Al gemel inesistent

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Al geml inesistnt

Romano Augusto Fiocchi

AL GEML INESISTNT

commedia

Romano Augusto Fiocchi, 1987

www.romanofiocchi.it


Scritto nel 1987, l'atto unico Al geml inesistent ha conseguito un Premio Speciale giungendo finalista al Concorso teatrale per un testo in dialetto pavese promosso dal Centro Turati di Pavia in collaborazione con il giornale La Provincia Pavese.

Tema e personaggi si ispirano alla novella La solita vecchia storia gi pubblicata nella raccolta di racconti Capricci pavesi (1986, Edizioni Bignami).

La commedia stata successivamente inserita in appendice al volume Dipinto a testa in gi, racconti (1994, Mario Modica Editore).


Personaggi

Pino, operaio.

Maria, moglie di Pino.

Dottor Orlandi, medico condotto.

Adalgisa, moglie del medico.

Riccardo, studente, figlio del medico.

Gianna, infermiera del dottor Orlandi.

Pierino, pensionato, ospite dell'ospizio Pertusati.

Infermiera, accompagnatrice di Pierino.

Sosia di Pino

Sosia del medico

Pavia, primo pomeriggio, nello studio del dottor Orlandi.


ATTO UNICO

Il locale in cui si svolge la scena sito nel centro storico, all'ultimo piano di un palazzo signorile. Dal finestrone centrale, di notevole dimensioni, si ha un bello scorcio del Duomo con la Torre civica. La stanza ornata con qualche stampa pavese, uno specchio e un ritratto di Garibaldi. Sempre sulla parete, un cartello in una cornicetta di plastica gialla fluorescente vieta di fumare. I mobili sono tipici di uno studio medico: scrivania, lettino, seggiole, scaffalatura per libri, armadietto per farmaci, eccetera. La poltrona del medico, girevole e dotata di uno schienale altissimo, al centro della scena. Vi sono due porte: quella di destra conduce all'ingresso dell'appartamento; quella di sinistra alle restanti stanze dell'abitazione.

il giorno di riposo del medico. Dalla porta di destra entrer la signora Adalgisa, seguita da Pino. Adalgisa, nonostante l'abito modesto, ostenta l'aria da prima donna e si esprime attraverso un italiano zoppicante, che lascia affiorare la sua abitudine all'uso quotidiano del dialetto. Pino sconvolto, sciupato, afflitto, con il cappello in mano, ma deciso a sostenere un attacco verbale ad oltranza.

Adalgisa. E io ci ripeto che mio marito oggi non riceve.

As-so-lu-ta-men-te!

Pino. La so, siura Adalgisa. Cla ma scsa, ma mi poedi no

rimand. Poedi propi no.

Adalgisa (mentre riassetta la scrivania). Oggi il suo

giorno di riposo e tutti i dottori ci hanno diritto al loro

con enfasi

relax.

Pino. Ma la so, la so, siura Adalgisa. La g'ha ragin. Ma mi

poedi no fan a meno. Devi parl cul dutr. Son gn ch apsta!

Adalgisa. Ci ripeto che non si pu. Mio marito deve

riposare. E poi - cosa pretende? - a quest'ora del pomeriggio, cos presto, mio marito sta schiacciando un sonnellino. Sa, a mezzogiorno ci do da mangiare, e ce ne do tanto, per tirarlo un po' su. Perch io ci tengo, a mio marito! E lui, poverino, fa certi orari, con il suo lavoro! Per questo voglio che riposi, voglio lasciarlo tranquillo, voglio che nessuno lo disturbi. Io ci tengo, alla sua salute!

Pino. Ma anca mi ag tegni a la me salt. Ma sa disi ca dvi

parl cul dutr Urlnd, propi in coe, l' parch l' una rba grossa.

Adalgisa (incuriosita). Grossa?

Pino. Trpa grossa.

Adalgisa. Trpa grossa?

Pino. Trpa grossa.

Adalgisa. Ma di che malattia si tratta?

Pino. Mah!

Adalgisa. Come, mah? Non si tratta di una malattia?

Pino. S e no.

Adalgisa. Come, s e no? Allora cosa ci viene a fare dal

dottore?

Pino. Som gn ch parch l' una rba grossa.

Adalgisa (in cerca di una conferma). Ma non una malattia.

Pino. La poeda anca vss una malattia.

Adalgisa (c.s.). Come pu non essere.

Pino (riconfermando). La poeda anca vss no.

Adalgisa (dopo aver meditato). Facciamo cos: tagliamoci la

testa al toro: dica a me di che cosa si tratta e io lo dir a mio marito.

Pino (con la mano sul petto). Poedi no, siura Adalgisa.

Cla'm crda. Poedi no. L' una rba trpa grossa. La so mi, e la dva sav dum al dutr.

Adalgisa. E va bene, ce lo chiamo! Dir che lei ha

insistito, che una cosa importante, grave, ma se lui non vuole venire...

Pino. L'gnar, l'gnar.

Adalgisa. Vo.

Prima di uscire, verso la porta di sinistra:

Ma proprio non vuole dirmi... nemmeno...

Pino (sconsolato). Poedi no. L' trpa riserv, trpa

grossa. L' no par mancnsa ad fidcia, cla'm crda, siura Adalgisa. L' una rba c'ass deva sav no in gir. G'ho bisgn propi dal s m parch dum l poeda jutm.

Adalgisa esce seccata a sinistra.

Pino (guardando fuori dalla finestra, le braccia dietro la schiena). Ml' bla, Pavia! Guarda: vista da ch la par quasi una cartulina. Cun cla tur l, in s vgia, in s grossa, i tc di c, e tti i pivin e i passarn chi vlan in sima. Ci-cip e ci-ciop, ci-cip e ci-ciop.

Si volta e sorride.

S, magari i farn una qual schirladna in tsta a la gnt. Per... jn in s putic!

Gironzola per la stanza, osservando le stampe.

Adalgisa (entrando). Allora, mio marito dice che vuole

sapere se proprio una cosa urgente, se no passa lui domani, direttamente a casa sua. Mi lasci pure il suo indirizzo.

Prende un bloc-notes dalla scrivania.

Pino. Siura, la'm mta in imbarss. So no 'me dil: ma la mia

l' una sitassin disper. Sa rissi no a parlg in coe, so no sa rivar dumn. Am so spieg?

Adalgisa (dopo aver esistato). Allora ci devo dare una voce.

Pino annuisce. Adalgisa si affacia sulla porta di sinistra.

Pino (rincorrendola e trattenendola). Per am racumndi

sottovoce, guardandosi attorno con circospezione

cla disa no in gir.

Adalgisa (sottovoce). Stia tranquillo: non lo sapr nessuno.

Non lo so nemmeno io!

Pino (c.s.). No, vurvi d: cla disa no in gir cal siur Pino

l' in una sitassin disper.

Adalgisa (c.s.). Ca staga tranqul.

Mette la testa fuori dall'uscio e grida forte:

Urlnd! al siur Pino al disa cl' disper!

Si volta verso Pino, con confidenza:

Se lo chiamo Orlandi mi risponde prima...

Tende l'orecchio. Da lontano si sente un Vgni!

Adalgisa. Dice che viene. Si sieda, si sieda intanto.

Entra il dottore. Pino, appena seduto, si alza in piedi di scatto.

Dottore (allacciandosi il camice). Mi deve scusare,

signor, signor?

Pino. Pino. Son mi ca'm devi scs cun l, siur dutr, sl'ho

distrb propi in coe. La s dna la m'ha dit cl'er dr ripus, ma in tta sincerit: sarssi no gnd sl'er no in s rgnt.

Dottore (sedendo sulla propria poltrona e facendo cenno di

uscire alla moglie). Cal sa sta, cal sa sta gi. Mi dica. Sono tutto orecchi.

Pino (con imbarazzo). Donca, siur dutr.

Dottore. Ma si sieda, non stia in piedi. Si sieda.

Pino (sedendo, c.s.). Donca, disvi.

Lo sguardo si fissa sulla moglie del dottore, che si fermata accanto alla porta.

Dottore (accorgendosene). Adalgisa, per cortesia.

Adalgisa. Vado, vado, ma mica ero qui per ascoltare. Stavo

solo pensando se mi conveniva prima sistemare la camera, oppure... Per adesso vado, vado davvero. Potrei per cominciare a spolverare lo studio. Una passata veloce, qui sui quadri, i libri... Tanto io non vi ascolto. Poi il resto lo far la Gianna, domani mattina.

Dottore (con sforzo di sopportazione). Adalgisa!

Adalgisa. Eh, quante storie! Lo so, lo so: e il segreto

professionale di qui, e la seriet di l, e il rispetto di qui, e la coscienza di l. Cosa credi? Che vada a spifferare in giro tutto quello che sento, tutte le lagne dei tuoi pazienti? Anche se ne sento qualcuna, la sento per caso e non vado certo a raccontarla in giro. Non mi interessano per niente. Tutte lagne, ecco cosa sono.

Dottore (c.s.). Adalgisa!

Adalgisa, seccata, esce a sinistra.

Dottore (a Pino). Scusi, neh, ma mia moglie un tipo

cos... un po' invadente... Ma lei mi dica, mi dica tutto.

Pino. Donca, siur dutr, l' una storia cumplic. So no da

che part cuminci, parch l' no propi una malattia...

Dottore. Questo sar io a stabilirlo, se mi permette.

Pino. Gist. Per l' una rba strana. Ecco, pudarssi dig

cl' russa ma l' gilda, tnt par rend l'idea.

Dottore. Non capisco.

Pino. S, inssuma. L' in t'una manra ma la poeda vss

anca in un'altra.

Dottore. Mi scusi, ma continuo a non capire.

Pino. Alra, fuma in s.

Si alza e va a levare una stampa dal muro, nascondendola dietro di s.

L, siur dutr, al turna a c una sira e s'nincrgia cal gh' p. Sal disarssa?

Dottore. Direi che me l'hanno rubato, o che magari l'ha

levato di l mia moglie per spolverarlo, oppure stata la Gianna nel fare i mestieri...

Pino. E invece no. La s dna la disa cl' stat l, propi

l, a purtl foera d'in c e l'ha vend al so frutaroe. E adss, sal disarssa?

Dottore. Direi che mia moglie pazza.

Pino (rattristandosi, e riappendendo la stampa). Anca mi

disvi in s, siur dutr, e invece l'er no in s. Par qust disi cl' in t'una manra ma poeda vss anca in un'altra.

Dottore (spazientendosi). Insomma, signor, signor?

Pino. Pino.

Dottore. Signor Pino, mi parli dei sintomi, qualcosa di

concreto. Non ci giri attorno cos, se no non riesco a capirci niente. Stabilir io se in una maniera o nell'altra.

Pino (con difficolt). Disar. Am scda spss da f di rb

e poe da ricurd no s'j ho fat mi o s'j ha fat un quaidn d'ltar.

Dottore. Un'amnesia. Cio, lei compie un'azione e poi la

rimuove, la fa scomparire, la insabbia nella profondit del suo inconscio.

Pino. So no, siur dutr. Al sar me 'l disa l: gh'entrar

anca s sa...

Dottore. Me sa? Ma no me sa: amnesia, amnesia! Mi

spiego. Lei fa una cosa poi si dimentica di averla fatta. Ha quindi un vuoto di memoria. Lei, insomma, vende il quadro di prima e non si ricorda di averlo venduto. questa la sensazione che prova?

Pino. No.

Dottore (meditando). Che caso strano. Continui, continui

pure.

Pino. Donca. Par fala crta, siur dutr, disar cl' una

roba ca strngia al coer. Non parch l' una malattia cla culpssa al coer, ma parch am fa ciap una roba... ch dntar... Inssma, siur dutr, ag disar la verit: mi son p mi. Son un ltar.

Dottore. Via, non dica sciocchezze. Se il problema consiste

in questa... chiamiamola discrepanza d'identit, le posso confermare che una cosa che ci prende un po' tutti. I ritmi della vita moderna, il lavoro frenetico, gli appuntamenti, le spese, l'automobile, lo stipendio, lo stress. Pu essere normale, mi creda, avere delle difficolt a riconoscersi, a riconoscere se stessi. Tuttavia, tuttavia, per dovere professionale, mi preme informarla che esistono anche delle alterazioni della personalit di ordine patologico che possono dare questa sensazione di distacco dal proprio essere, di... Ma lei lei, le assicuro.

Pino. E invece no, siur dutr. Ag far un altr'esempi. L'ha

no dit cal voera di rb cuncrt?

Dottore. S, s, sentiamo. Purch sia davvero un esempio

concreto...

Pino. L' giam pss d'un pari ad mes ca son in cassa

integrassin, ma ho nam vist un frnc, e mi a lavur no vegni mat. L' una rba brta, siur dutr, tanta brta: vss snsa lavr, vd la disoccpassin ca gh' in gir, vd una cit tame Pvia cla deva elemusin un quai post in tla metropoli ad Miln. Ma mi ho vurs no fa 'l pendolare, o pg un mo and a st a Miln. Bah! I dsan: Chi vlta i spall a Miln, vlta i spall al pn. L' vera no: Miln merda ad cn.

Il dottore fa segno a Pino di sintetizzare.

Adss ag rivi. Un d vo l, all'ufssi dal persunl par sent me cl' la facenda, e m'senti d: Pino, ca staga no l a prd dal temp; cal faga pias da turn in funderia. Mi son gn ad tti i culr dla rabbia che me gn adss. Alra ag disi: Cari me siuri, ma se mi son a c - e vi ltar la savv benssim - sa turni in fundera a fa che rba? Siv a dr ciapm pr'al c o son mi ca son dr gn scemo? E lur, ad rimando, am dsan: Foera di ball, che nm g'um no temp da tr via. Giri: son rest tame quel ad la maschrpa. Ho ciap e son andt via. Passi alra dla funderia, ma in s, tant par vd al lavur. E sa vdi?

Dottore (alzandosi in piedi). S'al vda?

Pino (disperato). O Signr, sa vdi, siur dutr!

Dottore. Inssma, sl'ha vist?

Pino (c.s.). Ho vist...

Dottore. L'ha vist...

Pino (d'un fiato). Ho vist mi ca seri dr a lavur.

Il dottore, allibito, si gratta la testa e incomincia a passeggiare per la stanza.

Dottore. Ma lei sicuro di vederci bene?

Pino. Ca staga a sent, mi g'ho no bisgn di ucii: mi vdi

una ggia in un paj.

Dottore (avvicinandosi alla parete). E qui, su questo

cartello, qui

indica la scritta vietato fumare

cosa c' scritto? Riesce a leggere stando l, senza muoversi?

Pino. Made... in... Corea.

Dottore (stupito). Come? Ma dove legge?

Pino. L, in sla curnista gilda.

Dottore. Ma come fa... Ma no! io intendevo il cartello,

questo qui, vietato fumare.

Pino. Ah, s, l lgi ben. Ag vdi ca gh' scrit vietato

fumare. Mi credevi che l, siur dutr, am diseva da lg l suta, in sla curnista, par mtam a la proeva.

Dottore. Riprendiamo il discorso. Ed era lei, proprio lei,

che lavorava in fonderia? S, insomma, era lei quell'individuo che lei ha visto lavorare al suo posto?

Pino. La so, la so, siur dutr, c'al par no vera. Ma mi

pudarssi gir in s'la tsta ad me mama, o in s'la tsta dla me dna. Seri propi mi.

Dottore. S, s, capisco. Non la sto accusando di prendermi

in giro, di volermi infinocchiare...

Pino. Ma sa'l disa, siur dutr? Mi, un clatn? No, siur

dutr, ag mancarssa!

Dottore. Ma no, cos'ha capito? Volermi infinocchiare,

imbrogliare, darmi dall'intendere delle balle. Potrebbe per trattarsi di un effetto ottico, qualche specchio appeso, qualche vetro, uno scherzo della vista, insomma. Anche una vista eccezionale come la sua pu essere soggetta a qualche scherzo di rifrazione.

Pino. Un schrss? No, siur dutr, l'er no un schrss: l'er

vera, l'er vera e l'er ad carne e ss, parch mi l'ho vist, l'ho tuc cun chi man ch.

Dottore. Ah, allora ci sono state altre situazioni analoghe.

Mi racconti, mi dica tutto.

Pino. La smna pass, tnt par fag un altr'esempi, suni al

campann ad c mia. In c gh' la dna, cla fa la casalinga. Son l ca spti e senti di pass da dr a l'ss. Ma di pass pesnt, chi pran d'm. Ma! - pensi - al sar al Luigino, al fradl ad la me dna, cl' gn a truvss. L'avrssi mai dit! Vran la porta e sa vdi...

Dottore. Al vda...

Pino. Vdi... Ma fo dil! Ma fo, siur dutr!

Dottore. Ma inssma, sl'ha vist?

Pino. Poedi no dil, al ma sa frma ch, in gula. Ho vist un

mo... mi ca son gn a vram la porta.

Pausa.

Alura g'ho vist p e g'ho fat: Cal ma scsa, siur, ma mi sto chi, ad c, ma balbetavi, siur dutr, oh sa balbetavi! Seri stram, tremvi tt. E quall - ca seri smpar mi - al ma disa, ad rimando...

Dottore. Ad rimando?

Pino. No, ad rimando la disi mi adss. Quall al ma disa:

con voce chioccia

Crdi no, cara 'l me m. L sta da nessna part, parch cla c ch ml'ha lass me pdar quand l' mort. E alura mi ag vusi a dr: Me pdar! Me pdar! Cla c ch ml'ha lass me pdar! Quall al ma guarda tame guard un mat e al ma sara la porta in fcia.

Dottore (tornando a sedere). Un caso strano, davvero strano.

Innanzi tutto, qui l'amnesia non c'entra, e dubito persino che si possa parlare di allucinazioni. Perch, vede, difficile che una forma di allucinazione - qualora dovesse trattarsi appunto di questa, cio di una percezione di cosa non esistente, ritenuta concreta dal soggetto - difficile che un'allucinazione si comporti in questa maniera, che si metta a parlare con... s, insomma: con il malato, con l'allucinato stesso, e poi in questo modo cos autonomo. Per risalire a qualcosa di pi concreto mi servirebbero altre testimonianze, altri elementi, non so se mi capisce. Mi creda, non posso fare una diagnosi di una presunta malattia appoggiandomi sulle sue rivelazioni, come queste che mi ha fornito.

Pino (sconsolato). Alra, al ma creda nanca l, siur dutr.

E mi ca son gn apsta da l... parch pensvi che, ultra vss un dutr, l l' anca un m ad cultra. Parch mi son un pvar Crist, capssi nint da chi rb ch, e g'ho la sfortna da vss capit in mes. Inssma, spervi...

Dottore. Ma no, signor, signor?

Pino. Pino.

Dottore. Signor Pino, lei non deve prenderla in questo modo.

Mi lasci tempo, mi raccolga altri elementi, magari resoconti di suoi amici, colleghi, di sua moglie...

Pino. O Signr! Anca la me dna la s'lamenta, siur dutr.

L' propi l cla ma mand ch, parch la disa cla poeda p supurtm. La vurva gn anca l, ma mi ho vurs no.

Dottore. Perch? Sarebbe stata una testimonianza preziosa.

Pino. No no no, siur dutr. La me dna l' no una dna. Gla

disi in cunfidnsa:

sottovoce, dopo essersi guardato attorno

l' un cavl, parch l' mata me un cavl.

Dottore (sorridendo). Maggior ragione: avremmo visitato

anche lei. Scherzi a parte, caro signore, penso che sua moglie sia come tutte le altre donne.

Pino. Sst! Cal disa no in s, siur dutr, cal tas. Cla

malaurgia dla me dna la snta tt css, da qualsiasi part, e la sarssa bna da gn ch e tr in p un travj, ma un travj, che l l'poe nanca imaginss.

Suonano alla porta d'ingresso.

Dottore. Adalgisa! Per cortesia, la porta!

A Pino:

Vede, oggi non ho neppure la Gianna, la mia infermiera: anche per lei il suo giorno libero. Un'idea di Adalgisa, naturalmente, perch non vuole che io sia disturbato, da nessuno. Secondo mia moglie, il giorno di riposo io dovrei starmene qui, a pancia all'aria, a godermi il paesaggio da questo finestrone. Come se io potessi stare inattivo tutto il giorno! Io, un medico! Lei ha perfettamente ragione: chi dice donna dice danno.

Sorride. Suonano ancora alla porta.

Adalgisa!

A Pino:

E la me dna, oltrett, l' un danno snsa urg.

Ad Adalgisa:

Adalgisa!

Adalgisa (attraversando la scena, da sinistra a destra).

Vgni, vgni.

Dottore. Mi stava dicendo, signor, signor?

Pino. Pino.

Dottore. Ah, s, che sbadato: signor Pino. Non riesco a

ficcarmelo in testa, e s che ci conosciamo da anni. Ma di cognome fa...

Pino. Tst.

Dottore. Ah, s. Pino Testa.

Rumori fuori scena.

Maria (entrando come un tornado, seguita da Adalgisa che

cerca di trattenerla e l'afferra per il vestito a fiori, di pessimo gusto). Talch. La savvi, mi, ca srat a dr parlm a dr. Anca al dutr, lssat no st! La s passin, siur dutr - cal ma scsa: buongiorno siur dutr - la s passin, siur dutr, disvi, la passin da cal niml ch (parch al me m l' un niml!), l' parlm a dr. La me dna l' in s, la me dna l' in s, la fa quasch, la fa quall. Basta and in gir a cunt di bal a dr a mi. Cl'm ch l' pg d'na sabta.

Pino. Ma se at'z stata propi ti, brta figra, a dim da gn

dal dutr a cntg tt css!

Maria. Mi? Mi t'ho d d'and ind ca vurvat parch pudvi

p supurtt. E poe t'ho d da gn a cntg i to ball, no da parlm a dr. Ca sa duvarssi parl mi... Madna dal Signr!

Si chiude la bocca con la mano.

Dottore. Mi scusi se la interrompo, signora, signora?

Pino e Maria. Maria.

Dottore. Signora Maria, ecco. Suo marito ha ragione. Mi

sembrava di aver capito che era stata proprio lei a consigliargli di farsi visitare.

Maria. Fass visit, ma no gn ch a parlm a dr!

Pino. L'ha vist, siur dutr, m'ass fa a vult al fioe in dla

cna? Mi poedi nanca p parl, tir foera i me mal e i me guai, che salta foera chil.

Maria. I s guai, siur dutr! I s mal! La sa qual' 'l s

guai? Al g'ha voeja no ad lavur! Quasch l' 'l so guai! E ag disi no i ltar, dum parch g'ho varggna.

Pino (giungendo le mani, come in preghiera). Ma si m'han

miss in cassa integrassin, sa poedi fa?

Maria. Ma quale cassa integrassin? Quale cassa

integrassin? T'han miss pr'una smana, par err, e poe t'han mand a ciam.

Pino. L' vera no, siur dutr, cag creda no.

Maria. Sar mia scema! Pudar vg questi ch

si piazza le corna sulla fronte

ma scema son nam.

Pino. Alra sar mi, al scemo.

Adalgisa (intervenendo). S, io ho visto subito che ce ne

aveva la faccia.

Maria. T' vist? S'nincrgian tti.

Pino (rammaricato). Mi g'ho no la faccia dal scemo.

Si osserva nello specchio.

Dottore (gridando). Signori! Signori! Vi prego. Procediamo

con ordine. Adalgisa, fuori.

Adalgisa. Ma qui non si tratta di medicina.

Dottore. E chi te l'ha detto? Per cortesia, Adalgisa,

lasciaci soli.

Adalgisa. Oh, insomma, io voglio sapere come finisce. Me ne

vado tra il pubblico.

Dottore. E vattene tra il pubblico.

Adalgisa scende dal palco borbottando e si siede per terra, tra le gambe di uno spettatore della prima fila.

Dottore (alla platea). V'la lassi par poc temp. Am

racumndi: trla no in str parch la 'm srva un mo.

Verso Pino:

Facciamo cos, signor, signor?

Pino e Maria. Pino.

Dottore. Signor Pino. Ricapitoliamo. Lei, signor Pino,

sostiene di aver cessato di lavorare, cio di essersi trovato in cassa integrazione a zero ore. In quale periodo?

Pino. Da genr in poi.

Dottore. Cio, lo anche attualmente.

Pino. Prtrp.

Maria. L' vera no.

Dottore. Lei, signora, sostiene invece il contrario. Mi

sembra di aver capito che lei dice che suo marito rimasto in cassa integrazione per una sola settimana. I primi di gennaio, quindi. Questo successo a seguito di un errore, che stato subito rimediato.

Maria. L' propi in s.

Dottore (al pubblico, con autoderisione). Am par da vss

Sherlock Holmes.

A Pino e a Maria:

E chiaro che uno di voi due mente.

Pino. L.

Maria. L.

Pino. No, l' l.

Maria. No, l' l.

Dottore. Calma, signori, calma. Lei

si rivolge a Pino

Come pu provare di essere attualmente a casa?

Pino. I m'han mai mand a ciam, i m'han mai dat un frnc.

Par dedssione logica, integrassin o no, mi son a c.

Dottore. Lei, invece, signora, come pu provare che suo

marito ha ripreso il lavoro?

Maria. Ag la ripti. Sri mi presenta quand l'ha vrt la

ltera dla ditta, e poe al g'ha anca telefun al diretr par scsss dal malinteso.

Dottore. E suo marito ha risposto?

Maria. L'ha rispost s.

Pino. L' vera no, m'ha mai telefun nissn.

Maria. E poe...

Dottore. E poi?

Maria. E poe sum andt un d a truvl in sal laur, e l'er

l cal laurva.

Pino. Qund?

Maria. La setimna pass.

Pino si accascia sulla sedia, scuotendo la testa.

L' propi in s, siur dutr.

Pino. Al vda? Mi capssi p nint, siur dutr. Capiss p

nint. Ho mai vrt nessna ltera, m'ha mai telefun nissn e mi poedi gir in sla tsta dla me dna...

Maria. U! Proeva un po' gir in sla tua!

Pino. Poedi gir che da genr in coe ho mai miss un p in

fundera. So no, m'la fa la me dna a d ca sri a dr laur. E poe, ma fo, siur dutr, ma fo vss a laur sa son a spass par Pavia, a stracm ad fa nint tt al d? e g'ho i testimoni, siur dutr, g'ho i testimoni chi poedan cunfermm. Ma fo?

Dottore. Questo non lo so, signor, signor?

Pino e Maria. Pino.

Dottore. Precisamente. Vorrei per parlare con sua moglie, a

quattr'occhi, e a lei non dispiacerebbe accomodarsi nella stanza accanto? Con lei riprender il discorso pi tardi, dopo aver sentito sua moglie.

Pino va verso l'ingresso.

No, non di l. C' un altro salottino qui a destra, appena apre la porta.

Fa cenno alla porta di sinistra.

Le dispiace?

Pino (uscendo). Tt quel cal voera, siur dutr.

Dottore. Cara signora, fuori l'osso. Io non voglio sapere se

lei ha detto cose vere o false sulla sincerit di suo marito. Vorrei semplicemente che mi parlasse di lui. Spassionatamente.

Maria. Poedi dig propi tt?

Dottore. Sono un medico, signora.

Maria. Gh' una quaicss ca va no.

Dottore. Questo l'avevo capito.

Maria. Poedi parlg tame'ss parla a un prvi?

Dottore. Signora!

Maria. No, parch, al sa... i cran...

si piazza la mano in fronte, a mo' di corna

s'iss vdan no, ien pcul; ma s'la vus la gira, i vgnan grss, in s grss ca passi p par la porta ad c.

Dottore. Signora, suo marito ha bisogno di una mano...

Maria (facendo le corna). Una mn ch in ssima?

Dottore. Ma no, signora, non mi fraintenda. Un aiuto, una

spinta per rimettersi in moto. Lei pu aiutarlo se non mi tace nulla sul suo conto.

Maria. Alra parlar. Parch, al vda, mi'g voeri bn al me

m, anca sl' un malnt. Ma l'er no in s, gl'assicri: l' gnd in s in dal gir ad poc temp. Par qust ho pens cla poeda vss anca una malattia.

Riflette un momento.

Par rest in tema ad laur - cl' la roba meno scabrusa - al me m al porta a c al so stipendi, regulr. Epr, mi la vdi a c tt al d. Vo magari a trul in sal laur, m'ho fat la setimna pass, e la troevi l in fundera, cal laura me un ngar... quand un quart d'ura prima l'era a c, bit gi in sal let. Turni a c ad vulada e la troevi stravac in sla pultrna. Ma alra, ag fo, srat a lavur o che rba?. L al tr foera d oeg in s: Mi, a lavur?, am disa, ma sl' d mes chi m'han miss in cassa integrassin!

Dottore. Ed vero?

Maria. Ma va! A stipendi l' intrg, ho vist la ltera dla ditta cla ciamava un mo in servissi e ho sent dabn la telefunada dal diretr. Ma spiega, siur dutr, tta cla facnda ch? E poe certi mumnt l' rabis me un cn, certi ltar mumnt l' cuntnt me una Pasqua. Di vlt am disa una rba, di altar vlt am disa al cuntrri. Mi capssi p nint, siur dutr.

Dottore. E - mi scusi la domanda, ma importante anche

questo - l'attivit sessuale di suo marito, com'? Ha notato nulla di strano, di anomalo?

Maria. Attivit... sessuale?

Dottore (con imbarazzo). S, insomma... in dal lt... la

sira... Inssma, al fa and? Scusi, neh, l'espressione...

Maria. Ah, ho cap. No, siur dutr, l' un pari 'd mes cal

dorma e basta. Al g'avr un qui gir cun di ltar dn.

Dottore (sorpreso). Come? Ma com' possibile, che suo

marito... una persona cos a modo!

Maria (scoppiando a piangere). S, siur dutr. L' scss

propi in coe. G'avvi di suspt, parch un d a la setimna al catva tti i scs par cacim foera d'in c. In coe son turn un po' prima e - l'avrssi mai fat - l'ho truv in lt cun vna. Scarsa, d'una scarsa! vusi a dr a lil. La dna l'ass vestssa ad vulda e via par la str. Al me m al ma guard suridnt. Mi gl'ho fata p: son cursa in dal bagn e m'son miss a caragn me una fiulna. Quand som gnda foera al me m al gh'er p. Ho pens al dutr Urlnd e son gn ch a cerc cunsli.

Dottore. Ha fatto benissimo, signora. E suo marito l'aveva

preceduta...

Maria. So no, siur dutr.

Dottore. Come, non sa?

Maria. So no, parch quand son riv in str ho guard s,

vers la csna, e l'ho vist l, al me m, ca sla rideva in da par l. Inssma, l'er un mo in c. Vegni ch e la troevi in dal s stdi. Tachi a pens cl' no in da par l.

Dottore. Come sarebbe a dire?

Maria. S, cag n' un ltar fat tame l, precsi spd, vn

cal va e cal vgna par la nossa c, fat tame al me m, ma cl' no al me m.

Dottore. Un sosia!

Maria. Un geml.

Dottore. Ma a lei, signora, risulta che suo marito abbia mai

avuto dei gemelli?

Maria. Dum al d da spusalssi in csa: iran qui ad la

camsa, parch in famiglia l'er un fioe sul.

Dottore. Ma nemmeno un fratello, magari lasciato

all'orfanotrofio per mancanza di mezzi di sostentamento?

Maria. No, no, s pdar gh'javva, i dan. Lg'ha lass fina

la c. L'er no un siur, ma 'l pudva mantgn l, la s dna e 'l fioe, sensa fa fadga.

Dottore. E allora, mi scusi, signora, ma proprio

impossibile che esista un sosia cos perfetto e cos preparato da sostituirsi a lui. C' nelle storie, nei racconti, nelle commedie.

Pino (facendo capolino). Poedi gn dntar?

Dottore. Aspetti! Non ho ancora finito.

Pino. Ma mi sto in t'un cantn, am moevi no, e sto citu.

Dottore. Fuori, fuori, per cortesia!

Pino esce.

Dottore. Le dicevo, signora, che ho pensato, cos,

d'istinto, a certi testi letterari. Anzi, soprattutto al teatro. Ci sono ad esempio due commedie famose. Le ricordo bene perch le avevo viste al teatro Fraschini, prima che incominciasse questa vergognosa trafila dei restauri che non iniziano mai (ma questo un altro discorso). S, lei mi dir che non va a teatro. Che c'entra poi il teatro? C'entra, perch un certo Goldoni ha scritto I due gemelli veneziani, e un certo Plauto, parecchi secoli prima, I due Menecmi. In entrambe le commedie appare all'improvviso un gemello del protagonista, un gemello di cui non si mai saputa l'esistenza. Sono esempi, in fondo, presi dal reale; testi letterari che si ispirano a fatti accaduti davvero. Potremmo quindi essere di fronte ad un caso analogo.

Maria lo guarda con faccia poco convinta. Il medico sorride.

Beh, forse mi sto lasciando contagiare. Anche la fantasia di un medico galoppa... Il problema di suo marito potrebbe essere anche di altra natura. Suo marito...

Entra il Sosia di Pino dalla porta di destra. L'abito presenta qualche differenza rispetto a quello di Pino, per rimarcare la diversit del personaggio. Anche la voce sar diversa. Maria resta pietrificata dallo stupore. Il dottore, invece, in quel momento d di spalle alla porta di destra.

Sosia di Pino. L' permss? Gh'er la porta vrta e son gn

dntar.

Dottore (guardandolo di sfuggita, senza accorgersi della

differenza). Per cortesia! Fuori. Non insista, la prego. La chiamer io quand' il momento.

Sosia di Pino. Ma mi vurvi dum sav sa gh'er ch la Gina.

Dottore (c.s.). Fuo-ri!

Il Sosia di Pino esce.

Dottore. Le dicevo, signora, che suo marito... Ma signora!

Maria si alza e va all'uscio di destra. Guarda fuori. Non c' nessuno. Si porter allora all'uscio di sinistra:

Maria. Pino!

Pino (entrando). Son ch. Poedi gn dntar?

Maria (in preda alla confusione). S, s, v dntar. Ma ti,

ind' ca t'z stat fin adss?

Pino. Ind' ca son stat? Seri ch, ind' ca mi miss vi

ltar.

Maria (al dottore, con titubanza). L'ha vist anca l, siur

dutr, c'al me m l'er ch e l' anca gn dntar dla par da l... un mint fa? L'ha vist, l' vra?

Dottore. Pu darsi, signora, ma io ero girato di spalle, non

ho badato...

Maria. La vus, siur dutr! Cla vus l! E ag disar cl'er la

stessa vus d'incoe, quand l'ho truv in dal lt... l al ma capssa, siur dutr.

Uno scricchiolio alla porta di destra.

Dottore. Sst!

Si leva le scarpe e si avvicina all'uscio. Lo spalanca di colpo e scopre suo figlio Riccardo, in atto di origliare. Lo prende per un orecchio.

Piccolo mascalzone! cos che rispetti la professionalit di tuo padre? cos, eh?

Riccardo (parlando in maniera forbita, con una vistosissima

erre moscia). Ma no, ti giuro, babbo, stavo cercando una moneta che mi era caduta.

Dottore. Ti faccio cadere io uno sberlone su questa testa

di rapa! cos che studi, eh? Origliando dietro le porte!

Riccardo. Aspetta, aspetta, babbo, lasciami dire. Lasciami

parlare. Io ti posso aiutare, davvero.

Dottore. Mi puoi aiutare?

Maria. C'la lassa parl, siur dutr.

Riccardo. Grazie, signora. S, vedi, babbo, proprio ier

l'altro, preparando un esame di psicopatologia, mi sono detto: Riccardo...

Pino. Sl'ha dit?

Riccardo (rimarcando la erre moscia). Riccardo.

Pino. E sal voer d Viccvdo?

Riccardo (c.s.). Riccardo vuole dire Riccardo e basta.

Maria. Al so num.

Pino. Ah.

Riccardo. Riccardo, mi sono detto. Prima o poi ti capiter

per le mani un caso del genere. E casca a fagiolo, babbo, perch il signor Pino...

Dottore. Come sai che si chiama cos?

Riccardo (confuso). Ecco, io ho sentito che tu urlavi e...

Dottore. Come puoi sapere se quello che hai studiato casca a

fagiolo per questo caso?

Riccardo. Insomma, io, babbo, ma s, ecco. M' cascato

l'orecchio sulla porta e io...

Maria. C'la lassa parl, siur dutr. L' un fioe giin, ma

s'vda cl' in gamba.

Dottore (con sopportazione). Sentiamo.

Riccardo (ricomponendosi). un caso tipico, egregi signori:

il paziente...

Pino. Ca sarssi mi, vra?

Maria (con dispetto, verso Pino). L'ho smpar dit ca srat

trp intelignt.

Riccardo (rispondendo a Pino). S, lei. Il paziente

rappresenta un esempio di schizofrenia dei pi singolari.

Dottore. Anch'io, inizialmente, avevo pensato a qualcosa del

genere. Ma continua, sentiamo almeno se hai studiato.

Riccardo. Nello schizofrenico le allucinazioni visive,

quando ci sono, possono consistere in semplici fotopsie, o fosfni, ossia, per fare loro un esempio: percezioni di scintille, di bagliori, di lampi, di stelle splendenti piene di colori, di scie luminose celesti fatte come le comete, eccetera eccetera. Oppure possono consistere in allucinazioni visive complesse o figurate, come le visioni di cavalli infuocati nel cielo, di serpenti nel letto, di parole o di frasi intere che in genere esprimono minacce, ammonimenti, profezie, eccetera eccetera. Ma esiste una forma tutta particolare di allucinazione visiva figurata che la cosiddetta autoscopa; e questo il punto che, a mio parere, ci interessa maggiormente. L'autoscopa. Questa consiste nel vedere il proprio corpo come un'entit a s stante, del tutto estraniata dalla persona dell'allucinato, come se appartenesse ad un'altra persona. Se a questa allucinazione visiva si associa un'allucinazione uditiva del genere complesso o verbale, cio costituita da parole bisbigliate oppure pronunziate a voce alta, ecco spiegato il fenomeno del presunto sosia. Il quale sembra esserci, ma non c'. Poi ci sono le altre caratteristiche della schizofrenia: le varie allucinazioni tattili, i disturbi della memoria e in particolare, per quanto concerne il nostro caso, io aggiungerei le amnesie e le paramnesie, ossia le costruzioni fantastiche di falsi ricordi, il senso del gi vissuto, dj-vu. Mi spiego?

Pino (con sarcasmo). Ho cap tt.

Maria (al dottore, e indicando Pino). Mi ho cap tame l.

Adalgisa (lasciando la platea e salendo sul palco). Ma s,

cos semplice! Riccardo non dice altro che questo signore pazzo, completamente pazzo, e ci sta contagiando tutti.

Maria. Oh, finalmnt la buca dla verit.

Pino. Mi sarssi mat?

Maria. S, mat, parch l' culpa tua se anca mi incuminci

vd al to geml, gir par Pvia, gn dntar ch, pm in gir...

Adalgisa. Matto, completamente.

Riccardo. Ma no, mamma, non ho detto questo.

Dottore. Insomma, signori! E tu, Adalgisa, se non ascolti le

mie visite non stai bene. cos? Ma allora un vizio di famiglia, come tuo figlio, che sta tutto il santo giorno con l'orecchio appiccicato alla porta per origliare ci che dico ai miei pazienti!

Riccardo. Non vero.

Dottore. Non vero?

Riccardo. Ma io, babbo, lo faccio per imparare, per fare

esperienza.

Dottore. Te la do io, l'esperienza! A te e a tua madre. Voi

siete due origliatori cronici, ecco cosa siete, e un giorno o l'altro vi porter dal professor Bianchi, e vi far stendere su un lettino, sperando che vi guarisca una volta per tutte.

Pino. Cal ma scsa, siur dutr, ma 'l pudarssa no purtm

anca mi da cal prufessr l, sl' in s brav?

Dottore. Il professor Bianchi uno psichiatra: non il suo

caso.

Riccardo. Come, non il suo caso, babbo? un chiaro

esempio di schizofrenia e dici che non il suo caso?

Dottore. Il medico sono io, e ti dico che fino a prova

contraria questo paziente assolutamente sano.

Pino. Oh, finalmnt un quaidn cal disa ca son no mat.

Dottore (rivolto a Pino). Vede, caro signor, signor?

Pino, Maria, Adalgisa e Riccardo. Pino.

Dottore. Signor Pino. Mio figlio ha detto anche cose

sensate. Lei - questo ormai pi che certo - ha un sosia, un essere uguale a lei. Ora, bisogna stabilire se questo sosia reale o meno. I casi sono tre: o lei possiede, a sua insaputa, un fratello gemello, che riapparso dopo anni e anni trascorsi altrove. O lei si trova al centro di una serie paurosa di coincidenze, paurosa perch sarebbe veramente incredibile. Oppure, ultima soluzione, ha ragione mio figlio: lei malato. Ma io l'escludo, l'escludo categoricamente. Le dir di pi: io propendo per la prima soluzione. Lei insomma ha un gemello, o perlomeno un fratello, un sosia...

Pino, Maria, Adalgisa e Riccardo. Un sosia?

Riccardo. Ma via, babbo, se il signore dice che non ha mai

avuto fratelli...

Dottore. S, un sosia. un caso raro, da commedia (se si

vuole), ma perch una volta tanto non scegliamo la soluzione meno logica? Perch nella vita tutto deve essere logico, perfettamente matematico? Un gemello. Questo signore ha un gemello.

Riccardo. Un gemello... inesistente, babbo!

Pino. Un geml inesistnt?

Suonano alla porta. Adalgisa, ad un cenno del marito, corre ad aprire, tutti restano meditabondi. Entra Gianna, l'infermiera del medico, vestita elegantemente e truccata in maniera vistosa, come se ritornasse da un appuntamento galante.

Gianna (parlando con Adalgisa). Cla ma scsa, siura

Adalgisa, son pass dntar parch ho lass ch al me scussl, e dvi purtl a c da lav, ins dumn l' giam prnt.

Adalgisa (cordialmente). Gina, cla sa preoccupa no. Cla

faga pr i s cmud.

Gianna (vedendo Pino). Pino!

Pino si guarda attorno, come se avessero chiamato un'altra persona. Lascia intendere che non la conosce.

Maria (scorgendo Gianna). Chi l' cla siura ch, siur dutr?

Dottore. La mia infermiera.

Maria (a Gianna). Brta porca, d'una brta porca! Anca ch

vgnat a cerc al me m! L'er l, siur dutr, cla brta figra ch'ho truv in lt cul me m. E adss la g'ha la fcia ad tla da gn ch a cercl.

Gianna. L' vera no, l' vera no!

Pino. Mi l' la prima volta cla vdi.

Adalgisa. Gianna! Come spieghi tutto questo?

Dottore. Signori, signori!

Adalgisa. Esigo una spiegazione.

Gianna (scoppiando a piangere). Pino, ajutm ti.

Pino (a Gianna). Mi? Ma mi l'ho mai vista, cara la me sira!

Maria. Cntabll d'un cntaball! Srat in lt mes'ura fa,

cun lil!

Pino. Mi? Ma ti t'z mata!

Maria. S, siur dutr. Son sicra, l'er propi cla dna ch,

cla brta porca dla s infermra.

Dottore. Signori: basta!

Torna il silenzio. Solo qualche singhiozzo di Gianna.

E tu, Gianna, sentiamo, devi darci una spiegazione.

Gianna (con rammarico). S, siur dutr. Cla siura ch

indica Maria

la g'ha ragin. Sri mi. L' un po' 'd temp cal siur Pino al ma sta a dr, am fa la corte, inssma. So nanca mi ml' stat...

Maria. At'z un bel porcu!

Pino. Am dva crd, siur dutr.

Gianna (a Pino). Gida Iscariota! Ta me gir ca son al to

amur, ca t' mai vurs in s ben a una dna...

Maria (scoppiando a piangere). O Signr, sa'm tuca sent!

Pino (a tutti). No, no, no. Seri no mi. Vurv no cap? Seri

no mi!

Gianna (fra le lacrime). Am vurvat ben!

Maria (c.s.). Porcu. St d vlt niml: prima t' trad la

to dna, poe tradssat anca la to mursa. Puss fals d'ins...

Pino. At giri, Maria...

Adalgisa (con severit). La g'ha ragin, la g'ha ragin,

siura Maria.

A Pino:

Niml, schifs, d'un libidins.

A Gianna, con rimprovero:

E ti, l'infermra dal dutr Urlnd!

Dottore. Signore, signore mie... Adalgisa, per cortesia, non

ti ci mettere anche tu.

Suonano alla porta. Adalgisa va ad aprire. Rumori fuori scena. Entra un vecchio, Pierino, seguito da un'infermiera che lo aiuta sorreggendolo per un braccio.

Pierino. Quanta gnt! Buonasera, siur, buonasera siur dutr.

Infermiera (ridendo stupidamente). Buonasera, buonasera.

Il medico guarda il pubblico con aria di sopportazione.

Dottore (a Pierino). Buonasera.

Pierino. Ass ricorda ad mi? Son Pierino, dl'uspssi di veg,

al Pertusati.

Adalgisa (al marito). Io ci ho detto che era il giorno di

riposo, ma questo signore non ha fatto una piega. E poi ci ho detto anche che avevi una visita. E lui: - Sa gh' dla gnt, poedi stag anca mi. - Ha detto cos.

Dottore. Non importa, Adalgisa. S, mi ricordo di lei,

Pierino.

Pierino. Mi son ch pr'una rba... grossa.

Dottore. Talch un ltar! Ma oggi per Pavia girano solo

robe grosse!

Al pubblico:

Ma sl', Pavia, la cit di elefnt?

A Pierino, con molta pazienza:

Forza, mi dica. Spero solo che non sia una roba grossa come quella di questo signore

indica Pino

se no... fuma nt!

Pierino (dubbioso, guardando Pino). Cal siur ch l'ho giam

vist, mi.

Infermiera (ridendo). Anca mi, anca mi.

Pino. M'avr vist al caf Voltone, siur, o magari in

fundera, o a spassi in cit.

Pierino. Nisba. Mi l'ho vist d mint fa, ch da bass. Al

girva suta al balcn me un'via mata.

Riccardo. Ma via! impossibile!

Pino (al dottore). L'ha vist, siur dutr, cl' vra: gh' in

gir un ltar, un ltar fat tame mi.

Maria. Ag crdi no. Cal vg ch l' d'acrdi cul me m.

Adss capssi tt css: al s' travest tame 'l me m e prima l' gnd ch a fa capolino e a fam crd da vss l. E mi ho buc tam'un sciatln.

Adalgisa. S. s, il Pierino da giovane ha fatto anche

l'attore.

Dottore. Signori, basta, per cortesia. Vediamo di ragionare.

Pierino. No no no no no no no no. Mi Voeri sav, cari i me

siur, parch i trat in p cal gab ch. Mi turni a d che cal siur ch l'er l da bass, suta al balcn dla s c, siur dutr, d mint fa.

Si volta verso l'Infermiera.

L' no vera?

Infermiera. L' vra, verissima.

Scoppia a ridere. Il medico si gratta la testa poi si rivolge a Pierino.

Dottore. Guardi, lasciamo perdere. Mi dica che disturbo ha,

cos le prescrivo qualcosa e la mando a casa. Con questi signori ho in ballo una questione molto delicata.

Pierino. No no no no no no no no. Adss voeri sav anca mi

me cl' la facnda.

Maria. Gh'la cnti mi, siur Pierino (anca sa crdi no che l

al sa propi nint!). Donca: al me m al disa cal g'ha un ssia, un geml, vn cal fa al s mast, ca sta ind ca sta l (cio in dla nossa c), cal sa porta in lt di ltar dn (fra l'ltar, propi l'infermra dal dutr Urlnd) e che di vlt al vgna addritra in lt cun mi. Al me m - e quasch l' sicr - lg'ha mai v di geml, nanca di frad. Al fioe dal dutr, Viccavdo, cal stdia anca l da dutr, al disa cl' una schissofvena. Mi so no sa voera d, sl' ca schissa la schisso-fvenia. Al sar anca mal, ma cla facenda ch, dal geml cl' no un geml, la m'va gi no.

Pierino (calmissimo). So mi me cl' la facenda.

Scoppia un putiferio. Tutti parlano contemporaneamente.

Dottore. Signori! Signori! Gi che ci siamo, proviamo ad

ascoltare.

Pierino (c.s.). Cari i me siur, mi ho fat tnta mast. Ho

fat al garsn d'inciu, al tbt, al picassss, al tapess, al magt

guarda Adalgisa

l'atr, s, ho fat anca l'atr... par beneficnsa. E ho fat di ltar mast c'ricordi nanca p. E girvi, girvi par Pavia. I str, i vcul, i trutadr, i sass, al pav, i finstar cuj arc, i tur; ho fat di str dla Pavia vgia ch'esstan nanca p. E l' l, in ti vcul, in ms a chi nebin fort, ch'j ho vist. Iran impalpbil, crems, mass fa a d: iran me iran e me in un mo adss.

Pino. Cal ma scsa, ma mi ho cap no. Chi rb l

impalpbil... inssma, l'avva vist che rba?

Pierino. Che rba jn i ldar.

Ridacchia, poi si fa serio.

Mi ho vist lur, i fantasma ad Pavia.

Dottore, Pino, Adalgisa, Riccardo, Maria, Gianna e Infermiera. I fantasmi?

Dottore. Via, non dica sciocchezze.

Riccardo. Ridicolo, ridicolo.

Pierino. No no no no no no no no. Sa disi fantasma, l'

parch jran fantasma.

Dottore. Be', ma che c'entra tutto questo, quand'anche fosse

vero, con il caso in questione?

Pierino. Gh'entra. Parch, al vda, siur dutr, Pavia l'

una cit strana; una cit bla, ma strana. Se l pruvarssa pass un d ad nebbia par Calcinara, par San Teodr, ma anca pss in l: San Michl, piasstta dla Roesa, piassa dal Papa, cuntrda dl'Acqua - ah, no, adss ass cima via Volta - inssma: pass da chi par da l, par la Pavia vgia, al sentarssa un brso: jn vus, vus dla gnt antica ca vivva in da ch c l. U, ma vus chi g'han tresnt, quatarcnt, cincnt'an, e forse pss! Pavia, cari i me siuri, l' fata ad fantasmi. Parch, da qualsiasi par ad grat, ch l' storia, l l' storia, l in fund l' un mo storia. Mi son un ignurnt, cara la me gnt, ma par sent chi rb ch gh' no bisgn da v stdi. Ass sntan. Ass vdan.

Pino. D'acrdi, l' vra. Ma al me geml?

Pierino. Un mumnt. Adss ag rivi. Al fantasma al poeda

ciap di furm, o poeda anca ciapi no. Ma sa j a cipa...

Infermiera (sorridendo). A prupsit ad cipa, siur dutr. Mi

g'ho da fag vd

solleva un lembo della gonna

la me cipa sinistra, parch m'son fat un'iniessin e m' gn un ematmo... un bognne... la m' gnda a c...

Dottore. Signorina! Per cortesia, mi lasci ascoltare, Pi

tardi mi far vedere... Continui, Pierino, vada avanti.

Pierino. Disvi, siur dutr, c'al fantasma poeda ciap vari

furm. Magari i s fum uriginri; e alra al vedar in gir i suld vest ad fr, cun di alabrd long in s; o magari i dn, cun la sca larga e grossa, i parcn pin ad caneltti; o magari fantasmi impurtnt (parch gh'en anca i fantasma impurtnt!), fantasmi tame qul ad Capsn, ad fra Bossolaro, di frad Cairoli, ad Pasquale Massacra, tta gnt cl' p da ch. Ma al fantasma al poe anca schers e ciap di furm ad gnt di nssi d.

Dottore. Cio, pu trasformarsi e creare dei sosia!

Pierino. Propi in s.

Riccardo. Ma via, babbo, queste sono superstizioni. Un uomo

di scienza non pu credere a queste ridicolaggini.

Pino. No, cara 'l me fioe! Pierino al g'ha ragin: son no

mi, l' al me fantasma...

Pierino. No no no no no no no no. L' no al to fantasma. L'

un fantasma d'un qui m cl' mort scul e scul fa, e adss al salta foera e al cipa la to fcia.

Gianna (che finora se n' stata in disparte). Fermi tutti.

Alra mi sarssi andata cul fantasma?

Sviene. Tutti le si ammassano attorno, tranne Pierino.

Maria (spaventata). O Signr!

Adalgisa. Presto, i sali!

Dottore. Calma, signori, calma! Fate spazio! Ecco, tenetela

distesa, cos.

Pino. L' dr pass.

Riccardo. Si riprende, ecco, si riprende.

Gianna. Ind ca son?

Dottore. Calma, calma. tutto a posto. Un'emozione.

Pino (rivolto a Pierino). Cal ma scsa, ma parch al

fantasma al deva ciap propi la me fcia?

Pierino (alzando le spalle). Ma! Parch la so fcia e no la

fcia ad quall?

Indica uno spettatore.

O ad quall

ne indica un altro

o ad quall cun la barba (eh, siur,

si rivolge allo spettatore vicino a quello con la barba

mass snta a st set rnta a un fantasma pavs?).

A Pino:

E s'al ciaparssa i fac ad tta cla gnt ch?

Indica la platea

Pensa: una cungregassin ad fantasmi... Ma! Parch Pavia l' magica? Gh' no un parch a chi rb ch. E poe la maga la snta chi la voera sent. N, siura Maria?

Maria. Ma 'l fa sav al me num?

Pierino (ridacchiando). Ml'ha dit al geml dal so m, ch da

bass, suta al balcn dal dutr.

Maria (avventandosi contro Pierino). L' vra no, l' vera

no! L l' d'acrdi cul me m, l' d'acordi!

Il dottore e Pino trattengono Maria.

Pino. Maria, par pias...

Dottore. Signora! si calmi!

Maria (divincolandosi). S, jn d'acrdi, i voeran fam gn

mata, i voeran mandm al Mondino... Ma mi son no mata!

Pino. Maria, pintla, par pias!

Riccardo. Babbo, questa storia si sta facendo ridicola!

Adalgisa. Ci ha ragione la signora Maria: al Pierino l' un

atr, un balsta. Mi la cunssi: l' d'acordi cul so m par gn chi a fa 'l sentimentl e cerc da cunfnd la facnda di cran...

Si piazza la mano sulla fronte a mo' di corna.

Pierino. Mi disi dum la verit.

Maria. Mata, siur dutr! am fan gn mata!

Riccardo. Ma babbo, insopportabile questa ridicola

rappresentazione!

Maria (sovrastando il clamore degli altri). Siur dutr, o

siur dutr! L' una farsa! Cal ga dumnda, cal ga dumanda a cl'm ch, al Pierino, sl'er la so rba grossa!

Un momento di silenzio.

Pierino (calmissimo). Nint, nint, siur dutr. Ag disar: a

parl dla me Pavia am passa tt css. Pudss

sorride

pudss ch'un qui fantasma al ma fat un massg in dla vita, ind ca sentvi mal; magari intnt ca sri dr parl cun vi ltar. E poe, ag disi un m, basta parl ad Pavia ca'm sa slarga al coer.

Maria. L'ha vist, siur dutr? L'ha sent? Tt bal, tt bal

par gn ch... d'acrdi cul me m! Fals! I m jn tt di falsn!

Pierino. No no no no no no no no.

Pino. L' vra no, Maria, l' vra no!

Adalgisa (a Pino). Scars, schifs d'un libidins!

Riccardo. Una farsa! Ridicolo, ridicolo!

Infermiera (ridendo come una pazza). Adss, siur dutr,

poedi parlg dla me cipa?

Gianna scoppia a piangere.

Pierino (agli altri). No no no no no no no no.

Maria. Mi voeri no gn mata par fav un pias a vi ltar!

Pino. Maria, crdam! Mi son d'acrdi cun nessn!

Riccardo. Ma via! Babbo!

Dottore (spazientito, scavalcando il clamore delle voci).

Basta, signori, basta! Fuori, tutti fuori! Mi volete fare impazzire? anche lei, Pierino, fuori! E si porti fuori

quell'idiota della sua infermiera!

Ricomponendosi.

Mi scusino. Ci penser, signori. Ho bisogno di tempo per pensarci, ho bisogno anche di silenzio. Mediter sul caso, poi, domani, sapr dire qualcosa.

Pino (nell'atto di andarsene). Ma siur dutr, cal ma scsa:

alra mi sa dvi fa? Son mi, al mat, propi mat, o jn dabn i fantasma?

Dottore (rassicurandolo, ma continuando a sospingerlo verso

l'uscita). Non si preoccupi, non c' nessun fantasma, lei non matto, mi faccia solo riflettere, e domani le dar la spiegazione precisa. Ma s, passer io da casa sua, anzi: mi telefoni...

Pino. Ma al so fioe...

Dottore. Mio figlio? Quanto mai si messo di mezzo!

Riccardo! Vai di l, sparisci, e prtati via la mamma: tanto i signori conoscono la strada. Voglio restare solo... per pensare...

Pino (uscendo, con Maria). E al fantasma?

Dottore (rassicurandolo nuovamente). Nessun fantasma.

Pino. E al geml?

Dottore. Nessun gemello.

Maria (fermandosi sulla porta). Ma s, inssma. Al me m,

siur dutr, l' mal o l' mal no? E l'er al me m quel c'ho truv in lt cun la so infermra? o l'er un ltar...

Dottore (spingendo anche Maria). Ma s, ma s. suo marito.

No, cio, quello a letto con la Gianna non lo era... Per... Le dir domani. Mi faccia pensare.

Maria (insistendo). Cal ga pnsa pr, siur dutr, ma cal ma

disa la verit, parch mi g'ho pagra di fantasma...

Dottore. Non c' problema, non c' da preoccuparsi...

Buonasera, signori, buonasera.

Escono tutti, tranne il dottore ed Adalgisa. Riccardo esce a sinistra.

Buonasera... Ah, Adalgisa, vieni qui, resta.

Adalgisa. Preparo la cena?

Dottore. Aspetta, Adalgisa, aspetta.

Pausa.

Boh! Una soluzione ci sar, ci deve essere. O magari tutta una montatura, una serie di coincidenze. Io non credo ai fantasmi, Adalgisa.

Le prende una mano.

Ma che mano fredda!

Adalgisa. Sar mica un fantasma?

Ridono entrambi.

Dottore. Vieni. Una volta tanto sediamoci a guardare fuori

dal finestrone, con un buon sigaro tra le labbra...

Il dottore si va a sedere sulla poltrona, si accende un sigaro e gira le spalle al pubblico. Il finestrone lascia intravedere il calare della luce. quasi sera. Adalgisa resta in piedi, appoggiata allo schienale della poltrona, anche lei dando di spalle al pubblico. Riccardo riapre la porta di sinistra e vi rimane nascosto ad origliare.

S, vedi, Adalgisa, Pavia un po' magica, nostalgica, se si vuole anche affascinante, ma tutta questione di atmosfera, di suggestioni, di sensazioni intime, di quel particolare rapporto che c' tra il Pavese e la storia che lo circonda. Storia con l'Esse maiuscola, s'intende; storia di re, di imperatori, di guerrieri longobardi, di lotte medioevali; storie rimaste nei muri, nelle strade della citt. I fantasmi... Boh!

Guarda fuori e indica.

E quei piccioni, e quei passeri, l, attorno alla Torre civica, al Duomo. Guarda: se ne vanno a dormire insieme al sole. S, anche loro fanno parte dell'atmosfera. Il vecchio Pierino direbbe che anche loro possono essere dei fantasmi, fantasmi con sembianze di animali. E magari sarebbe un fantasma anche la Torre civica, un immenso fantasma di una torre scomparsa qualche secolo fa. Ne sono scomparse tante! No, no, che assurdit! Lo vedi, Adalgisa, mi sto lasciando influenzare, e se la magia pavese ti entra nel sangue...

Adalgisa. Ma no, caro. Ci hai solo bisogno di un po' di

riposo, dopo tutto questo putiferio. Non dobbiamo lasciarci contagiare: i fantasmi pavesi non esistono.

Il fumo del sigaro continua ad uscire abbondante dalla poltrona, ma il medico interamente coperto dallo schienale. Si apre la porta di destra ed entra il Sosia del Medico, con un sigaro in bocca, si guarda attorno con aria circospetta, si avvicina al dottor Orlandi, gli fa cadere un po' di cenere in testa, da dietro la spalliera. Sorride al pubblico, poi esce ridendo dalla parte opposta, a sinistra. Anche Riccardo e Adalgisa non si sono accorti di nulla. Sipario.

NOTA.

Mi sembra doveroso rimarcare la funzione della poltrona del medico nella scena finale: le sue dimensioni (schienale alto, eventuali braccioli, ecc.) devono consentire all'attore di lasciare il proprio posto all'insaputa del pubblico e di essere sostituito da una controfigura provvista anch'essa di sigaro acceso. L'interprete del dottor Orlandi, grazie alle battute di Adalgisa, trover il tempo materiale per fare il suo ingresso nei panni del Sosia del Medico.

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