mi ha ghermito,

per sotterra mha avviato,

come mai non fossi nato.

(Getta fuori della fossa un teschio)

AMLETO - Quel teschio anchesso un tempo ebbe una lingua,

e poteva cantare;

e vedi adesso come quel marrano

lo scaraventa a terra, manco fosse

losso della mascella di Caino,

che fu il primo assassino.([138])

Questa, che quel villano ora maltratta,

potrebbesser la zucca dun politico,

capace dingannar perfino Dio,

non cos?

ORAZIO - Pu essere, signore.

AMLETO - Oppur dun cortigiano,

capace solo di dire: Buongiorno,

dolce signore! Come sta stamane

il mio dolce signore?

O potrebbessere un messer Sempronio

uso a fare le lodi sperticate

del bel cavallo di monsignor Tizio,

con la speranza daverlo in regalo

Non pu essere?

ORAZIO - Certo, mio signore.

AMLETO - S, veramente. Ed ora quella testa

appartenenza di Madama Verme,

smascellata com, mentre un becchino

le picchia con la zappa sulla chierica.

Una bella rivoluzione, questa,

se ci dessimo il gusto di osservarla!

Costaron dunque s poco a nutrirle

queste ossa, se dovevano servire

in fondo solo a giocarci alle bocce?

Se ci penso, mi fan male le mie!

PRIMO BECCHINO - (Cantando)

Un piccone, una zappa ed un badile,

e per sudario un candido lenzuolo;

tanto basta per rendere gentile

una dimora scavata nel suolo.

(Butta fuori della fossa un altro teschio)

AMLETO - Eccone un altro. Perch questo cranio

non potrebbessere dun leguleio?

Dove sono finiti ora i suoi quid,

i suoi quidlibet, le carte, i cavilli,

le sue cause? Perch permette adesso

che quel vil zoticone gli sbatacchi

quel suo sudicio arnese sulla zucca,

senza poter condurlo innanzi al giudice

per percosse? Uhm, questo galantuomo

pu ben essere stato, al tempo suo,

un grande compratore di terreni,

con le sue ipoteche, le sue multe,

le obbligazioni, le malleverie,

le caparre, le doppie garanzie,

i recuperi; ed ora trova qui

la sua multa per tutte le sue multe,

la caparra di tutte le caparre:

la zucca riempita di terriccio.([139])

Non gli son forse meglio garantiti

gli acquisti, ed anche ad ipoteca doppia,

ora, che prima da un paio di stipule

su pergamene larghe e lunghe tanto?

Gli stessi titoli di propriet

delle sue terre entrerebbero a stento

in questa scatola; e il loro proprietario

deve egli stesso aver pi spazio, eh?

ORAZIO - Non un pollice in pi, direi, signore.

AMLETO - La pergamena, Orazio,

non si fa con la pelle di montone?

ORAZIO - S, monsignore, e anche di vitello.

AMLETO - E montoni e vitelli son coloro

che in quella roba cercan sicurt.

Vo parlare a costui.

(Al primo becchino)

Dimmi, bravuomo,

di chi questa fossa?

PRIMO BECCHINO - Mia, signore.

(Canta)

Una fossa dargilla cos fatta

ad un tal ospite bene adatta.

AMLETO - Credo ben che sia tua, se ci stai dentro.

PRIMO BECCHINO - Voi non ci state, perci non vostra.

In quanto a me, ci sto, ma non ci giaccio,

eppure mia.

AMLETO - E dici una bugia,

nel dirla tua sol perch ci stai dentro;

essa fatta pei morti, non pei vivi.

Tua sol la bugia.

PRIMO BECCHINO - E cos vispa,

che rimbalza, mi pare, tra me e voi.([140])

AMLETO - Chi luomo per cui scavi quella fossa?

PRIMO BECCHINO - Non un uomo.

AMLETO - Una donna?

PRIMO BECCHINO - No, nemmeno.

AMLETO - Insomma, chi devesserci interrato?

PRIMO BECCHINO - Una che donna fu, ma non lo pi,

pace allanima sua, visto che morta.

AMLETO - (Ad Orazio)

piuttosto pedante, il zoticone!

Si devon pesar bene le parole,([141])

o al primo qui-pro-quo lui ti rimbecca!

Sangue di Cristo, Orazio,

- lo vado predicando da tre anni -,

il nostro tempo ha tanto progredito

che lalluce dellultimo bifolco

s tanto avvicinato alle calcagna

del cortigiano, da fargli il solletico.

(Al becchino)

Da quanto tempo fai questo mestiere?

PRIMO BECCHINO - Fra tutti i giorni dellanno, dal giorno

in cui il defunto nostro re, Amleto,

sconfisse Fortebraccio.

AMLETO - Ossia da quando?

PRIMO BECCHINO - Fate voi stesso il conto.

Ogni idiota ve lo pu dire: il giorno

che nacque il giovane Amleto, il pazzo,

sapete, che han mandato in Inghilterra.

AMLETO - Gi, sicuro, e perch

lavrebbero mandato in Inghilterra?

PRIMO BECCHINO - Toh, ma perch era pazzo!

Laggi potr ricuperare il senno;

se no, a quelli l importa poco.

AMLETO - Perch?

PRIMO BECCHINO - Nessuno se ne accorger:

laggi son tutti pazzi come lui.

AMLETO - E com ch impazzito?

PRIMO BECCHINO - In un modo assai strano, come dicono.

AMLETO - Strano, come?

PRIMO BECCHINO - Beh, uscendo di cervello.

AMLETO - E su che base?

PRIMO BECCHINO - Qui, in Danimarca.([142])

Signore, qui ci ho fatto il sagrestano

da uomo e da ragazzo, per trentanni.([143])

AMLETO - Quanto tempo pu stare sottoterra

un uomo, prima di diventar marcio?

PRIMO BECCHINO - Dipende. Se non marcito prima

(e tutti di carogne putride ogni giorno

ne abbiamo veramente una caterva,

che si riesce appena a seppellirle),

ci vorranno, che so, otto-nove anni.

Un conciatore non meno di nove.

AMLETO - Perch lui pi degli altri?

PRIMO BECCHINO - Eh, perbacco,

per via che la sua pelle, monsignore,

cos ben conciata dal mestiere

che tien lontana lacqua per un pezzo.

E lacqua il pi grande corruttore

di quello schifo ch il nostro cadavere.

PRIMO BECCHINO - (Tenendo nella mano un teschio)

Ecco un cranio che da ventitre anni

si trova sottoterra.

AMLETO - E di chi era?

PRIMO BECCHINO - Di chi pensate che fosse?

AMLETO - Non so

PRIMO BECCHINO - Dun pazzo, grande figlio di puttana.

La peste a lui, furfante scellerato!

Una volta mi rovesci sul capo

una caraffa di vino del Reno.

Questo cranio, signore, era di Yorick,

il buffone del re.

AMLETO - Questo?

PRIMO BECCHINO - S, questo.

AMLETO - Dammelo qua

Prende in mano il teschio e lo guarda)

Ahim, povero Yorick!

Questuomo io lho conosciuto, Orazio,

un giovanotto darguzia infinita

e duna fantasia impareggiabile.

Mi port molte volte a cavalluccio

Ed ora - quale orrore! - mi fa stomaco

Ecco, vedi, qui erano le labbra

che gli ho baciato non so quante volte

E dove sono adesso i tuoi sberleffi,

le burle, le capriole, le canzoni,

i folgoranti sprazzi dallegria

che facevan scoppiare dalle risa

le tavolate? Chi si fa pi beffa

ora del tuo sogghigno, con questa tua smorfia?

Va, va ora cos,

va nella camera della mia dama([144])

e dille che ha un bel mettersi sul viso

un dito di belletto: a questo aspetto

deve ridursi anchella, fatalmente.

Che se la prenda a ridere, comunque,

se ci riesce Orazio, dimmi un po

ORAZIO - Che cosa, monsignore?

AMLETO - Pensi tu che Alessandro sottoterra

avesse questo aspetto?

ORAZIO - Non diverso.

AMLETO - E che puzzasse in questo modo? Puah!

(Mette da parte il teschio con disgusto)

ORAZIO - Certamente, signore.

AMLETO - A che vili usi siamo destinati,

Orazio! Pensa, con la fantasia

noi potremmo seguire tutto il corso

della polvere illustre di Alessandro

fino a trovarla a fungere da tappo

a un barile di birra. Non ti pare?

ORAZIO - Congettura un po strana, in verit.

AMLETO - Niente affatto. Si tratta di seguirla

camminando sul filo della logica.

Ecco: Alessandro, morto e seppellito,

ritorna polvere. Polvere terra;

e con la terra che si fa? La creta.

E perch con la creta in che ridotto

non possiamo turare un barilotto?

Limperial Giulio Cesare

potrebbe ben servire

a chiudere uno spiffero di vento.

Quella creta che tenne il pugno duro

sul mondo, messa a fare da rammendo

alla crepa dun muro,

fa da riparo al soffio dellinverno.

Ma, fermi, oh!, facciamoci in disparte

Entrano il RE, la REGINA, LAERTE, UN PRETE, cortigiani

al seguito del feretro di Ofelia

Qui viene il re, la regina, la corte

Ma chi seguono, in s dimesso rito?

Questo segno che il morto

a cui fanno s umile corteo

ha distrutto con mano disperata

la propria vita; ed era uno di rango.

(Si fa da parte con Orazio)

LAERTE - (Al prete)

Qual altra cerimonia c da assolvere?

AMLETO - (Piano, a Orazio)

Quello Laerte, un giovane assai nobile.

Osservalo.

LAERTE - (c.s.)

Qual altra cerimonia?

PRETE - Abbiamo gi fin troppo largheggiato

nelle esequie, per quanto ci era lecito.

La sua morte fu dubbia;

e se non fosse un ordine sovrano

intervenuto a bilanciar la regola,

ella avrebbe dovuto esser sepolta

in terra sconsacrata,

e restar l fino allultima tromba;([145])

ed avremmo gettato sassi e cocci

e selci su di lei, e non pie preci.

Cos le sono invece consentiti

la virginal corona,

i propri paramenti di fanciulla

e laccompagnamento di campane

durante il funerale.

LAERTE - Non si pu far di pi?

PRETE - Non pi di questo.

Profaneremmo il rito dei defunti

se ci mettessimo a intonarle un requiem,

e ad implorarle lo stesso riposo

dellanime che se ne vanno in pace.

LAERTE - Deponetela allora sottoterra,

e dalla carne sua gentile e pura

possan spuntare le viole!

Io ti dico, bigotto sacerdote,

che questa mia sorella sar in cielo

un angelo officiante, quanto tu

te ne starai a gemere gi in basso!

(Il feretro viene calato nella fossa)

AMLETO - (Tra s)

Come! La bella Ofelia?

REGINA - (Spargendo fiori sulla fossa)

Dolci fiori alla tua dolcezza. Addio.

Ho sperato di far di te la sposa

del mio Amleto; ed ho tanto sognato

dadornare di fiori il vostro talamo,

non di cospargerli su questa fossa.

LAERTE - Ah, dieci volte tre maledizioni

ricadano sul capo miserabile

della persona il cui perverso agire

ti priv delleletta tua ragione!

(Ai becchini)

Aspettate a coprirla con la terra,

chio possa stringerla tra le mie braccia

per unultima volta.

(Salta nella fossa)

La vostra polvere ora ammucchiate

sul vivo e sulla morta

finch di questo piano avrete fatto

una tale una montagna

che svetti in alto pi del Pelio antico

o dellazzurra fronte dellOlimpo.

AMLETO - (Facendosi avanti)

Chi colui che veste il suo dolore

di unenfasi, le cui luttuose frasi

sembran volere scongiurare gli astri

nel lor cammino, ed arrestarli qui

che restino stupiti ad ascoltarle?

Eccomi, io sono Amleto il Danese.

(Salta anchegli nella fossa, alle spalle di Laerte)

LAERTE - (Afferrando Amleto per la gola)

Il diavolo si porti la tua anima!

AMLETO - Non sai pregare! Togli via, ti prego,

le tue dita dalla mia gola; attento:

ch sio non son bilioso n avventato,

pure ho quel tanto che la tua prudenza

pu ben temere. Togli quella mano!

RE - Separateli entrambi.

REGINA - Amleto! Amleto!

TUTTI - (Facendosi intorno alla fossa)

Signori!

ORAZIO - (Ad Amleto)

State calmo, mio signore.

(Li separano. I due escono dalla fossa)

AMLETO - Perdio, su questo tema

sono pronto a misurarmi fino allultimo

con lui!([146])

REGINA - Ohim, che tema, figlio mio?

AMLETO - Questo: che Amavo Ofelia;

e ad eguagliare il conto del mio amore

quarantamila fratelli che insieme

potessero sommare quello loro

non basterebbero.

(A Laerte)

Che intendi fare?

RE - Egli pazzo, Laerte!

REGINA - Non dargli spago, per lamor di Dio!

AMLETO - Sangue di Cristo, dimmi che vuoi fare!

Vuoi piangere? Vuoi batterti in duello?

Vuoi digiunare? Vuoi ridurti in pezzi?

Vuoi bere aceto?([147]) Divorare unidra?

Lo far anchio. Vieni qui a piatire?

Per sfidarmi saltando nella fossa?

Fatti interrare vivo

insieme a lei, e cos far io;

e se vai blaterando di montagne,

di a costoro che ammucchino su noi

un milione di jugeri di terra,

e il tumulo selevi tanto in alto

da arrostirsi la cima contro il fuoco

del Tropico, s che al confronto lOssa([148])

non sembri che una semplice verruca.

Se vuoi solo berciare,

questo so farlo anchio, meglio di te.

RE - follia pura! E in questo modo, a tratti,

laccesso sembra aver di lui ragione;

dopo, paziente come una colomba

che vede schiudersi la sua covata

di pulcini dorati, si racqueta,

restando a lungo silenzioso e inerte.

AMLETO - Stammi a sentire. Qual la ragione

che tinduce a trattarmi in questo modo?

Tho sempre amato, io. Ma non importa.

Ercole faccia quello che pu fare;

il gatto deve pure miagolare,

ed il cane abbaiare.([149])

(Esce)

RE - Buon Orazio, ti prego, stagli dietro.

(Esce Orazio)

(A Laerte)

Cerca di rafforzar la tua pazienza;

pensa al nostro discorso di iersera.

Faremo in modo di venirne a capo.

(Alla regina)

Gertrude cara, fate che qualcuno

sorvegli vostro figlio.

(A Laerte)

Questa tomba

avr presto un vivente monumento,([150])

e noi conosceremo finalmente

unora di tranquillit. Pazienza,

perci, fino ad allora, e andiamo avanti.

(Escono)

SCENA II - Elsinore, stanza nel castello.

Entrano AMLETO e ORAZIO

AMLETO - Non parliamone pi. Veniamo al resto.

Ti ricordi in che stato mi trovavo?

ORAZIO - Se ricordo, signore!

AMLETO - Avevo in cuore

un conflitto che mi toglieva il sonno.

Stavo peggio dun prigioniero in ceppi.

Dun tratto, con un gesto temerario

(e sia lode allaudacia, in questo caso:

lavventatezza talvolta, diciamolo,

ci soccorre laddove ci falliscono

le nostre trame, le pi meditate;

e ci valga a insegnarci che c un Dio

che d forma e sostanza ai nostri fini,

comunque li abbozziamo)

ORAZIO - Oh, questo certo.

AMLETO - Esco dalla cabina sulla tolda

col mantello di viaggio sulle spalle,

come una sciarpa. A tentoni, nel buio,

cerco e trovo alla fine quel che voglio:

rovisto, frugo dentro i lor bagagli,

poi mi ritraggo di nuovo in cabina

facendomi s ardito (la paura

maveva fatto perdere ogni remora)

da strappare i sigilli al documento

che conteneva le mie credenziali

e l trovo - sovrana canagliata! -,

lordine perentorio, lardellato

da una lunga sequela di motivi

(la salvezza del re di Danimarca,

e del re inglese) e non ti dico pi

di quali e quanti spettri e spauracchi,

allidea chio restassi ancora vivo,

che, non appena letto quel messaggio,

subito, l, senza aspettar che il boia

potesse fare il filo alla mannaia,

mi si dovesse mozzare la testa.

ORAZIO - Possibile, signore?

AMLETO - Ecco il rescritto.

Leggilo a tuo talento.

Ma ora vuoi sapere come ho fatto?

ORAZIO - Ve ne supplico.

AMLETO - Preso nella rete

cos di tante infamie prima ancora

di dare un prologo al mio cervello,

esso d inizio al dramma

Mi siedo e ti redigo in bello stile

il testo duna nuova credenziale.

Un tempo di mia vita ho ritenuto,

come succede agli uomini di Stato,

cosa vile lo scriver paludato,

e ho fatto molto per dimenticarlo.

Ora invece mi rese un gran servizio.([151])

Vuoi che ti dica il senso dello scritto?

ORAZIO - Anzi, ve ne scongiuro, monsignore.

AMLETO - Una calda preghiera

del nostro re a quello dInghilterra

perch, qual suo fedele tributario,

ed affinch fiorisse tra di loro,

come una palma, amore ed amicizia,

e la pace, di spighe incoronata,

stesse sempre interposta tra i due regni

come una virgola([152]) e cos via,

con simili altre frasi di gran peso,

comegli avesse preso conoscenza

del tenore di quella credenziale,

mettesse a morte i due suoi portatori

senza lasciare lor nemmeno il tempo

di purgar le loro anime con Dio.

ORAZIO - E col sigillo, come vi arrangiaste?

AMLETO - Il cielo mi fu provvido anche in questo.

Io portavo con me, nella mia borsa,

lanello di mio padre, col sigillo

copia di quello ufficiale danese:

piegai bene lo scritto, come laltro,

e, firmato che lebbi, e sigillato,

lo rimisi al suo posto, come stava,

senza che alcuno notasse lo scambio.([153])

Lindomani ci fu lo scontro in mare

coi pirati, di cui tho gi parlato.

ORAZIO - E cos Rosencrantz e Guildenstern

van difilato verso quel destino.

AMLETO - Quei due, mio caro, in questa lor missione

han troppo civettato alle mie spalle.

Non li ho sulla coscienza. La lor sorte

il frutto della loro inframmettenza.

Chi basso corre sempre gran pericolo

a mettersi tra i colpi e le stoccate

di avversari potenti ed accaniti.

ORAZIO - Dio mio, che re mai questo!

AMLETO - Ora rifletti: non sta dunque a me,

con colui che mha trucidato il padre

e insozzato la madre, e s intromesso

fra me e la legittima mia attesa

di successore, e che ha gettato lamo

alla mia stessa vita, e con tal frode

non sta a me, dico, in perfetta coscienza,

saldare il conto con questo mio braccio?

E non da dannati

lasciar che questo cancro di natura

seguiti a generare nuovi mali?

ORAZIO - Dovr presto saper dallInghilterra

com andato a finire questo affare.

AMLETO - Presto, s; lintervallo intanto mio.

Lesistenza di un uomo

non che il tempo di contare uno.

Per quanto maffligge, caro Orazio,

daver cos ecceduto con Laerte!

Perch nella cagione che lo muove

io ci vedo riflessa la mia stessa.

Mi scuser con lui. Vero , per,

ch stata la jattanza del suo duolo

a trascinarmi in quella grande rabbia.

ORAZIO - Un momento! Chi viene?

Entra il giovane OSRICO

OSRICO - (Scappellandosi ad Amleto)

La vostra signoria benvenuta

di nuovo in Danimarca.

AMLETO - Vi ringrazio umilmente, mio signore.

(Piano, a Orazio)

Conosci questa mosca di palude?

ORAZIO - No, signore.

AMLETO - Per tua grande fortuna:

conoscere costui una disgrazia.

Egli possiede molte terre, e fertili.

Qui se una bestia possiede altre bestie,

la sua greppia la mensa della reggia.

un bifolco; ma, come ti dicevo,

spazioso possessore di letame.

OSRICO - Dolce signore, se vossignoria

fosse disposta, vorrei riportarle

qualche cosa da parte di sua altezza.

AMLETO - Ed io, signore, la ricever

con ogni diligenza del mio spirito.

Ma mettete il cappello al posto suo:

fatto per il capo.

OSRICO - Grazie, vossignoria. Fa molto caldo.

AMLETO - No, no, credete a me, fa molto freddo,

soffia la tramontana.

OSRICO - vero, infatti.

Fa alquanto freddo.

AMLETO - Eppure sento unafa

un caldo, o sar io forse che

OSRICO - S,

vero, mio signore, un caldo afoso,

come se fosse beh, non saprei dire

Signore, sua maest mha incaricato

dinformarvi che ha fatto su di voi

una grossa scommessa Ecco, si tratta

AMLETO - Ma vi prego!

(Gli fa cenno di mettersi il cappello in testa, ma

Osrico esita)

OSRICO - No, no, mio buon signore,

cos mi par di stare pi a mio agio

Signore, qui alla corte

tornato Laerte; un gentiluomo,

credetemi, di rara perfezione:

pieno delle pi alte qualit,

di buona compagnia, di gran figura,

insomma, a dir di lui come si merita,

la rosa dei venti, il calendario

delle virt richieste a un cavaliere;

ch in lui davvero c il contenitore([154])

di tutto ci che un vero gentiluomo

vorrebbe contenere.

AMLETO - Che bellezza!

La sua definitura, signor mio,

non soffre in voi di alcuna perdizione;

anche se son sicuro

che a farne un inventario minuzioso

cosa che darebbe il capogiro

allaritmetica della memoria,

e non sarebbe che uno scarrocciare

a fronte al suo spedito veleggiare.

Ma, per la verit dellerezione,

lo stimo unanima di grosso taglio,

ed il suo infuso tal raritudine

che a farne proprio una definizione,

altro simil non ha fuor del suo specchio,

e chiunque volesse seguitarlo

sarebbe solo il suo adombramento.

OSRICO - Molto infallibilmente ne parlate,

signoria.

AMLETO - La concernenza,([155]) amico.

Ma a che star noi ora a drappeggiare

il nostro gentiluomo

di questo nostro troppo rozzo fiato?

OSRICO - Signore?

ORAZIO - Ma non sarebbe possibile

comprendersi parlando altro linguaggio?

Son sicuro che ci riuscirete.([156])

AMLETO - (A Osrico)

Che importanza pu avere

la nomina([157]) di questo gentiluomo?

OSRICO - Di Laerte?

AMLETO - (Piano a Orazio)

Il suo sacco gi vuotato,

le parole preziose tutte spese.

(Forte a Osrico)

Di lui, signore, s.

OSRICO - Io stimo che non in voi ignoranza

AMLETO - Spero bene; quantunque, in fede mia,

stimarlo voi, non proverebbe nulla

a mio favore, amico. Ebbene, allora?

OSRICO - che non in voi ignoranza

di che eccellenza duomo sia Laerte.

AMLETO - Non oso confessarlo, nel timore

di gareggiar con lui per eccellenza;

solo se si conosce bene un uomo

si pu dir di conoscere se stessi.

OSRICO - Intendo nella sua arma, signore;

perch secondo la valutazione

che fanno tutti, egli ineguagliato

in questa sua specialit.

AMLETO - Che arma?

OSRICO - Spada e pugnale.

AMLETO - Queste son due armi.

Ma per me fa lo stesso.

OSRICO - Il re, signore, ha scommesso con lui

sei cavalli dArabia,

contro i quali, se non ho male inteso,

egli ha puntato, dalla parte sua,

sei fioretti di Francia e sei pugnali

con tutti gli accessorii: cinturone,

pendagli e tutto. Tre di questi affusti,

parola mia, son veramente rari:

molto docili al pugno, maneggevoli

allelsa, di fattura delicata

e di assai liberale concezione.

AMLETO - Affusti hai detto? Che parola questa?

ORAZIO - (Piano ad Amleto)

Sapevo bene che avreste finito

a ricorrere alle notazioni a margine.([158])

OSRICO - I pendagli, signore.

AMLETO - Questo termine

sarebbe pi germano alla materia,

se noi potessimo portarci al fianco

un cannone;([159]) ma fino a quel momento

chiamiamoli pendagli. Andiamo avanti:

sei cavalli dArabia

contro sei spade di Francia, complete

di tutti gli accessorii, e con tre affusti

di nuova liberale concezione:

questa sarebbe la posta francese

contro quella danese.

Su che cosa sarebbe stato imposto,

come voi dite, questo ben di Dio?

OSRICO - Mi spiego: il re ha scommesso, monsignore,

che su dodici assalti, fra voi due,

Laerte non sapr che prevalere

per pi di tre stoccate: la scommessa

sarebbe dunque nove contro tre.

Si addiverrebbe alla prova anche subito,

se vostra signoria

si degnasse di darmi una risposta.

AMLETO - E se la mia risposta fosse no?

OSRICO - Lintenderei come lopposizione

di vostra signoria a questa prova.

AMLETO - Signore, io resto a passeggiare qui,

in questa sala. A sua maest piacendo,

questo il mio respiro quotidiano.

Si rechino le spade.

Se il gentiluomo daccordo di battersi

e il re mantiene il suo divisamento,

io vincer per lui, se m possibile;

se no, lo scorno sar tutto mio

con in pi le stoccate ricevute.

OSRICO - questo quel che debbo riferire?

AMLETO - Esattamente. E vi potete aggiungere

tutti i fronzoli che vi piacer.

OSRICO - Raccomando il mio omaggio a vostra altezza.

AMLETO - Alla vostra, alla vostra!

(Esce Osrico)

Si raccomanda da s: buon per lui,

non c lingua che sia disposta a farlo.

ORAZIO - La pavoncella, col suo guscio in testa,

s allontanata.([160])

AMLETO - E si complimentava

con la mammella prima di succhiarla;

come lui, della stessa sua covata,

ci son molti altri che questa et frivola

prende sul serio; chhanno assimilato

laria del tempo e labito esteriore

del conversare: un ammasso schiumoso

che li ravvolge tutti e li trasporta

attraverso le idee pi lambiccate;

ma basta una soffiata

per metterli alla prova, e addio le bolle.

Entra un CORTIGIANO

CORTIGIANO - Signore, sua maest s compiaciuta

dinviarvi test il giovane Osrico,

e questi al suo ritorno lha informata

che eravate in attesa in questa sala.

Mi manda appunto per saper da voi

se gradite di battervi ora subito,

o se desiderate prender tempo.

AMLETO - Io son fedele alle mie decisioni,

e ligio al beneplacito del re.

Se la sua convenienza dice s,

la mia pronta, adesso o quando sia,

purch sia ben disposto come adesso.

CORTIGIANO - Il re con la regina e tutti gli altri

stanno appunto scendendo.

AMLETO - Alla buonora!

CORTIGIANO - La regina desidera, signore,

che rivolgiate, prima dello scontro,

una parola gentile a Laerte.

AMLETO - un buon consiglio. Far di seguirlo.

(Esce il cortigiano)

ORAZIO - Riuscirete perdente, monsignore.

AMLETO - Non lo credo. Da che partito in Francia,

mi sono mantenuto in esercizio.

Vincer di misura Non puoi credere,

Orazio, quanto male io senta qui,

vicino al cuore Ma non ha importanza

ORAZIO - Lha, invece, monsignore.

AMLETO - una sciocchezza,

solo una sorta di presentimento

buono forse a commuovere una donna.

ORAZIO - Se il vostro cuore ha qualche repugnanza,

seguitelo, finch ne siete in tempo.

Io posso prevenire il loro arrivo,

e dir loro che non ve la sentite.

AMLETO - Orazio, no; noi sfidiamo i presagi.

Perfino nel veder cadere un passero

ce n uno: se adesso la mia ora,

vuol dire che non pi da venire;

se non da venire, sar adesso;

se non adesso, dovr pur venire.

Tutt tenersi pronti.

Poich nessuno sa quello che lascia,

che pu importare lasciarlo anzitempo?

Lasciamo andare: vada pur cos.

Entra il RE, la REGINA, LAERTE, cortigiani con fioretti e

guantoni. Alcuni servi recano una tavola e boccali di vino.

RE - (Prendendo per mano Laerte)

Amleto, vieni a stringer questa mano

chio qui ti porgo con la stessa mia.

(Pone la mano di Laerte in quella di Amleto, che la stringe

calorosamente)

AMLETO - Perdonami. Tho offeso, e duramente.

Ma tu, da gentiluomo, fammi grazia.

Tutti quelli che sono qui presenti

sanno, e pur tu dovresti averne udito,

comio sia preda duna trista insania.

Quello che ho fatto, e che pu bruscamente

aver svegliato in te la tua natura,

il tuo onore, il tuo risentimento,

io ti proclamo qui che fu pazzia.

Fu il vero Amleto a far torto a Laerte?

No, mai. Se Amleto non pi se stesso,

e in quello stato fa torto a Laerte,

non Amleto, e Amleto lo rinnega.

Chi ag dunque in quel modo?

Amleto dalla parte delloffeso.

Solo la sua follia il suo nemico.

Perci, Laerte, innanzi a questa udienza,

chio sconfessi ogni offesa intenzionale,

e questo valga tanto a scagionarmi

nel tuo giudizio duomo generoso,

da persuaderti chio scoccai la freccia

oltre la casa, e ferii mio fratello.

LAERTE - Questo tuo dire d soddisfazione

a quella parte della mia natura

che pi dovrebbe spingermi a vendetta;

ma in termini donore non transigo,

e non intendo rappacificarmi

finch da anziani e reputati giudici

nelle questioni di cavalleria

non abbia ricevuto garanzia

che il mio nome ne esca senza macchia.

Fino allora laffetto che tu moffri

laccetto come tale,

e tassicuro non gli far torto.

AMLETO - Ed io accolgo questo con franchezza;

e con franchezza voglio disputare

questa fraterna gara. Qua i fioretti!

LAERTE - Avanti, uno per me.

AMLETO - Al mio confronto brillerai, Laerte.([161])

Appetto alla mia scarsa maestria,

la tua rifulger splendidamente

come stella nel buio della notte.

LAERTE - Mi prendi in giro?

AMLETO - No, per questa mano.

RE - Osrico, giovanotto,

vogliate porgere loro i fioretti.

Nipote Amleto, tu sai la scommessa.

AMLETO - S, mio sovrano, so che vostra grazia

ha messo la sua posta sul pi debole.

RE - Non ho timore. Vi ho veduti entrambi;

anche segli ha compiuto dei progressi,

noi abbiamo il vantaggio di partenza.

LAERTE - (Prendendo il fioretto dalla mani di Osrico, e facendo il gesto

di soppesarlo)

Pesa troppo, mostratemene un altro.

AMLETO - Questo per me va bene. I due fioretti

son di pari lunghezza?

OSRICO - S, signore.

(Amleto e Orazio si preparano allassalto)

RE - Posate sulla tavola i boccali.

Se Amleto al primo od al secondo assalto

toccher, o che si rifaccia al terzo,

sordini che dai merli del castello

parta una salva delle artiglierie.

Il re berr al miglior fiato di Amleto,

e getter nella coppa una perla

la pi ricca di quante nei lor serti

abbiano mai portato incastonate

gli ultimi quattro re di Danimarca.

Le coppe! E dica il tamburo alla tromba,

la tromba al cannoniere, l di fuori,

ed i cannoni al cielo, e, di rimbalzo,

dica il cielo alla terra: Il re fa un brindisi

alla salute di Amleto!. Attaccate!

E voi, giudici, occhio bene aperto!

(Getta una perla in una delle coppe. Tromba)

AMLETO - In guardia, monsignore.

LAERTE - In guardia sto.

(Cominciano a battersi)

AMLETO - E una!

LAERTE - No.

AMLETO - Che cosa dice il giudice?

OSRICO - Toccato, chiaramente.

LAERTE - Bene, avanti.

RE - Fermate. Datemi da bere. Amleto,

quella perla per te. Alla tua salute!

(Gli indica la coppa in cui ha gettato la perla. Tamburi,

spari di artiglierie)

(A Osrico)

Porgetegli la coppa.

AMLETO - (Non prende la coppa)

Un altro assalto.

Tenetela da parte per un po.

(Riprendono a battersi. Amleto mette a segno

un altro colpo)

Ecco: toccato ancora. Che ne dici?

LAERTE - Toccato, s, toccato, lo confesso.

RE - (Alla regina)

Vincer nostro figlio.

REGINA - Ha il fiato corto ed tutto sudato.

Amleto, toh, prendi il mio fazzoletto,

asciugati la fronte La regina,

Amleto, beve alla tua buona sorte.

(Afferra la coppa destinata ad Amleto)

AMLETO - Grazie, madre.

RE - (Trattenendo la regina)

Gertrude, no, non bere!

REGINA - Voglio bere, signore. Perdonate.

(Beve)

RE - La coppa col veleno! Troppo tardi!

AMLETO - (Alla regina)

Per ora non vorrei bere. Pi tardi.

REGINA - Lasciati almeno tergere la faccia.

LAERTE - (Al re, a parte)

Signore, ora lo pungo.

RE - Non ci credo.

LAERTE - (Tra s)

Eppure mi ripugna alla coscienza

AMLETO - Laerte, sotto per il terzo assalto.

Finora hai baloccato. Su, ti prego,

tira a fondo, con la tua miglior foga;

se no, ho paura che mi di la baia.

LAERTE - Ah, cos pensi? Allora fatti sotto.

(Riprendono a battersi)

OSRICO - Niente di fatto, da nessuna parte.

LAERTE - Toh, prendi questa, adesso.

(Laerte ferisce Amleto. I due lasciano cadere le spade e si azzuffano con le mani. Nel riprendere le spade, se le scambiano.

Continuano a battersi. Amleto ferisce Laerte. Come il re lo vede grida)

RE - Separateli! Sono scatenati!

AMLETO - Suvvia, sotto di nuovo!

(La regina cade a terra)

OSRICO - La regina, guardate, la regina!

ORAZIO - Perdono molto sangue, tutti e due.

(Ad Amleto)

Come state, signore?

OSRICO - Laerte, mio signore, come state?

LAERTE - Come come pu stare un beccaccino

imprigionato nella sua tagliola

Io sono ucciso, Osrico e giustamente

a cagione del mio maligno inganno.

AMLETO - Che cosha la regina?

RE - Ha perso i sensi alla vista del sangue.

REGINA - (Riavendosi)

No, no quella bevanda la bevanda

Oh, Amleto caro! La coppa, la coppa

Io sono avvelenata

(Muore)

AMLETO - Ah, quale infamia! Chiudete le porte!

Tradimento! Cercate il traditore!

(Anche Laerte cade)

LAERTE - qui, Amleto! Amleto tu sei morto;

non c nessuna medicina al mondo

che ti possa salvare

Non hai vita nemmeno per mezzora.

Ce lhai in mano tu stesso lo strumento

del tradimento, avvelenato in punta;

e contro me s volta

linfame astuzia Eccomi ora a terra

per non pi rialzarmi Anche tua madre

stata avvelenata Io pi non reggo

Il re ne ha colpa, il re!

AMLETO - La punta avvelenata! E allora avanti,

veleno, allopra tua!

(Si scaglia contro il re e lo ferisce a morte)

TUTTI - Oh, tradimento!

Oh, infamia!

RE - Aiuto, amici, soccorretemi!

Sono solo ferito!

AMLETO - (Amleto prende la coppa dove ha bevuto la madre e la

porge al re)

Toh, assassino,

incestuoso, dannato re danese!

Bevila fino in fondo, questa coppa.

C dentro la tua perla?([162])

Segui mia madre.

(Il re beve, e muore allistante)

LAERTE - Ha quello che si merita.

lui che ha preparato la pozione.

Nobile Amleto, scambia il tuo perdono

con il mio: che la morte di mio padre

n quelle mia ricadan su di te,

n su di me la tua.

AMLETO - Di quella mia te ne assolvano i cieli.

Io ti seguo. Io muoio, Orazio Addio,

sventurata regina!

O voi tutti che, pallidi e tremanti

assistete - comparse e spettatori -

a questa azione, se ne avessi il tempo

(ma la Morte, questo crudele sbirro,

ligia al suo dovere), oh, vi direi

Ma vada come vada Orazio, muoio.

Tu vivi; e riferisci onestamente

della mia causa tutto quanto il giusto,

a chi vorr saperlo.

ORAZIO - Non pensatelo.

Io sono, pi che un Danese, un Romano,([163])

e qui ci resta ancora del liquore.

AMLETO - No, dammi quella coppa!

Se sei uomo, dammela, perdio!

Mio buon Orazio, qual nome macchiato

vivr di me, se questi avvenimenti

avessero a rimanere ignoti!

Se mhai tenuto nel tuo cuore, Orazio,

tieniti ancor lontano, per un poco,

dalla gioia suprema del trapasso,

e seguita su questo duro mondo

a respirare ancora il tuo dolore

per raccontare ad altri la mia storia.

(Marcia militare e spari allinterno)

Che cos questo strepito di guerra?

OSRICO - il giovin Fortebraccio di Norvegia.

Torna dalla Polonia vincitore,

e lancia queste salve a salutare

gli ambasciatori del re dInghilterra.

AMLETO - Io muoio, Orazio Sento che il veleno

simpadronisce di tutto il mio spirito.

Ormai pi non mi resta tanta vita

da sentir le notizie dInghilterra;

ma profetizzo che su Fortebraccio

cadr la scelta; a lui, in suo favore

va il mio voto morente. Digli questo,

insieme al pi e il meno degli eventi

qui succedutisi Il resto silenzio.

(Muore)

ORAZIO - Spezzato un nobil cuore! Dolce principe,

benevola ti sia leterna notte,

e possa un volo dangeli cantando

accompagnarti allultimo riposo!

(Tamburi da dentro)

Che viene a fare qui questo tamburo?

Entrano FORTEBRACCIO e gli AMBASCIATORI INGLESI,

con seguito di tamburi e vessilli

FORTEBRACCIO - Quella vista dov?

ORAZIO - Che cosa vaspettate di vedere?

Se una scena terribile e pietosa,

non cercate oltre, qui.

FORTEBRACCIO - Ma questa strage grida di carnaio!

Ah, orgogliosa Morte,

qual mai banchetto si sta preparando

nelleterna tua grotta,

perch dovessi falciare dun colpo

in un mare di sangue tanti principi?

UN AMBASCIATORE - Oh, spettacolo orrendo!

Troppo tardi le nostre ambascerie

giungon dallInghilterra:

sono sorde per sempre

le orecchie che dovevano ascoltarle:

come fu data esecuzione allordine,

e come Rosencrantz e Guildenstern

hanno trovato morte in Inghilterra.

Ora da chi saremo ringraziati?

ORAZIO - (Indicando il corpo del re)

Dalla sua bocca, no, sicuramente,

quandanche fosse vivo e lo potesse.

Non fu lui a ordinar la loro morte.

Ma dal momento che cos balzati

siete su questa sanguinosa storia,

voi dalla guerra di Polonia, e voi

dallInghilterra, vogliate disporre

che queste spoglie umane siano esposte

su un tumulo alla vista della gente.

E lasciate chio dica al mondo ignaro

come sono accaduti questi eventi.

Potrete cos udire

di carnali rapporti, e sanguinose

e innaturali azioni, e dassassinii

casuali, e decisioni occasionali([164])

di morti provocate o da perfidia

o da forza maggiore, e, in questo epilogo,

di tranelli falliti e ricaduti

sulla testa di chi li aveva orditi.

Su tutto posso dir la verit.

FORTEBRACCIO - E noi ci accingeremo ad ascoltarla,

qui, tutti insieme, coi nostri maggiori.

In quanto a me, abbraccio la mia sorte,

col dolore nel cuore;

ho dei diritti, mai dimenticati,

su questo trono, che lora presente

mi esorta a far valere.

ORAZIO - Anche di questo vi dovr parlare,

ed a nome di chi, con il suo voto,

molti altri ne trarr alla vostra parte.

Ma si proceda subito al da farsi,

mentre gli animi sono ancora scossi,

cos che altri intrighi ed altri errori

non abbiano a recarci altre sventure.

FORTEBRACCIO - Quattro miei capitani

mettano il corpo dAmleto su un palco,

cos come saddice ad un soldato:

perch se fosse stato lui sul trono,

si sarebbe mostrato un buon sovrano.

Diamo il nostro saluto al suo trapasso

con musiche e con riti militari.

Gli altri corpi toglieteli alla vista:

una vista da campo di battaglia

e saddice assai male a questo luogo.

E sordini alla truppa di sparare.

FINE


([1]) Orazio nobile e sa il latino, come tutti i giovani di buona famiglia dellet elisabettiana; e il latino era anche considerato il linguaggio della magia, degli esorcismi e degli scongiuri. I maghi e i fattucchieri, allora molto in voga, si esprimevano in latino.

([2]) Secondo luso del tempo, il sovrano di un paese veniva chiamato col nome del paese. Cos, pi sotto, Polonia il re di Polonia.

([3]) stars with trains of fire: si tratta, evidentemente, delle comete. Shakespeare ripete qui tutti i fenomeni gi da lui decritti nel Giulio Cesare alla vigilia della morte di questi, come presagio della sua uccisione e dei torbidi che ne seguirono. Quanto alla verit storica delle comete, accertato tuttavia che nessuna ne apparve a quel tempo. Una ne fu vista - secondo Plutarco - dopo la morte di Cesare.

([4]) and dews of blood, letteralm.: e rugiade di sangue. Si credeva che il passaggio di una cometa sulla terra mutasse in sangue lacqua delle gocce di rugiada.

([5]) La luna, il cui influsso determina le maree.

([6]) and the moist star was sick almost to doomsday with eclipse: Doomsday il Giudizio universale della credenza cristiana.

([7]) that may to thee do ease and grace to me: grace qui nel senso di sanctitude,salvation, benemerenza acquisita davanti a Dio; Dio stesso The Source of Grace in Tutto bene quel che finisce bene, I, 3, 226. (Se innanzitempo Grazia a s nol chiama, Dante, Inf., XXXI, 129).

([8]) Era credenza popolare che gli spiriti di coloro che in vita si fossero indebitamente appropriati di beni altrui dovessero non trovar requie finch non avessero restituito il mal preso.

([9]) Era antica credenza popolare - avvalorata anche da scrittori protocristiani - che il canto del gallo allalba avesse il potere di cacciare dalla terra gli spiriti maligni che vi avessero vagato nella notte.

([10]) Per i segnali musicali nel teatro shakespeariano, v. la nota preliminare n. 7 alla mia traduzione del Re Lear.

([11]) Da qui in poi, da intendere che Claudio non si rivolga pi alla regina, ma agli altri nobili presenti.

([12]) Si noti la corrispondenza delle corti di Danimarca e di Norvegia in ci che entrambe hanno perduto un re, al quale succeduto non il figlio, ma il fratello.

([13]) You cannot speak of reason to the Dane / and lose your voice, letteralm.: Non puoi parlare di qualcosa che meriti al re danese, e sprecare la voce.

([14]) Amleto esordisce con uno dei pi sofisticati e fulminanti quibbles shakespeariani. Rispondendo al patrigno che gli chiede: Com che su di te son sempre sospese tante nuvole? (In termini pi piani: Perch stai sempre cos rannuvolato?), risponde: Not so, my lord; I am too much in the sun: Tuttaltro, mio signore; io sono troppo al sole; dove si gioca sullomofonia tra sun, sole e son, figlio, che allepoca lattore doveva pronunciare entrambi sun (cfr. per identica assonanza, nel Giulio Cesare, tra Rome e room, I, 2, 156: Now is it Rome indeed, and room enough). Ma, bisticcio nel bisticcio, c luso dellespressione to be in the sun che vale sia stare a ciel sereno (senza nuvole), ma anche stare sul lastrico, essere ridotto in miseria (materiale e morale). la prima stoccata di Amleto contro lo zio che gli ha ucciso il padre, del quale ha usurpato il regno e presa in moglie la vedova.

([15]) Amleto veste di nero.

([16]) passing through nature to eternity, letteralm.: passando attraverso la natura alleternit.

([17]) Citt tedesca sullElba, sede della famosa universit e della cattedrale alla cui parete Lutero affisse le sue tesi contro il papato di Roma. Sulla questione degli studi di Amleto in questa citt, v. pi sotto la nota (143).

([18]) Lassociazione del fragore del tuono a quello della gozzoviglia reale non solo metaforica: in Danimarca i banchetti di corte erano effettivamente contrappuntati da salve di artiglieria in segno di festa.

([19]) Hyperion to a satyr: Iperione, uno dei 12 Titani, figlio di Urano e di Gea, era raffigurato come un bellissimo giovane, simbolo della bellezza maschile, per contrapposto ai satiri, mostri con corpo duomo, gambe di capra e due corna in fronte, che rappresentavano laspetto bestiale e sensuale delluomo.

([20]) like Niobe, all tears: Niobe, figlia di Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe, ebbe tutti i suoi 14 figli, sette maschi e sette femmine, uccisi da Apollo e Diana, la cui madre, Latona, ella aveva offeso. Il dolore la mut in roccia. Era, nella mitologia classica, il simbolo del disperato amore materno.

([21]) Pu sembrare strano e inspiegabile che Amleto non riconosca il suo amico Orazio; forse perch questi ha indosso larmatura. Ma Orazio gli dice pi sotto di aver assistito al funerale del padre e al matrimonio della madre. impossibile che non si siano visti prima. una evidente stonatura del copione.

([22]) but as his temple waxes: limmagine del corpo umano come tempio/santuario nel quale la persona umana celebra le sue funzioni, frequente nella letteratura del XVI sec.

([23]) Youth to itself rebels, tough none else near: senso: la giovent ha tante tentazioni da sola, che non ha bisogno che gliene procuri laltrui compagnia.

([24]) and these few precepts in thy memory / Look thou character: per luso di character nel senso di scrittura, writing, in Shakespeare, cfr. in Misura su misura, I, 1, 28: There is a kind of character in thy life.

([25]) Testo: Or - not to crack the wind of the poor phrase, /Running it thus - youll tende me a fool: letteralm.: Altrimenti - per non mozzare il fiato a questa povera frase che corre cos셔. La povera frase quella con cui Polonio ha esortato prima la figlia ad offrirsi a maggior prezzo: Tender yourself more dearly - le ha detto - dove tender sta per offrire qualcosa che si vuol vendere. Prima lo stesso Polonio aveva usato lo stesso termine tenders, sostantivo, per offerte, nel significato di profferte damore; ma il primo uso verbale del termine gli serve per dire alla figlia che non offra lui, Polonio, agli occhi altrui come un imbecille.

([26]) For they are brokers, not of that dye which their investments show, letteralm.: Perch essi sono intermediari, non del colore mostrato dai loro vestiti (Investments sta qui come sinonimo di attires.)

([27]) Up-spring: si chiamava cos una specie di trescone di origine germanica (huepfang in tedesco), simile al nostro salterello napoletano.

([28]) Testo: The dram of eale doth all the noble substance of a doubt to his own scandal, letteralm.: La dramma di male riduce (doth, forma arcaica di does) tutta la nobile sostanza di un dubbio alla sua propria bassezza. Ma il passo oscuro. La traduzione letterale non pu esserlo di meno; ma lho preferita ad altre, pi o meno arbitrarie, e ugualmente incomprensibili, quando non anche letteralmente scorrette, come il rendere the dram con il dramma (Angeli) o il genitivo of a doubt a causa di un dubbio (Baldini).

([29]) Il castello di Elsinore costruito su una specie di promontorio, a picco sul mare.

([30]) Il mostro mitologico di eccezionale forza, invulnerabile, che a Nemea, nellArgolide, distruggeva uomini e cose. Fu strozzato da Ercole, nella prima delle sue dodici fatiche.

([31]) Il testo ha the foul crimes, i truci delitti; ma il vecchio re Amleto presentato sempre come modello di uomo probo ed onesto; solo che, come guerriero, ha ucciso in guerra. E questi sono i crimini di cui si sente responsabile avanti a Dio.

([32]) But this eternal blazon: blazon termine araldico per blasone nobiliare (coat of arms); ma qui usato da Shakespeare in senso traslato per alludere alla qualit delle pene infernali o purgatoriali. Dante la chiama modo (Il modo della nona bolgia sozzo, Inf., XXVIII, 21), e noi con lui, umilmente.

([33]) Unnatural: lo spettro ripeter questo aggettivo due volte in quattro versi, a sottolineare come, rispetto agli altri assassinii, quello di un fratello su un fratello tra i pi turpi, perch contro natura.

([34]) Il testo ha la metafora gates and alleys, ingressi e viali naturali.

([35]) Lazzaro, il povero lebbroso del Vangelo, di cui si parla nella parabola del Ricco Epulone.

([36]) Illo, oh, oh, my lord!: Illo! il verso usato, quasi un grido fischiato, dal falconiere per richiamare il falcone.

([37]) By Saint Patrick: lappello di Amleto a San Patrizio, qui, non senza motivo: San Patrizio, secondo la tradizione, il santo che ha bandito i serpenti dallIrlanda, e lo spettro del padre di Amleto ha chiamato lo zio Claudio, suo fratello: The serpent that did sting thy fathers life (I, 1, 59). La grande offesa cui egli pensa non sono le sue parole ad Orazio, ma lassassinio del padre.

([38]) as you are friends, scholars, and soldiers: il compagno di studi (scholar) Orazio, il compagno darmi (soldier) Marcello.

([39]) Upon my sword: si giurava sulla spada perch la spada dei guerrieri cristiani aveva lelsa a forma di croce.

([40]) Art thou there, truepenny?: truepenny, buona moneta espressione colloquiale per persona fidata, onesto compare, genuino come moneta di buona lega.

([41]) Latino per: Qui e dovunque?.

([42]) O day and night: la mezza luce del crepuscolo mattutino, quando non pi notte e non ancora giorno (cfr. in Dante, Inf., XXXI, 10: Quivi era men che notte e men che giorno).

([43]) Amleto gioca sul doppio significato dello strange detto prima da Orazio ( but this is wondrous strange), dove il termine sta per strano, inusitato; ma strange vale anche straniero, forestiero, e cos lo intende Amleto, nel rispondergli scherzosamente: Se dici che straniero, dgli il benvenuto.

([44]) Here, as before, never: cio da questo istante in poi, anche se prima non stato mai cos. S tradotto alla lettera, con Diego Angeli (Treves editori, Milano, 1927) per non perdere la bella forza poetica della frase inglese.

([45]) and by drift of question: by drift sta qui nel senso di by conscious direction of speech to the purpose (v. The Oxford Dictionary alla voce).

([46]) According to the addition of man: per addition nel senso di titolo o appellativo aggiunto al nome di una persona, come Il Moro ad Otello, v. Otello, IV, 1, 105: The verser that you give me addition

([47]) I doubt it is no other but the main: the main , nel linguaggio dei gioco ai dadi, il numero pi alto, che il giocatore invoca che esca, prima di buttarli, ma che si sa che sta nei dadi.

([48]) You are a fishmonger: questo fishmonger ha fatto sbizzarrire per secoli i commentatori alla ricerca del perch Amleto dia a Polonio questo epiteto. Lunico significato del termine pescivendolo, e non altro (One who deals with fish, indicano i lessici); e non si capisce perch qui sia addotto da Amleto come esempio di uomo onesto. Unica spiegazione pu essere che la parola fosse usata, nel gergo volgare, nel senso, furbescamente lascivo, di fornicatore, e anche di ruffiano; dove allora la battuta messa in bocca ad Amleto lascerebbe intendere che Shakespeare voglia fin da ora lasciare intendere che Amleto abbia intuito il disegno di Polonio di sguinzagliargli la figlia (Ill loose my daughter to him - ha detto prima) per scoprirlo.

([49]) da intendere che durante tutto questo soliloquio di Polonio, Amleto abbia ripreso a leggere il libro.

([50]) Il lettore noter qui un verso di nove sillabe. Ogni aggiustamento alla metrica usata (endecasillabi e settenari) avrebbe sciupato la forza poetica di quei tre secchi words, words, words.

([51]) or in the middle of her favours?: Amleto, in allusioni lascive, non scherza; la Fortuna femmina, e trovarsi nelle sue parti al disotto della cintola, si capisce dove.

([52]) Queste due battute sono variamente interpretate, per la polivalenza di significati del termine privates. Faith, her privates we, dice Guildenstern; che pu intendersi In verit noi siamo sue reclute (della Fortuna, per contrapposto allessere in cima alla sua berretta), ma privates, sono le parti intime, pudenda del corpo; e cos lintende Amleto, nella sua risposta. In italiano le due battute non hanno senso. Si perci adottato, per rendere almeno in parte il quibble, questo Un po addentro, in fede mia, tolto di peso dalla traduzione del Montale.

([53]) Il senso di questo sillogismo di Amleto, piuttosto bislacco, questo: Voi dite che lambizioso lombra di unombra; allora il mendicante che, per il fatto stesso di esser tale, non ha ambizioni, ha sostanza corporea, laddove sovrani ed eroi celebratissimi, che per esser tali devono essere ambiziosi, sono le ombre dei mendicanti.

Ma Amleto sragiona, come riconosce egli stesso pi sotto.

([54]) Beggar that I am: Amleto fa ironicamente il verso ai due che han detto prima ambizioso uguale ombra; egli non si sente ombra, ma corpo, perci - secondo il suo sillogismo - mendicante.

([55]) what lenten entertainement: la quaresima proverbialmente periodo di astinenza rigorosa e di penitenza.

([56]) Non nel testo.

([57]) Qui Shakespeare pone nella Danimarca di Amleto un fatto tipicamente inglese del suo tempo: quella, cio, che nel periodo elisabettiano, si chiam la guerra dei teatri; vale a dire, come si vedr pi sotto, la nascita a Londra di compagnie teatrali composte di giovinetti, le quali erano giunte a riscuotere tra il pubblico maggior favore e successo delle compagnie di attori professionali, recitando un teatro di sapore satirico con testi scritti anche da buoni drammaturghi - come lo stesso Ben Jonson, amico di Shakespeare - e costringendo cos le compagnie professionali, per fare cassetta, ad andare itinerando in provincia o presso le magioni e i castelli della nobilt fuori di Londra.

Ma sono danesi gli attori, o vengono dallInghilterra? La domanda lecita perch Amleto dice ad un certo punto allattore con la barba: Non verrete a far crescere anche a me la barba in Danimarca! Ma se cos, quando e come li ha conosciuti Amleto, se non stato mai ancora a Londra? Distrazioni del copione

([58]) are afraid of goose quills: cio dei loro copioni, che erano scritti a mano con le penne doca. La guerra dei teatri, vissuta da Shakespeare in prima persona come attore-drammaturgo di una compagnia stabile, ebbe luogo in Inghilterra fra il 1596 e il 1604, gli anni in cui la compagnia di cui il poeta era socio e azionista, recitava al Globe, mentre i fanciulli si esibivano al teatro dei Frati Neri (Blackfriars). Questi attori giovanissimi erano reclutati in gran parte fra i cantori della cappella reale (Children of the Chapel).

([59]) Intendi: c stato un momento in cui gli impresari teatrali non sono stati pi disposti a finanziare la messa in scena di un lavoro, se la trama non fosse stata in qualche modo connessa con la polemica in atto sulla guerra dei teatri; giacch gli autori, scrivendo per le compagnie dei fanciulli, dovevano attaccare le compagnie degli attori professionali, e viceversa. E il pubblico andava matto per queste polemiche.

([60]) Hercules and his load too: Rosencrantz, nel rispondere ad Amleto che ha domandato: Do the boys carry it away?, dove appunto lespressione to carry away sta nel senso di averla vinta (il francese lemporter), prende la stessa espressione nellaltro senso di portare, trascinar via di peso, e lo dice di Ercole, che porta sulle spalle il globo del mondo. sottinteso un riferimento al Globe, che era il teatro di cui Shakespeare era attore e socio, e che aveva come simbolo un globo.

([61]) each ear a hear, letteralm.: ad ogni orecchio un ascoltatore.

([62]) impossibile - a giudizio di questo traduttore - che un solo spettatore del Globe potesse cogliere a volo, e che lo possa tuttoggi lo spettatore moderno, dalla voce dellattore che impersona Amleto, lironico significato di questa fulminea allusione di Roscio. La referenza a Quinto Roscio, il celebre attore romano, amico e maestro di Cicerone, che scrisse una celebre orazione in sua difesa. Amleto sa dallo stesso Polonio - ma lo spettatore non lo sapr che alla seconda scena del III atto - che questi in giovent, quandera alluniversit, ha recitato un Giulio Cesare, in cui ha fatto la parte del protagonista, Cesare, che ucciso da Bruto. Amleto, nel dire qui, rifacendo il verso a Polonio, When Roscious was an actor in Rome, come se intendesse dirgli: Come sai recitare bene.

([63]) Polonio ha detto Upon my honour, Sul mio onore; Amleto finge di capire A cavallo del mio onore, e d dellasino a Polonio.

([64]) Allusione biblica, Libro dei Giudici, XI, 30-40: Gefte, giudice dIsraele, aveva fatto voto a Dio che, se avesse ottenuto la vittoria sui figli di Ammone, gli avrebbe immolato in sacrificio la prima creatura che avesse incontrato al suo ritorno dalla battaglia. Fu proprio sua figlia a venirgli incontro alla testa di un corteo di fanciulle, ed egli la sacrific. Altro riferimento a questo episodio biblico nellEnrico VI. Parte terza, V, 1, 91.

([65]) Per capire che cos che seguita in questo scambio di battute tra Amleto e Polonio, bisogna sapere - come verosimilmente doveva sapere il pubblico londinese dellepoca - che Amleto ha citato due versi di una ballata popolare, la cui intera strofa questa: Ho letto che molti anni fa, / quando Gefte, giudice dIsraele, / aveva una bella figlia, / chegli oltremodo amava / e come per sorte, Iddio lo sa, / accadde comera assai facile: che grandi guerre dovessero venire, / e chi dovr essere il capo / se non lui. Un altro argomento sulla irrappresentabilit di Shakespeare al pubblico moderno.

([66]) What, my young lady and mistress!: non si tratta, naturalmente, di una donna, ma di un attor giovane, giacch, com noto, le parti femminili erano sostenute da adolescenti o da giovani che sapevano recitare in falsetto imitando la voce femminile, alle donne essendo proibito calcare le scene.

([67]) by the altitude of a chopin: cio per tutta laltezza di un cioppino, il cioppino (chopine) il termine con il quale i Veneziani indicavano gli zoccoli di legno dal tacco altissimo portati dalle loro donne per apparire pi alte e slanciate.

([68]) La falconeria francese non aveva buona fama in Inghilterra; gli Inglesi dicevano che i falconieri francesi non sapevano selezionare la selvaggina e non risparmiavano nessun volatile che venisse loro a tiro. In Inghilterra tal genere di caccia era pi rigoroso e raffinato. Ma Amleto ha gi in mente la sua caccia, e si propone di non risparmiare nessuno, proprio come i falconieri francesi.

([69]) Cio come la tigre: la tigre la belva ircana per antonomasia, perch di tigri feroci si diceva fosse popolata lIrcania, regione dellantica Persia, a sud del Mar Caspio.

([70]) Pirro, o Neottolemo, il figlio di Achille e Deidamia. Prese parte ancor giovanissimo alla guerra di Troia. Penetrato a Troia cogli altri Greci nascosti nel ventre del cavallo di legno, uccise Polite, presenti i genitori, e poi lo stesso Priamo, che volle affrontarlo.

([71]) I Ciclopi lavoravano nelle officine di Efesto (il dio Vulcano dei Romani) donde uscivano lavori meravigliosi: automi doro semoventi e parlanti, il carro del Sole, sontuose dimore degli di, armature sfarzose di eroi semidei (Ercole, Achille, Enea, ecc.).

([72]) Ecuba, la moglie di Priamo, dovette assistere alla morte del marito per mano di Pirro, ed a quella di tutti i suoi 19 figli.

([73]) like John-a-dreams: John, come Jack, Johnny, son lequivalente del nome di persona da poter affibbiare a tutti, come il Zanni della Commedia dellarte.

([74]) Amleto ha la barba: un particolare che molti registi nostrani sembrano dimenticare, come la calvizie di Re Lear. Tirare la barba ad uno era il pi grande sfregio che gli potesse fare.

([75]) by no drift of conference get from him: espressione analoga a by drift of question, di cui alla nota 45, sopra.

([76]) To be, or not to be that is the question: la frase pi celebre di tutto il dramma. Molti curatori intendono question per problema; il termine problem nel senso di question proposed for solution, proposizione logica o matematica con dati certi la cui conclusione una soluzione e una risposta esiste nellantico inglese. Shakespeare non lo usa mai, tanto meno lavrebbe usato qui, dove non che un problema da risolvere, Amleto enuncia il dubbio eterno delluomo nellesistenza dellaldil come liberazione dai mali dellesistenza mortale: nodo, dunque, nodo della mente e dellanimo, nel senso dantesco ( solvetemi quel nodo / che ha inviluppato mia sentenza, Inf., X, 95-96). Altri traduttori (Lombardo) hanno questione, generico che non dice nulla.

Il verso Gi, ma qui dismaga lintelletto, che traduce il Ay, there is the rub del testo preso dal libretto dellAmleto di Arrigo Boito.

([77]) what monsters you make of them: si capisce che il soggetto voi donne.

([78]) Cio il re suo zio, che ha sposato sua madre, e chegli vuole morto.

([79]) His afflictions do not that way tend, letteralm.: I suoi sentimenti non volgono da quella parte. reso a senso.

([80]) for oerdoing Termagant: Termagante il nome di una divinit saracena, spesso citato nelle sacre rappresentazioni come il nemico numero uno dei cristiani.

([81]) Anche questo nome tratto dalle sacre rappresentazioni e mistery plays: Erode il simbolo del tiranno malefico e sanguinario.

([82]) our cousin Hamlet: Shakespeare usa cousin come termine generale per ogni sorta di parentela o affinit cugino, nipote, cognato, zio, ecc. Qui non pu essere che nipote: cugino, come traducono molti, un nonenso.

([83]) Era antica credenza che il camaleonte si nutrisse daria. il simbolo della persona mutevole danimo e di mente, quasi un epiteto che Amleto si affibbia da s.

([84]) Si tratta, per riferire la congettura di alcuni curatori, del dramma in latino sulla morte di Giulio Cesare, di cui si sa che venne rappresentato a Oxford nel 1582, ma non se ne conosce lautore. Anche nelle universit - tanta era la moda del teatro nellInghilterra elisabettiana - si davano rappresentazioni, per lo pi di carattere satirico o allegorico, e per lo pi in latino, ad opera degli stessi studenti. Anche lAmleto di Shakespeare fu rappresentato, vivente lautore, nelle universit di Oxford e Cambridge, ma da compagnie di attori professionisti.

Secondo il Melchiori (G. Melchiori, Shakespeare, Laterza, 1994, pag. 335) questo riferimento di Polonio a Giulio Cesare sarebbe una conferma della datazione allanno 1599 del dramma omonimo di Shakespeare; lo stesso anno in cui fu completato lAmleto, o poco prima. Questa battuta di Polonio - nota il Melchiori - acquista sapore per il pubblico contemporaneo soltanto se effettivamente lo stesso attore caratterista che impersonava Polonius era apparso poco prima nel ruolo di Cesare.

([85]) shall I lie in your lap?: durante le rappresentazioni in ambiente privato i giovani signori usavano restare accovacciati per terra, ai piedi delle dame sedute, in modo da poggiare la testa sul loro grembo. Ma la frase to lie in ones lap ha anche un significato sessuale.

([86]) O God, your only jig-maker: era detto jig-maker lattor comico che, durante gli intervalli della rappresentazione, attendeva ad intrattenere il pubblico con allegre battute. Amleto sa che il dramma che si sta per rappresentare tetro e sanguigno, e ad Ofelia che gli dice di vederlo allegro risponde: Lo sono a bella posta per te, per intrattenerti un po in allegria durante gli intervalli.

([87]) for Ill have a suit of sables: la pelliccia di zibellino, di color marrone, era labito elegante dei nobili. Il commercio di tali pellicce, provenienti dalla Russia, era fiorente allepoca. I poveri vestivano di lana.

([88]) with the hobby-horse: hobby-horse era chiamata limmagine del cavallo che figurava dipinta sulla larga fascia di cui savvolgevano il petto i danzatori della moresca (morris-dance), una vivacissima danza popolare in costume risalente allepoca di Robin Hood, e che ancora si danza in Inghilterra nelle piazze al Calendimaggio. I gesti di questi danzatori furono ritenuti osceni dai puritani, e la danza del cavalluccio dipinto fu abolita s che nessuno, trascorso poco tempo, dellhobby-horse si ricord pi.

Stupisce che tutti i curatori consultati, compreso il Praz, traducano cavallino di legno, del quale non si sa chi non si dovrebbe ricordare pi.

([89]) Thats wormwood, wormwood!: lassenzio (wormwood o absinthe), il liquore fatto con lumore estratto dalla omonima pianta, amarissimo. Con questa esclamazione Amleto sembra dire a se stesso e al pubblico: Ora viene lamaro!; per la madre, naturalmente, perch si parla di secondo matrimonio.

([90]) Perch a Vienna, non si capisce. La trama italiana, scritta in italiano nelloriginale - come lo stesso Amleto dir dopo -, e la scena non pu essere che lItalia, Mantova, verosimilmente, dato che si parla di un Gonzaga. In realt un assassinio con il veleno versato nellorecchio ebbe luogo ad Urbino nel 1539 ai danni di quel duca, che aveva sposato una Gonzaga di Mantova; autore dellassassinio fu il fratello di costei, Luigi Gonzaga.

([91]) Il testo ha nephew to the King, nipote del re; ma si deve trattare di una svista del copione, perch nel dramma che si rappresenta non c nessun re: c il duca Gonzago.

([92]) You are as good as a chorus, my lord: Ofelia allude, chiaramente, al coro della tragedia greca - ripreso anche da Shakespeare nellEnrico V- la cui funzione era quella di spiegare al pubblico allinizio, negli intervalli e alla fine, lo svolgimento della vicenda nelle parti in cui non veniva rappresentata sulla scena.

([93]) I could interpret between you and your love, if I could see the puppets dallying: per intendere bene questa battuta di Amleto, che d della marionetta ad Ofelia, giover riferirsi a quellinterpret, il cui sostantivo interpreter significa interprete ma anche burattinaio.

([94]) So you mis-take your husbands: il senso studiosamente allusivo di queste due battute - che pochi curatori hanno inteso - sta in ci: che Amleto nel riprendere idealmente le parole prima pronunciate da Ofelia: Still better and worse, le associa alla formula che si scambiano gli sposi nel matrimonio anglicano: I take you for better and for worse, Io ti prendo (in moglie/in marito) per il meglio e per il peggio, e risponde ad Ofelia che proprio con quella formula le donne non prendono affatto (take), ma mis-prendono (mis-take, il trattino dopo il prefisso peggiorativo mis dobbligo) i loro mariti, cio li ingannano.

([95]) Questo, cio il pezzo recitato dallattore Luciano, e scritto da lui, Amleto.

([96]) Half a share, A mezza azione. Al tempo di Shakespeare gli attori non ricevevano un salario stabilito, quindi incorretto tradurre qui, come han fatto molti: A mezza paga. Gli attori, come entravano a far parte della societ filodrammatica, ricevevano un numero di quote (noi diremmo azioni) di partecipazione commisurato al valore di ciascuno.

([97]) Si tratta, probabilmente, di una ballata popolare, in cui si narra del filosofo greco Damone che, insieme al collega Pizia, visse alla corte di Dionisio il Giovane, tiranno di Siracusa e fu da questi messo a morte.

([98]) Orazio scherza sulle facolt poetiche di Amleto. Il testo della ballata che questo ha recitato si compone di due distici a rime alternate, terminanti luna in dear/hear, laltra in was/ pajock: forse Orazio si aspettava un ass, asino, che facesse rima con was: un asino e non un pavone (alludendo al re Claudio). Ma come farlo intendere ad un lettore italiano, se non in una nota?

([99]) I am tame, sir: Pronounce: Amleto usa ironicamente tame, addomesticato, che si usa per gli animali selvatici, perch Guildenstern ha usato prima il termine selvaggiamente.

([100]) by these pickers and stealers: una formula di giuramento, in cui mani sottinteso; pickers and stealers sono gli attributi delle mani secondo il canone della chiesa anglicana che ammonisce i fedeli ad astenersi dallarraffare e dal rubare la roba altrui: from peaking and stealing, appunto; e queste sono azioni che possono commettere solo le mani.

([101]) Il testo ha Ay, sir, but While the grass grows, S, amico, ma Mentre lerba cresce, che la seconda parte delladagio popolare: Campa cavallo che lerba cresce.

([102]) why do you go about to recover the wind of me, as if you would drive me into a toil?: tutta la frase presa dal gergo venatorio. To recover the wind lazione del cacciatore che, nella caccia al cervo, si apposta sopravvento affinch lanimale, sentendo il suo odore, corra spaventato nella direzione opposta e incappi nella rete (toil).

([103]) Do you see yonder cloud?: dove sia questo laggi (yonder) lasciato alla fantasia del regista; per chi legge, poich la scena si svolge verosimilmente al chiuso del castello, ci piace di suggerirgli che immagini Amleto fare il gesto di indicare il cielo fuori di una finestra.

([104]) Cio: non sia mai chio mi faccia matricida. Nerone, come si sa, uccise sua madre, Agrippina.

([105]) Suggellare una parola far seguire lazione conseguente; qui, il suggello della parola di rampogna

di Amleto sarebbe il matricidio. Ma egli ha scacciato da s lanima di Nerone.

([106]) Va in cielo - e non allinferno - perch pregando sta purgando lanima dal delitto.

([107]) This physic but prolongs thy sickly days: letteralm.: Questa medicina solo prolungher i giorni della tua malattia. Si capisce che queste parole sono rivolte allo zio.

([108]) Cio per il re, come aveva creduto quando ha chiesto alla madre se era il re la cosa che aveva infilzata.

([109]) in the index: metafora del libro: latto indicato solo allindice, cio nella tavola degli argomenti contenuti nel volume, ma non ancora descritto.

([110]) V. sopra la nota (19).

([111]) Sense, sure, you have: una delle frasi di Amleto pi diversamente intese, di quelle che, per la loro apparente ambiguit, ispirano i sensazionalisti a far dire a Shakespeare quello che non ha detto. Addirittura c stato chi visto in essa un ammiccamento incestuoso di Amleto, che direbbe alla madre Tu, certo, hai i sensi ben desti, altrimenti non potresti avere certi slanci; senza spiegare, peraltro, perch subito dopo egli le dica che ce li ha paralizzati. To have sense significa semplicemente aver discernimento, aver giudizio (to be wise enough to do something, Oxford Dictionary, alla voce).

([112]) What devil wast that thus hath cozend you at hoodmanblind?: si chiama hood man-blind (o anche blinds-man-bluff) il gioco nel quale un giocatore, bendato gli occhi, deve cercare di acciuffare e identificare gli altri, dai quali viene continuamente toccato e spinto. Chi gioca qui a questa specie di mosca cieca, e cio bendato, secondo Amleto, non il demonio, ma la madre, nello scegliere di sposare lo zio; il demonio ne ha solo ispirato la scelta.

([113]) Si noti lanaloga invocazione agli angeli di Amleto, ogni volta che gli appare lo spettro: la prima volta ha invocato: Angels and ministers of grace defend us!, O angeli e ministri della grazia, difendeteci voi!.

([114]) Si capisce che la regina non vede lo spettro, che si fa visibile solo ad Amleto.

([115]) Questo suo si riferisce ovviamente al cielo. Linglese ha their, loro.

([116]) A quale favola si alluda qui, non si sa. Della scimmia che vede volar via gli uccelli da un paniere su un tetto, e si vada a mettere nel paniere per fare la stessa esperienza, precipitando gi, non si ha traccia nella narrativa e nella poetica inglese dellepoca.

([117]) Il testo ha un improbabile like an ape an apple, come una scimmia (tiene) una mela; la scimmia, come si sa, non di mele ghiotta, ma di nocciole, e usa tenerne sempre una o pi nascoste nel vano tra la mascella e la guancia, per poterla sgranocchiare a suo talento.

([118]) A knavish speech sleeps in a foolish ear: senso: Sei troppo balordo per afferrare subito un linguaggio canagliesco come il mio. Sleeps ha qui il senso del dormitat del noto proverbio latino Quandoque bonus dormitat Homerus.

([119]) The body is with the king, but the king is not with the body: frase variamente intesa; il senso pi probabile, secondo questo traduttore, di dare a quei due with il valore di where e leggere: Colui che ora re sta gi insieme con il suo cadavere, anche se non ancor morto (ma lo sar presto).

([120]) That, for a fantasy and trick of fame, letteralm.: Che per un capriccio e dono della fama: trick nel senso di dono, privilegio usato da Shakespeare anche pi sotto, V, 1, 88: And we had the trick to see it.

([121]) Il cappello a larga falda e con sopra un guscio di conchiglia (cokle hat) era il tipico copricapo dei pellegrini ed era divenuto simbolo di penitenza, insieme col bordone e i sandali.

([122]) Allusione a una leggenda popolare secondo la quale Ges entr un giorno nella bottega dun fornaio e chiese del pane; il fornaio impast una grande pagnotta e stava per infornarla quando la figlia, rimproverandolo daverla fatta troppo grossa, la ridusse ad un piccolissimo panino; ma la pasta cominci a lievitare gonfiandosi fino a diventare enorme. Al che la giovane cominci a gridare: Gi, gi, gi, che il verso del gufo. Per punirla allora Ges la tramut in quelluccello.

([123]) Il testo ha qui un By cock esclamativo (Per il gallo!) che non s tradotto, e che sta verosimilmente per By God; la mente sconvolta di Ofelia non distingue pi nemmeno cock da God.

([124]) like to a murdring piece: murdering-piece era chiamato un piccolo cannone a tiro rapido installato a bordo delle navi per sparare contro i nemici quando questi, abbordata la nave, ne avessero invaso la plancia.

([125]) My Switzers: anche al tempo di Shakespeare svizzero era sinonimo di soldato mercenario. Gli Svizzeri erano di solito assoldati per il corpo di guardia del principe.

([126]) That, swoopstake, you will draw both friends and foe: swoopstake un gioco di carte simile al nostro asso pigliatutto, in cui il giocatore vincente piglia tutte le poste.

([127]) Limmagine del pellicano che nutre i suoi piccoli col proprio sangue anche in Re Lear, II, 4.

([128]) Ninna oh traduce la cantilena senza senso Hey no, nonny nonny, ey nonny che susava intramezzare al discorso quando non si voleva continuare una frase troppo allusiva. Appare per difficile attribuire ad Ofelia, nello stato mentale in cui si trova, tale intenzione; la sua mente sconvolta non connette pi.

([129]) convert his gyves to graces: cio farebbe di lui, prigioniero in catene, un martire.

([130]) Il motivo del salice, simbolo dellamore casto e sventurato, ricorrente nella poetica elisabettiana, ed in Shakespeare in particolare. Cos in Otello, IV, 2, 51-58; e in Tanto trambusto per nulla, II, 1, 57.

([131]) and long purples: non si tratta esattamente di orchidee - come intendono alcuni - ma di lunghi fiori color viola (Orchis mascula) che crescono spontanei.

([132]) that liberal shepherds give a grosser name: sindicavano col nome di liberal shepherds gli scrittori di poesie pastorali (altro genere assai in voga nellInghilterra elisabettiana), e la cerchia dei loro amici e seguaci. La loro poesia era piena di allusioni lascive: che nome avessero dato costoro al fiore qui indicato dalla regina come facente parte della ghirlanda di Ofelia morente, non si sa; quello di dita di morto datogli dalle fanciulle saccorda con la simbolicit del colore violetto che il colore dei paramenti sacerdotali del lutto sacro e della penitenza. Gross aveva al tempo di Shakespeare il significato, poi perduto, di licenzioso. Stupisce costatare che non c un solo traduttore italiano che abbia inteso in questo senso questi versi, e ha tradotto shepherds per pastori senza domandarsi che senso abbia applicato a pastori, laggettivo liberal.

([133]) Il becchino vuol dire se defendendo: la clausola se defendendo consentiva che i morti suicidi per difendere se stessi da qualunque aggressione o pericolo, potessero essere sepolti nei cimiteri cristiani. Ma lo strafalcione voluto per divertire il pubblico: un espediente che Shakespeare usa spesso per alleggerire la drammaticit di certe situazioni sceniche.

([134]) Altro sproposito del becchino: voleva dire ergo, dunque. Lo ripeter pi sotto.

([135]) Could he dig without arms?: il primo becchino gioca sul doppio significato di arms; prima ha detto che Adamo era nobile perch A was the first that ever bore arms, dove arms sta per insegne araldiche su uno stemma gentilesco, dunque blasone di nobilt; poi ha detto arms per braccia. Per salvare in qualche modo il quibble si tradotto senza larma delle braccia.

([136]) , secondo alcuni, il nome di un oste che aveva la taverna presso il teatro del Globe, a Londra. Ma qui siamo in Danimarca

([137]) E, per converso, Man che molto lavora sincallisce: questo il senso della battuta di Amleto.

([138]) as it were Cains jawbone, that did the first murder: alcuni riferiscono that non gi a Caino, ma a jawbone, ritenendo che qui Shakespeare voglia alludere alla leggenda secondo cui Caino uccise Abele colpendolo con losso della mandibola di un asino.

([139]) Questo passo, tra lintraducibilit del significato tecnico di alcuni termini del linguaggio giuridico (data la diversit del diritto inglese dal nostro), e tra i vari quibbles sui quali gioca ironicamente il poeta - specie sui molteplici sensi della parola fine che ricorre cinque volte in tre righe, e con cinque significati diversi - di quelli che vanificano e scoraggiano qualsiasi sforzo di resa letterale del testo.

([140]) Il testo inglese di queste battute tra Amleto e il becchino tutto basato sul solito gioco dei doppi significati - piuttosto banale, per la verit - del verbo to lie, che vale giacere, star coricato e anche mentire, dire bugie. C da domandarsi se veramente il pubblico colto gustasse simili melensaggini; molte delle quali, per fortuna, non sono di Shakespeare, ma risultano chiaramente interpolate.

([141]) We must speak by card, letteralm.: Bisogna parlargli per iscritto.

([142]) Quibble sulla parola ground. Amleto domanda: On what ground?, che vale Per qual motivo? e anche Su quale terreno, su quale base?; il becchino la intende nel secondo senso.

([143]) I have been sexton here, man ad boy, thirty years: sexton (dal latino sacristanus, corrottosi poi in secristeyn, sexteyn, sexton) era al tempo di Shakespeare laddetto alla parrocchia che svolgeva, accanto alle mansioni di custode di cose e luoghi sacri, anche quelle inerenti alla natura di unit civile e territoriale della parrocchia stessa. Ci spiega la non troppo crassa arguzia del personaggio. Il quale ci fa sapere, tra laltro, che Amleto ha trentanni. Let di Amleto per non pacifica tra i critici. Alla morte del padre, Amleto studente allUniversit di Wittemberg; questo si evince dalle parole del re (I, 2, 12): For your intent / In going back to school in Wittemberg, / It is most retrograde to our desire. Anche la regina sua madre lo prega di non tornare a Wittemberg, ed egli acconsente. Ma trentanni sono sembrati un po troppi per uno studente universitario. Una giustificazione stata trovata, secondo il prof. Bradley (A. C. Bradley, Shakespearian Tragedy, MacMillan, London, 1957 - in un passo del Pierce Penniless(Pierino Squattrinato) di Thomas Nashe, una satira della societ inglese, in cui si legge: Per stare alla moda, alcuni (Danesi) mandano bens i figli a scuola, ma non prima che abbiano quattordici anni, sicch potete vedere un ragazzone con tanto di barba ad imparare lABC, e a sedere in lacrime sotto la sferza del maestro quando ha trentanni. Altra congettura , secondo lo stesso Bradley, che Amleto un filosofo che allunga la sua permanenza allUniversit per amore degli studi.

([144]) get to my ladys chamber: secondo alcuni my lady la regina sua madre; ma pi probabile che Amleto parli delle dame in generale.

([145]) ill the last trumpet: cio fino al giorno del Giudizio Finale, quando, secondo la credenza cristiana, due angeli suoneranno due trombe: luna per i giusti laltra per i dannati, che vengano dinnanzi al Supremo Giudice per lultimo giudizio.

([146]) until my eyelids will no longer wag: letteralm.: finch le mie palpebre non battano pi.

([147]) Allaceto - la bevanda di Ges Cristo nella Crocifissione - si attribuiva il potere di calmare la collera.

([148]) Altro monte della Tessaglia (con il Pelio e lOlimpo).

([149]) Parole di senso oscuro; il pi probabile : Ciascuno ha la sua natura, e deve seguirla: Ercole nel dare le sue prove di forza, il gatto nel miagolare, il cane nellabbaiare. (E, sottinteso, io nellinfilzare tuo padre, credendo di infilzare il re).

([150]) This grave shall have a living monument: living, cio di carne e ossa: Amleto morto.

([151]) It did me a yeoman service: yeomen erano detti gli appartenenti al terzo stato della societ inglese - dopo la nobilt e lalta borghesia - che nelle corti e nelle case dei nobili avevano un rango intermedio tra il cavaliere e il paggio. Nellesercito servivano nella fanteria solitamente come arcieri o palafrenieri. Erano funzionari efficienti ed utili per antonomasia; sicch lespressione yeomans service era divenuta sinonimo di buon servizio.

([152]) and stand a comma tween their amities: cio in segno di unione; la virgola, al contrario del punto, unisce e lega le parti del discorso. Questa funzione indicata, nella ortografia inglese, dal fatto che nella successione di proposizioni legate tra loro dalla congiunzione and si pone avanti a questa una virgola (al contrario dellitaliano che la rifiuta).

([153]) the changeling never known: changeling termine che non ha lequivalente in italiano. Significa persona (specie fanciullo) o cosa surrettiziamente messa al posto di unaltra che viene rubata (cfr. in Sogno duna notte di mezza estate, II, 1, 23: She never had so sweet a changeling, dove per di scambio furtivo di persona non si tratta: la regina ha rubato soltanto un fanciullo a un re indiano.

([154]) the continent: continent qui chiaramente nel senso etimologico di contenitore, recipiente che contiene, non gi, come intendono molti, come continente, parte della superficie della terra. Nello stesso senso v. anche in Antonio e Cleopatra, IV, 14, 40: Heart, once stronger than thy continent.

([155]) the concernency: Amleto vuol dire the concernment, la pertinenza.

([156]) Cio: Se continuate a parlarvi in codesto modo affettato e artificioso, non vi capirete mai.

([157]) Amleto seguita a beffarsi di Osrico e dice nomination per mention: What imports the nomination of this gentleman?: Si pu sapere per quale ragione mi siete venuto a parlare di Laerte?

([158]) I knew you must be edified by the margent ere you had done: Sapevo che avevate bisogno di essere edificato ai margini, prima di finire lopera: il traslato delledificio in costruzione, che necessita di essere edificato dalle parti esterne prima di dirsi finito; labbiamo volto nel traslato dello scritto che, per dirsi compiuto, ha bisogno di notazioni a margine. Lidea suggerita da quel margent e dal fatto che Orazio ha detto prima che Osrico aveva esaurito il suo vocabolario.

([159]) Osrico, per indicare i pendagli delle cinture, ha usato il termine barriages, che significa affusti, ma di cannone.

([160]) un frizzo sul modo buffo di camminare del personaggio: Orazio paragona Osrico alla pavoncella che, appena nata, se ne corre via traballante con la testina ancora coperta del guscio delluovo da cui uscita.

([161]) Ill be your foil, Laertes, letteralm.: Sar la tua patina dorata, Laerte. uno dei soliti bisticci di parole che Shakespeare ama far scoccare allimprovviso, come un corto circuito elettrico, nei momenti pi drammatici. Il gioco di parole questo: Amleto ha detto: Qua i fioretti (Give me the foils); poi riprende la parola foil e la usa nel senso di sfoglia di ptina doro (o dargento) in cui si incastona una gemma per farla meglio brillare; e in questa si raffigura lui stesso.

([162]) Si capisce a questo punto - la tecnica teatrale di Shakespeare, come di ogni buon drammaturgo, quella di porre prima lo spettatore di fronte al fatto e poi spiegare com accaduto - che non di una perla vera si tratti, ma di una sfera di madreperla contenente il veleno che si doveva sciogliere nel vino. Ci spiega la domanda di Amleto per accertarsi se nella coppa ci sia ancora la perla.

([163]) Questa improvvisa uscita di Orazio reca opportuno un accenno alla Roma di Shakespeare. Come ha scritto lo spagnolo Purificacin Ribes nel suo Julius Caesar: la retrica, citato da Giorgio Melchiori nel suo Shakespeare (Laterza, 1949, pag. 391): Le parole Rome e Roman rappresentano le qualit pi apprezzate delluomo: sono associate alla virilit, al coraggio, alla risolutezza e alla devozione totale. Il termine Roman secondo il concetto elisabettiano - prosegue il Melchiori - equivaleva a quella di nobile Laltra idea associata al termine Roman era quella della morte - o piuttosto delletica della morte il riconoscere in unazione, il suicidio, che in termini cristiani comporta invece la dannazione eterna, la pi alta espressione della nobilt dellanimo Forse che lAmleto di Shakespeare avrebbe fatto di una meditazione sul suicidio (il famoso monologo: Essere o non essere, n.d.t.) il tema centrale del suo problema personale, morale e sostanzialmente anche politico, se la questione della morte secondo la grande usanza dei Romani non fosse stata dominante nella coscienza dellautore?

([164]) of accidental judgements: judgements ha qui il senso di formal authoritative decisions, e si riferisce, evidentemente, alle decisioni prese dal re riguardo ad Amleto.

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